Fanfic su artisti musicali > Conor Maynard
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Autore: idolsfaith    11/02/2013    1 recensioni
"Rimase qualche minuto in silenzio, come indeciso se parlare o meno, e ne approfittai. “Comunque ora sono le sei, il mio turno è finito e devo invitarti ad uscire.”
Il tempo di voltarmi di spalle per poggiare le ultime cose e porre fine alla discussione, che di lui erano rimasti due spiccioli per pagare il caffè.
Non avevo mai conosciuto qualcuno più bravo di lui a scappare, nessuno."
who says we need a plane?
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia non ha alcun fine di lucro, il personaggio di Conor Maynard non mi appartiene e con questa storia non intendo descriverne il vero carattere.

Lift off.

 

girl, you remind me

of a daydream I can't escape,

I can beat the world whit you behind me.

Ero al lavoro da un'ora e nel bar non c'era praticamente nessuno a parte un cinquantenne troppo abitudinario per smettere di venire ogni pomeriggio per leggere il giornale ed una coppietta di sedicenni troppo impegnata a rosicchiarsi la faccia a vicenda per finire la loro consumazione, o per accorgersi che ero seduta a terra completamente coperta dal bancone a fare un cruciverba, tanto meglio.

Poi sentii la porta aprirsi e dei passi, una sedia trascinata e qualcuno schiarirsi la voce. Sbuffai, posai il giornale e presi il blocchetto per le ordinazioni dirigendomi verso il tavolo dove stava seduto un ragazzo. Non gli avrei dato più di una ventina d'anni, ma era difficile dirlo dato che portava una sciarpa e un paio di occhiali coprenti.

“Mi scusi, vuole ordinare?” chiesi gentilmente.

Ma lui invece di rispondermi cominciò a togliersi la giacca, poi la sciarpa e concluse con gli occhiali. Io imbarazzata avevo distolto lo sguardo, scarabocchiando con la penna il primo foglietto, quando rialzai lo sguardo mi bloccai coprendomi la mano con la bocca per fermare un gridolino.

Sbattei gli occhi un paio di volte sicura di sbagliarmi, insomma cosa ci faceva lui di nuovo a Brighton, e per di più in un bar fuori mano?

Non lo vedevo da quando era diventato una star internazionale, gli ultimi ricordi che ho di lui sono a scuola e quasi nemmeno ci parlavamo.

“Aspetta tu sei Conor, Conor Maynard nato il 21 novembre? Tu qui? Oddio sto per cominciare a parlare dicendo cose senza senso quindi è meglio che mi fermo. Quindi, vuole ordinare?”

Dissi tutto così velocemente che sperai che non avesse capito una sola parola di tutto il mio discorso insensato con cui mi ero aggiudicata il premio per 'la peggiore figura di merda dell'anno.'.

Lui scoppio a ridere, “Un caffè e una brioche,grazie mille.” annui in silenzio per evitare nuove frasi sconclusionate e mi diressi di nuovo dietro il bancone. Ma che risata fantastica ha quel ragazzo?

Preparai il caffè girata di spalle e con la strana sensazione di essere osservata. Certo, come se uno come lui potrebbe mai guardare una come te.

Portai al suo tavolo l'ordinazione come se non fosse successo niente, come se non gli avessi mai parlato e nello stesso modo tornai al mio posto. In fondo quel cruciverba era davvero difficile.

 

Dopo almeno una mezz'oretta mi girai per servire il prossimo cliente e rividi Conor, al bancone.

“Dovrei pagare” fece lui.

“Certo, sono un caffè e una brioche, giusto?” chiesi, ma comunque sicura di non sbagliarmi.

“Sì, e aggiungici il suo numero.” mi rispose facendomi un occhiolino. Ma fa sul serio o cosa? Non lo darei nemmeno ad un cliente 'normale' figurati ad un cantante che mi manderebbe su tutti i giornali, e per di più sfacciato.

“Credo che quello non sia sulla lista, mi spiace.” cercai di buttarla sul ridere, non volevo certo litigare con lui.

“Non mi sembravi così scontenta di vedermi prima.” mi avrebbe rinfacciato quell'enorme figura di merda a vita?

“E' proprio perchè so chi sei che so che non funzionerà.” dissi facendo lo scontrino 'quindi ecco il resto e lo scontrino, arrivederci e buona giornata.' continuai cercando di porre fine alla conversazione in modo professionale.

Si fermò a guardarmi per un momento ed io non distolsi lo sguardo fino a che una signora poco più in là inizio a tossicchiare per farsi notare, quindi la servii e mi rigirai.

Ma lui non c'era più, come mi aspettavo, come era giusto che fosse.

 

you're like a note, that's in there hiding.

subtle but special girl you make the song.

Era passata una settimana, erano quasi le sei del pomeriggio, stavo ancora lavorando e Conor non si era più visto da quelle parti. Ed era meglio così, insomma non mi aspettavo che andasse diversamente, ne lo speravo, ovviamente.

Comunque anche per oggi il mio turno era finito e, anche se mancavano ancora venti minuti alle sei, stavo già chiudendo la porta del bar quando una voce alle mie spalle mi fece sobbalzare.

“Sbaglio o c'è scritto 'Orario di chiusura: 6.00 p.m.' ?”

Mi girai e non mi sorpresi di ritrovare due occhi azzurri a fissarmi, avrei riconosciuto la sua voce ovunque.

“Sì, infatti sto chiudendo.” risposi indicando la porta chiusa con una mano.

“Il mio orologio segna un quarto alle sei, il tuo?” chiese ghignando.

“Anche il mio, ma il locale era vuoto, quindi a meno che tu non sia stato assunto dal mio capo come supervisore, scusami ma dovrei tornare a casa.” sorrisi sfacciata: voleva giocare? Non mi sarei fatta prendere di nuovo in giro da due sguardi e qualche giro di parole, non di nuovo.

“Ho già un lavoro, volevo soltanto bere un caffè.” spiegò come se fosse la cosa più semplice del mondo.

Sbuffai roteando gli occhi al cielo e misi le chiavi nella toppa, riaprii la porta e lo feci passare per primo con un ampio, quanto ironico, segno con la mano.

Si sedette su uno sgabello al bancone, mi chiese un caffè e glielo preparai.

“Stai scherzando spero.” non mi trattenni più, insomma mi sembrava tutta una gran presa per il culo e non avevo ne tempo ne voglie di perdere tempo con lui.

“A cosa ti riferisci?”

A cosa ti riferisci?” gli feci il verso “Mi riferisco al fatto che sei tornato qui dove lavoro io, e una volta può capitare. Ma se ritorni una seconda volta, dopo mesi che non se in città, dopo mesi da quello che è successo e all'orario di chiusura, non ci credo che vuoi soltanto un caffè. Senza contare che in questa via ci sono almeno altri due bar che chiudono più tardi.”

“So che muori dalla voglia da dirmi a che conclusioni sei giunta, quindi ti prego illuminami.”

Per quanto il suo sorriso sornione non faceva che aumentare in me la voglia di prenderlo a schiaffi, volevo sapere quindi, mio malgrado, gli risposi: “Non ne sono sicura, ma se continui a venire qui per prendermi in giro com'eri solito fare, oppure per dimostrarmi quanto io ti sia indifferente, caschi male. Sono cambiata anche io Conor. Tu mancherai dalla città da qualche mese, ma comunque non parliamo da almeno un anno.”

Lui continuava a guardarmi negli occhi, come se non gli stessi sputando in faccia tutto quello che pensavo ma gli stessi elencando la lista della spesa.

“Ho sempre pensato che non fossi stupida.” Strabuzzai gli occhi, io gli facevo un discorso da premio Oscar e lui mi rispondeva così? Invece continuò “Ho sempre pensato che sarebbe stato meglio non averti mai conosciuta, che tu mi avresti portato soltanto guai...”

“Guai? Io? Conor non so quale versione della storia ricordi, ma tu hai fatto a leggere ai tuoi amici ciò che pensavo, tu l'hai raccontato a mezza scuola, tu hai voluto far sapere a tutti la mia cotta per te.” lo interruppi alzando la voce e sporgendomi inconsapevolmente verso di lui.

“Non ti sei mai degnata di fermarti a pensare al perchè di quel gesto?” chiese lui visibilmente irritato dall'interruzione.

“No scusa, ero troppo impegnata ad evitare di dar peso alle risate dei tuoi amici e ai commentini sarcastici di quelle oche delle tue amiche.”

Rimase qualche minuto in silenzio, come indeciso se parlare o meno, e ne approfittai. “Comunque ora sono le sei, il mio turno è finito e devo invitarti ad uscire.”

Il tempo di voltarmi di spalle per poggiare le ultime cose e porre fine alla discussione, che di lui erano rimasti due spiccioli per pagare il caffè.

Non avevo mai conosciuto qualcuno più bravo di lui a scappare, nessuno.

 

 

who says we need a plane,

when we can use our minds?

it seems to be, we need to be,

working on that tonight.

Stavo seriamente prendendo in considerazione l'idea di cambiare lavoro, anzi se non avessi avuto bisogno di quei soldi per completare gli studi mi sarei licenziata e trasferita in Mozambico.

Un po' perchè, ammettiamolo, la parola Mozambico suona bene, un po' perchè lì, forse, non mi avrebbe trovata.

Era passata un'altra settimana ma al contrario della precedente era venuto al bar più spesso, e intendo ogni giorno. Cambiava orari, ordinazioni, tavolo e probabilmente anche le mutande, ma resta il fatto che ogni giorno entrava e rimaneva seduto fino all'orario di chiusura. Della serie: fatti una cazzo di vita.

La parte positiva della peggiore situazione della mia vita era che non mi rivolgeva la parola, se non per ordinare. La parte negativa era che mi ricordava tanto la famosa 'quiete prima della tempesta.'

O quella era dopo? Poco importa, quello che conta è che avevo ragione.

Quel venerdì arrivai alle due e mezza davanti al bar, pronta ad incominciare il turno, ma davanti alla porta con le braccia conserte, una gamba sollevata per appoggiarsi al muro e un'aria decisamente sexy c'era niente popo di meno che Conor.

Sbuffai pregando che mi sentisse e desistesse in qualunque suo intento di conversare, beh in un certo senso ci riuscii: on mi parlò. Si limitò a trascinarmi per un braccio verso la sua macchina, aprire la portiera del posto accanto al guidatore e spingermi dentro.

Nel tempo che impiegò a portarsi dell'altra parte dell'auto tentai anche di uscire, ma probabilmente era bloccata, una portiera di quelle a prova di bambino apribili soltanto dall'esterno.*

“Potrei anche decidere di denunciarti per rapimento, lo sai vero?” dissi mentre stava già mettendo in moto.

“Oppure potresti decidere di tacere, e almeno per una volta lasciarmi finire di parlare.” disse stranamente serio e io non fiatai più. Non perchè avesse ragione, anzi, solo viste le circostanze mi sembrava inutile. Senza contare che prima questa sceneggiata fosse finita prima avrei potuto aprire il bar.

Dopo circa venti minuti spense la macchina, uscì e venne ad aprirmi, eravamo in un prato immenso e appena fuori Brighton di cui avevo sentito parlare, anche se personalmente non c'ero mai stata.

Lui si incammino verso il centro, quasi come non ci fossi e io lo seguii, “E' bello qui...” dissi incerta per rompere quel silenzio imbarazzante.

“Sì, ci vengo sempre, anche quando torno in città per poche ore.” mi rispose improvvisamente sorridente, alla buon'ora, sedendosi e facendomi segno di fare altrettanto accanto a lui.

Mi sedetti e lui cominciò: “Lo so che probabilmente non capirai comunque, ma ti prego lasciami almeno spiegare il mio comportamento di allora.”

Io non risposi e cominciai a giocare con qualche filo d'erba aspettando che proseguisse.

“Tu sei il guaio di cui parlavo la settimana scorsa. Ogni volta che provo ad allontanarmi non fai altro che avvicinarti, e nemmeno lo fai apposta. Anzi probabilmente vorresti che uscissi dalla tua vita completamente.” convinto proprio eh. “Tu mi piacevi Hope, mi piacevi da spezzare il fiato. Ma io non potevo permetterlo io dovevo cantare, dovevo fare strada, dovevo riuscirci, e ti vedevo soltanto come un intralcio. Quindi rubai il tuo diario, e a questo non c'è giustificazione ma almeno leggendo che a te interessava qualcun'altro mi sarei messo il cuore in pace e sarei partito per incidere il disco sapendo che non avrei potuto fare niente.”

Io non ci stavo capendo niente, insomma non aveva senso e feci per farglielo notare quando continuò.

“Quando poi lo lessi e capii che tu contraccambiavi tutti i miei castelli mi caddero addosso e dovevo trovare una soluzione: dovevo allontanarti. Così feci in modo che tu mi odiassi e raccontai a tutti ciò che avevo letto, ma la verità era che ora mi rispecchiavo nel tuo dolore interno, nei tuoi occhi appena lucidi quando c'incrociavamo per i corridoi, nelle tue parole mai dette e tutto questo mi legava sempre più a te.

E anche ora che sono tornato, guardati. Pensavo di venire a cercarti e trovarti felicemente fidanzata mentre sembri ancora ferita da me, come in attesa del mio ritorno.”

Io stavo ancora con gli occhi bassi cercando di metabolizzare le sue parole senza smentirle perchè ormai era inutile continuare a nascondersi, io lo aspettavo da una vita.

“Conor, io vorrei davvero crederti, e probabilmente se mi avessi parlato così allora sarei caduta tra le tua braccia, ma cerca di capirmi. Tu non mi hai reso solo più forte ma anche più diffidente, sei bellissimo, bravissimo e hai sicuramente migliaia di ragazze pronte a farsi in quattro per te. Perche io?”

“Perchè sei tu Hope. Perchè sei stata la prima a guardare ogni mia cover, perchè ti sei innamorata di un ragazzino inesperto nella sua cameretta e non di Conor Maynard, dei suoi soldi e della sua fama.”

Sentii le sue dita sollevarmi delicatamente il viso e poi le sue labbra posarsi velocemente sulle mie.

Sentii la sua voglia, la sua dolcezza, la voglia di contatto accumulata in questi mesi e il suo sorriso non appena ricambiai il bacio schiudendo le labbra.

 

 

 

Buondì,

quindi sono tornata, però questa volta nella sezione del mio amore. Lol
questa os non mi convince troppo: è davvero troooppo lunga e ho paura sia noiosa.
però vorrei anche un vostro parere, quindi vi prego lascereste un recensione? anche piccola piccola?
.

per quanto riguarda la mia 'vecchia' long, se mai ci fosse ancora qualcuno che se la ricorda e se mai fosse qui, penso i sospenderla per il momento. intendo non interromperla, ma piuttosto sistemarla un po' mentre trovo l'inspirazione di continuarla senza buttarla sul banale.

un bacio e grazie mille,
C.

 

ah, probabilmente un giorno in cui sarò particolarmente ispirata aggiungerò un banner e cancellerò questa riga. lol

  
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