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Autore: Breatheunderwater    11/02/2013    0 recensioni
“A cosa pensavi questa volta?” – chiese sapendo bene che, ogni volta che Blaine si perdeva a fissarlo, la sua mente iniziava a viaggiare nel passato alla riscoperta di vecchi ricordi.
“A quando ti ho visto la prima volta al super mercato” – disse dopo un profondo respiro.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà solo di loro stessi; questa storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro.



Blaine si svegliò piano, cullato dal caldo del piumone e dal corpo del compagno che aderiva alla sua schiena.
Accucciato su se stesso circondato dalla sicurezza di quelle braccia forti che lo stringevano e dal respiro pesante e regolare sul suo collo.
Aprì gli occhi piano, la stanza era leggermente illuminata dall'ora alta; fuori pioveva e il rumore di questa, che cadeva forte sulla finestra, non sembrava disturbare i due.
Blaine amava i giorni di pioggia, ne amava l'odore e il rumore; lo facevano sentire al sicuro: d'inverno con una coperta sulle spalle, una tazza di thè in mano e la testa del compagno sul proprio grembo, d'estate disteso per terra stretto in un caldo abbraccio incurante dell'afa.
Sorrise riconoscendo quell'odore che penetrava dalla finestra leggermente aperta.
Kurt aveva la fissa di tenere le finestre aperte anche d'inverno, doveva mantenere l'aria pulita; anche quando avevi la febbre a quaranta e tremavi dal freddo, la finestra doveva essere leggermente aperta per permettere a quel filino d'aria fresca e nuova di penetrare in casa.
Si mosse piano, trovò il braccio del compagno avvolgergli il fianco, accarezzò il gomito fino al polso per poi intrecciare la sua mano in quella dell'altro ancora profondamente addormentato.
Con gli occhi ancora chiusi, giocò con quelle dita così delicate e fini che non mancavano mai di ricordargli quanto fosse vivo e quanto esse, assieme al suo padrone, fossero indispensabili.
Sentì una leggera pressione sul materasso e un fruscio, aprì gli occhi e si ritrovò, davanti al viso, Totò appallottolato su se stesso: la coda schiacciata dal suo stesso corpo e la testa coperta dal lungo pelo.
Sollevò la testa e osservò il suo padrone, Blaine sorrise e allungò la mano per accarezzarlo, questo fece le fusa, si rizzò in piedi, la mano seguì la curvatura del suo corpo fino alla lunga e tesa coda. Finito il percorso, il gatto, si rannicchiò nuovamente su se stesso e chiuse gli occhi soddisfatto.
Blaine sorrise e si girò lentamente tra le braccia del suo amato compagno. Si ritrovò col viso di Kurt a pochi centimetri dal suo e sorrise come lo vide quel giorno di pioggia di tanti anni fa, dodici per la precisione.
Quando, dopo essere sceso dalla macchina per entrare al super mercato, l'aveva visto correre in mezzo al parcheggio per non bagnarsi, seguito da un ragazzo alto e bello che, in un primo momento, aveva creduto fosse il suo ragazzo.
Blaine, rimasto colpito da quella visione di sfuggita, aveva dimenticato di aprire l'ombrello ed era rimasto imbambolato sotto la pioggia; solo le grida della madre lo destarono e gli fecero rendere conto quanto era bello lasciarsi bagnare il quel modo e quanto, al contempo, fosse stupido.
Dentro il super mercato l'aveva cercato e l'aveva trovato vicino al frigo della verdura, si era avvicinato e, non sapendo bene cosa dire, era rimasto – nuovamente – imbambolato di fronte a quella figura, notando così, quanto fosse realmente bello e quanto non potesse competere con la sua immaginazione.
Aveva iniziato a tremare e neanche se ne era accorto, solo quando quel bellissimo sconosciuto gli si era fatto vicino per offrirgli il suo aiuto, era rinsavito diventando rosso fino alla punta delle orecchie. Balbettò qualcosa di sconclusionato e delle scuse per poi andarsene e lasciare quel ragazzo senza parole.
Lo rivide, pochi giorni dopo, al negozio di dischi e lì, dopo qualche battutina e qualche scusa di circostanza, finalmente, aveva iniziato un discorso sensato e nessuno li aveva più fermati.
Sembrerà strano ma, dopo dodici anni e tre mesi, Blaine aveva sempre qualcosa da dire a Kurt, così viceversa.
Rimase ad osservare il viso rilassato, le gote rosse per il calore delle coperte e dello stretto contatto tra loro; le labbra socchiuse e rosse, i capelli spettinati che ricadevano sul viso.
Mosse un braccio e raggiunse la sua fronte da cui scostò quei pochi ciuffi ribelli e li portò indietro lasciandoli cadere sul cuscino.
Anche la punta delle orecchie era rossa e, nuovamente, non poté che continuare a sorridere.
Gli venne in mente quando, dopo due anni di relazione, Kurt si era sentito male ed era stato necessario chiamare l'ambulanza perché nessuno capiva cosa potesse essere successo. Tutti erano disperati.
Fu Blaine a trovarlo sul pavimento della cucina rannicchiato a terra e dolorante, una tazza spaccata a terra e del liquido marroncino che sporcava le mattonelle.
La prima cosa che fece fu invocare il suo nome, buttarsi ai suoi piedi e, stupidamente, chiedergli cosa avesse o cosa fosse successo.
Kurt era talmente dolorante da non riuscire neanche a formulare una parola se non urlare e stringere qualsiasi cosa gli passasse sotto mano.
Fu Blaine, dopo aver fatto un respiro profondo e aver fatto appoggiare la testa di Kurt sulle sue ginocchia, a chiamare l'ambulanza e, mentre aspettava, ad accarezzargli i capelli e sussurrargli che lui era lì.
Quando chiamò Burt non si ricorda bene cosa gli disse, era disperato e, se quell'uomo non avesse avuto un minimo di auto controllo, gli sarebbe venuto un infarto per le parole incasinate di Blaine.
Alla fine non si era rivelato nulla di grave, aveva mangiato troppa panna a cui, pochi giorni dopo il ricovera, aveva scoperto di essere altamente allergico.
Rimase in ospedale per due giorni, due giorni nei quali Blaine non lo lasciò mai; saltò la scuola e abbandonò il cellulare facendo preoccupare mezza Dalton.
Era stato in quel momento che, per il troppo freddo, Blaine gli si era steso accanto, l'aveva stretto a sé finché non aveva smesso di tremare e aveva potuto notare la punta delle orecchie colorarsi.
Portò una mano sulla sua guancia e la accarezzò delicatamente, non voleva svegliarlo.
Si fece più vicino e incastrò una gamba in mezzo a quelle dell'altro, affondò la testa sul suo petto ed inspirò i loro odori mischiati assieme dopo la nottata passata a fare l'amore.
Ancora nudi e rilassati, si avvicinò il più possibile, finché i loro corpi non aderirono perfettamente e lui poté sentire che l'uomo della sua vita era ancora lì e che non era tutto un sogno.
Sorrise quando sentì dei leggeri movimenti e un paio di braccia stringerlo a sé.
Sorrise e strinse gli occhi come un bambino che cerca di nascondersi per non essere colto in flagrante di chissà quale reato.
“Quando la smetterai di svegliarti prima di me?” – chiese con tono assonnato Kurt.
“Quando la smetterai di essere così bello da doverti venerare ogni mattina” – rispose Blaine sollevando la testa dal suo nascondiglio e sorridendogli raggiante.
“Avresti dovuto fare il poeta, non il produttore” – rispose lusingato.
“L'essere poeta è il mio dono per te” –
“Dio Blaine, così mi fai sciogliere” – rispose ridacchiando.
“Ti conviene salutarlo se non vuoi che si offenda” – gli disse Blaine sentendo il gatto muoversi, si staccò da Kurt, lasciandogli libero movimento e si sistemò supino.
“Buongiorno Totò, dormito bene?” – chiese Kurt al gatto mentre, dopo essersi sistemato sui gomiti, allungava una mano per accarezzarlo.
Il gatto, ritenutosi soddisfatto, miagolò piano e scese dal letto andando a rannicchiarsi in qualche angolo della casa.
“Dai precedenza al gatto..” – disse Blaine con un tono finto offeso. Kurt sorrise e si chinò verso il compagno per baciarlo a fior di labbra, per poi spostarsi agli angoli della bocca, sulla punta del naso, sul mento, sugli zigomi, le gote, le palpebre.. finché Blaine non scoppiò a ridere.
“Ruffiano..” – soffiò Blaine divertito.
“Addirittura?” – domandò Kurt poggiando la testa sul petto dell'altro e ascoltando il suo battito.
“A cosa pensavi questa volta?” – chiese sapendo bene che, ogni volta che Blaine si perdeva a fissarlo, la sua mente iniziava a viaggiare nel passato alla riscoperta di vecchi ricordi.
“A quando ti ho visto la prima volta al super mercato” – disse dopo un profondo respiro.
“Ah, la volta in cui eri zuppo perfino dentro le mutande ed eri attaccato al frigo della verdura che farneticavi cose strane?” – riassunse Kurt facendo ridere Blaine.
“Poi mi sono ricordato del tuo ricovero per la questione della panna” –
“Dio, lì ti erano quasi usciti i capelli bianchi!” –
“Direi, pensavo stessi morendo” – rispose serio Blaine.
“Tu? Pensavi a qualcosa?” – chiese dopo qualche momento di silenzio.
“Se stavo dormendo!” – ribatté Kurt cercando di far finta di niente.
“Non far finta di niente, lo so che eri svegli da un pezzo e facevi solo finta di dormire” –
“Come al solito..” – rispose con un dolce sorriso in volto.
“Pensavo a ieri..” – disse serio facendo perdere un battito a Blaine.
“Meno male hai detto si” – soffio rilassato facendo ridere l'altro.
“Cosa ti aspettavi, che dopo dodici anni dicessi di no?” – chiese l'altro sollevandosi sui gomiti e avvicinandosi al suo viso.
“Beh.. non si sa mai!” – disse Blaine perdendosi nell'azzurro misto a grigio del fidanzato.
“Stupido” – gli rispose baciandolo sulle labbra.
“Uno stupido che ami” –
“Si, e uno stupido che mi ama”.


Fine.



*Il titolo della storia è preso da quello di una canzone dei Jesus and Mary Chain.. per chi fosse interessato ad ascoltarla.

  
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