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Autore: White Eowyn    11/02/2013    1 recensioni
L'affetto tra due fratelli finalmente trova spazio prima di una partenza imminente.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Faramir
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ho detto di no! Non ci vado!”
“Boromir …. Ti prego …. “
 
Una voce strascicata impedì all’altra figura di replicare: erano passate le sette della sera ed i due uomini discutevano animatamente, incuranti della stanza dalle mura sottili dove si trovavano.
Dimmi perché dovrei?  Sai darmi una motivazione valida?”
Nostro padre si fida di te ….”   Un   flebile approccio e per nulla convincente:  Faramir si alzò in piedi dopo aver parlato, sospirando ed osservando dalla finestra  due cani litigarsi una razione di cibo. Non c’era nulla da fare:  il secondogenito di Denethor sapeva bene che cercare di far desistere dalle proprie intenzioni l’uomo che aveva di fronte sarebbe stato del tutto vano. Lui stesso non era convinto di quello che aveva appena detto, figuriamoci come avrebbe potuto esserlo l’interessato!
E’ inutile che tiri in ballo il suo volere, Faramir: sai meglio di me cosa vuole nostro padre da me e non ho alcuna intenzione di diventare  come l’immagine che ha lui di me…” la voce decisa di Boromir diede risposta ai pensieri  del capitano dell’Ithilien:  gli si avvicinò e strinse con la mano forte la spalla di Faramir, costringendolo a voltarsi.
Guardami negli occhi, fratellino: so che sei un uomo  savio  e le tue parole non sono mai avventate. Credi veramente che dovrei andare nella terra degli elfi e lasciarti qui, in balia di nostro padre?”  rimarcò con incisività le ultime parole e guardò il fratello minore con gli occhi fiammeggianti, resi così intensi dalla rabbia repressa che Boromir provava per quella situazione: aveva visto per anni Faramir essere trattato come inetto da Denethor pur essendolo e subire soprusi solo perché  non era uguale a lui.
Uguale a lui … quella frase risuonava nella mente dell’uomo di Gondor come un incubo: cosa ci avrebbe mai guadagnato il capitano dell’Ithilien ad avere la sua impulsività? Certo, sapeva combattere e riconosceva a se stesso di non essere un uomo stupido, di nobili natali e  di una cultura degna di un re, ma Faramir non era certo da meno di lui! Il fratello minore era uno stratega nato, un ottimo arciere e un uomo degno della fiducia dei propri sottoposti: sarebbe diventato un grande uomo un giorno,  Boromir di questo ne era sicuro.
Così diversi, eppure così simili ed uniti: il loro amore fraterno andava al di là di qualsiasi disappunto da parte del loro genitore e il figlio maggiore di Denethor non intendeva privarsi di un affetto così grande per seguire le orme di un padre incline alla follia!
 
Faramir, dal canto suo, non sapeva cosa rispondere al fratello maggiore: il suo buonsenso  gli suggeriva di spingere Boromir ad andare  a Rivendell  per quieto vivere con il loro padre e per  esser capace di donare la speranza al popolo di Gondor, qualità che Boromir già possedeva di natura.  Tuttavia il suo cuore gli proibii egoisticamente di lasciar andare il fratello maggiore per una missione così insensata.
 
 
 
Il capitano dell’Ithilien adorava l’uomo che gli stava parlando con tanta sincerità e non poter fare a meno di sorridere :  Boromir lo aveva sempre difeso sin da piccolo da Denethor e non aveva smesso di proteggerlo neanche ora, anteponendo l’affetto che provava per lui ai suoi doveri.
Boromir, il condottiero virile e forte che qualsiasi soldato avrebbe seguito persino nella palude più nera; Boromir, l’amico che senza dire nulla, ti scompigliava i capelli e t’invitava a sederti in modo da ascoltare meglio i tuoi problemi;
Boromir, il fratello che lo seguito passo dopo passo dalla nascita sino all’età adulta dopo la morte della loro madre, senza chiedere nulla in cambio.
Un altro sospiro invase la sala: come poteva Faramir separarsi dall’uomo che aveva svolto le funzioni di madre e padre assieme, uno dei pochi, se non l’unico, punto di riferimento della sua esistenza?
L’uomo prese coraggio e decise di esternare  ciò che pensava realmente:
“ No, hai ragione Boromir: non credo in questa missione e men che mai vorrei mai separarmi da te. Sai che mi sento perso se tu non sei al mio fianco a sostenermi …” rispose sinceramente il capitano dell’Ithilien
Appunto! Credi che per me sia più facile? Sono tuo fratello, ho il dovere ed il privilegio di starti         accanto   ….”
“ Tuttavia non sono più un bambino purtroppo, fratello …. Devo imparare a cavarmela da solo e a dare meno peso al giudizio di nostro padre, come mi hai sempre insegnato tu … “
“ Quello lo avresti già dovuto fare da un pezzo! Non merita la tua bontà, l’ho sempre detto:  è colui che ci ha fatto nascere ma trovo inspiegabile questa disparità tra i suoi figli. Comunque,  non è questo il punto del discorso né  i tuoi metodi di adattamento sono in discussione: andare a Rivendell significherebbe effettuare un viaggio senza senso, ad implorare aiuto a Sire Elrond per un capriccio di un uomo soggiogato dall’idea che un oggetto potrebbe renderci più forti di quanto non siamo! Ho vinto le battaglie con il sudore della fronte,  non con la magia oscura!” sbottò il più anziano dei due  in risposta
“ Lo so Boromir … Ma Gondor? Che ne sarà della nostra terra natìa? “ 
Quella domanda inaspettata come un fulmine a ciel sereno fece girare il volto del bel primogenito: il suo sguardo si posò su un punto della stanza indefinito.  Uno spiffero d’aria fresca  proruppe attraverso la porta, lasciata distrattamente socchiusa: Boromir vide l’immagine sfocata di un ricordo.
Due bambini di diversa altezza stavano ora dinnanzi all’uomo di Gondor: quello che doveva essere il più piccolo due aveva i pugni stretti al petto e la testa castano chiara posizionata nell’incavo dell’altro infante, in lacrime; il bimbo dai neri capelli invece  si era sciolto nell’abbraccio e teneva stretto il capo del più piccolo, accarezzandolo  e sussurrandogli evidenti frasi di consolazione.
La visione sparì e nelle orecchie del figlio maggiore di Denethor riecheggiò una promessa, apparentemente dimenticata: “Mi vuoi bene Boromir? Saremo amici per sempre?”   “ Si Faramir, mio piccolo pulcino: non permetterò più a nessuno di farti più del male.. Ricorda marmocchio: sei sangue del mio sangue, se feriscono te allora feriranno anche me.”
 
L’uomo ricacciò a fatica indietro i bei ricordi e si rivolse al fratello minore con fare deciso, scrutandolo attentamente: il bambino che anni prima piangeva ora si era fatto uomo e questo lui non poteva fermarlo.
Ma l’affetto  che provava nei confronti di Faramir, no, quello non sarebbe mai mutato ad un qualsiasi cambiar di luna: in lui vedeva riflesso le speranze per il futuro della propria stirpe.
 
“Boromir..?”
“Gondor penserà a se stessa, è forte abbastanza: amo il mio popolo, ma la prima fortezza che devo difendere nel mio cuore sei tu, fratellino. Mi basta una tua parola ed io mi tratterrò qui.”
“Non posso chiederti questo, lo sai … Le cose non sono uguali a quando avevamo dieci anni!”
MA RIMANI SEMPRE MIO FRATELLO ED IO NON POSSO PARTIRE  PER UN VIAGGIO PERICOLOSO SAPENDO CHE QUANDO AVRAI  BISOGNO, IO  NON POTRO’ ESSERE PRESENTE!” disse quelle parole con tutta  la frustrazione provata in quegli istanti interminabili.
Quel grido scosse l’animo di Faramir come un fiume in piena: non voleva lasciarlo partire, ma era consapevole di aver pesato troppo sul  fratello maggiore e sulle sue scelte.
“ Cosa vuoi che ti dica Boromir? Non voglio che parti, non lo vorrei nemmeno tra mille anni perché significherebbe privarmi dell’unico amico che ho: questa è la verità, ma non posso sempre lasciare che tu metta in secondo piano  le tue inclinazioni rispetto ai miei bisogni!”
“Conviene anche a me rimanere:  ho bisogno di seguire da vicino i miei soldati.”
“ Quindi è questo che reputi giusto per Gondor? Non andare a Rivendell?”
“No, ma non voglio che il mio popolo possa essere manipolato dalla bramosia di un vecchio genitore pazzo!”
“ E allora, cosa farai? Rimani?”  incalzò la risposta uno speranzoso Faramir
“ Si è quello che vorrei: non voglio che l’unica alternativa per la nostra terra sia la terra elfica, ma in caso lo fosse, dovrò darti ragione e partire.”
“ Sei dannatamente cocciuto … “ lo prese in giro Faramir
“ Ha parlato quello dalla parlantina micidiale … Si vede che hai appreso alcune delle conoscenze di Mithrandir … “ lo rimbeccò Boromir
“ Non posso darti torto!Comunque, se vuoi … potrei partire io al posto tuo … “
“Non se ne parla!”
“ Perché? Non pensi sia in grado di arrivare a Rivendell sano e salvo?”
 
 
“ Non ho detto questo: faccio tutto questo per tenerti al sicuro e di certo non ti spingerò in un viaggio costellato di pericoli al posto mio!”
Sei sempre così protettivo … Sono grande eh … “ Il capitano dell’Ithilien mise un finto broncio
“E’ naturale! Non sarai mai grande abbastanza per me, marmocchio!”  scherzò il fratello maggiore, dandogli una pacca sulla spalla.
 
Un rumore improvviso  proveniente dalla porta d’ingresso destò l’attenzione di entrambi: un soldato con in mano una pergamena avvolta in un nastro nero s’inchinò di fronte ai due graduati.
“E’ per voi, mio Signore Boromir …
“ Vai pure, grazie Andalor. “
L’uomo, così come era arrivato se ne andò, lasciando i due fratelli interdetti sulla missiva appena consegnata.
Boromir srotolò il foglio e ne  lesse contenuto  : il suo viso si oscurò.
Tieni, leggi … “ passò la pergamena  al fratello minore ed imprecò.
Faramir sorpreso, cercò di decifrare la scrittura minuziosa  all’interno del foglio consegnatogli.
“ Il consiglio ha deliberato che devi partire … “ lesse tutto d’un fiato il capitano dell’Ithilien
“ Già .. “ replicò cupo l’altro fratello “E così il destino è infine deciso anche questa volta non da noi:  vieni fratellino, è ora di andare a letto. “
“ Boromir … ? “
Si?”
Partirai?”
Devo, così è stato deciso contro la mia volontà.  Domani sarà una giornata lunga e devo riposare. Buona notte Faramir ”   l’uomo si stava  congedare quando si sentì afferrare il polso: il fratello minore lo stava trattenendo.
“ Aspetta: puoi dormire in questa stanza. Come quando eravamo piccoli, c’è un letto in più vicino al mio” propose quello, attendendo una risposta positiva
“ Fratellino, non siamo più bambini, lo hai detto tu … “
“ Ma tu domani parti e chissà quando ricapiterà di poter rifare queste nostre piccole usanze … Suvvia!” lo incalzò il più piccolo
“ Ahhhhh e va bene, dannato ricattatore! Dov’è il letto? “ sbuffò quello
“ Accanto al mio te l’ho detto!”
 
I due uomini s’infilarono sotto le coperte calde e cercarono di prendere sonno.
“ Boromir …? “
Che c’è ancora? Dormi Faramir, te ne prego! E’ stata una giornata difficile, se neanche mi fai dormire domani sarò un cadavere prima ancora di partire!
“  Esagerato! Volevo solo dirti che sono contento che tu sia mio fratello. Grazie per essere qui stasera.” Un sorriso increspò le labbra del figlio maggiore di Denethor.
“ Di nulla, fratellino, di nulla. Ti voglio bene, buonanotte!”
Gli occhi di entrambi si chiusero poco dopo, facendoli entrare nel mondo fatato dei sogni.
 
§ LA MATTINA DOPO §
 
Una bandiera bianca con lo stemma di Gondor si muoveva a ritmo del vento: un cavaliere d’armatura lucente era montato a cavallo, dietro la sua schiena un corno dalla punta d’argento risplendeva al sole.
 
Un sorriso triste si dipinse sul viso  del guerriero:
“ Ricordati di oggi, fratellino.”
Faramir alzò gli occhi per guardare in faccia il fratello a cavallo e rispose al sorriso con un’espressione affettuosa mista a nostalgia.
Fu così che lo vide andar via, avendo sempre nel cuore  l’immagine di quell’abbraccio fraterno dell’infanzia.
 
  
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