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Autore: CowgirlSara    01/09/2007    10 recensioni
Erano passati tre anni da quell’estate. Tre anni da quando aveva incrociato per la prima volta i profondi occhi scuri di un ragazzo magro e bellissimo, rendendosi immediatamente conto che non avrebbe più potuto cancellarli dal proprio cuore. Seguito ufficiale di "Summer Game".
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Like summertime - Prologo Oh, rieccoci qua! Oggi è sabato 1 settembre 2007 e i mi’ bambini compiono diciotto anni! Auguri di cuore ed un bacione a schiocco ad entrambi! Sono certa che si godranno alla grande questa giornata! (o almeno lo spero per loro…)
Ma, adesso che siamo tutti maggiorenni è anche venuto il tempo di postare questa storia. Avrei anche potuto non aspettare, ma siccome i gemellini qui si danno parecchio da fare, ho preferito. Questa fanfiction è il seguito di “Summer Game”, chi non l’ha letta potrebbe avere qualche difficoltà, perché ci sono dei riferimenti; ad ogni modo sta a voi, se volete leggere anche l’altra e capire meglio, va bene, altrimenti restate coi dubbi.
   
Disclaimer. I gemelli Kaulitz non mi appartengono (anche se ultimamente va di moda avere fidanzati molto più giovani, non si sa mai…), così come gli altri membri dei Tokio Hotel o le loro canzoni. A proposito, tutte le canzoni citate appartengono ai loro legittimi autori.
Rivendico invece la proprietà di Frenzy, Babi e Gitta. L’autore della onnipresente “Destiny”, non è Bill Kaulitz (ma se la vuole gliela cedo volentieri), ma la sottoscritta Sara Labardi. Se ci sono errori con l’inglese me ne prendo tutte le responsabilità.
Il titolo della storia è tratto dall’omonima canzone dei Bon Jovi, contenuta nel loro ultimo album “Lost Highway” e l’ho scelto perché richiamava quello del prequel.
Questa storia è scritta con il massimo rispetto per i Tokio Hotel, il loro lavoro e la loro vita privata e non ha alcuno scopo di lucro.

Vi lascio alla lettura e vi prego, lasciatemi qualche commento!
Sara

~ Feel Something Like Summertime ~


- PROLOGO -

Parma – Settembre 2010

Il doppio colpo di clacson attirò la sua attenzione, appena uscì carica di libri dalla facoltà. Guardò dall’altra parte della strada e vide chiaramente la Smart rosa e nera, con quel particolare logo sul portello posteriore, ferma in doppia fila. La macchina di Babi non poteva che essere così. Scosse il capo ed attraversò.
“Ciao, brutta!” La salutò l’amica, quando fu salita a bordo.
“Ciao, mostrilla!” Rispose Frenzy, baciandole la guancia. “Si va a mangiare qualcosa?”
“Sì.” Annuì Babi mettendo in moto e quindi partendo con la sua solita guida «disinvolta».
Frenzy sorrise e si mise a guardare l’arredamento interno della macchina. Dal grappolo di piccoli teschi di gomma colorata che pendeva dallo specchietto, fino ai girasoli finti infilati nelle prese d’aria. C’erano tutti gli aspetti del carattere bizzarro della sua amica: faceva la darkettona, truccandosi pesantemente, ma le piacevano i fiori grandi, i profumi dolcissimi ed il colore rosa.
“Ah, ti devo dare una notizia…” Annunciò poco dopo la guidatrice. Frenzy si girò verso di lei.
“Ti sei rimessa con Piero.” Disse quindi.
“Humpf!” Sbuffò pesantemente Babi. “No, lui è meglio perderlo che trovarlo… Quella che devo darti è una notizia davvero favolosa!”
“Spara.” L’incitò Frenzy, mentre aggiustava i libri per portarli meglio.
“Quale gruppo suonerà tra poco più di un mese a Milano?” Domandò Babi, con tono retorico.
“Ci sono concerti tutti i giorni, a Milano.” Ribatté atona l’amica.
“Ma quale band è uscita di recente con un disco che adori ed ha un cantate alto, moro, bellissimo, simpatico e… molto sexy?” Insisté la ragazza bionda.
“Boh, che ne so…” Fece annoiata Frenzy. “Sono usciti un sacco di dischi che amo, nell’ultimo anno… tipo i Green Day, o i Muse… sono usciti anche i Bon Jovi…”
“Sì!” L’interruppe Barbara. “Ma quale di questi gruppi ha un cantante che corrisponde alla mia descrizione?”
“Matt Bellamy?” Buttò lì l’altra ragazza, che ormai aveva capito dove voleva andare a parare Babi e si divertiva a prenderla in giro.
“Ma no!” Esclamò infatti l’amica, sobbalzando sul sedile. “Parlo dei Tokio Hotel!” Poi si girò con sguardo accigliato verso Frenzy. “Non mi dirai che Bellamy è più sexy di Bill?!” Chiese preoccupata.
L’amica sorrise divertita. “Nessuno è più sexy della Regina!” Affermò quindi.
“Oh, così mi piaci!” Disse soddisfatta, dandole una piccola pacca sul ginocchio. “Ad ogni modo, i Tokio suonano il 23 ottobre a Milano… e noi saremo lì!” Le annunciò quindi, entusiasta.
“Babi…” Fece l’altra ragazza. “…guarda che ho due esami il mese prossimo, non credo di potermi muovere da Parma…”
“No, no, non cominciare!” La bloccò la bionda. “Tu vieni con me, ho già fatto comprare i biglietti da mia zia Samantha e ci ospiterà lei.” Aggiunse sbrigativa.
“Cacchio, hai già organizzato tutto!” Commentò Frenzy incredula.
“Non fare tante storie!” Replicò l’amica. “Lo so che impazzisci letteralmente per il loro ultimo cd! Sono io che ti ho beccata con le lacrime agli occhi, mentre ascoltavi «Destiny»!”
“Ma per forza!” Protestò Frenzy. “Quella canzone è stupenda, mi emoziona tantissimo!”
“La canta bene, eh?” Chiese Babi, cambiando discorso e tono in un secondo.
“Già…” Confermò l’amica annuendo quasi arresa. “La sua voce è… è…”
“Lo so!” Concordò l’altra; entrambe sospirarono. “Ad ogni modo, tu vieni a Milano, punto!”
“Ah, non ci si ragiona con te!” Sbottò Frenzy, ma in fondo non le dispiaceva quell’iniziativa.
Seguì qualche minuto di silenzio. Frenzy guardava fuori del finestrino, mentre nella testa le passava il ritornello di «Destiny». Barbara, nel frattempo, cercava un parcheggio vicino al locale dove sarebbero andate a mangiare.
“Senti, Frenzy…” Fece Babi, una volta scese dalla macchina, il suo tono era stranamente serio.
“Sì?” Rispose l’amica, girandosi verso di lei.
“Ma tu… ce l’hai ancora il numero di Bill?” Le domandò infine, trovando coraggio.
“No.” Rispose sbrigativa l’altra, abbassando il capo e precedendola lungo il marciapiede.
“Ah! Tu menti sapendo di mentire!” Ribatté la bionda inseguendola.
“Anche se ce l’avessi ancora…” Affermò Frenzy, fermandosi per aspettarla. “…mi spieghi a che servirebbe? Sono passati tre anni, Babi…”
L’amica era ferma davanti a lei e la scrutava con i suoi occhi grigi. “Ma non lo hai proprio più sentito, da allora?” Le chiese dolcemente.
“Beh…” Rispose l’altra. “…ci siamo scambiati qualche sporadico messaggio, all’inizio, per qualche mese, diciamo. Loro, poi, sono partiti per la tournee in Giappone, sono stati via diverso tempo e… ci siamo persi…” Raccontò tristemente Frenzy.
“Oh, che peccato…” Si rammaricò Babi sconsolata. “Anche perché Bill, ultimamente, è diventato ancora più bono di quanto non fosse anni fa…” Aggiunse, come se il suo fosse il motivo di maggiore tristezza nella faccenda.
“Babi, tu sei irrecuperabile…” Commentò arresa Frenzy, mentre riprendeva a camminare.
“No, dico, lo hai visto nello spot del nuovo profumo di Roberto Cavalli?” Soggiunse con urgenza l’amica, affiancandola. “Io mi devo ancora riprendere!” Fece, sventolandosi con una mano.
Frenzy non poté fare a meno di pensare al sensualissimo commercial che da un po’ circolava su tutte le reti. Bill che si muoveva sinuoso su un letto, in una penombra dorata, con uno sguardo in camera capace di liquefare all’istante qualsiasi essere umano dotato di tre o quattro ormoni funzionanti. E poi la sua voce, che proclamava il nome del profumo, come se dicesse: “ora esco dal televisore e ti strappo le mutande.” La ragazza represse un sospiro fin troppo eloquente.
“Anche io…” Ammise infine.
“Insomma…” Riprese Barbara, mentre entravano nella trattoria. “…ce l’hai il suo numero, o no?”
“Ce l’ho ancora, sì.” Ammise Frenzy, prendendo posto al loro solito tavolo. “Ma scordati che provi a chiamare o a mandargli un messaggio.” Aggiunse definitiva. “Anche perché, a quest’ora, avrà cambiato due o tremila telefoni!”
“Maddai, che ti costa provare?” Tentò l’amica.
“Non se ne parla!” Replicò lei, con gli occhi sul menù. “Ma io lo so a che cosa punti, tu…” Realizzò all’improvviso Frenzy, alzando gli occhi in quelli di Babi.
“A che cosa?” Fece l’altra con aria innocente.
“A Tom.” Rispose sicura l’amica.
“Tom? Ma se non ne ho neanche parlato da quando siamo insieme!” Sbottò Babi quasi offesa, posandosi una mano sul petto.
“Ah, ma io ti conosco!” Esclamò Frenzy, annuendo, mentre l’altra negava col capo. “Forse adesso non ne hai parlato, ma ogni volta che ti lasci con un ragazzo sei lì che proclami «oh, nessuno bacerà mai come Tom!», sempre la solita storia!”
“E va bene, magari ci ho lasciato il cuore, tra i suoi dreads, ma che vuol dire?” L’interrogò l’amica.
“Lo sai che ti chiamava Piattola?” Le confessò Frenzy sarcastica.
“Come?!” Esclamò esterrefatta Babi, sporgendosi sul tavolo.
“Sì, quel «nomignolo adorabile» che usava, significa Piattola.” Le spiegò la ragazza di origine tedesca.
“Ma che bastardo!” Commentò Babi, posando il mento su una mano sollevata. “Ma è parte del suo fascino!” Aggiunse con sguardo sognante. “Questa, comunque, gliela faccio pagare, quando ci vediamo…”
“Oh, ma noi non li incontreremo!” Intervenne perentoria Frenzy.
“Questo è tutto da vedersi…” Mormorò Babi.
“Tu non mi userai per raggiungere i tuoi biechi fini, donna!” La minacciò l’amica, ma il sorriso dell’altra ragazza non prometteva niente di buono.

It’s destiny
This feeling we got
This fever that burns
This will that we want to reach
Believe me it’s destiny

Gorgheggiò la suadente e commossa voce di Bill, infilando il ritornello della toccante canzone che Frenzy adorava. La ragazza sospirò, stesa sul proprio letto.
Erano passati tre anni da quell’estate. Tre anni da quando aveva incrociato per la prima volta i profondi occhi scuri di un ragazzo magro e bellissimo, rendendosi immediatamente conto che non avrebbe più potuto cancellarli dal proprio cuore. Ma il liceo era finito e con esso l’adolescenza. Lei, adesso, era una studentessa universitaria, anche se non si sentiva molto diversa da quella ragazzina col costume arcobaleno. Era sempre una sognatrice. Amava ancora il Boss. Era cresciuta e ora sapeva cosa significava una storia seria. Aveva amato Filippo, erano stati insieme per praticamente due anni. Era stato il primo ragazzo con cui aveva fatto l’amore e, anche se era finita, non aveva rimpianti. Ma, chissà perché, quando chiudeva gli occhi non era lui che sognava. Il motivo, probabilmente, era che, quella cotta estiva per il cantante, non aveva avuto la possibilità di svilupparsi. Chissà dove sarebbero potuti arrivare lei e Bill… Era stupido porsi certe domande, dato che la loro «storia» era durata poco più di un week end.
Sollevò la mano e guardò la foto che teneva. Lei, con un’improponibile parrucca bionda. Lui, i cui lineamenti gentili erano resi più femminili dal trucco pesante, con quei vestiti degni della regina del pop. Sorrise, ripensando alla festa. Era stata una delle serate più belle della sua adolescenza.
Sbuffò, poi prese il cellulare e se lo rigirò per un po’ tra le dita, poi lo aprì. Scorse la rubrica fino al fatidico nome. Ci pensò per qualche istante, poi richiuse lo sportello. Non poteva proprio fare quella telefonata. Si sentiva tremendamente in imbarazzo. E poi, chi era lei per chiamare una rock star famosissima? Di certo non si ricordava nemmeno di lei… Aveva sentito di una sua storia con una modella giapponese. O era Tom? Ad ogni modo, non aveva il coraggio di chiamare, così posò il telefono sul comodino e spense la luce. La solita storia, ogni sera, da quando Babi le aveva detto del concerto. Che palle!

Parma – Una settimana prima del concerto

“Babi, io finisco di truccarmi e andiamo, ok?” Disse Frenzy, tornando in bagno.
“Bene!” Confermò l’amica, che invece si era fermata in soggiorno. “Fai presto, che la Pamy ci aspetta.” Le ricordò poi.
Babi, dopo che Frenzy le ebbe confermato i cinque minuti, si sedette sul divano blu dell’amica. Si guardò un po’ intorno, accarezzò Beppe, il grosso gatto rosso di Frenzy, e sistemò i soprammobili spostati dall’animale sul tavolino. Quando il gatto se ne andò, la ragazza si accorse che sul tavolo c’era anche il cellulare dell’altra. Un’idea malsana, e schifosamente premeditata, le balzò subito alla mente. Lo prese.
Erano quasi tre anni che studiava tedesco, per motivi di lavoro – era impiegata in un’agenzia di viaggi – sia per motivi personali. Ed era almeno una settimana che si era preparata la frase giusta, aspettando l’occasione di trovare incustodito il telefono di Frenzy.
Aprì velocemente la cartella dei messaggi in uscita, tolse il T9 e digitò velocemente il messaggio, poi scorse i numeri della rubrica e invio il sms al numero selezionato. Sorrise, quindi, in modo malizioso e riposizionò il cellulare dove lo aveva trovato.

Vienna - Backstage del concerto dei Tokio Hotel, in quello stesso momento.

“Tom…”
“Eh?”
“Tom, hai visto l’altro mio stivale?” Domandò Bill, saltellando per la stanza, con gli occhi puntati al pavimento.
“No.” Rispose distratto il fratello. “Forse ce l’hai già addosso…” Aggiunse, senza guardare. Un piede infilato in un calzino nero si posizionò rumorosamente sul tavolo davanti a lui.
“Non mi sembra.” Affermò il gemello, muovendo le dita.
“Cazzo, Bill! Ti perderesti anche l’uccello, se non l’avessi attaccato al resto corpo!” Commentò Tom, buttando giù il piede dell’altro.
“Ti ho solo fatto una domanda, e che caspita!” Sbottò impaziente il cantante, continuando a cercare.
“Ragazzi, siete pronti?” Domandò Georg, entrando nel camerino, accompagnato da Gustav.
“Se Bill trova il suo stivale…” Fece sarcastico Tom. “…altrimenti canta senza.” Il gemello gli fece la linguaccia.
“Dici questo?” Intervenne Gustav, alzando un texano di pitone grigio.
“Ah! Ti adoro Gusti!” Proclamò entusiasta il cantante, correndogli incontro. “Dove lo hai trovato?”
“Sotto quel mucchio di schifezze…” Il batterista indicò un ammasso di cartacce, fogli appallottolati e involucri di bibite, che fuoriusciva dal cestino della spazzatura.
“Ehm…” Commentò imbarazzato Bill, mentre s’infilava la calzatura.
Il telefono del cantante, in quel momento, emise un suono pungente e prolungato. Tutti si voltarono verso il tavolo. Tom prese l’apparecchio e controllò il display.
“Ti è arrivato un messaggio.” Disse al fratello.
“Ma… quel suono è sulla seconda scheda.” Replicò perplesso Bill.
“E allora?” Fece Georg.
“Beh…” Rispose il cantante, avvicinandosi al tavolo. “…quel numero ce l’hanno in pochissimi, solo voi e quelli di famiglia.”
“Ma anche i parenti ti manderanno dei messaggi.” Affermò Gustav, stringendosi nelle spalle.
“Che discorsi! Però…” Riprese Bill, afferrando il cellulare dalle mani di Tom. “…mio padre l’ho sentito ieri e, di solito, chiama ogni tre o quattro mesi, con mamma ci ho parlato oggi…”
“Ma quante pippe! Leggilo e basta!” Sbottò il gemello, ormai annoiato dalla scena, quindi si alzò. “Tra dieci minuti siamo in scena, quindi falla poco lunga.” Aggiunse.
Il cantante sbuffò e aprì il messaggio, senza fare caso a chi glielo aveva mandato. Erano poche righe in tedesco: «Ciao, sono Frenzy, ti ricordi di me? Sarò al concerto di Milano, spero di poterti salutare!» 
Bill aggrottò le sopracciglia, fissando il testo. Era davvero perplesso. Certo che si ricordava di Frenzy, anzi, era uno dei ricordi cui era più legato, ma non la sentiva da quasi tre anni…
“Allora, chi te lo ha mandato?” Gli domandò il fratello, poggiando il mento sulla sua spalla, per guardare il display nella sua mano.
“Ti ricordi di Frenzy?” Gli domandò Bill.
“Frenzy?”
“Sì, quella ragazza che ho conosciuto quando siamo andati in vacanza da Katy e Franz.” Spiegò il cantante.
“Ah!” Fece Tom, quando gli tornò la memoria. “Quella carina della spiaggia!” Il fratello annuì. “Beh?” L’incitò quindi.
“Non la sentivo da tanto, più di due anni.” Tom annuì. “Dice che sarà al concerto di Milano…”
“Bene, no? Non ti fa piacere rivederla?” Stavolta fu Bill ad annuire.
“Però, boh…” Fece poco convinto il cantante.
“Che problema c’è?” Gli domandò il gemello, aggrottando la fronte.
“Ragazzi, cinque minuti!” Proclamava nel frattempo Saki, ricordandogli quanto mancava all’inizio dello spettacolo. I gemelli si guardarono negl’occhi.
“Dai, ci pensi dopo.” Affermò Tom, dando una pacca sulla spalla di Bill. “Ora vai a pisciare, che altrimenti mi rompi i coglioni sul palco!” Il cantante annuì e si diresse in bagno, ma continuava a pensare a quel messaggio e, soprattutto, a come era stato scritto.

All’alba del giorno dopo…

Tom cercò di non fare rumore, ma inciampò negli stivali di suo fratello, accartocciandosi un dito. Imprecò a bassa voce, soffocando maledizioni.
“Tomi…” Chiamò però una voce assonnata. Il chitarrista alzò gli occhi al cielo.
“Oh…” Fece poi, per risposta.
“Torni a quest’ora?” Gli domandò il fratello, sollevandosi su un gomito.
“Senti, non farmi paternali, ho ventun anni, ormai…” Sbottò Tom.
“Non era mica per quello…” Mormorò Bill. “Ti aspettavo e non tornavi più.” Aggiunse.
“Scusa.” Replicò il gemello, buttandosi sul letto, accanto a lui. “È stata una cosa lunga…” Spiegò poi, alludendo al suo incontro galante della serata. “Che c’è?” Domandò quindi, voltandosi verso il fratello.
“Secondo te, devo rispondere a quel messaggio?” Gli chiese Bill indeciso.
“Perché? Non hai ancora risposto?” Ribatté sorpreso l’altro.
“No.” Rispose il gemello, scuotendo il capo.
“E per quale motivo?” L’interrogò Tom.
“Boh, non lo so… non mi convince del tutto…”
“Non ti convince? In che senso?” Fece perplesso il chitarrista, sempre più persuaso che suo fratello fosse la persona più originale che conosceva.
“Beh, è sgrammaticato…” Rispose Bill, con espressione distratta.
“Sgrammaticato!?” Sbottò Tom incredulo.
“I verbi sono coniugati male…” Precisò il gemello.
“E ti sembra una ragione valida per non rispondere?” Esclamò il chitarrista allibito. “Insomma, si tratta di un sms, non è che ci si fa tanto caso alla grammatica scrivendoli. Tra l’altro, poi, Frenzy non è nemmeno tedesca.”
“Sì, ma parla tedesco meglio di te.” Gli fece presente Bill. “Pensa una cosa, se non me lo avesse mandato lei? Se magari qualcuno ha preso il suo cellulare e…”
“Scusa una cosa.” L’interruppe Tom. “Potrebbe anche essere successo, ma questo ipotetico ladro di telefoni, come cazzo avrebbe fatto a sapere che il Bill sulla sua rubrica è una rock star?”
“Forse hai ragione, però…”
“Sei paranoico, Bill.” Sentenziò il gemello. “Rispondile e basta.” Gli suggerì poi, mentre si alzava. “Ora me ne vado a dormire almeno un po’, domattina si riparte…”
“Resta qui, Tomi…” Lo supplicò il fratello, afferrandolo per un polso. Il chitarrista lo guardò negl’occhi per un breve istante.
“Soffri di solitudine?” Gli chiese poi, con un sorrisetto.
“Sì.” Gli confermò Bill annuendo.
“Vado in bagno e torno.” Affermò allora Tom, rassicurando il gemello con un sorriso dolce. L’altro gongolò, tirandosi il lenzuolo sotto il mento.

CONTINUA





   
 
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