Silenzio.
Solo
silenzio.
Ancora
una volta.
Silenzio.
Si
insinua tra di voi, come una serpe che col suo veleno intossica le
vostre vite.
E vi consuma, nutrendosi di quel che siete. E come un ladro, vi ruba le
parole.
Quelle che servono. Quelle essenziali. Nascondendole e rendendovi muti.
Di
mille pensieri. Di mille emozioni.
Ma
non stavolta. Stavolta quel silenzio non è per tacere. Non
è per celare. Non è
per ingannare.
È
qualcosa di diverso stavolta. È imbarazzato. È
timido. È rassegnato.
Rassegnato
come lo sei tu. Rassegnato e piegato. Nello spirito e nella
volontà. Piegato al
destino, o almeno a quello che ti sei designato. Perché tu
hai deciso.
Sì,
hai deciso. Ogni cosa. Ogni mossa. E come su una scacchiera, hai fatto
il tuo
gioco.
Hai
mosso le tue pedine con abile maestria, perché tutto andasse
come doveva andare. Hai mangiato un
pezzo
dopo l’altro, senza esitazione, senza incertezza, con fame
spietata. Hai messo
da parte persino la tua Regina. Perché quando il gioco sta
per concludersi,
anche lei diventa solo un intralcio.
È
al Re che spetta la mossa finale. Solo al Re. E tu lo sai bene.
È per questo
che l’hai allontanata. O almeno è quello che hai
voluto far credere.
Perché
la verità è ben diversa, non è vero
Kaname?
Allontanarla
era l’ultima cosa che volevi. Eppure lo hai fatto.
Perché ne sei stato
costretto. Da lei. Dall’amore che non ti ha dato. E con il
cuore spezzato hai
deciso. Hai deciso di lasciarla libera. Libera dalle catene. Libera
dalle
costrizioni. Anche se ciò significava vederla tra le braccia
di un altro. E
sconfitto l’hai affidata proprio a lui.
Perché potesse essere felice. Felice come con te non
è riuscita ad essere.
E
l’hai ingannata, ancora una volta, proprio quando ti aveva
detto di voler
ricominciare da capo. Perché era già troppo
tardi. Hai abbandonato le ridicole
vesti dell’uomo innamorato per indossare quelle del vampiro
spietato,
svegliandoti da quell’illusione in cui così
testardamente hai voluto cullarti.
Convinto che per te poteva esserci un destino diverso. Con lei.
Insieme. In
eterno. Perché tu ci hai creduto veramente. Almeno
finché l’altro te stesso non
ti ha riportato alla ragione.
Tu
sei Kaname Kuran. Il mostro. E non la meriti.
E
quando il sogno si è infranto, non ti sei nemmeno chinato a
raccogliere i
pezzi. Ti sei semplicemente voltato e sei tornato indietro. A quello
che eri
prima di incontrarla. A quello che avresti dovuto continuare ad essere.
E come
un uomo che ha perso la luce, hai ricominciato a vagare nelle tenebre
della tua
esistenza per riabbracciare quel fato a cui hai capito di non poter
più
sfuggire.
Hai
avanzato imperterrito, senza permettere a te stesso di pensare ancora a
lei.
Nemmeno quando l’hai rivista, su quel pianerottolo, le sue
labbra schiacciate
contro quelle di lui.
Perché sapevi
che se solo ti fossi fermato, se solo avessi indugiato, non saresti
stato più
capace di andare avanti a compiere il tuo destino. E con il cuore
sanguinante,
hai voltato il viso e sei sparito. Via da quella dolorosa visione, via
da
quell’atroce tortura, con la consapevolezza di averla persa
per sempre.
Eppure
adesso eccola lì, davanti a te, il viso chinato e le spalle
incurvate sotto il
peso di quella verità che non avresti mai voluto farle
conoscere. E mentre
ancora una volta le parole ti sfuggono e ti rendono muto, tu fai
l’unica cosa
che il cuore ti suggerisce di fare. Alzi lentamente la mano verso di
lei e, con
le dita fra i suoi capelli, l’attiri a te. Con forza. Con
urgenza. E la
stringi. La stringi così forte da nasconderla completamente
tra le tue braccia,
mentre l’unica cosa a cui riesci a pensare è perché. Perché gli ha
cancellato i ricordi? E per un attimo una pazza idea si insinua nella
tua mente,
mentre una tenue speranza si riaccende alimentata dal modo in cui anche
lei ti
sta stringendo. E non ti sembra vero. Tenerla di nuovo accanto,
toccarla,
confortarla mentre si abbandona al pianto.
Ti
spiazza. Perché non avresti mai creduto di poterla
abbracciare ancora. E non ci
credi. Davvero non ci credi. È con te, di nuovo, e non vuoi
lasciarla andare.
Così dai ascolto al consiglio che ti ha dato Kaien e la
porti via. A casa. La vostra casa.
E lei ti stringe ancora.
Più forte. In un modo quasi ossessivo. Fino a farti male.
Non capisci. Perché
fa così? Perché piange e ti stringe?
Ti
fa male e glielo dici. Ti fa male, quasi come la consapevolezza che
tutto
questo non potrà mai durare. E il dolore che provi si
mischia al suo, a quello
che la consuma per ciò che è stata costretta a
fare a lui e a quello che la verità
le ha provocato. E senti quella felicità provata nel
ritrovarla farsi sempre
più tenue, sostituita dall’angoscia che nascondono
i suoi abbracci.
«Lasciami
andare… Non scapperò…».
È
questo che le dici, ma lei non ti crede. Ti chiama bugiardo,
accusandoti di
averla condotta alla villa invece che nel luogo in cui ti nascondevi.
Ti chiama
bugiardo, accusandoti di averle sempre mentito. E in fondo è
proprio così, non
è vero Kaname? Fin dall’inizio. Fin da quando si
è risvegliata umana.
Eppure
i suoi occhi sono pieni di una nuova, amara consapevolezza. Adesso sa che ogni cosa è stata fatta
solo per
lei. Ogni sacrificio. Ogni bugia. E lo accetta. Inaspettatamente lo
accetta. E
la senti parlare di te stesso in un modo che non avresti creduto,
mentre
descrive ciò che hai fatto per tenerla al sicuro…
mentre descrive la tua
sofferenza… mentre descrive la tua solitudine. Ti chiama
idiota, mai cosa più
vera, chiedendoti di rinunciare al tuo proposito di sterminare i
sangue-puro e
ti stringe più forte. Ancora più forte.
E
come glielo dici, a una donna così, quello che devi dirle,
con le sue mani addosso e la sua pelle, la pelle... Non si può
parlare di morte
proprio a lei. Come glielo dici a una ragazzina così, quello
che lei sa già e
che pure bisognerà che ascolti…
Come glielo dici che è necessario? Come glielo dici che non
puoi tornare indietro?
Poi
quelle parole…
«Sarebbe
stato meglio se avessi cancellato i ricordi di Zero
da me».
E
tu ti senti morire, mentre la tua mente distorce quella frase
attribuendole un
significato più oscuro. Crudele. Brutale. E
l’altro te stesso ride, a voler
prenderti in giro. Vedi? Anche lei lo ammette. E stavolta ha il
coraggio di
dirtelo in faccia. Solo se lui non
ci
fosse stato, sarebbe stata libera di amarti. Completamente. Totalmente.
Ma in
fondo, questa è una cosa che sai già.
È per questo che l’hai lasciata andare. Eppure,
sentirlo dire dalle sue labbra fa male. Molto male.
Sì,
forse avresti dovuto. Toglierglielo dalla mente e farla tua. Ma non
è questo
ciò che volevi. Volevi che fosse lei a sceglierti. Volevi
che fosse lei a
rinunciare a lui perché
aveva capito
di amare solo te. E chini la testa, vinto da quella sua ingenua
crudeltà mentre
le ripeti ancora una volta che ti fa male.
Oh,
sì. Ti fa male. Ma non perché ti stringe, no.
Sono le sue parole a farti male e
lei nemmeno se ne rende conto. Le chiedi di nuovo di lasciarti andare e
le
assicuri che stavolta non scapperai, ma lei continua a trattenerti
accusandoti
ancora di mentire. E mentre la sofferenza cresce, quasi come a volerti
fare tu
stesso del male, le dici che avresti dovuto trasformarla in
un’umana e
affidarla a lui prima che lei
facesse
il gesto sconsiderato di rubargli i suoi ricordi.
E
lei si allontana, le mani appoggiate al tuo torace e il viso basso,
mentre stavolta
ti accusa di arroganza per aver pensato di continuare a fare di lui ciò che volevi. Come con
un
burattino. Ed è ironico rendersi conto che stavolta
è stata proprio lei a
farlo, arrogandosi il diritto di decidere della sua vita. Come una
Kuran. Come te.
Ma
l’ironia scompare per far posto a un nuovo dolore.
È bastato soltanto nominarlo
perché lei si sciogliesse da te. E l’altro te
stesso ride di nuovo, perché per
l’ennesima volta lui ha
avuto il
potere di dividervi. Sarà sempre così?
«I
sentimenti che nutre per te non erano parte del piano».
Lei
non te l’ha chiesto, eppure senti il bisogno di dirglielo.
Perché sappia la
verità. Perché sappia che
“quell’amore” non era previsto.
Perché sappia che
avresti preferito mille volte che lui
le fosse stato indifferente e altre mille che ti trafiggessero a morte
pur di
non assistere all’evolversi di quel sentimento.
E
lei… lei invece di reagire come ti eri aspettato, quasi non
ti ascolta preferendo
farti una domanda del tutto diversa. Ti chiede se davvero tutto quello
che è
successo fino a questo momento è per colpa sua, negli occhi
l’ansia e il
tormento. Te lo chiede anche se conosce già la risposta.
Perché vuole che
glielo dica tu, con la tua voce, mentre la guardi negli occhi. Senza
più bugie.
Senza più falsità. Tu la osservi per un attimo,
lo sguardo triste, forse
indeciso se sia giusto o meno dirglielo, poi cedi e le confessi che sì, tutto è cominciato solo per
lei. Per proteggerla.
Per tenerla al sicuro.
Lei
abbassa lo sguardo, non riuscendo a sostenere il tuo e ti chiede perché? Perché hai
rinunciato a lei se
davvero l’amavi tanto? E tu le afferri il polso,
costringendola di nuovo ad
alzare il viso verso di te, mentre ciò che vuole sapere si
riversa come un fiume
in piena dalle tue labbra. Impulsivo. Incontrollato.
«Non
ridi dal profondo del cuore».
E ti fa male mentre quella
verità ti pugnala
il cuore già sanguinante. Ma anche lei sussulta, gli occhi
sgranati, scossa delle
tue parole. Poi l’espressione del suo viso cambia, addolcito
da un’altra amara
consapevolezza. Siete tutti bloccati. Tutti incatenati da un destino
ineluttabile.
Lo sussurra a mezza voce e tu non sai cosa risponderle.
Perché come glielo dici, a una
donna così, che tu
vorresti salvarti, e ancora di più vorresti salvare lei con
te, e non fare
altro che salvarla, e salvarti, tutta una vita, ma non si
può. Ognuno ha il suo
viaggio, da fare… ognuno ha il suo percorso.
Le
serri il polso più forte, cercando di imprimere in quel
gesto tutto il
desiderio che hai di poterla avere ancora accanto e lei ti asseconda,
regalandoti
qualcosa che in quel momento davvero non ti aspetti. E aggrappandosi di
nuovo a
te, ti bacia. Con trasporto. Con passione. E tutto si annulla mentre il
tuo
corpo si risveglia e la tua anima vibra. Come ogni volta che le tue
labbra
toccano le sue. E la senti tua. Tua. Solo tua. Anche quando quel bacio
finisce
e lei ti stringe di nuovo, con forza, con prepotenza. Come se volesse
farti
suo. Come se volesse fondersi col tuo corpo.
E
mentre le sue dita affondano nella carne della tua spalla e la senti
tremare, l’unica
cosa che vorresti è poter fare in modo che accada. Fonderti
con lei. Il tuo
corpo con il suo. La tua anima con la sua. Un unico essere. Anche solo
per una
volta. Ed è quel desiderio a spingerti prepotentemente verso
l’abisso. Ma l’abisso
non ti fa paura. E se caderci dentro significherebbe perdersi con lei,
allora
sei disposto a saltare pur di poterla far tua. E non importa se
dall’abisso non
c’è più ritorno. Non importa.
«Se
non sai qual è il posto del tuo cuore, te lo
mostrerò io
Yuuki… Se a te va bene uno come me…».
E
allora salti. Chiudi gli occhi e salti. Senza pensare alle conseguenze.
Senza pensare
a niente. Perché dopotutto sei solo un uomo innamorato. Il
più stupido uomo
innamorato. Il più egoista, che decide di aggrapparsi a
quell’illusione ancora
una volta. Per l’ultima volta. Perché domani
potrebbe essere già tardi.
E
allora salti. Mettendo in gioco tutto te stesso. Per dimostrarle cosa
significa
amare. Amare veramente. Amare come tu
ami. Con il cuore. Con la mente. Con il corpo. Con tutto ciò
che sei. Per una
notte. Una sola notte. Tua. Per sempre tua.
Come
glielo dici, a un uomo così,
che adesso sono io che voglio insegnargli una cosa
e tra le carezze voglio
fargli capire che il destino non é una catena ma un volo,
e se solo ancora
avesse voglia davvero di vivere lo potrebbe fare,
e se solo avesse voglia
davvero di me potrebbe riavere mille notti come questa invece di
quell’unica,
orribile, a cui va incontro. Solo perché lei lo aspetta, la
notte orrenda, e da
anni lo chiama.
Come glielo dici, a un uomo così che ti sta
perdendo?
ANGOLO AUTRICE: la fic è ovviamente uno spoiler del cap 89 e riprende dalla tavola 27 fino alla 39. Non ho continuato fino alla fine del cap per via "dell'intervallo" di tempo che passa dalla 39 alla 40 dove la Hino salta volutamente tutto il "percorso" che porta Yuuki e Kaname in quella stanza... ci sono troppi non detti che io non avrei mai voluto inentarmi senza sapere cosa in realtà è successo tra loro e non me la sono sentita di "azzardare" senza conoscere cosa davvero quei due stanno pensando. Si sono fatte millemila supposizioni sul cap, tuttte discordanti, e anche io mi sono fatta un'idea mia sulla faccenda ma proprio non vorrei arrivare al cap 90 e scoprire che mi sono solo sbagliata... sarebbe seccante scrivere qualcosa di completamente diverso da quella che la Hino ha davvero in mente, soprattutto perché il mio scritto non nasce come una semplice ff dove l'autrice si prende la libertà di inventarsi un continuo o prova a interpretare gli eventi... La mia è soprattutto un'analisi che, come molte altre, spera di "indagare" di più su quelli che possono essere stati i pensieri e le emozioni di Kaname in quei momenti. E infatti, non ho accennato nemmeno per una volta a Yuuki o a cosa lei potesse sentire, tranne che per il verso finale (perché ovviamente è lei a parlare X°°D e ovviamente la "notte orrenda" si riferisce alla morte e non a quella che stanno passando... no, giusto per puntualizzare u.u)... un piccolo regalo che mi sono fatta assecondando la mia fede Kanamista ^^
Le frasi scritte in corsivo (tranne che per i dialoghi ovviamente) appartngono a Alessandro Baricco e al suo OceaonoMare.... io le ho trovate azzeccatissime e non ho potuto non usarle *.*
- Bene, detto questo non mi resta che ringraziare come solito chi ogni tanto mi legge e mi recensisce e scusate se non risp ai vostri commenti.... è il tempo che mi manca XD però, le vostre parole sono sempre apprezzatissime quindi non esitate a dire quello che pensate!!!
- Alla prossima, kiss!!!!