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Autore: Athanate    02/09/2007    0 recensioni
L'ennesimo incarico. Che a Cody piacesse o meno. Ma si rivelerà essere solo quello?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cody Meyers
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Una volta uscita dall’aeroporto seguii alla lettera le istruzioni del capo. Per arrivare fino alla Cascadia avrei dovuto prendere un taxi. Anche se erano per la maggior parte figli di papà nessuno aveva una macchina. E di sicuro presentarsi lì con la mia, nonostante fosse una modestissima chevy nova del 72, avrebbe attirato troppo l’attenzione. Certo, non faceva una piega. Ma detestavo l’idea di dovermi separare dal mio adorato mezzo per restare rinchiusa dentro l’accademia.
Non ho mai sofferto di claustrofobia, ma quando il cancello della Cascadia si richiuse dopo il passaggio del taxi ebbi la smania di darmela a gambe.
Io in ansia? Ma non scherziamo.
In ogni caso, ansia o meno, me ne sarei dovuta restare lì per un bel po’.
Scesi dal taxi, pagai e scaricai quel poco che mi ero portata dietro.
Pensavo che il preside si sarebbe scomodato per venire ad accogliermi, ma visto che in giro c’erano solo gruppi di ragazzi intenti ad allenarsi capii ben presto che mi sarei dovuta presentare da sola.
Partivamo male.
Mi incamminai lungo i campi, a questo punto non mi restava che sperare che qualche anima buona si accorgesse del fatto che avevo appena messo piede lì dentro e mi indicasse se non altro l’ufficio del preside.
Resistetti all’impulso di chiamare il mio capo per coprirlo di una sequela poco gradevole di insulti.
Sarebbe saltata la copertura. Solo per quello.
La mia attenzione venne attratta da un gruppo di ragazzi all’interno di un campo. Avevano delle racchette in mano e quello che sembrava essere l’allenatore stava spiegando loro qualcosa che non riuscii a sentire. Sarebbe stato tutto normale, in fondo era un’accademia di tennis, se non fosse che erano tutti coperti da capo a piedi dal fango.
Mi fermai ad osservarli.
Non capivo la situazione. Ed io detesto non capire che sta succedendo.
L’allenatore si girò verso di me visto che la mia presenza aveva distratto buona parte del gruppo.
Si avvicinò a me.
- tu devi essere quella nuova -
Abbozzai un sorriso cercando di non tirare fuori qualche battuta pungente ancora prima di essermi presentata.
- sì. Cody Myers. Piacere. -
- bene Myers. Lascia lì i tuoi bagagli e vieni dentro al campo. -
Il mio sorriso appassì nel giro di un secondo.
- scusi ma non dovrei andare dal preside? -
- Bates sa già del tuo arrivo. Non serve che tu vada a presentarti. Ora entra, se vuoi una stanza dovrai guadagnartela come tutti gli altri. -
Ok, ora avevo definitivamente smesso di sorridere. Prova? Di che cosa diavolo stava parlando?
Lasciai lì il borsone e lo raggiunsi velocemente. Dovevamo chiarire la situazione.
- senta, deve esserci un errore. Vede io sono qua per uno scambio e… -
Non mi lasciò finire la frase.
- lo so Myers, ma qua le stanze si decidono in questo modo. Sono le regole. -
Non ebbi nemmeno il tempo di pensare ad una risposta sensata che mi ritrovai una racchetta in mano. Inorridii.
Non sapevo nemmeno impugnarla.
Mi voltai verso di lui pronta a ribattere, ma il suo sguardo mi indusse a starmene zitta.
Io zittita due volte in due giorni. Le cose non andavano affatto bene.
Bene. Se proprio dovevo fare una pessima figura ancora prima dello scadere della mezzora di permanenza nell’accademia tanto valeva farla in fretta.
Ora, considerando che io sono l’anti-sport in assoluto, non avevo la minima idea del come me la sarei cavata.
Tutta la mia attività fisica si riduceva ad un paio di lezioni settimanali di autodifesa e stop. Quelle mi servivano per via del lavoro, insomma sempre meglio che niente. Certo, se mi fossi trovata davanti qualcuno a cui avevo messo i bastoni nelle ruote non mi sarebbe servito nemmeno essere campionessa mondiale di kick boxing. Ma certe volte l’illusione di poter avere un briciolo di competenza nell’autodifesa è tutto.
Guardai la racchetta desiderando di vederla sparire.
Niente. Quella maledetta se ne stava ferma lì nella mia mano. Repressi un grugnito ben poco dignitoso.
Ok, ok, con calma. Con molta calma.
Presi in mano una pallina. Gialla e pelosa.
Oh al diavolo, era ora di farla finita. La lasciai rimbalzare a terra e poi la colpii con la racchetta. Se non altro non l’avevo mancata.
Non rimasi nemmeno a guardare dove sarebbe andata a finire. Ma quando vidi arrivare verso di me un gruppo di ragazze gioiose ed infangate mi voltai per controllare.
Non potevo crederci. Avevo preso in pieno una delle scatole poste per terra come bersaglio.
Me ne rimasi lì a guardare la scatola dondolare avanti ed indietro.
D’ora in avanti avrei creduto alla fortuna del principiante. Probabilmente se avessi anche solo provato a guardare dove lanciavo la pallina sarei riuscita a colpire il primo passante ad un kilometro di distanza. Non ci potevo credere.
I miei pensieri furono interrotti quando qualcuno mi saltò addosso. Era una ragazza con occhi castani e capelli ricci.
- bel colpo! -
Sbiascicai un - grazie -
- io sono Adena -
- Cody -
- bene Cody benvenuta nel gruppo! -
- no guarda Adena, c’è un errore, io non faccio propriamente parte dell’accademia e non gioco a tennis -
- difficile crederci dopo quello che hai fatto -
- fortuna -
- sarà. In ogni caso Gunnerson non ti lascerà rinunciare. -
Il mio sguardo doveva essere un misto tra il terrorizzato, l’incredulo e il rassegnato perché Adena mi si avvicinò e mi mise un braccio intorno alle spalle.
- coraggio Cody. Non è poi così drammatica la situazione. -
- no, è peggio. Io non so nemmeno da dove si cominci a fare attività fisica. -
Lei rise. Probabilmente non ci credeva. Io sì invece.
Rafforzò la presa intorno alla mia spalla. Sentii il fango impiastricciarmi il collo e i capelli. Fantastico. Di bene in meglio.
- ora c’è la parte finale della gara. La corsa! -
Non capisco come poteva essere così euforica. Correre non poteva rendere felici. Correre implica sudare, stancarsi e sentirsi incapaci visto che dopo due metri si deve resistere all’impulso di fermarsi e lasciar perdere.
- ehi Adena muoviti Gunnerson sta per dare il via! -
Una ragazza dai capelli lunghi e lisci si stava sbracciando per attirare la sua attenzione.
- arrivo Tanis! - poi si girò verso di me – andiamo Cody se no partiremo svantaggiate. -
Oh ma non c’era bisogno di affrettarsi. Io sarei stata svantaggiata lo stesso.
Gunnerson, così si chiamava l’uomo che mi aveva obbligata a colpire la stupida pallina, spiegò velocemente quello che doveva essere il percorso.
Mi pietrificai.
Gomme? Fango? Muro da scalare? No non scherziamo.
Ero sul punto di andarmene e lasciare tutti lì a continuare quel perverso gioco quando Gunnerson fischiò e Adena mi prese per una manica della maglia obbligandomi ad iniziare la corsa.
Stavo iniziando ad odiare quella stramaledetta situazione.
Lo sapevo, avrei fatto un grande affare a mandare tutti a quel paese e prendere posto nel ripostiglio. Sarebbe stato decisamente meno imbarazzante che dover dimostrare la mia incapacità atletica eseguendo uno show che comprendeva in sequenza una rovinosa caduta nel fango, che comportò l’imbrattamento completo di vestiti e faccia, l’aver trascinato a terra altre 3 persone una volta inciampata nelle ruote e gli 8 tentativi di scalata del muro che si risolsero con la rinuncia per disperazione e la circumnavigazione di quest’ultimo.
Risultato: la squadra delle ragazze perse a causa mia.
Conseguenze: si incazzarono tutte con me.
Ma che colpa ne avevo? Io li avevo avvertiti.
  
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