Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: drewsharibo    13/02/2013    0 recensioni
"Tu provi qualcosa per me, ma non lo vuoi ammettere." Sbottai, e girai sui tacchi intenta a fare un uscita di scena degna di un film.
"E' vero." Gridò Justin, e nonostante fossi piuttosto lontana ormai, la sua voce mi giunse come un colpo al cuore. Mi voltai.
"Cosa?"
"Io provo qualcosa per te."
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
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“Ciao mamma, ciao pa’.” Mormorai imbarazzata. Perché la verità è, che è imbarazzante parlare con un isola gelida di granito, anche se si suppone debba contenere il cadavere di un qualche deceduto. In questo caso trattasi dei miei genitori. Mi guardai intorno, speranzosa di non vedere nessuno. Il cimitero era deserto, l’odore dei fiori era l’unica cosa a riempire le gelide folate nell’aria di New York. La situazione ideale, dal momento che si trattava di un momento da passare in solitudine. L’ennesima folata di vento gelido mi costrinse a stringermi ancor di più nella giacca. Mi schiarii la gola e tornai a rivolgermi alla tomba. “Beh, non vengo a parlarvi molto spesso. Il più delle volte lo faccio perché nonna mi costringe a venire con lei.” Confessai. “Ma la verità è che mi mancate. Anche se siete morti quando ero troppo piccola per capire, anche se siete morti per ragioni tutt’ora ignote a qualunque essere umano, mi mancate. Mi mancate perché ho 15 anni, e un qualunque liceale della mia generazione ha due genitori rompipalle che gli affliggono punizioni che sembrano il peggio che a questo mondo possa esistere, ma la realtà è che non sono nulla in confronto a questo. Perché io preferirei di gran lunga tutte le punizioni di questo mondo, piuttosto che essere orfana.” Dissi. Orfana. Quella parola mi punzecchiò il cuore, facendomi salire agli occhi lacrime invisibili ma non per questo meno brucianti. “Perché adesso preferirei essere a casa a litigare con mia madre come qualunque ragazza di 15 anni fa, piuttosto che parlare con una tomba, con l’illusione che voi davvero possiate sentirmi.” Mi asciugai le lacrime con una manica della giacca. Accidenti, pensai. Detesto piangere. Sospirai, mi chinai sulla tomba e posai una rosa sulla levigata superficie di granito della tomba. Sfiorai con la punta delle dita la scritta incisa sulla superficie. “Jennifer Scunt; William Lawrence” I nomi dei miei genitori erano impressi in un corsivo elaborato sul granito; quella era l’ultima cosa che avevo di loro, oltre a qualche fotografia coperta da vari strati di polvere o ingiallita dal tempo. Mi mordicchiai il labbro inferiore. Mia nonna non perdeva occasione di ribadire quanto assomigliassi a mia madre. “Pel di Carota, la chiamavano” mi aveva detto una volta. “Aveva i capelli arancioni come i tuoi, e tante di quelle lentiggini che sembrava che qualcuno le avesse spruzzato del succo d’arancia sul viso.” Aveva soggiunto con un malinconico sorriso. Incurvai le labbra in un principio di sorriso, e sfiorai le mie lentiggini con la punta delle dita. Sparse qua e là, davano davvero l’idea di chiazze di succo d’arancia. Ricordai che mia nonna mi aveva raccontato di come mia madre cercasse invano di raccogliere i miei lunghi capelli mossi color carota in alquanto improbabili code di cavallo. “Invece, gli occhi li hai presi da tua padre”, mi diceva sempre mia nonna. “Tua madre li aveva verdi come il mare. I tuoi sono azzurri, di un luminoso azzurro cielo. Quei tipi di azzurro che non si dimenticano tanto facilmente.”
Sorrisi a quel ricordo. Avevo vissuto con mia nonna fin dall’età di 2 anni, ovvero immediatamente dopo la morte dei miei genitori. E’ l’unica persona che mi sia stata realmente accanto, insieme al mio migliore amico Simon. In quell’istante il mio cellulare emise due battiti leggeri, segno di un sms ricevuto. Lo sfilai dalla tasca dei jeans e premetti sul display per sbloccare il cellulare. Lupus in fabula, come direbbe mio nonno. Era Simon.
Da: Simon
Hey Holly, come stai? Che fai stasera? Ti va di uscire? Chiamami. Un bacio.
A: Simon
Sono da mamma e papà. Ti chiamo appena torno a casa. xx
Ricacciai il cellulare in tasca e mi avviai a passi lenti verso l’uscita del cimitero.  Passare in mezzo a quelle tombe metteva piuttosto a disagio. Scrollai idealmente le spalle. Ero assorta in vari pensieri che mi ronzavano per la testa, quando avvertii una presa ferrea stringermi il braccio. Il cuore prese a battermi all’impazzata, mi voltai e..
  
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