Note: Allora… niente. Innanzitutto ciao!
Nonostante ci abbia messo solo due giorni per scriverla è stato un parto lo stesso =W=
Ho da fare degli appunti su questa storia, quindi leggete!
Questo è stato davvero il debutto di Kyuhyun, non ho inventato nulla… cioè, ovviamente questi sono gli avvenimenti, il resto li ho scritto io! Basta cercare Kyuhyun Debut Days.
Come sempre grazie
alla mia beta plubuffy che mi corregge le storie pazientemente tutte
le storie… e senza di lei e il suo aiuto
probabilmente sarei finita per il cestinare il tutto. Credetemi, ha una
pazienza infinita questa donna!
Grazie a tutti quelli che leggono sempre le mie storie, mi seguono e
soprattutto recensiscono.
Josie.
Debut Days
La danza non era mai stata una mia vera e
propria passione, tutto quello che volevo era cantare, ma mi era stato detto chiaramente
che per diventare un idol avevo bisogno di duro
allenamento. Per quanto riguardava il canto avevo già tutto, mi avevano
ripetuto, era una dote che mi accompagnava sin dalla nascita. Era sempre stato
tutto per me, l’unico modo per esprimermi completamente o, come diceva mio
padre benché disapprovasse, tenermi lontano dal computer, e come dargli torto!
Mentre con il ballo, beh, con il ballo era
tutta un’altra questione. Anche se non ero mai stato sciolto nei movimenti,
nonostante fosse una cosa che mi divertisse e non mi dispiaceva affatto, avevo
bisogno di allenamento, questo era chiaro, e per rendere il mio desiderio
possibile mi ero impegnato con tutte le mie forze, giorno dopo giorno.
Riuscire ad incoronare il mio sogno e
diventare un trainee fu la cosa migliore che potesse
capitarmi allora, non erano passati nemmeno un paio di mesi che, grazie alla
mia dedizione e al gran miglioramento, dovuto alle ore di duro lavoro, avevano
fatto sì che una compagnia mi notasse. Ero orgoglioso e non poco.
Erano passate ore da quando avevo messo piede
nella sala prove e, non appena la canzone terminò, mi accasciai esausto sulla
panca, come forse non lo ero mai stato nei lunghi mesi di duro allenamento. Una
volta tanto sentii davvero di meritarmi una pausa.
-Kyuhyun-ssi! Venga con noi!- Un signore austero, accompagnato da altri, chiamò a gran
voce il mio nome dalla soglia della porta senza degnarsi nemmeno di entrare,
come se solo facendolo avrebbe potuto confondersi con noi “pivellini”. Guardai
gli altri un po’ confuso prima di prendere un asciugamano, una bottiglina
d’acqua ed eseguire gli ordini senza fiatare.
-Dove stiamo
andando?- Domandai curioso e timoroso allo stesso tempo. Mi scostai i
capelli dalla fronte asciugando immediatamente il sudore. Continuai a seguirli
nonostante non avessi la più pallida idea di cosa stesse accadendo. Cominciai a
pensare di aver combinato qualche guaio, che volessero punirmi o qualcosa di
molto simile. In fondo non sarebbe stata la prima volta che venivo rimproverato
per qualche comportamento sbagliato.
-Da
ora sei un membro dei Super Junior- tagliò corto uno degli uomini. A quelle
parole mi bloccai immediatamente nel bel mezzo del corridoio. Fu come se la
paura avesse preso possesso delle mie gambe, ero sbigottito e incapace di
proseguire.
-Super
Junior? Io?- ero incredulo e sperai quasi che da un momento all’altro
qualcuno potesse spuntare dall’angolo più vicino urlandomi che ero stato preso
palesemente per il culo, era uno scherzo, ciò, però, non avvenne. Un senso di
inquietudine si impossessò del mio essere: “Come sarei riuscito a integrarmi in
una band con così tanti membri?”. Ebbi la sensazione che nulla sarebbe stato
facile come avevo pensato.
Insomma, appena due giorni prima mi avevano
detto che sarei stato uno dei Super Junior, come credevano avessi reagito?
Ovviamente una crisi di panico era stata assicurata, ma poi le millemila rassicurazioni sulla bontà e disponibilità di
quei ragazzi avevano fatto in modo che non tentassi qualche fuga prima del
primo incontro con il leader.
Ma quel giorno era arrivato fin troppo presto
senza che riuscissi a farmi davvero un’idea precisa di quello che sarei potuto
diventare. Avevo le mani sudate e non ero mai stato così rigido prima di
allora, eppure credetti di potermi spezzare se solo avessi azzardato qualche
movimento diverso da quelli che ero solito compiere.
Erano passati trenta minuti da quando mi
avevano portato in questa stanza e almeno dieci durante i quali avevo fatto
avanti e indietro migliaia di volte. Erano spariti tutti senza nessun
preavviso, lasciandomi solo, pensai seriamente a un modo per fuggire. Non ero
per nulla pronto e ne ero consapevole solo in quel momento.
Dopo quel che mi era parsa un’eternità
finalmente la porta cominciò ad aprirsi, allo stesso tempo il mio cuore
cominciò a battere all’impazzata, temetti che di questo passo persino loro
avrebbero potuto udirlo. Non avrei
mai creduto che a 17 anni sarei potuto morire di un attacco di cuore.
-Annyeonghaseyo- Non appena varcò
la soglia, salutai Leeteuk con un inchino impacciato,
quasi non credevo di avere avanti ai miei occhi quel ragazzo che tante volte
avevo visto in tv. Quando
rialzai lo sguardo però, il mio sorriso immediatamente si spense, incontrando
il suo abbastanza freddo. Non disse una parola, non subito almeno.
-I
saluti non dovrebbero essere fatti come i tuoi- replicò freddamente.
Sgranai gli occhi. Mi sentii umiliato, stupido allo stesso tempo e per la prima
volta un bambino. Sentii le mie guancie andare in fiamme e gli occhi inumidirsi
prima che, con urgenza, mi inchinai nuovamente a novanta gradi.
L’incontro non era durato poi molto, per mia
fortuna, anche se poi dopo, avrei dovuto affrontare cose ben peggiori: incontrare
tutta la band. Mi avevano parlato bene del paziente e dolce leader dei Super
Junior ma… beh, se quella era pazienza non avrei
voluto di certo affrontare il resto. Nuovamente mi si formò un groppo in gola
che provai a scogliere non appena mi ritrovai a fissare, inebetito, la porta
del loro dormitorio.
Avrei voluto chiedere al leader di darmi il
tempo di prepararmi, la verità era che non ero pronto, non lo ero per nulla,
stava succedendo tutto così velocemente, non credevo di essere giusto per
quella band. Leeteuk non mi diede il tempo di
esprimermi che immediatamente aprì la porta.
Nella stanza calò il silenzio, non ebbi il
coraggio di guardare nella direzione degli altri solo per paura di scoprire
facce altrettanto ostili.
-Ragazzi,
lui è Kyuhyun-ssi- la voce fredda non mi sfuggì
di certo, e non sfuggì nemmeno agli altri ragazzi che, per un breve instante,
mantennero un silenzio sicuramente innaturale se, radunate in una stanza, ci
sono 13 persone.
- Annyeonghaseyo- ripetei il mio saluto, questa volta sin
dall’inizio in modo corretto. Poco dopo alcuni dei ragazzi si presentarono,
alcuni furono parecchi esuberanti, altri di poche parole e invece altri ancora
rimasero fermi al loro posto, indecisi sul da farsi, in ogni caso mi diedero il
benvenuto.
Immediatamente mi fecero visitare il
dormitorio, le stanze erano tutte grandi e trovai la disposizione e
l’arredamento personalizzato di ognuno davvero originale.
-Ehm… dov’è la mia stanza?- chiesi timido alla fine del mio “tour”, ero stanco per la
lunga giornata e quasi
timoroso che qualcuno avesse potuto attaccarmi nuovamente con qualche frase.
Evidentemente non fu la domanda giusta da rivolgere, lo capii sin da subito dal
loro scambio di sguardi silenzioso. Non ero un tonto, nonostante la mia giovane
età.
-Scegliti
un posto dove dormire- fu quella risposta che meno avrei voluto sentire ma
che arrivò chiara e tonda. Mi sentii crollare la casa addosso nonostante fosse
tutto in piedi, ma non dissi nulla. Tentai di combattere nuovamente contro la
rabbia e le lacrime che premevano prepotenti per uscire. Mi morsi le labbra,
avrei dovuto tenere duro.
Erano
passati solo due mesi da quando ero entrato a far parte dei Super Junior e,
come previsto, non era stato per nulla facile quella convivenza. Non avevo
avuto un letto ancora tutto mio ed avevo finito per dividere uno con ognuno di
loro, o almeno con chi, di buon cuore, avrebbe voluto ospitarmi.
Non
era questo ciò che mi aspettavo, sinceramente, e non mi era mai piaciuto essere
trattato così. Perfino quando andavo a scuola, nonostante mio padre fosse un
insegnante, avevo creato qualche grattacapo con qualche bulletto al quale non
avevo voluto sottostare. Sospirai silenziosamente cercando di non essere udito,
avevo paura di infastidire anche con il minimo rumore.
-Maknae, cucina dei noodles- mi ordinò Leeteuk distrattamente tra carte e schede varie da
compilare, evidentemente dovette notarmi. Non ebbi il coraggio di rifiutare,
nonostante fossi consapevole di essere una frana ai fornelli.
-Ok…- mormorai risentito lasciando
il mio computer. Mi alzai dirigendomi in cucina, quel posto fu peggio di un
campo di battaglia per me e decisamente non avevo la più pallida idea di dove
mettere le mani. Ah, se fosse stato facile come accendere un computer!
Cominciai
con l’aprire il frigorifero e lo stesso feci con i mobili quando passai alla
ricerca delle pentole. Dieci minuti dopo aprii l’ennesimo mobile, ormai arreso,
e una pentola attentò alla mia vita. Fortuna che riuscii a scansarla, anche se
creai ugualmente un gran baccano che sperai non fosse notato.
-Aish!- Imprecai quando, alzandomi, andai a sbattere contro il
mobile. Non so cosa combinai alla fine, ciò che venne fuori fu un disastro
irrecuperabile e in men che non si dica si era fatta
l’ora di cena. Maledizione! Non avrei potuto chiedere una mano a Ryeowook, come forse avrei dovuto fare sin dall’inizio.
Mi
sedetti a tavola forse un po’ scuro in volto. Nessuno dovette accorgersene
evidentemente, perché non mi fecero domanda alcuna, o semplicemente preferirono
ignorare questo mio perenne stato d’animo. In fondo non parlavo con molti.
La
cena fu servita, ovviamente, da un impeccabile Ryeowook.
Guardai sott’occhio Leeteuk stando attento a non
perdermi nessuno dei suoi movimenti. Non appena alzò le bacchette sussultai.
-Chi ha cucinato questi noodles?-
abbassai lo sguardo colpevole mordendomi le labbra a sangue. Mi alzai in
piedi, il colpevole ero io.
Ero
stanco, affranto. Avevo deciso di mollare tutto. Non sapevo se tutto dipendesse
dal fatto che avessi bevuto, forse pure più di quanto la mia età consentisse.
Ero semplicemente stufo di sentirmi così stanco e inappropriato.
Entrai
nel dormitorio silenziosamente levandomi la giacca. Se questa era la vita che
mi spettava, beh, avrei preferito finire qui quest’esperienza terrificante.
Forse mio padre aveva ragione, non avrei dovuto mettermi a fare il cantate,
tutto ciò mi lasciava l’amaro in bocca.
Non
so per quale assurda ragione mi diressi verso la stanza di Ryeowook
e aprii la porta senza bussare, stendendomi immediatamente sul suo letto con la
faccia coperta. Chissà che pena, dovevo puzzare davvero d’alcool in quel
momento. Sarei stato nei guai se mi avessero scoperto, ma cosa importava?
Sarebbe potuto davvero andare peggio di quello?
Il
più grande, non appena mi vide entrare, scattò in piedi.
-Kyuhyun-ah! C-cosa succede?- il ragazzo mi
accolse nel suo letto con premura. Non risposi, tenni semplicemente il mio viso
nascosto, ma senza che potessi fermarmi parole e lacrime cominciarono ad
uscire, per la prima volta, incontrollate.
-Ryeowook-ah! Sono così stanco, lui mi odia- singhiozzai, mentre
l’altro, impacciato, tentò di consolarmi stringendomi a lui finché non mi fossi
calmato. Avere l’alcool come complice rendeva la cosa maledettamente reale e
difficile. Io davvero stavo provando a fare del mio meglio, ci tenevo davvero a
fare bella figura agli occhi di Leeteuk ed essere
accettato, ma ogni occasione sembrava buona per richiamarmi, punirmi o
umiliarmi. Ne avevo abbastanza di questi tentativi di essere notato da lui,
erano tutti inutili.
-Chi è? Credo di poter capire la tua situazione…- mormorò tentando ancora di calmarmi e di
asciugare quelle calde lacrime. Chiusi gli occhi al passaggio della sua mano
gentile, un tocco che in quei mesi mi era mancato in maniera assurda, un tocco
amichevole. Volevo tornare a casa.
- Teuk hyung…- balbettai ad occhi chiusi, lasciandomi cullare
da quelle braccia.
Non
appena fu il nostro turno di esibirsi il pubblico andò in visibilio. La folla
era lì, pronta ad acclamarci, ed ognuno diede il meglio di sé. Anche io
dimenticai i dissapori di quei lunghi mesi e mi lasciai trasportare
dall’esibizione.
Quando
venne il momento della premiazione alle mie orecchie tutto tacque. Le urla, il
boato, la folla, persino le voci dei presentatori. Tornai nuovamente a sentire
solo quando sentii forte pronunciare il nome della nostra band. Avevamo vinto,
avevamo vinto!
Vidi
tutti i membri versare lacrime di gioia, e, com’era capitato già molte volte da
quando ero entrato a far parte della band, mi venne da piangere terribilmente a
mia volta, la mia prima vincita come cantante… la
nostra prima vincita. In quell’istante mi tornò in mente che forse io, l’ultimo
arrivato, non ero il benvenuto in quella famiglia affiatata. Chi ero io per
piangere insieme a loro?
Questo
pensiero arrestò immediatamente le mie lacrime prima che avessero tempo di
uscire, o perlomeno mi sforzai. Non meritavo davvero di piangere, cosa avevo
fatto io, in fondo?
Tornammo
tutti indietro, nei camerini, i ragazzi continuavano a piangere felici,
increduli e io, con il magone in gola, mi isolai per un momento in un angolo
per riprendere coscienza dei miei sentimenti.
Quando
alzai gli occhi incontrai gli occhi colmi di lacrime del nostro leader, sentii
un crampo all’altezza dello stomaco e mi irrigidii. Lo vidi avvicinarsi, con un
sorriso, e mi poggiò una mano sulla spalla.
-Kyuhyun-ah, sei stato bravo- quel nodo stretto alla gola si sciolse
e tutta l’amarezza, la gioia e i dissapori cominciarono a sgorgare fuori,
attraverso quelle lacrime che ora sentivo finalmente libero di esprimere.
-Ne, Teukie hyung- replicai. Senza pensarci lo abbracciai
stringendolo forte a me e lui, fiero, ricambiò forte la mia stretta. Fu in quel
momento che mi sentii finalmente parte di quella grande famiglia chiamata Super
Junior.