Un ragazzo con la barbetta

Era una giornata calda e secca sul campo di battaglia di Ishval, ora ridotto ad una sconfinata distesa di rocce e abitazioni in rovina.
In mezzo a quei ruderi, un uomo ammantato di sabbia, posizionato con cura dietro ad un muro sfracellato al secondo piano di un’abitazione…era invisibile a occhio inesperto tanto che persino i suoi alleati non riuscivano a vederlo.
Imbracciava un lungo fucile…poteva sentire il calcio premuto contro la spalla, il freddo e crudele metallo lambire i propri polpastrelli e il fragile grilletto che tremava sotto la pressione del suo indice.
E in mezzo al nulla, un nemico, un singolo uomo di ishval, prontamente catturato dall’implacabile mirino che or seguiva ogni suo movimento. L’uomo si prese tutto il tempo necessario a prendere bene la mira, il nemico era un giovane sulla ventina, capelli bianchi come la cenere, occhi rossi come di demone e una pelle scura ancor priva di rughe o peluria. E lui era l’unico testimone degli ultimi istanti di vita di quel ragazzo…nessun altro li avrebbe mai notati, nessuno, guardando quella scena, avrebbe mai potuto immaginare che quelli erano i suoi ultimi respiri.
Il ragazzo indossava sandali sporchi e sfilacciati, un paio di pantaloni che in origine dovevano essere bianchi e una maglia marrone chiaro; portava i capelli corti e ricci, un piccolo neo sulla fronte, una sottile cicatrice sul polso sinistro, probabilmente procuratasi lavorando col padre e un ridicolo ciuffetto di barba appena accennato.
Gli occhi del cecchino continuavano a seguirlo, notando ogni dettaglio della sua figura. Poi, venne il momento di premere il grilletto. Un solo colpo, un forte schiocco, il proiettile fendette l’aria e colpì implacabile il volto del giovane che cadde a terra privo di vita.
Non aveva avuto nemmeno il tempo di accorgersi che stava morendo, il tempo che aveva avuto era sufficiente solo a morire. Ma il cecchino aveva visto ogni cosa, il suo occhio formidabile aveva catturato ogni dettaglio...il colpo che trapassava il suo cranio, il giovane viso distrutto dalla violenza del proiettile e gli occhi...quanti occhi aveva visto spegnersi, ormai non li contava più.
Era una giornata calda e secca sul campo di battaglia di Ishval, l’Occhio di Falco aveva mietuto un’altra vittima, l’aveva osservata e, in qualche modo, si era quasi affezionato a quello sguardo teso ma ignaro, a quella barbetta, al neo sulla fronte, i sandali…poi è morto e Riza ha focalizzato la sua attenzione su un nuovo nemico.
Tutto non era durato più di due secondi.