La stanza delle
fotografie.
*
Note
dell’autrice: Ed eccomi
ancora qui. Ennesima os,
collocabile ovunque, scritta per non sentire troppo la mancanza di
questi due
testoni. Spero possa piacervi e farvi sorridere per cinquedieci minuti.
Note betaggio: la mia
metà che ringrazio. Solo
questo, il resto risulterebbe superfluo e già detto.
Pubblicità: Questa storia
è nata perché
qualcuno di assolutamente
meraviglioso e bellissimo ha scritto un’ altrettanto
meravigliosa e bellissima
Os. Vi consiglio caldamente di leggerla. Lei
è smythwood con
“Now every february, you'll be my
valentine.'”
Al mio Thad:
A voce non
riesco,
qui
c’è tutto.
Tutto il mio
amore.
Atto
Unico
*
Sebastian
chiuse con tre mandate la porta d’ingresso e vi
appoggiò la fronte.
Inspirò.
Odore di vernice
fresca, di
aspettative e famiglia. Odore di Natali insieme, di notti passate sul
divano a
rimuginare e mattinate sul pavimento a fare pace. Odore del loro futuro
insieme.
Espirò
e si
voltò, ritornando alla propria macchina, parcheggiata nel
vialetto.
Avevano
deciso di comprare casa insieme.
L’avevano
fatta costruire dalla base, secondo i loro gusti e sogni.
Mattone dopo
mattone, casa loro aveva
iniziato a prendere consistenza e
forma.
Sebastian
estrasse dalla tasca posteriore dei jeans le chiavi ed aprì
la portiera.
Ancora
rabbrividiva: Sebastian Smythe e Thad
Harwood insieme, nonostante tutto.
Nonostante le
differenze, nonostante
i litigi, le distanze, le gelosie, gli ostacoli.
Nonostante il
mondo.
Fece partire
la macchina.
Per il
momento soggiornavano a casa di una stramba zia di Thad: una maniaca
che non
perdeva occasione per far cadere la mano sul sedere di Sebastian.
“Menopausa” un cazzo!
Ma spesso,
quando parlavano tra loro, Harwood e la zia usavano lo spagnolo.
Sebastian si
schiarì la gola, inserendo la quarta marcia.
Lo spagnolo.
Thad e lo spagnolo. Era un biglietto
di sola andata per
il meraviglioso paese di “Fotti-Land”.
Sorrise tra
sé.
L’indomani
sarebbe stato San Valentino e Smythe sperava con tutto sé
stesso di aver fatto
la cosa giusta.
*
-Mi spieghi
dove andiamo? - sbuffò Thad, agitandosi sul sedile del
passeggero.
-Adesso
vedrai. - ripose Sebastian, continuando a fissare la strada.
-Sai che
odio le sorprese… -
Ed eccolo,
Harwood schierava le truppe e si preparava all’attacco.
Non era una
banale frase che constatasse quella che, effettivamente, era la natura
sociopatica di Thad.
Au contraire.
Con Thad
Harwood l’essenziale era nell’espressione facciale.
Il piccolo infido aveva
utilizzato il broncio che sfoderava ogni qual volta volesse ottenere
subito
qualcosa. E lo sguardo, quello era
il
colpo di grazia. Lo sguardo tutto occhi e ciglia riduceva Sebastian in
una
poltiglia di ormoni e di “Certo
Thad”
o “Come vuoi tu, Thad.”
Smythe si
concentrò sulla strada e ghignò. - Lo so. -
-Sadico. -
lo accusò Thad.
-Impaziente.
- rispose l’altro, sorridendo di quel battibecco.
*
Attraversarono
la sala e Harwood si perse ad osservare l’ambiente che li
circondava.
Sebastian
appoggiò le spalle alla parete e incrociò le
braccia sul petto. - E’ bella,
vero? -
-E’
bellissima. - ammise Thad, girando su se stesso. - Ogni volta che la
vedo è
sempre più… - non riuscì a trovare le
parole.
-Reale. -
concluse per lui Smythe, provando esattamente le stesse emozioni del
compagno.
Harwood si
voltò nella sua direzione e sorrise.
-Ma non
è
per questo che siamo qui. -
Attraversò
quella che sarebbe diventata la loro camera da letto e, con Thad al
seguito,
aprì la porta del ripostiglio.
O meglio quello
che Sebastian,
mentendo, aveva fatto passare per ripostiglio.
Si fece di
lato e lasciò che il compagno entrasse per primo.
Uno spazio
ampio, luminoso, una finestra a lato, dei cuscini e tappeti colorati
sul
pavimento.
Le pareti.
Harwood
alzò
lo sguardo e si coprì la bocca con una mano: ricoperte di
loro fotografie.
-E’ la
stanza delle fotografie. - mormorò sorpreso il moro,
avvicinandosi ad uno dei
muri ed osservandolo.
-La
desideravi. - rispose Sebastian, cingendogli la vita. - E’
tua. - borbottò
contro la sua spalla. - E’ il tuo regalo. -
Il loro primo
appuntamento: due
ragazzini in mezzo ad un prato,
impegnati a ridere ed incapaci di smettere.
Il dottorato di
Sebastian: Thad
ancora con gli occhi lucidi che abbracciava il fidanzato, orgoglioso e
commosso.
Il trasloco a
casa della zia: loro
due, impegnati nel trasporto di scatoloni pesanti e pieni, per la
maggior
parte, di cose inutili.
Harwood si
strinse in quell’abbraccio e si voltò.
Uno spazio vuoto.
-Uno spazio
vuoto? - corrugò la fronte, notando un angolo del soffitto
spoglio e bianco.
Sebastian
abbassò lo sguardo, respirò profondamente e
riportò i propri occhi su quelli
del compagno. - Se vorrai, lì
attaccheremo le foto del nostro matrimonio… -
Thad
spalancò gli occhi, tentò di dire qualcosa, ma ne
uscì solo un verso acuto e
confuso.
Decise
allora di buttarsi tra le braccia di Smythe e fare l’unica
cosa sensata in quel
momento.
-Sì.
- gli
rispose, baciandolo. - Sì. - ripeté, baciandolo
ancora. - Sì. -
Sebastian
sorrise di tutta quella euforia e baciò a sua volta il
ragazzo.
Alzò
lo
sguardo ed incontrò, in fotografia, quello del padre di
Harwood.
-Thad, forse
dovremmo togliere le foto con i tuoi genitori. - mormorò,
tra i suoi capelli
neri. - Mi farebbe senso scoparti qui dentro, mentre tuo padre ci
osserva. -
-Oh,
ma che romantico, Smythe! -