*Only Act*
The Cure – I’ll fo
it for us
Alla
fine, l’avevano trovata. Per essere precisi era stato Klaus a trovarla per
primo – in caso contrario se ne sarebbe impossessato con qualsiasi mezzo.
Per
qualche strana coincidenza astrale, lui e gli anti-eroi di Mystic Falls erano
d’accordo su cosa fare con una parte
della cura: darla a Elena.
Stefan
voleva aggiustarla perché non era in
grado di amarla da vampira, Damon voleva spezzare il sirebond, Jeremy rivoleva
sua sorella e Caroline iniziava a stancarsi di giudicare l’amica un giorno sì e
l’altro pure.
Elena?
Ovviamente voleva tornare umana per una lunga serie di motivi, nonostante
stesse facendo del suo meglio per convivere pacificamente con la sua nuova
natura.
«Eccoti
qui, sweetheart» Klaus aveva dato
appuntamento a Elena per quella mattina.
«Eccomi
qui» ripeté lei, atona.
Klaus
si spostò per farla entrare in casa. «Niente guardie del corpo in un giorno
così importante?»
«Preferisco
farlo da sola.»
Lui
rimase un po’ sorpreso a quelle parole, ma piacevolmente colpito
dall’intraprendenza della ragazza.
La
guidò attraverso l’ingresso e il salone dei ricevimenti verso un’altra sala, ma
molto più piccola, al centro del quale regnava un grosso tavolo dell’800 e
sopra di esso… una boccettina di vetro.
La cura.
Proprio
quando Klaus stava per dire qualcosa, sentì il campanello suonare forte e
chiaro. Sorrise, immaginando già chi fosse alla porta.
«Sono
arrivati i tuoi cavalieri» disse sornione guardandola. «Goditi i tuoi ultimi
istanti sovrannaturali, Elena. E non toccare niente.»
Klaus
raggiunse la porta e aprì con un sorriso beffardo in volto, ma quel sorriso si
trasformò subito in una smorfia incredula: davanti a lui c’erano Stefan e Damon
Salvatore e in mezzo a loro… Elena.
Ci
fu poco tempo per lo stupore, perché da dentro la casa giunse un grido acuto e
straziante. I quattro si precipitarono verso la fonte di quel sono e capirono immediatamente
cos’era appena successo.
«Klaus…»
La
schiena curva e le braccia appoggiate sul tavolo, scossa dai brividi e con il
respiro affannoso. Non era Elena.
«Katerina…?»
La
boccetta era completamente vuota, in mille pezzi sul pavimento.
«Cosa
hai fatto?» tuonò l’ibrido, afferrando la vampira per le spalle e scuotendola
furioso. «Perché?»
Una
sola parla uscì dalle labbra di lei, prima che perdesse i sensi.
«Kol…»
Elena
fissò Katherine senza riuscire ad emettere un fiato, così come Stefan e Damon,
colti alla sprovvista da quel colpo di scena. Sapevano tutti quanto Kol fosse
contrario alla ricerca della cura, ma perché soggiogare Katherine affinché la
prendesse?
Klaus
la tenne tra le braccia e uscì dal salotto. I tre ospiti lo seguirono su per le
scale fino a una camera per gli ospiti.
Elena
lo osservò adagiare Katherine sul letto con inaspettata cautela – forse troppa
– e fissò la sua antenata come se fosse una sua vecchia fotografia.
«L’ennesimo
dispetto di Kol» mormorò Klaus, sfiorando la fronte di Katherine con le dita.
«È ghiacciata.»
«Sta
funzionando?» chiese Damon, curioso e impaziente. «Magari ci mette un po’, non
so, qualche ora.»
«Perché
farla bere a lei?» domandò invece Stefan. «Per creare ibridi non c’è differenza
tra lei ed Elena. Non capisco.»
La
più giovane delle Petrova non riusciva a staccare gli occhi di dosso all’altra:
doveva essere su quel letto al posto di Katherine. Indubbiamente lei non aveva
problemi a convivere con la sua natura da vampira, al contrario di Stefan, che
aveva vissuto nel tormento per quasi centocinquant’anni.
Colpire
Katherine era stato… crudele.
«Non
cercare una spiegazione alle azioni di mio fratello» rispose Klaus. «Non ce n’è
mai una vera e credibile.»
Tutti
i presenti scattarono sull’attenti quando Katherine si mosse: aprì gli occhi
molto lentamente e trasse un lungo, profondo respiro.
Come la Bella Addormentata che si
risveglia dopo cento anni.
In
quel preciso istante, il suo cuore riprese a battere.
Katherine
fece vagare lo sguardo per tutta la stanza: non la riconosceva, niente di ciò
che vedeva le era familiare. Il lampadario, il colore delle pareti; il letto,
poi, non aveva il baldacchino.
Sentì
un peso sul letto, alla sua sinistra e, voltandosi in quella direzione, scoprì
un viso familiare.
«Lord Niklaus.»
Aveva
un grande e spontaneo sorriso in volto e gli occhi scuri brillavano di
felicità: i vampiri percepirono perfettamente l’emozione che provava nel
vederlo.
Klaus
non rispose, si limitò a fissarla in silenzio, con espressione incredula.
«Avete
tagliato i capelli quest’oggi» continuò lei, che sembrava così presa dal suo Lord da non essersi accorta della
presenza di altre tre persone nella stanza. «Mi piacciono.»
«Come
ti senti?»
Klaus
le prese una mano tra le sue e parlò con voce bassa a rassicurante,
sorridendole: data la situazione inaspettata, spaventare la ragazza era
l’ultima cosa che voleva fare.
«Stanca»
rispose lei con sincerità. «Cos’è
accaduto? Ho perso i sensi durante i festeggiamenti?»
Quali
festeggiamenti?
Stefan, Damon ed Elena avevano quella
domanda scritta in faccia.
«Katerina…» Klaus sembrava voler prestare
molta attenzione alle parole da usare, «in che anno ci troviamo? Qual è
l’ultima cosa che ricordi?»
La
ragazza represse un risolino. «Mio signore, vi state prendendo gioco di me?»
poi sorrise dolcemente. «Ci troviamo nel 1492. Avete organizzato una festa di
compleanno a sorpresa per Lord Elijah.»
«Cosa
significa questo? Sta mentendo?»
Stefan
era decisamente sconvolto. Del resto, come dargli torto? Katherine aveva preso
la cura e non solo il suo corpo era tornato umano, ma anche la sua mente e i
suoi ricordi.
«Non
credo. Hai visto la sua espressione? La Katherine che conosciamo noi non
guarderebbe mai Klaus in quel modo» gli rispose il fratello, poi mandò giù in
un solo sorso un bicchiere di whiskey offerto dalla casa.
«Quindi
Katherine crede davvero di trovarsi nel 1492? Com’è possibile?» tra tutti,
Elena era senza dubbio quella più preoccupata. «Significa che ha dimenticato tutto ciò che è successo dopo la
trasformazione?»
Se
così fosse stato e Katherine non ci fosse andata di mezzo, si sarebbe trovata
Elena in quelle condizioni: avrebbe dimenticato ogni cosa, non avrebbe più
avuto memoria di aver lasciato Stefan, di aver fatto l’amore con Damon, di aver
finalmente ammesso i suoi sentimenti per lui.
Fu
scossa da un brivido.
«Una
cura per il vampirismo a tutti gli effetti» mormorò Damon, pensieroso.
Se
Kol non fosse intervenuto, la sua bolla felice di ricordi insieme a Elena
sarebbe definitivamente scoppiata. Gli sguardi, i sorrisi, le mani intrecciate…
quel primo ed emozionante “Ti amo”
non sarebbe più esistito, se non nel suo cuore.
Egoisticamente
si ritrovò a ringraziare Kol per quella bravata: sperare che Elena lo
ricambiasse un giorno o l’altro era una cosa, averla finalmente tra le sue
braccia e perderla era un’idea troppo dolorosa.
Dal
canto suo, Stefan desiderò per un attimo che Katherine non fosse mai entrata in
quella casa: Elena avrebbe preso la cura e dimenticato ogni cosa del periodo in
cui proclamava a gran voce di amare Damon.
Sarebbe
tornato tutto come prima.
Lui
sarebbe riuscito a dimenticare che la sua ragazza era stata a letto con suo
fratello? Non lo sapeva, ma desiderava riaverla e riaverla umana.
Klaus
interruppe le riflessioni deprimenti del trio facendo il suo ingresso nel
salone.
«Dorme»
annunciò. «È molto debole.»
«Lo
credo bene. La sua mente potrà anche aver fatto tabula rasa, ma il suo corpo si
è nutrito di sangue per cinquecento anni. Avrà bisogno di mangiare qualche
bistecca» disse Damon, per nulla sorpreso dalla spossatezza di Katherine, ora
che era di nuovo umana.
«Ha
detto altro?» chiese Elena.
Klaus
si gettò senza indugio sul carrello dei liquori, posto accanto alla portafinestra,
davanti alla quale stava Damon, in piedi e scuro in volto. «Solo qualche
delirio insensato.»
Elena
pensò che Klaus fosse scosso dalla scoperta appena fatta, molto più di quanto
mostrasse a loro: nessuno conosceva i dettagli del suo passato con Katherine e
di sicuro lui non aveva intenzione di parlarne.
«Quindi
è vero» disse Stefan, seduto su un divano a due posti, di fronte a quello dove
si trovava Elena. «La cura ha riportato anche la mente di Katherine a quando
era umana.»
«Esattamente»
l’ibrido, con un bicchiere pieno in mano, prese posto proprio accanto a Elena.
Lei
si irrigidì istintivamente, poi tentò di rilassarsi un poco. «A te che
differenza fa? Se è Katherine a essere umana e non io, intendo.»
Klaus
bevve un paio di sorsi, si leccò le labbra e voltò il capo per guardare la
vampira. «Nessuna, in effetti. Il suo sangue vale quanto il tuo.»
«Ma
ora non ricorda niente… non sa che sono passati cinquecento anni e che tu sei
molto più di un Lord inglese» ribatté lei, che non poteva evitare a se stessa
di preoccuparsi per la sua antenata.
Katherine
non era una santa, era egoista, manipolatrice, calcolatrice, in qualche modo
viziata e anche molto discinta con gli uomini, soprattutto se si trattava dei
fratelli Salvatore… ma era una sua parente, seppur molto alla lontana.
La
sua vita non era stata rose e fiori: le avevano portato via sua figlia e l’uomo
che aveva dichiarato di volerla corteggiare in realtà intendeva solo ucciderla.
Era scappata per così tanti anni che ormai doveva essersi stancata di stare
sempre all’erta… ed era sola. Completamente sola.
Elena
si sentiva fortunata rispetto a lei, perché aveva tanti amici che le volevano
bene, mentre Katherine non aveva nessuno al suo fianco.
«Il
soggiogamento mi darà una mano con le spiegazioni» Klaus non sembrava convinto
di quella risposta, ma non aggiunse altro. Alzò il bicchiere come per fare un
brindisi e lo vuotò in un istante.
«Stefan,
tu non bevi?» disse Elena in tono sarcastico, guardando il suo ex ragazzo. «Se
ti ubriachi anche tu farò un filmino di voi tre che cantate e ballate e vi
renderò famosi su YouTube.»
La
risposta del vampiro fu interrotta da un rumore. Si voltò per guardare alle sue
spalle e vide la porta della sala aperta.
Katherine
entrò nella stanza e subito tutti si allarmarono: il viso e i vestiti erano
sporchi di sangue, che lei sputava con grossi colpi di tosse.
La
ragazza alzò una mano, lo sguardo fisso su una sola persona, in una richiesta
di aiuto.
«Klaus…»
fu tutto ciò che disse prima di crollare a terra in ginocchio.
L’ibrido
le fu accanto in un istante e la prese per le spalle, osservandole il viso: era
pallida, gli occhi lucidi di lacrime, l’espressione terrorizzata e tremava come
una foglia.
«Ma
che diavolo…?» Damon non credeva ai suoi occhi: cosa stava succedendo?
«Ti
riporto in camera. Devi risposare» Klaus prese la ragazza in braccio e guardò
Stefan. «Cerca un inserviente in cucina, a destra dell’ingresso. Digli di
portare asciugamani e lenzuola pulite. E vestiti per lei.»
Senza
aggiungere altro né attendere risposta, si avviò verso la stanza degli ospiti.
Lungo le scale e tutto il corridoio c’erano numerose chiazze di sangue. Una
volta arrivato a destinazione, notò che il letto sembrava la scena di un
crimine violento.
«Dannazione»
imprecò tra i denti, di certo non poteva far rotolare Katherine nel suo stesso
sangue.
«Dov’è
un bagno? Non può stare così, dobbiamo pulirla» si fece avanti Elena,
decisamente spaventata dal risvolto della situazione.
«Di
qua» Klaus fece strada lungo il corridoio e con un calcio aprì l’ultima porta a
destra.
Il
bagno era immenso, la vasca a dir poco enorme, potevano starci almeno quattro
persone più che comode. Elena aprì il rubinetto dell’acqua calda mentre Klaus
stendeva Katherine a terra, di nuovo priva di sensi.
La
sfilò la maglietta e sbottonò i jeans, lasciando il tutto lì sul pavimento. Era
sul punto di slacciare anche il reggiseno, ma si ricordò della presenza di
Elena e del fatto che sicuramente lei era imbarazzata a causa della somiglianza
fisica con Katherine.
«Vado
a vedere se Stefan ha trovato il tuo inserviente» annunciò lei, lasciando il
bagno, davanti al quale stazionava Damon.
«Svenuta?»
il vampiro indicò Katherine con un cenno del capo.
«Sì»
annuì lei, la fronte corrugata e l’espressione dura. «Damon, questo non è
normale. Non dovrebbe essere così, vero? Così tanto sangue, lei non…»
«Sshh, tranquilla… andrà tutto bene» Damon le prese il viso
tra le mani e la fissò intensamente negli occhi. «Potrebbe essere solo una
fase. Forse il corpo umano di Katherine non trattiene il sangue che ha bevuto e
si sta purificando.»
«E
se così non fosse?» era sempre più agitata, sempre più spaventata da ciò che
stava accadendo. Niente era come avevano immaginato. «E della sua mente che mi
dici? Ha dimenticato tutto!»
A
quel punto Damon l’abbracciò e la strinse forte, sperando che quel gesto
riuscisse a placare almeno un poco la sua ansia.
In
realtà anche lui era spaventato, non aveva previsto che la cura avesse un
effetto simile né che a prenderla sarebbe stata la sua creatrice. Non aveva mai
immaginato una Katherine umana ed eccola qua, con i suoi cinquecento anni di
età fisica ma solo sedici nella sua testa.
Il
pensiero di essere stato a un passo dal vedere Elena in quelle stesse
condizioni era devastante e sarebbe sempre stato grato a Kol per ciò che aveva
fatto, anche se era ugualmente preoccupato per Katherine.
«Andrà
tutto bene» ripeté in un sussurro.
«Dovete
tubare anche in queste circostanze?»
La
voce di Stefan interruppe quel piccolo momento romantico, mentre Klaus usciva
dal bagno con Katherine in braccio, ripulita dal sangue perso e avvolta solo in
un grosso asciugamano.
«Avete
finito con questi teatrini da adolescenti in crisi ormonale o possiamo
occuparci di qualcosa di più importante?»
Sembrava
stizzito. Sorpassò il trio e tornò di nuovo nella camera degli ospiti destinata
a Katherine e notò con piacere che le lenzuola erano già state cambiate: la
super velocità dei vampiri tornava sempre utile in situazioni del genere.
Adagiò
la ragazza sul letto ed Elena si offrì di rivestirla, ma Damon la fermò.
«Se
si sveglia cosa fai?»
Lei
lo guardò senza capire.
«Nella
mente di Katherine tu non esisti. Non aveva una sorella gemella e sua figlia a
quell’epoca aveva all’incirca due anni. Potrebbe spaventarsi e dare di matto, o
star male di nuovo.»
«Hai
ragione. Non ci avevo pensato» ammise lei, fissando il pavimento. Era così
nervosa, confusa e preoccupata da non riuscire neanche a mettere insieme due
pensieri.
«Potete
andare tutti» disse invece Klaus, portandosi davanti a loro. «Ci penso io a
lei.»
«No»
fu la risposta istintiva di Elena. «Voglio stare qui e vedere cosa succede.»
«Non
ti fidi di me, love?» la schernì lui,
piegando la testa di lato e sorridendo, con le fossette sulle guance.
«Per
niente» affermò lei, decisa a non abbandonare Katherine e desiderosa di sapere
cos’altra sarebbe successo – aveva un brutto, brutto presentimento a riguardo.
«In
effetti non ha torto. Abbiamo diritto di sapere» Stefan supportò la ragazza,
mosso in gran parte dalla curiosità per quegli strani effetti collaterali della
cura.
Un
colpo di tosse catturò la loro attenzione: Katherine si era svegliata e cercava
di mettersi seduta sul letto facendo leva con le braccia, ma inutilmente, dato
che era troppo debole.
Klaus
l’aiutò a mettersi sotto le coperte e le spiegò in modo molto tranquillo che
era stata male di nuovo e le governanti le avevano fatto un bagno caldo
sperando che l’aiutasse a sentirsi meglio.
Poi
si rivolse di nuovo ai tre ospiti che iniziavano ad essere irritanti e parlò
come un generale. «Se non volete andare via, almeno uscite da qui. Questa
stanza è sovraffollata. Se necessario, scegliete una camera a testa e restate
fino a domani.»
La
proposta sembrava assurda, ma a dire il vero era sensata: di certo non potevano
stare tutti e quattro attaccati alla sottana di Katherine, lei avrebbe fatto
delle domande, soprattutto se avesse visto Elena.
Decisero
così di lasciare Klaus solo con Katherine e tornarono nel salone dei
ricevimenti, in attesa di notizie da parte sua.
Klaus
non sapeva cosa fare, quella situazione era preoccupante: non poteva negare,
almeno a se stesso, che riavere la Katerina umana e sedicenne che aveva
conosciuto secoli prima gli aveva fatto un certo effetto. Una punta di
nostalgia l’aveva colpito e sembrava non volerlo lasciare.
A
quel tempo non aveva fatto il minimo sforzo per conoscere davvero e apprezzare
la ragazza, palesemente innamorata di lui. Aveva detto di volerla corteggiare
solo per dare una spiegazione ufficiale alla sua presenza a casa sua, ma per
lui era solo uno strumento per spezzare la maledizione.
Ora
che l’aveva spezzata, aveva di nuovo la Katerina di cinquecento anni prima. Non
sapeva cosa fare a riguardo, ma comportarsi come se il tempo non fosse passato
gli era sembrata istintivamente la scelta migliore.
«Cosa
mi sta succedendo?» chiese lei in un soffio, sempre più debole. «Mi sono
ammalata?»
«Sì»
annuì lui. «Ma non ti preoccupare, starai meglio. Ho chiamato un medico per
farti visitare, arriverà fra poco. Hai fame?»
Forse
bisognava nutrirla con cibo per umani, pensò l’ibrido, osservando la ragazza
sorridere e chiudere gli occhi, la stanchezza dipinta sul suo volto.
Possibile
che la cura fosse una fregatura?
La
lasciò sola ed estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni. «Andrew? Mi
serve del cibo. No, non quel tipo… cibo vero. E che ne so io? Prendi un pasto
completo di tutto e vieni subito qui. Con la carne!»
Klaus
sbuffò e interruppe la chiamata, già esasperato da quella situazione e
dall’incapacità dei suoi sottoposti di andare in un semplice take away e ordinare qualcosa di commestibile per un essere
umano.
Il
cibo arrivò presto. Katherine si sforzò di mangiare, ma riuscì a mandare giù
solo due bicchieri d’acqua e mezza bistecca. Tutti speravano in un
miglioramento, ma ciò non avvenne.
Quella
sera le condizioni della ragazza peggiorarono.
Riprese
a sputare sangue, rigettò quel poco che aveva mangiato e non faceva che
tremare, diventando sempre più fredda e debole.
Klaus
la tenne in osservazione tutto il tempo e capì che non c’era niente da fare:
Katerina sarebbe morta.
«Cosa?
Non è possibile, la cura doveva funzionare!» esclamò Stefan, dopo che Klaus
aveva dato loro la notizia che, molto probabilmente, la ragazza non avrebbe
superato la notte. «Doveva essere una cura per il vampirismo. Forse è perché il
corpo di Katherine ha più di cinquecento anni?»
«No,
non è quello il motivo» sempre più stanco e depresso, Klaus si passò le mani
tra i capelli e sospirò. «La cura è un
veleno.»
Ecco,
l’aveva detto. Quel pensiero l’aveva tormentato tutto il giorno. Dar da
mangiare a Katerina era l’ultima prova di cui aveva bisogno per essere sicuro
di ciò che aveva appena detto.
«Quindi
morirà? E lascerai che accada?» chiese Elena e, dentro di sé, temeva la
risposta che avrebbe ricevuto.
«Non
credo che la cosa ti riguardi» tagliò corto l’ibrido, per nulla intenzionato a
darle una risposta.
«Elena,
lascia stare» Stefan bloccò la sua rispostaccia per evitare di far irritare
maggiormente il padrone di casa. «Katherine non…»
«Non
cosa?» lo interruppe lei, furibonda. «Lo so che non è una santa e ha fatto tante
cose imperdonabili, ma hai davvero intenzione di permettere che lui» tese il braccio e indicò Klaus con
l’indice «decida della sua vita? È umana,
Stefan! Ha di nuovo sedici anni, non ricorda niente, come puoi anche solo
pensare di ucciderla?»
«Non
sopravvivrà in ogni caso, Elena!» ribatté lui, alzando la voce. «Cosa credi che
possiamo fare? La cura è un veleno, dovresti essere felice di non trovarti al
suo posto.»
Per
tutta risposta, lei lo schiaffeggiò. Aveva gli occhi lucidi, le tremavano le
mani dalla rabbia e la frustrazione e si sentiva in colpa, perché la cura, il
veleno, era destinato a lei. Non poteva sopportare di essere di nuovo la causa
della sofferenza e della morte di qualcun altro.
«Sarà
il caso di uscire da qui e calmarci tutti» propose Damon sfiorando le spalle
della vampira. «Troveremo il modo di aiutare Katherine.»
Elena
aveva voglia di rispondere male anche a lui, ma non ne poteva più di stare in
quella casa. Mandò tutti al diavolo, lanciò un’occhiata truce a Klaus e uscì
dalla stanza, dichiarando di aver bisogno di un bicchiere d’acqua prima di
andarsene da lì. Stefan puntò direttamente alla porta d’ingresso.
«Lascerai
davvero che muoia?» chiese seriamente Damon all’ibrido. «Se devo essere
sincero, vorrei che ci ripensassi.»
«Non
mi sembra di ricordare di aver detto una cosa simile» sempre enigmatico nelle
sue risposte, anche in situazioni simili. Klaus non si smentiva mai. «Fai
calmare la tua ragazza. Se Katerina peggiora, te lo farò sapere.»
Le
parole di Klaus rincuorarono Damon sulle sue intenzioni: forse non odiava
Katherine così tanto da farla morire in quel modo. Per cinquecento anni avevano
giocato al gatto col topo, quando l’aveva trovata l’aveva lasciata andare…
probabilmente correrle dietro come un cacciatore gli dava molta più
soddisfazione dell’idea di vederla davvero morta.
Rimasto
solo, Klaus mandò un messaggio a uno dei vampiri che aveva soggiogato per
servirlo, essendo in mancanza di ibridi, poi tornò dalla sua ospite. La ragazza
dormiva tranquilla, ma ogni tanto era preda di qualche brivido.
Le
speranze che aveva messo nella cura erano andate distrutte: non avrebbe più
potuto creare ibridi né Elena sarebbe tornata umana e con lei chiunque altro
avesse avuto intenzione di seguirla.
La
conclusione era a dir poco deprimente.
Poche
ore più tardi, Katerina riaprì gli occhi: aveva la morte nello sguardo.
Sembrava un vampiro in balia dei deliri causati dal morso di un licantropo. La
sua pelle era sempre più fredda, il respiro faticoso. Aveva smesso di vomitare
sangue, forse perché gliene era rimasto troppo poco in corpo.
«Mi
dispiace…» sussurrò, ansimando. «Non volevo… rovinare la festa…»
Klaus
si sedette sul letto con un cuscino dietro la schiena e, molto delicatamente,
prese la ragazza tra le braccia, stringendosela al petto: sentiva che avrebbe
voluto dirgli qualcosa di importante – la confessione prima di addormentarsi
per sempre.
«Non
hai rovinato niente» disse lui, accarezzandole piano i capelli.
«Sto
morendo.»
Non
era una domanda, ma un’affermazione. Sentiva la mano gelida della Nera Signora
sfiorare le sue guance, artigliarle i polsi, trascinarla con sé nell’oblio.
«Sì.»
«Allora…
c’è una cosa che devo dirvi… due cose…» si voltò a fatica per guardarlo in
viso. «Io vi amo, Klaus» sorrise, seppur con poca forza, sorrise per lui. «Vi
amo con tutta me stessa… avrei voluto dirvelo prima, ma…» un colpo di tosse, la
fatica a riprendere il respiro «ma non sapevo come fare…»
Klaus
aveva già immaginato quale potessero essere le due cose di cui Katerina voleva
parlargli e, sicuramente, se lei gli avesse confessato il suo amore nel 1492,
lui non avrebbe mai preso seriamente in considerazione quei sentimenti.
Ma
ora… ora era diverso. Lui e Katerina avevano una storia, un trascorso,
cinquecento anni di caccia e fuga. Aver scoperto l’esistenza di Elena gli aveva
dato nuove speranze, diventare finalmente ibrido e spezzare la maledizione
aveva un poco attenuato la sete di vendetta che l’aveva consumato per tutti
quei secoli.
Sentiva
di poter accogliere in modo maturo la
confessione d’amore di una ragazza morente.
Katherine,
sentendo nel cuore di avere poco tempo, decise di continuare a parlare, finché
ne avesse avuta la forza. «C’è un’altra cosa. Ho una figlia. Adesso ha due
anni, ma non l’ho… mai vista… so che è disonorevole, ma dovevo dirvelo…»
«Lo
so. L’ho sempre saputo» mentiva, ma ormai che importava? «Ho mandato i miei
uomini a cercarla. Sta bene, ha una famiglia buona e gentile che la ama molto.»
Dirle
quella piccola bugia gli sembrò la cosa più giusta da fare in quel momento: lei
non avrebbe mai saputo la verità e, in ogni caso, dopo cinquecento anni non
c’era più traccia della bambina.
Avrebbe
lasciato che Katerina morisse con il cuore in pace.
«Sono…
felice. Vi ringrazio, mio signore… voi siete così… buono…» alzò un braccio e,
tremando, gli posò una mano sul petto. «Siete riservato, ma avete un cuore
grande… io l’ho visto… per questo mi sono… innamorata… di voi.»
In
quel momento, la ragazza chiuse gli occhi.
Klaus
la strinse ancora più forte.
Damon
estrasse il cellulare dalla tasca del giubbotto. «Un messaggio. È Klaus.»
«Cosa
dice?» Elena si alzò subito dal divano. Stefan aveva preferito non assistere ad
altre effusioni di suo fratello e la sua ex, così si era recato a casa sua.
Il
vampiro sembrava preoccupato. «Di andare subito da lui.»
I
due uscirono immediatamente, diretti alla villa di Klaus. Chiamarono Stefan,
che li raggiunse in un attimo.
«Non
ha detto altro?» si informò Stefan, ma Damon scosse la testa.
Con
il cuore in gola e l’ansia alle stelle, Elena alzò la mano per bussare, ma un
vampiro a lei sconosciuto aprì la porta proprio in quel momento. «Nel salone»
si limitò a dire e fece loro strada, nonostante la conoscessero già.
Klaus
li attendeva comodamente svaccato sul divano, con un bicchiere di whiskey in
mano e un’espressione soddisfatta. Elena si sentì subito nervosa.
«Dov’è
Katherine?» chiese, con foga e rabbia. «Che ne hai fatto di lei?»
Lui
le lanciò un’occhiata annoiata. «Ciò che andava fatto.»
Sapeva
di irritarla, ma non gliene importava. La cura era stata un fallimento totale
su tutti i fronti, ormai Elena e il suo patetico triangolo amoroso non erano
più tra i suoi interessi, dato che non c’era speranza di farla tornare umana.
Tra
l’altro, la cura era andata distrutta, quindi non poteva essere usata contro di
lui. Qualcosa di buono da tutto quel casino ne era uscito, almeno.
«Razza
di…» Elena si morse la lingua per evitar di insultarlo: nonostante tutto, far
arrabbiare Klaus continuava a non essere una buona idea.
Damon
le posò una mano sulla spalla, Stefan era in attesa, aveva la sensazione che
sarebbe successo qualcosa.
E
successe.
«Non
immaginavo che ti saresti preoccupata così tanto per me, ma ti ringrazio, cara
Elena.»
La
voce giunse da una porta aperta alle spalle di Klaus. Con un inconfondibile
rumore di tacchi e la camminata da top model, Katherine Pierce fece il suo
ingresso nel salone.
«Felice
di rivedervi. Sorpresi?» sorrise, con le mani sui fianchi e l’espressione
divertita. Fece qualche passo avanti, divertita dalle espressioni di Stefan,
Damon e soprattutto Elena.
«Sei
viva» constatò Stefan, osservandola.
«Sono
di nuovo me stessa, quindi morta e risorta» aprì la bocca e sfoderò le zanne.
Elena
sussultò: era tornata vampira? Era
stata possibile una cosa del genere? Umana, vampira, umana e vampira di nuovo. Non
aveva pensato a questa possibilità.
Klaus
si alzò dal divano, posò il bicchiere sul tavolino davanti ad esso e affiancò
Katherine. Le prese una mano e mimò l’atto di baciarne il dorso.
«La
dolce Katerina è tornata tra noi» le fossette sulle sue guance sembravano
volersi beffare dell’incredulità dei tre.
«L’hai
trasformata tu?» gli chiese Damon e Klaus capì subito dove voleva arrivare:
Katerina era innamorata di lui, se avesse bevuto il suo sangue molto
probabilmente sarebbe risorta asservita.
«No.
L’ha fatto un mio sottoposto.»
Perché
non approfittare dell’eventualità che lei gli fosse asservita?
«Elena,
smettila di fissarmi in quel modo» Katherine sembrava stizzita dall’intensità
con lui l’altra la guardava. «So cosa vuoi chiedermi, ma puoi ben immaginarlo:
ricordo tutto.»
«Anche
quello che è successo dopo aver preso la cura?»
Un’ombra
passò sul volto della vampira. Decise di mentire, non aveva alcuna intenzione
di far sapere alla cara Elena una
cosa tanto personale. Era già umiliante che Klaus l’avesse capito da sé. «No.»
Lasciò
la mano dell’ibrido e attraversò il salone. «Se permettete, avrei da fare. Non
ho tempo da perdere con voi, mi avete procurato fin troppi problemi.»
Nessuno
sapeva cosa dire, ma Elena si era fatta un film tutto suo in testa.
Raggiunta
la porta, la vampira si voltò verso i presenti. Li osservò con attenzione, poi
scosse la testa. «Grazie» nonostante
tutto, era ancora abbastanza onesta da poter ringraziare chi aveva cercato di
salvarle la vita. Poi spostò la sua attenzione su Klaus e, fin troppo
rapidamente, voltò le spalle.
«Ci
vediamo.»
Damon
accompagnò Elena a casa.
In
qualche modo era contento che Katherine si fosse salvata, ma la cura si era
rivelata essere un veleno mortale. Tutto ciò che avevano fatto si era rivelato
inutile: seguire Shane, far uccidere decine di vampiri a Jeremy, rischiare di
perdere Bonnie a cause dell’espression... per cosa? Una fregatura in grande stile?
«Ci
sentiamo domani?» chiese una volta giunto alla porta.
Ormai
il sole stava per sorgere e lui si sentiva davvero stanco e deluso.
«C’è
una cosa che devo dirti.»
Elena
estrasse un sacchettino dalla tasca della giacca. Mostrò il contenuto e Damon
per poco non urlò dallo stupore: erano i cocci della boccettina rotta, quella
dove c’era la cura.
«Che
diavolo significa?»
«Il
vetro era bagnato, c’erano ancora delle gocce di pozione. Quando siamo tornati
a casa e ti ho detto che andavo a rinfrescarmi, beh, in realtà ho estratto ciò
che era rimasto con una siringa.»
Damon
la fissò con gli occhi sgranati. «La cura è un veleno, in una quantità così
piccola, poi… cosa vuoi fare?»
Lei
gli sorrise dolcemente. «Katherine è tornata vampiro e ricorda ogni cosa. Posso
farlo anch’io. Voglio farlo.»
Alzò
un braccio e gli accarezzò il viso. «Se è il sangue di un altro vampiro a
trasformarmi, non ci saranno complicazioni. Io non morirò e il sirebond sarà
spezzato.»
Damon
sentì un grande calore invadergli il petto a quelle parole. Non sapeva cosa
dire né pensare, era tutto così improvviso e inaspettato…
«Ti
amo, Damon. Voglio distruggere l’unica cosa che ci impedisce di stare insieme.»
Ecco
qual era il piano della ragazza: tornare umana e di nuovo vampira. Non poteva
sopportare l’idea di essere asservita all’uomo che amava. Sentiva di essere
davvero legata a Damon, i sentimenti che aveva sempre cercato di reprimere
quando era umana, ora gridavano e battevano i pugni contro il suo cuore e la
sua mente.
Solo
usando quel poco di cura che era rimasta poteva liberarsi e poter amare Damon
senza intoppi.
«Lo
faresti per me?» sussurrò lui, incredulo, ma al contempo pieno di gioia. Non si
era mai sentito così in vita sua.
«Lo
farò per noi.»
Elena
suggellò quelle parole d’amore con un bacio a fior di labbra.