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Autore: Emily Kingston    14/02/2013    10 recensioni
La madre di Carly le ha da poco detto che sta per risposarsi e che dovranno trasferirsi da New York in California. Come se non bastasse, il nuovo compagno di sua madre non è altri che il padre di uno dei più famosi e chiacchierati attori di questo periodo: Logan Lerman.
Carly odia i personaggi famosi e non s'interessa di gossip, perciò il rapporto con Logan, all'inizio, sarà difficile, ma poi la ragazza imparerà a conoscerlo davvero e tra i due nascerà un'amicizia. O qualcosa di più?
Tra lacrime, gite in montagna, giocatori di football, ex fidanzati e balli scolastici, riuscirà Carly a fuggire dai sentimenti o, alla fine, la raggiungeranno?
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Vide sua madre abbracciare Larry con un sorriso e il ragazzino alzare finalmente il viso, guardando prima i due adulti e poi incontrando per caso il suo sguardo.
Dal vivo era esattamente come in fotografia, forse un po’ meno alto di quanto sembrava e un po’ più magro. Ma i suoi occhi blu – gli stessi che Lily passava serate intere ad osservare – le fecero tremare le gambe.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11. We’re gonna celebrate

 
Carly stava facendo un sogno strano quando Logan la svegliò. Non lo ricordava nel dettaglio, ma era sicura che si trattasse di un sogno strano; se lo sentiva. E sentiva anche che suo fratello era arrivato ad aprire la finestra e a toglierle le coperte di dosso proprio sul più bello, cioè mentre lei faceva qualcosa di epico.
Quando la luce le colpì gli occhi, Carly strizzò forte le palpebre, infastidita quanto lo sarebbe stato un vampiro, e si sfilò il cuscino da sotto la testa per metterselo sulla faccia.
“Sei una rottura, Log!” Si lamentò.
“Sei tu che mi hai chiesto di svegliarti presto perché dovevi uscire con Nathan,” si giustificò il ragazzo, sedendosi sul bordo del letto, mentre da sotto al cuscino la bocca di Carly produceva dei mugolii di protesta. “E io l’ho fatto. In realtà ci ho provato parecchie volte. Ma adesso Nathan è di sotto e allora sono dovuto ricorrere alle maniere forti.”
Il cuscino volò in aria e per poco non colpì Logan in testa. Carly scattò a sedere come una molla, i capelli sparati in ogni direzione e gli occhi ancora assonati spalancati.
“Di sotto? Adesso?!
Logan annuì. “Mh,mh.”
Carly tentò di appiattirsi i capelli.
“Se non ci credi posso chiamarlo,” disse allora il ragazzo, voltandosi verso la porta. “Nat-”
Carly si slanciò in avanti e gli coprì la bocca con entrambe le mani, fulminandolo con lo sguardo.
Logan alzò le mani e lei mollò la presa, tornando a sedersi sul materasso con le gambe incrociate. Ormai erano quasi tre mesi che lei e Nathan uscivano insieme, le cose tra lei e Logan erano tornate alla normalità e il suo quasi ragazzo aveva spazzato via qualsiasi ricordo legato a Simon. Stava bene con lui, si divertivano e Nate la trattava bene, dicendole continuamente cose carine.
“Cavoli, cosa mi metto?” Esclamò, isterica, balzando giù dal letto e iniziando a rovistare tra i vestiti.
Logan era ancora seduto sul letto e la osservava mentre si muoveva da una parte all’altra, lanciando abiti sul pavimento e prendendo le scarpe a calci per non inciamparci.
La ragazza si sfilò velocemente il pigiama, appoggiandolo distrattamente sulla spalliera della sedia che teneva di fronte alla scrivania e si voltò verso Logan con una maglietta classica dell’Hard Rock di New York in una mano ed una con il marchio di Starbucks nell’altra.
“Allora, quale?” Chiese, mostrandogliele.
Logan sbatté le palpebre, indugiando con lo sguardo sul corpo seminudo della ragazza.
“Che c’è?” Chiese lei, guardandosi. “Non dirmi che fai il timido con me,” aggiunse poi con un sorriso.
“No, no,” si affrettò a rispondere, inchiodando lo sguardo su una delle due magliette.
“Se ti mette a disagio posso infilarmi una maglietta,” disse Carly, rendendosi conto che la cosa era effettivamente imbarazzante. “Insomma, pensavo fosse okay. Voglio dire, sei mio fratello. E poi… be’, non è che ci sia molto da nascondere ormai…”
Lui sventolò le mani in aria, continuando a tenere lo sguardo puntato sulla maglia.
“Sul serio, va bene,” le assicurò, abbozzando un sorriso. “Devo solo abituarmici.”
Carly ridacchiò, alzando prima una maglietta e poi l’altra.
“Allora, questa o questa?”
Logan le scrutò per qualche secondo, poi indicò la maglietta dell’Hard Rock. Carly annuì e se la infilò di corsa, afferrando poi un paio di jeans scuri e iniziando a saltellare per la stanza mentre se li metteva.
Dopo essersi lisciata le pieghe della maglia si fiondò davanti allo specchio e Logan si alzò dal letto, avviandosi verso la porta.
“Vado a dirgli che arrivi,” le disse e lei annuì.
Quando Logan se ne fu andato, Carly smise di andare avanti e indietro e si mise a sedere sul letto con un sospiro.
Come le era venuto in mente di farsi vedere mezza nuda da lui? E si era pure comportata come se fosse una cosa normale! Aveva sicuramente fatto la figura dell’idiota. E poi, insomma, avevano deciso di cancellare tutto e non cancelli tutto se uno dei due si presenta quasi nudo davanti all’altro e dice frasi tipo: “Tanto ormai non c’è molto da nascondere”.
Si maledì un paio di volte mentre si rialzava e tornava allo specchio.
Il fatto era che ciò che era successo tra lei e Logan lei non lo poteva dimenticare. Ci aveva provato. Sul serio. In quei mesi ci aveva provato con tutta se stessa, ma neanche uscire con Nathan era servito a qualcosa. Non riusciva a dimenticare il modo in cui Logan l’aveva amata quella notte e, probabilmente, aveva aspettato per tutta la vita di essere amata così.
Nate era un ragazzo fantastico. Era divertente e la faceva stare bene, rendendo reali tutte quelle cose che lei credeva fossero esclusiva di romanzi e film romantici. C’erano dei momenti in cui si mollava qualche pizzicotto per essere sicura di non stare sognando. Eppure, nonostante avesse tutto quello che aveva sempre voluto, quando Nate la baciava lei pensava a Logan e ai loro baci mancati. Quando Nate la toccava, lei pensava a Logan e alle carezze per le quali sospirava mentre si rigirava tra le lenzuola nel sonno. Quando Nate le sussurrava qualcosa all’orecchio, lei pensava alla voce roca di Logan e tutti i brividi che le scuotevano il corpo quand’era lui a sussurrare parole nelle sue orecchie.
Era sbagliato e, soprattutto, era puro autolesionismo, ma Carly non riusciva a scacciare quei pensieri. Quelli arrivavano, silenziosi, e poi esplodevano nella sua mente, facendole desiderare che quelle labbra, quelle mani e quei sussurri fossero del ragazzo dagli occhi blu che dormiva nella stanza accanto alla sua. Lo stesso che aveva deciso di essere solo un fratello per lei.
Carly sospirò, dette un’ultima ravversata ai capelli e poi scese di corsa le scale, trovando Nate e Logan che chiacchieravano in salotto.
Nate teneva una mano appoggiata sulla spalla di suo fratello e gli sorrideva con fare incoraggiante.
“Allora ci conto, eh?” Disse, strizzando l’occhio.
Logan alzò le sopracciglia e abbozzò un sorriso.
“Cercherò di venire,” rispose e poi i due si accorsero dell’arrivo di Carly.
La ragazza sorrise, avvicinandosi a loro.
“Di cosa parlavate?” Chiese.
Nate le passò un braccio attorno alle spalle e l’attirò a sé, stampandole un bacio leggero sulle labbra.
“Ho invitato Logan alla partita di sabato,” spiegò il ragazzo.
Carly si voltò verso il suo fratellastro con un gran sorriso.
“Ci possiamo andare insieme!” Propose, entusiasta. “Tanto io ci sarei andata comunque. Dai!”
L’ultima partita del campionato di football di quell’anno si sarebbe tenuta quel finesettimana e dopo i giocatori e le cheerleader avevano organizzato una festa in piscina a casa del capitano delle ragazze pon-pon che aveva una bellissima villa proprio a Beverly Hills. Poi per loro ci sarebbe stata un’altra settimana di scuola e, infine, la cerimonia dei diplomi e il ballo dei diplomati.
Lei non aveva intenzione di andare alla festa post-partita di quel sabato, ma aveva promesso a Nate che sarebbe almeno andata a vedere il match, dato che non era mai riuscito a trascinarla a nessuna delle loro partite di football. Non le faceva molta voglia di stare lì a guardare un branco di ragazzi in divisa gialla che si montavano addosso e si rotolavano nell’erba e nel fango, tutto per prendere una palla, ma la presenza di Logan avrebbe sicuramente reso tutto più piacevole. Almeno avrebbe avuto qualcuno con cui parlare. Aveva già provato a chiedere a Shiver e Sam, ma erano entrambe impegnate con in parenti in arrivo dai vari stati d’America in vista del diploma.
“Va bene,” acconsentì Logan. “Però ti avverto: non sono affatto esperto di football, perciò non avrò idea di cosa sta succedendo la metà del tempo,” disse.
Carly ridacchiò, rassicurandolo che anche lei non capiva un’acca di sport in generale e che non era mai stata a una partita di football in vita sua.
“Fantastico allora!” Esclamò Nate con un gran sorriso. “Andiamo?” Disse poi, abbassando lo sguardo su Carly. La ragazza annuì e lui si voltò verso Logan. “Tranquillo, te la riporto per pranzo.”
Logan scrollò le spalle, osservandoli mentre si avviavano alla porta.
“Per me puoi anche non riportarmela,” disse, guardando Carly con aria beffarda. “Almeno potrò usare anche la sua stanza.”
Carly lo fulminò con lo sguardo mentre Nate ridacchiava sotto ai baffi.
“Sei insopportabile!” Si lamentò, facendogli una linguaccia prima di sbattergli la porta in faccia.
Quando furono fuori l’aria calda le accarezzò il viso, portandole al naso il profumo dell’estate.
“Perché il fratello rompipalle è dovuto capitare proprio a me?” Si chiese, mentre lei e Nate camminavano lungo la strada che conduceva verso la scuola. “Voglio dire, su eBay non c’erano offerte migliori?”
Nate rise, stringendola leggermente contro il suo fianco.
Il giorno precedente non le aveva detto dove sarebbero andati, le aveva solo chiesto di fare due passi insieme prima che lo studio e l’ansia pre-diploma occupassero le loro giornate ventiquattrore su ventiquattro. Probabilmente non aveva una meta precisa, voleva solo passare del tempo insieme a lei.
Camminarono in tranquillità, chiacchierando del più e del meno, fino ad un chiosco che vendeva pancake e waffle davanti alla spiaggia.
“Scommetto che non hai fatto colazione,” disse il ragazzo e, prima che lei potesse rispondere, sorrise alla donna dai capelli scuri che si affacciò dal chiosco. Ordinò due waffle con cioccolata e poi ne porse uno a Carly. Lei lo afferrò con entrambe le mani, beandosi del calore dolciastro emanato dal piccolo vassoio di cartone.
“Ma tu sei sicuro di essere vero?” Domandò, mentre cercava di addentare un pezzo del dolce senza scottarsi la lingua. “Non è che hanno comprato anche te su eBay?”
Nate ridacchiò, tagliando un pezzettino di waffle con la forchetta di plastica e portandoselo alla bocca. Ci soffiò sopra un paio di volte e poi lo mangiò.
“A meno che i miei non abbiano nascosto davvero bene la ricevuta, penso proprio di essere vero,” le rispose con un gran sorriso.
I loro occhi s’incontrarono e, per una frazione di secondo, Carly si stupì di trovarli azzurri e non blu. Poi scosse il capo e scacciò via quel pensiero, ripetendosi quanto sbagliato fosse pensare quelle cose. Sbagliato per tutti.
Il resto della mattina trascorse nella calma più assoluta. Lei e Nate fecero una passeggiata sulla spiaggia e parlarono delle università alle quali avevano fatto domanda, quali avevano risposto e com’era andata. Chiacchierarono sul futuro come se fosse una cosa facile, che capitava e basta.
Carly non la pensava così.
C’erano molte persone che credevano nel destino; che credevano che se le cose succedevano non era colpa di nessuno, succedevano e basta. Secondo Carly, invece, il destino non c’entrava niente, mai. Il futuro era nelle mani di chi doveva viverlo e potevi scegliertelo se eri abbastanza forte da lottare per prenderti ciò che volevi. Per questo lei si era impegnata al massimo per essere accettata alla New York University. Perché quello era il futuro che lei si era scelta. E al diavolo il destino.
Quando Nate la riaccompagnò a casa si fece promettere di nuovo che sabato sarebbe andata alla partita e lei glielo ripeté con una risatina. Poi Nate la baciò e lei gli affondò le mani tra i capelli. Quando aprì gli occhi, guardà la ciocca di capelli che teneva tra le dita.
Biondi. Non neri. Biondi.
Scosse forte il capo, strizzando gli occhi, e gli piazzò un altro bacio veloce sulle labbra, abbastanza veloce da non permettere alla sua testa di pensare.
“Ci vediamo sabato, allora,” gli disse, salutandolo con la mano mentre con l’altra apriva la porta dietro di sé.
“A sabato,” ripeté lui e se ne andò, regalandole un ultimo sorriso.
Carly entrò di corsa in casa e si chiuse la porta alle spalle.
I suo non c’erano e Logan o era uscito o si era chiuso nella sua stanza per suonare un po’ la chitarra. Comunque, lei non si preoccupò di andare a controllare. Salì gli scalini a due a due e si chiuse il camera sua, gettandosi sul portatile appoggiato sulla scrivania. L’accese velocemente, imprecando quando ci mise troppo a caricare, e poi video chiamò Lily, senza preoccuparsi che potesse essere impegnata.
La ragazza apparve sullo schermo di Harry con aria un po’ infastidita.
“Scusa,” si affrettò a dire Carly, senza lasciarla neanche parlare. “Lo so che probabilmente hai un diavolo per capello per via degli esami oppure che, nel peggiore dei casi, ho interrotto una sessione di sbaciucchiamenti. E credimi, mi dispiace! Ma non ti ho disturbata senza motivo, giuro.”
Lily la guardò, sistemandosi i capelli rossi dietro le orecchie.
Spara,” le disse abbozzando un sorriso. “Stavo solo cercando di capire cosa c’è scritto sul mio libro di matematica. Ma tanto è una battaglia persa.”
Carly ridacchiò, appoggiando i gomiti sulla scrivania e avvicinandosi di più allo schermo del PC.
“Ti ricordi Nate, il ragazzo di cui ti ho parlato e con il quale sto uscendo?” Disse.
Lily annuì.
Ti ha finalmente chiesto di essere la sua ragazza?” Domandò la ragazza con un misto di curiosità ed eccitazione.
Carly scosse il capo e l’espressione emozionata di Lily svanì.
“E ti ricordi Logan,” iniziò, poi scosse il capo. “È ovvio che ti ricordi Logan. Quello che voglio dire è: ti ricordi quello che è successo con Logan a Capodanno?”
Quando siete finiti a letto insieme?”
Carly arrossì, ma annuì.
“Io gli avevo detto di fare finta di niente e ho iniziato ad uscire con Nate perché Sam e Shiver mi hanno consigliato di uscire con un altro ragazzo per far tornare le cose alla normalità con Logan, ma non riesco a smettere di pensare a quello che è successo tra noi e, anche se con Nate ci sto davvero bene, Logan è-”
Alt!” La interruppe Lily, fermando il suo fiume di parole. Aveva parlato tutto d’un fiato, senza respirare tra una parola e l’altra e, probabilmente, permettendo a Lily di capire solo la metà delle frasi che erano uscite dalla sua bocca. “Riavvolgi il nastro e ricomincia.”
Carly si mordicchiò le labbra con imbarazzo.
“Il punto è che penso a Logan quando sto con Nate. Però Nate mi piace e io e Logan siamo solo amici, e io non ho la più pallida idea di cosa fare!”
Lily rimase in silenzio, arricciando le labbra con fare pensieroso. Guardò Carly per qualche minuto, come se studiare la forma del suo viso potesse farle venire in mente un modo per mettere ordine nella confusione della sua testa.
Non ammetterai mai che ti piace Logan, vero?” Sbuffò alla fine, nascondendo un sorriso.
Carly arrossì ed iniziò a tracciare linee immaginarie sul legno levigato della scrivania con la punta delle dita.
“Tu dici che è per questo che stanno succedendo tutte queste cose?” Chiese timidamente, sinceramente confusa. “Credi che lui mi piaccia?”
Lily sospirò, guardandola con affetto fraterno.
Credo che l’unica persona che può rispondere a questa domanda sei tu,” le disse. “E credo che tu debba rompere con Nate, perché mi sembra chiaro che non ti piace davvero.
La ragazza deglutì. Effettivamente aveva pensato di farlo più di una volta, poi però si era detta che, in realtà, a lei Nate piaceva sul serio e che si stava inventando problemi che non c’erano.
“Ma io con lui ci sto bene,” rispose, ma nel momento stesso in cui lo disse s’accorse di quanto stupide fossero le sue parole; di quanto poco bastassero per giustificare dei sentimenti.
Tu vorresti che un ragazzo ti frequentasse perché sta bene con te o perché prova qualcosa per te?” Le chiese Lily e lei seppe la risposta ancor prima che la sua amica finisse di formulare la domanda.
“Io… Grazie, Lily,” disse, abbozzando un sorriso. “Ci penserò su.”
La sua migliore amica ricambiò il sorriso con calore.
Farai la cosa giusta, ne sono sicura.”
Carly la ringraziò di nuovo e poi, dopo essersi salutate, chiuse la chiamata.
Rimase a fissare lo schermo blu del computer per qualche minuto prima di chiudere tutto e gettarsi sul letto, con lo sguardo rivolto verso il soffitto.
Vorresti che un ragazzo ti frequentasse perché sta bene con te o perché prova qualcosa per te?
Chiuse gli occhi. Sapeva esattamente cosa fare.
 

 
Gli spalti erano affollatissimi e tutti continuavano a spostarsi da una parte all’altra, urlando e sventolando le braccia in aria.
Carly infilò la mano in quella di Logan e la strinse, guidandolo in mezzo alla folla verso un paio di posti liberi che aveva intravisto nella confusione.
Quando finalmente riuscirono a mettersi seduti la ragazza sospirò, allontanandosi i capelli dal viso e legandoli con un elastico nero.
“Mi dispiace di averti trascinato in questa cosa,” disse a Logan, girandosi verso di lui.
Il ragazzo si strinse nelle spalle, abbozzando un sorriso.
“Non importa,” la rassicurò. “Tanto non avevo niente di meglio da fare.”
Carly ridacchiò lievemente con una nota di sarcasmo nella voce.
“Niente di meglio che andare ad una partita di football con la tua sorellastra rompiscatole?”
Le labbra di Logan si arricciarono in un ghigno.
“Finalmente l’hai ammesso!” La prese in giro e lei gli dette una spallata, sbuffando.
“Guarda che dicevo sul serio,” disse. “Mi dispiace davvero che tu debba passare la serata con me.”
Il ragazzo allungò una mano e la appoggiò su quella di Carly che arrossì.
“A me fa piacere stare con te.”
Nella sua semplicità, quella frase fece avvampare Carly che, per non farsi vedere da Logan, dovette abbassare il viso e poi voltarsi casualmente dall’altra parte.
“Grazie, Log,” sussurrò poi, un attimo prima che il cronista presentasse le due squadre che avrebbero giocato, chiamando per nome tutti i giocatori.
Quando la squadra della Beverly Hills High School entrò in campo un sacco di gente si alzò in piedi e tutti cominciarono ad urlare, incitando i giocatori chiamandoli per nome a gran voce. Il primo ad entrare, in quanto capitano, fu Nathan, che alzò subito lo sguardo per cercarla tra la folla. Lei gli fece un cenno di saluto con la mano e il ragazzo le sorrise radiosamente, tornando poi a guardare il capitano della squadra avversaria. Quando tutti i giocatori furono in campo i due capitani si strinsero la mano e poi i ragazzi si sistemarono nelle loro postazioni, pronti a cominciare il gioco.
“Loro devono prendere quella palla ovale, giusto?” Chiese Carly all’orecchio di Logan. “E poi portarla oltre quella linea bianca laggiù,” continuò, indicando una linea alla fine del campo.
Logan annuì, seguendo il dito di Carly.
“Lo sai che non riusciremo a seguire il gioco comunque, vero?”
Carly ridacchiò, annuendo.
L’arbitro entrò in campo e dette inizio al gioco lanciando un fischio acuto col suo fischietto. In meno di cinque minuti la palla era scomparsa e i ragazzi avevano iniziato a correre come pazzi per il campo, saltandosi addosso e cercando di acchiapparsi a vicenda.
Carly cercò in vano di capire chi avesse la palla e riuscì a scoprirlo solo quando un grande uno rosso apparve sul tabellone del punteggio sotto al nome della sua scuola.
Per tutto il resto della partita lei e Logan chiacchierarono del più e del meno, senza neanche preoccuparsi di cercare di seguire il gioco, tanto tutto ciò che avrebbero visto sarebbero stati una dozzina di ragazzoni in divisa gialla che si saltavano addosso.
A metà partita i giocatori fecero una pausa di una ventina di minuti e le cheerleader intrattennero gli spettatori con alcune coreografie. Erano molto brave, fu costretta ad ammettere Carly, e Margaret, la ragazza che aveva una cotta per Nate, non fece altro che guardarla male per tutto il tempo.
Alla fine vinse la squadra della Beverly Hills High School e più della metà delle persone che erano sugli spalti si riversò in campo, portando in trionfo Nate e gli altri giocatori, abbracciandosi tra loro e gridando come matti.
Quando Nate la guardò, Carly chiese a Logan di aspettarla all’entrata del campo e scese, andando in contro al suo quasi-ragazzo. Appena lo raggiunse lui la prese tra le braccia, facendola volteggiare in aria.
“Ti adoro!” Esclamò, riportandola alla sua altezza e stampandole un bacio sulla bocca.
Carly si allontanò con un sorriso.
“Ma io non ho fatto niente,” protestò lei. “Sei tu che hai vinto.”
Nate scosse il capo, accarezzandole la testa con dolcezza.
“Ho vinto perché c’eri tu che mi guardavi.”
Carly sentì il cuore spezzarsi in mille pezzi mentre vedeva gli occhi del ragazzo accendersi e il sorriso illuminargli il volto.
Vorresti che un ragazzo ti frequentasse perché sta bene con te o perché prova qualcosa per te?
Aveva deciso cosa fare giorni prima, ma adesso che lui era davanti a lei, così felice ed euforico si rivelò più difficile di quello che aveva pensato.
Sentì la mano di Nate scendere sulla sua guancia e pensò che, magari, avrebbe potuto chiedergli di essere il suo ragazzo; magari le cose, in quel modo, sarebbero cambiate in meglio. Magari avrebbe potuto provarci ancora un po’.
Sorrise con una nota malinconica e ricambiò la sua carezza, appoggiando la propria mano su quella di lui e sfiorandone il dorso con il pollice.
“Io…” iniziò, abbassando lo sguardo. Avrebbe potuto cercare di convincersi all’infinito, ma sapeva perfettamente che non sarebbe cambiato nulla. Non aveva senso continuare a mentire a Nate e a se stessa. Soprattutto a se stessa. Perché Nate era Nate e, per quanto meraviglioso fosse, non era il ragazzo a cui lei pensava di continuo. “Ecco, possiamo parlare? Da soli,” disse e lui annuì.
Nathan le prese la mano e la condusse in un angolo appartato del campo, quasi sotto agli spalti, lontano dal vociare allegro e vittorioso degli studenti della Beverly.
“Lo so che non è un buon momento,” cominciò, giocherellando con le proprie dita. “Anzi, è un momento pessimo. Però dobbiamo davvero parlare di questa cosa.”
Lo sguardo di Nate si fece preoccupato e il ragazzo le prese il viso tra le mani, stringendolo delicatamente.
“C’è qualcosa che non va? È…successo qualcosa?”
Carly scosse il capo, stringendo le labbra. Le veniva da piangere. Il che era molto stupido, dato che era Nate quello che stava per essere mollato.
“Io sono una grandissima stronza,” disse. “Però non ci posso fare niente.”
“Non sei una stronza,” ribatté lui, sorridendole con dolcezza, ma Carly annuì con decisione, guardandolo dritto negli occhi.
“Quel…quel ragazzo,” sussurrò, deglutendo. “Quello per cui non volevo uscire con te. Lui… Ecco… Lui è sempre un problema. Lo è sempre stato, solo che non me ne sono accorta, e mi dispiace da morire, perché per tutto questo tempo siamo usciti insieme e io…io sono una stronza.”
Nate allontanò le mani dal suo viso, ma non si spostò. Continuò ad osservarla per qualche silenzioso minuto, poi sorrise amaramente.
“Non puoi scegliere per chi provare dei sentimenti, Carly,” le disse, con lo stesso tono di un adulto che spiega qualcosa a un bambino. “Né puoi evitare di provare dei sentimenti per qualcuno. Però sono contento che tu abbia provato a farlo uscendo con me.”
Carly annuì, sentendo gli occhi pizzicarle per via delle lacrime. Non aveva idea del perché avesse voglia di piangere; forse perché stava facendo soffrire una persona a cui voleva bene, o forse perché, in fondo, aveva sempre saputo di provare quel che provava per Logan.
“Mi dispiace,” sussurrò.
Nate le appoggiò una mano sulla spalla.
“Anche a me.”
Quando Carly rialzò lo sguardo se n’era già andato e lei lo vide che raggiungeva i suoi compagni e si sforzava di sorridere e condividere la gioia generale.
Sospirò, asciugandosi gli angoli degli occhi con un gesto frettoloso delle dita e poi camminò frettolosamente fino all’uscita del campo di football, individuando la figura di Logan con le spalle appoggiate al muro.
“Ehi,” esclamò il ragazzo quando la vide. “Che è successo?”
Carly si toccò istintivamente le guance, pensando di aver pianto senza essersene accorta, ma erano perfettamente asciutte.
Alzò lo sguardo su Logan e capì che era così che lui aveva capito che c’era qualcosa che non andava, semplicemente guardandola.
“Ho rotto con Nate,” disse, secca.
Gli afferrò la mano e poi iniziò a camminare verso casa.
Logan non disse niente, né le chiese come mai fosse successo quello che era successo. Questa era una delle cose che Carly amava più di lui. Riusciva a leggere nei suoi occhi, trovando risposte senza dover porre domande. E ogni volta la guardava come lei aveva bisogno di essere guardata: con occhi che dicevano ‘io sono con te, fino alla fine del mondo’.
 

 
L’ultima settimana di scuola era stata la più difficile da affrontare. Lei e Logan avevano passato praticamente ventiquattrore su ventiquattro con il naso tra libri di matematica e letteratura, entrambi con un diavolo per capello. Sua madre e Larry ancora gli chiedevano come facevano a passare il pomeriggio studiando nella stessa stanza con un tasso di irritabilità tanto elevato e la loro inclinazione a litigare. Il più delle volte lei e Logan gli urlavano contro, ovviamente, dicendogli che non potevano capire perché ormai era passato troppo tempo da quando si erano diplomati loro.
Una volta, addirittura, questa risposta aveva fatto scattare una polemica con sua madre, che l’aveva accusata di averle dato della vecchia, quando lei non era vecchia affatto e, soprattutto, non ci si sentiva. Era dovuto intervenire Larry per calmarle e, alla fine, sua madre se n’era andata sbuffando e lei era tornata a studiare chimica insieme a Logan.
I test finali erano stati i più complicati che avesse mai sostenuto, ma, alla fine, era perfino riuscita ad ottenere il secondo miglior risultato di tutta la scuola, segno che le sessioni frantuma nervi di studio che aveva fatto erano servite a qualcosa. Lo stesso non si era potuto dire per Logan che era centesimo in classifica, o qualcosa del genere.
Il primo nella classifica scolastica era stato Henry Still, il ragazzo più secchione che Carly avesse mai conosciuto. Aveva preso A+ in tutti i test ed era pieno di crediti extra accumulati negli anni passati.
Ovviamente, come da tradizione, il discorso nel giorno del diploma sarebbe stato tenuto dal primo in classifica, e Henry si portava in giro un foglietto scarabocchiato praticamente da quando era entrato al liceo. Girava voce che negli anni ne avesse cambiato solo qualche frase, il che significava che aveva preparato il suo discorso del diploma dalle medie, in pratica. Una cosa un po’ agghiacciante, in effetti.
Il fatto era che, per qualche assurdo allineamento planetario, Henry si era preso un bel febbrone da cavallo e non sarebbe potuto essere presente alla cerimonia dei diplomi e il suo attestato sarebbe stato ritirato dalla madre. L’assenza del primo in classifica, perciò, implicava che a tenere il discorso sarebbe stato il secondo della graduatoria.
“Che cosa?!” Urlò Carly, quando il vicepreside Hopkins le comunicò cos’era successo. “No, non se ne parla!” Protestò.
Il vicepreside si sistemò gli occhiali sul naso, allargandosi il colletto della camicia. Il signor Hopkins era un uomo un po’ strano, con gli occhi da talpa sempre pronti a cogliere uno studente mentre infrangeva le regole e con un imbarazzante problema di sudorazione.
“Signorina Harris, questo è un dovere che lei ha verso la scuola e verso i suoi compagni,” insisté l’uomo, guardandola con severità.
“Ma io non ne sono in grado!” Si giustificò la ragazza. “E poi non ce la farò mai a scrivere un discorso in così poco tempo! La cerimonia si svolgerà tra due giorni!”
Gli occhiali gli scivolarono di nuovo sul naso e il vicepreside li risistemò con un movimento veloce.
“Mi raccomando,” disse, iniziando già ad allontanarsi. “Non parli della fame nel mondo né della guerra!” Concluse e poi scomparve dietro la porta del suo ufficio.
Carly sbuffò, imprecando tra i denti, e raggiunse Logan al cancello della scuola.
Dopo quello che era successo tra lei e Nate alla partita di football, Logan non aveva fatto alcuna domanda, fingendo che nulla fosse successo, e di questo Carly gli era molto grata. Anche perché sarebbe stato un po’ complicato dirgli la verità, dato che il motivo per cui aveva rotto con Nathan era proprio lui.
“Henry Still è malato,” disse, con aria funerea mentre camminavano verso casa. “Quel tizio progetta di dire il discorso del diploma praticamente quand’è nato e si ammala proprio due giorni prima della cerimonia! È pazzesco!”
Logan alzò le spalle.
“Quindi toccherà a te parlare davanti a tutti?” Ridacchiò, guardandola con la coda dell’occhio. “Ah, i vantaggi di essere novantottesimo in classifica…”
Carly gli dette un pugno sulla spalla, imbronciandosi.
“Piantala!” Gli disse. “Sono perfettamente in grado di farlo,” continuò poi, mordendosi la lingua subito dopo. Odiava quel ragazzo, oh quanto lo odiava.
“Basta che non ti metti a parlare della pace nel mondo e della-”
“Guerra,” sbuffò, fermandosi di fronte al cancello. “Lo so, lo so.”
Logan la guardò e le fece l’occhiolino, cosa che la fece arrossire.
“Allora andrai alla grande!” Le assicurò, precedendola in casa e lasciandola impalata nel bel mezzo della strada, con il cuore che le martellava nel petto.
Per i due giorni seguenti Carly si chiuse in camera sua e dette il tormento al suo povero portatile, consumando i tasti con la propria ansia. Cancello centinaia e centinaia di bozze, non riuscendo a trovare le parole giuste da dire.
Per il giorno della cerimonia riuscì ad ottenere solo pochissime righe piene di luoghi comuni e frasi fatte. Una cosa patetica, insomma.
Quella domenica sua madre svegliò lei e Logan presto e gli stette col fiato sul collo finché non si vestirono. Logan indossò un completo elegante di quelli che metteva di solito per andare alle premiere, mentre lei mise un leggero abito bianco lungo fino al ginocchio, con dei piccoli nontiscordardime ricamati sull’orlo e sullo scollo.
Quando scese le scale per raggiungere i suoi e Logan in salotto sua madre si mise quasi a piangere vedendola indossare un vestito e un paio di scarpe con il tacco alto.
“Sei bellissima tesoro,” disse, appoggiandosi le mani sulle guance umide.
Carly le sorrise, stringendola forte tra le braccia. Rimasero abbracciate per qualche minuto, poi Carly si scostò e andò ad abbracciare Larry, ringraziandolo per tutto quello che aveva fatto per lei da quand’era arrivata a Los Angeles.
Dopo si avvicinò a Logan e gli passò un braccio attorno ai fianchi, mentre lui le avvolgeva le spalle e i loro genitori scattavano un paio di foto ricordo.
Carly sentì il volto di Logan avvicinarsi al suo e le labbra del ragazzo sfiorare il suo orecchio.
“Andrà tutto bene, New York,” le sussurrò. “Sarai fantastica.”
Carly sentì il cuore sprofondarle nello stomaco e si disse che qualcuno avrebbe dovuto arrestare quel ragazzo per furto di cuore, decisamente. Poi si rese conto di quanto idioti fossero quei pensieri e li scacciò via con un movimento della testa.
Quando sua madre smise di piagnucolare, si avviarono tutti e quattro verso la scuola e, una volta arrivati, lei e Logan si separarono dai loro genitori per andare a mettersi le toghe e riunirsi con i loro compagni all’interno della palestra.
Sam, Thomas e Shiver erano già arrivati e stavano chiacchierando tra loro in un angolino.
“Dean veniva?” Domandò Carly a Logan mentre li raggiungevano.
Il ragazzo annuì, spiegandole che sarebbe venuto insieme a sua madre e i suoi fratelli, dato che lui e Lucas frequentavano la stessa università.
Quando raggiunsero i loro amici le ragazze si gettarono su Carly, chiedendole di far loro vedere cosa indossava sotto alla toga bianca e mostrando a loro volta i propri abiti.
“Hanno accettato la mia domanda alla Brown,” le disse Shiver con un gran sorriso.
“Sul serio?” Domandò Carly sbattendo le palpebre. “È fantastico!” Esclamò poi, abbracciandola forte. Poco dopo anche Sam si unì all’abbraccio e Carly la sentì tirare su col naso.
Anche a lei veniva un po’ da piangere, ma preferiva conservare le lacrime per il giorno della sua partenza per New York. Alcuni giorni prima la New York University aveva mandato una lettera a casa sua dicendo che l’avevano accettata, perciò ad Agosto sarebbe tornata nella sua grigia e fumosa città. Sarebbe stato in quel momento, quando tutti sarebbero partiti per i vari stati del paese, che ci sarebbe stato davvero da piangere e lei non voleva farsi trovare a corto di lacrime.
Stavano ancora chiacchierando delle università quando il vicepreside richiamò l’attenzione di tutti e li invitò a seguirlo fuori dalla palestra, verso la zona dove si sarebbe svolta la cerimonia (cioè il campo di football).
Quando arrivarono Carly si sentì mancare. Gli spalti erano pieni zeppi di gente e presto anche tutte le sedie bianche posizionate sul prato sarebbero state occupate dagli studenti del suo anno.
Inaspettatamente, sentì una mano stringere la sua e, quando si voltò, trovò Logan che le sorrideva. Non le disse nulla, ma continuò a stringerle la mano finché non si misero a sedere.
Il preside fece il suo discorso di commiato, dicendo probabilmente le stesse cose che diceva ogni anno, poi fu il turno del vicepreside e, infine, chiamarono sul palco Carly.
Logan le strinse la mano un’ultima volta e poi lei si alzò, dirigendosi con passo incerto verso il palco.
Quando fu davanti a tutti cercò di non guardare nessuno in particolare ed appoggiò i foglietti che aveva scritto sul leggio, anche se sapeva che non le sarebbero serviti a niente.
“Salve a tutti,” cominciò, schiarendosi la voce. “Non dovrei esserci io qui, in realtà,” disse, “il ragazzo che doveva fare il discorso, Henry Still, si è ammalato, così… be’, ecco come sono finita su questo palco.” Sorrise, ma nessuno la imitò e lei sentì il cuore batterle all’impazzata. Era sempre stata brava con le parole, ma in quel momento non sarebbe stata neanche capace di dire il suo nome. “Ho passato solo un anno in questa scuola,” riprese dopo alcuni minuti di silenzio, passati a fissare i propri appunti alla ricerca di un’illuminazione. “Perciò non credo di essere la persona più adatta per questo discorso. Quindi, ecco, non parlerò come studente di questa scuola, ma come studente e basta.”
Lo sguardo le cadde accidentalmente su Logan che le sorrideva con fare incoraggiante, e poi scivolò su Shiver e su Sam e su Thomas. E, all’improvviso, negli occhi brillanti dei suoi amici, trovò le parole che stava cercando.
“Domani saremo tutti lontani da casa, in viaggio per realizzare i nostri sogni, ognuno per la propria strada. Ma oggi siamo qui. Siamo qui e siamo tutti uguali. Oggi noi siamo ragazzi che hanno chiuso un capitolo della loro vita, ragazzi che diventano adulti oggi. È oggi che è davvero importante,” le parole iniziarono ad uscire da sole, libere come l’aria, mentre lei faceva vagare lo sguardo sui visi di tutti, dai suoi compagni ai genitori radunati sugli spalti. “Non perché ci diplomiamo o perché finalmente le nostre famiglie hanno una scusa per riunirsi dopo secoli,” ridacchiò e sentì alcune voci fare eco alla sua. “Oggi è importante perché siamo per la prima volta consapevoli di cosa vogliamo fare del nostro futuro. Ragazzi, è oggi che comincia il resto della nostra vita!” Sentì alcuni applausi e riconobbe la voce di Logan gridare il suo nome. Presto la maggior parte delle persone stava applaudendo, ma a Carly non importava un gran che di essere riuscita a non rendersi ridicola davanti a tutti. Lei in quelle cose ci credeva. “Quindi saluto con piacere la classe del 2010 e auguro a tutti voi che oggi sia un bel giorno. Il primo fantastico giorno della vostra vita.”
Il preside e il vicepreside le strinsero la mano e lei tornò al suo posto, sentendo l’ansia scivolare via per far posto all’emozione e a un pizzico di adrenalina.
Quando si fu seduta il preside iniziò a chiamare tutti gli studenti in ordine alfabetico per consegnargli il proprio diploma e dagli spalti si udirono molti nomi urlati, applausi e grida di giubilo.
Quando fu il suo turno e poi quello di Logan i loro genitori si alzarono in piedi applaudendo e Dean lanciò un paio di urli di cui nessuno capì il contenuto.
Finita la cerimonia tutti gli studenti si riunirono nel parcheggio con le loro famiglie, scambiandosi baci e abbracci.
Caroline strinse Carly in un altro paio di abbracci lacrimosi, mentre Logan veniva sballottato di qua e di là da sua madre a sua sorella. Sua fratello Lucas gli strinse la spalla e Larry si concesse un abbraccio veloce. Inaspettatamente, Lisa e Lindsey abbracciarono anche lei, complimentandosi per il discorso.
“Io gliel’avevo detto che sarebbe stata fantastica!” Disse Logan, facendole l’occhiolino.
Quando Dean li raggiunse strinse entrambi in un abbraccio a tre, scompigliando i capelli di Logan con fare fraterno.
“Che carini,” commentò, asciugandosi una lacrima inesistente. “I miei bambini crescono.”
Logan gli dette una giocosa botta in testa e storse il naso, mentre Carly ridacchiò.
“Ma tu ti comporterai mai come un adulto?” disse Lindsey, guardando Dean.
Il ragazzo alzò il mento e la guardò con decisione.
“Rifiuto l’offerta e vado avanti,” rispose e tutti scoppiarono in una risata.
Rimasero a chiacchierare nel parcheggio per parecchi minuti, finché qualcuno – probabilmente Dean – non iniziò a lamentarsi per la fame e un paio di stomaci gorgogliarono.
Tornarono a casa a piedi continuando a parlare del più e del meno lungo il tragitto. Si fermarono a casa di Larry per prendere alcune cose che aveva cucinato la mamma di Carly e poi raggiunsero gli altri da Lisa.
In tutta la sua vita Carly non aveva mai passato un pranzo tanto bello. Nessuno litigò neppure una volta e tutti si comportavano come se facessero parte della stessa grande famiglia. E un po’ era così, in un certo senso.
Dopo pranzo Carly, Logan e Dean si defilarono silenziosamente e tornarono alla villetta di Larry. I due ragazzi si fiondarono subito sui videogiochi, mentre Carly andò a prendere un libro e si mise a leggerlo in salotto con loro, seduta sulla poltrona.
Passarono così tutto il pomeriggio, anche se ogni tanto Dean e Logan si divertivano a infastidirla per interrompere la sua lettura.
Erano quasi le sei quando qualcuno suonò il campanello.
“Aspettate qualcuno?” Chiese Carly guardando i ragazzi. I due scossero il capo e lei si alzò, infilando un dito tra le pagine del libro per tenere il segno, e si avviò alla porta.
Quando l’aprì per poco il cuore non le scoppiò nel petto.
Il volto lentigginoso di Lily le sorrideva dall’ingresso, con gli occhi verdi che brillavano. Dietro di lei facevano capolino di le facce di Marcus, Anne e Simon.
“Sorpresa!” Esclamò la sua migliore amica.
Carly la guardò, pizzicandosi di nascosto la mano per essere sicura di non stare sognando e, quando una scossa pigra di dolore le attraversò la pelle, pensò che, questa volta, non sarebbe riuscita in nessun modo a fermare le lacrime. 




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No, non sono morta, sono solo terribilmente in ritardo. Caspiterina, è passato quasi un mese dall'ultimo aggiornamento! Sono imperdonabile! Picchiatemi pure, ne avete tutto il diritto ç.ç
Be', spero però che l'attesa sia valsa la pena. Questo capitolo è il penultimo, lo seguiranno un altro capitolo e poi un piccolo epilogo. Vi giuro che non tarderò come questa volta ad aggiornare di nuovo (l'ultimo capitolo è pronto da una vita, sto incontrando qualche piccola difficoltà solo nell'epilogo). 
Ci tengo a ringraziare di cuore tutti quelli che in questo quasi mese mi hanno pazientemente aspettata. Grazie, grazie, grazie!!
Spero il capitolo vi sia piaciuto, un bacione grande a tutti,
Emily. 

*Il titolo del capitolo è tratto dalla canzone Birthday dei Kings of Leon
   
 
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