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Autore: _ImADreamer_    14/02/2013    3 recensioni
Il primo rifiuto di Seung Hyun, il giorno di san Valentino.
Ma, per fortuna, c'è un angelo chiamato Le Le a salvarlo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: T.O.P.
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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NOTE DELL'AUTRICE
Salve a tutte belle fanciulle!
Volevo augurarvi un felice san Valentino, spero che lo abbiate passato al meglio =)
Vi lascio con questa dolce one shot, il primo amore di Seung Hyun.
Un bacione e buona lettura

La vostra sognatrice LeLe_Sun




Valentine's day



Erano molti i periodi dell’anno che odiavo. C’era l’estate che, con il suo cocente sole e la sua aria afosa, mi vietava categoricamente di indossare le mie felpe preferite e i miei jeans larghi pesanti, minacciando di farmi sudare fino alla disidratazione; per non parlare poi di tutta quella bella gente che si recava al mare, pronta a mostrare il fisico in un minuscolo costume da bagno e attirare l’attenzione di tutti su di sé. C’erano persone che digiunavano tutto l’inverno solo per gongolare nel momento in cui, mostrato il corpo alla luce del sole, udivano qualche commento di gradimento o lascivo, godendone per di più.

No, io ero sicuramente amante dell’inverno, mi piaceva più di tutto vestirmi e restare vestito, specialmente di notte, nel tepore delle felpe pesanti e calde, stretto nel cappuccio e nel cappello, mp3 all’orecchio. Mi piaceva l’aria natalizia, la città addobbata a festa e ricca di luci colorate, le canzoni di natale che riecheggiavano ovunque, la felicità palpabile nell’aria e, soprattutto, l’essere libero da sguardi indiscreti, visto che tutti erano troppo presi dalla spese natalizie per dare conto a me.

Decisamente, l’inverno era migliore dell’estate, soprattutto perché io odiavo mostrami in pubblico. Avevo sempre avuto un fisico strano ed erano anni che, al mare, me ne stavo chiuso nella mia stanza con l’aria condizionata altissima e rap a palla; i miei genitori avevano tentato più volte di convincermi che l’importante non era l’aspetto fisico ma ciò che si aveva nel cuore, che la perfezione non esisteva perché erano i difetti a rendere bella e particolare una persona… eppure, non mi ero mai convinto, mi ostinavo a rimanermene li da solo e basta.

Ma, per quanto potessi odiare l’estate, per quanto mi potesse dar fastidio tutto quel via vai in spiaggia simile ad una sfilata di moda erotica e tutto quello schiamazzo per delle inutili tartarughe visibili sull’addome di molti adoni, c’era un giorno dell’anno che proprio non potevo vedere. Fosse stato per me, lo avrei addirittura cancellato dal calendario, senza pensarci due volte.

E, quel giorno, era proprio San Valentino. Già, perché tutte quelle cazzate sul fatto che fosse la bellezza interiore la cosa più importante erano, appunto, solo cazzate. Non esisteva una persona al mondo capace di andare, per bene, oltre le apparenze; nessuno era disposto a dare più del dovuto o ad interessarsi senza ottenere nulla in cambio.

Ed io, piccolo quindicenne scapestrato e amante della musica di strada, che mai mi ero interessato alle persone in vita mia, mi trovavo alle prese con il mio primo amore; mi ritrovavo ad arrossire come un cretino quando Eun Byul, la mia super carina compagna di classe, casualmente faceva incontrare il suo sguardo con il mio, sorridendomi; mi ritrovavo a perdermi in quei riflessi strani che i raggi del sole creavano nei suoi lunghi capelli corvini, mentre la professoressa leggeva un noiosissimo passo della vita di Shakespeare, e mi ritrovavo a pensarla intensamente di giorno e di notte, escogitando un possibile modo per parlare, almeno una volta, con lei. E, fare quel passo, per me, era difficile e richiedeva la collaborazione di tutta la mia autostima che, comunque, faceva abbastanza schifo di suo.

E, quindi, come se un’entità aliena si fosse impossessata di me, decisi di prenderle un pensiero per san Valentino, credendo, in cuor mio, che quella festa racchiudesse davvero un po’ di magia e che potessi, per una volta, essere felice, come tutti i ragazzi della mia età. Da una parte potevo già ritenermi fortunato, avevo degli amici seppur pochi che mi volevano un gran bene, anche se avevo un caratteraccio e che non mi abbandonavano per nessun futile motivo, mai.

E poi c’era Le Le, una bambina di appena undici anni, che era piombata nella mia vita così, di punto in bianco, riscaldando, per la prima volta, il mio gelido cuore solo con un sorriso. Quando ne avevo bisogno, lei me lo mostrava ed io lo ricambiavo, inebriandomi di quella gioia genuina che leggevo sul suo volto. Tra tutti, era la persona alla quale mi ero affezionato di più e che volevo proteggere, come se fosse mia sorella minore.

Quel giorno mi recai al negozio e mi persi tra i vari scaffali stracolmi di leccornie: c’erano cioccolatini di ogni tipo e di ogni forma, alcuni già incartati e confezionati e altri da preparare con le proprie mani, con tanto di istruzioni. Insomma, quello si poteva definire un vero e proprio paradiso in terra. Mi persi a contemplare tutte quelle prelibatezze e, nell’indecisione più totale, non sapevo cosa scegliere. Non avevo mai fatto una cosa del genere ad una ragazza e mi trovavo spiazzato e alla deriva. A dire la verità, mi sentivo anche un po’ un idiota a starmene lì, in piedi e impalato a fissare il tutto senza decidere a fare alcunchè; sentii lo sguardo delle commesse quasi perforarmi e, quella sensazione, non era per niente piacevole. Mi sfiorò addirittura il pensiero di andare via, di scappare di corsa, imprecando.

Invece, quando quell’idea si fece ancora più avanti nella mia mente, la voce di una commessa mi distolse dai miei pensieri e mi fece ritornare alla realtà. –Posso aiutarti?- domandò, fissandomi. Il suo tono era disponibile ma traspariva una nota di disappunto, il suo sguardo che indugiò su di me troppo a lungo. Ero abituato, ormai, a quel tipo di occhiate, quelle che la gente mi lanciava perché sconvolta dal mio peso. Era una vita che andava avanti quella storia.

Mi ritrovai a fare spallucce, gli occhi nascosti sotto il cappellino. –Vorrei comprare della cioccolata- risposi, in tono asciutto. Cercai di non badare ai pensieri nella mia mente che mi intimavano di andarmene, presi da un attacco di ira momentaneo capace di farmi spaccare tutto, e tentai di mantenere quella poca calma mi era rimasta in corpo.

La commessa mi fissò con un sopracciglio alzato, mi squadrò da capo a piedi come se volesse convincersi di aver sentito bene e che, si, un ragazzo come me era davvero li per comprare la cioccolata ad una ragazza, come un normale essere umano. Io non detti cenno ne di titubanza ne di ilarità, rimasi serio a fissarla, accigliato. Non avrei ceduto, nemmeno sotto quell’occhiata di incredulità palese.

-Bene. Che tipo di cioccolato vuole acquistare? Bianco, al latte o fondente?- domandò quella, riassumendo un’espressione professionale. Aveva capito con chi aveva a che fare, forse. –Al latte-.

Quella annuì e si diresse verso uno scaffale, tirando giù una cioccolata a forma di cuore, avvolta in una carta trasparente. Sopra era decorata con confettini colorati. –Che ne dice di questa?- me la mostrò. Era davvero molto bella e mi colpì particolarmente, quindi optai per quella. –Penso che vada bene… si può avere una confezione?-

La vidi annuire e sparire oltre il bancone, intenta a mettersi all’opera. Quando terminò, pagai e me ne andai, senza voltarmi indietro, percependo ancora quegli sguardi sprezzanti perforarmi la schiena.

****

Era ora di pranzo e gli studenti si riversarono nei corridoi, spargendosi per tutta la scuola; c’era chi andava in giardino a bearsi dei raggi del sole, chi preferiva leggere un libro all’ombra e chi, invece, era intento a creare qualche disordine, meditando qualche bravata. C’erano anche molte ragazze intente a fissare timide e con aria sognante il ragazzo per cui avevano una cotta, la cioccolata nelle mani come a farsi coraggio e decidersi, finalmente, a dichiararsi con quel piccolo gesto. Ed io me ne stavo li, allo stesso modo, a fissare Eun Byul che camminava con le sue amiche e sorrideva timidamente a tutti coloro che incontrava, portandosi, di tanto in tanto, i capelli dietro l’orecchio. Era una ragazza bellissima e dolce con tutti.

Deglutii forte e, quando si accinse a passarmi di fianco, mi armai di tutto il coraggio che avevo e mi misi sul suo cammino. Alla mia vista, lei e le sue amiche si fermarono di botto, fissandomi. –Eun Byul- cominciai, scandendo bene la voce. Dovevo sembrare un completo idiota. –Eun Byul… posso parlarti?- le domandai, finalmente, lanciandole un’occhiata timida da sotto al cappellino. Mi sentivo strano e il cuore mi batteva forte, come non mai.

Le amiche mi dedicarono un’occhiata disgustata ma lei fece loro segno di andare, prima di seguirmi verso una zona più riservata. Io le feci strada girando il cortile, e finendo dietro l’edificio scolastico. In giro non c’era nessuno, solo noi due. Mi fermai e mi voltai, ancora nervoso. Ormai ero arrivato a metà strada, non potevo mollare! Ora o mai più!

-Tu mi piaci- dissi velocemente, mettendo le mani avanti, strette intorno alla scatolina rosa con il nastro rosso. Avevo la testa abbassata ed ero arrossito… diamine!

Il silenziò troneggiò nell’aria, e per qualche minuto si sentirono solo gli uccelli in lontananza e il rumore del traffico di Seoul. Poi, la sua voce. –Mi dispiace ma… io non provo lo stesso per te- mi rispose lei e, con un cenno del capo, ritornò da dove eravamo venuti, lasciandomi da solo.

Sentii una stretta al cuore. Quel rifiuto… faceva male.

****

Ero chiuso in camera mia, steso sul mio letto e per nulla intenzionato a volermi muovere da lì. Mi sentivo un cretino, ma a chi volevo darla a bere? Quello non era altro che uno stupido giorno e Eun Byul una stupida ragazza come tante che si basava sulle apparenze; non mi aveva nemmeno dato l’opportunità di conoscermi meglio o solo un indizio che mi facesse capire che avesse mai avuto l’intenzione di farlo. No, solo un secco rifiuto.

Fissai ancora la scatolina con la cioccolata e la lanciai con tutta la forza in un angolo della stanza, mentre mi scompigliavo i capelli con le mani. Ero stato un idiota solo per aver pensato che un giorno insulso come quello potesse cambiare la mia vita sociale, come un miracolo.

-Oppa..?-

Sentii la porta aprirsi e una dolce voce familiare riecheggiare nella stanza. Sapevo che un angelo era appena entrato e mi fissava con quei suoi occhi verdi, curiosi e preoccupati. Mi voltai.

Le Le se ne stava in piedi al centro della stanza, i lunghi capelli ricci imprigionati in due buffi codini, gli occhi verdi proprio come li avevo immaginati e un’espressione innocente dipinta sul volto. Le mani erano dietro la schiena e la testa inclinata in un lato. –Tua madre mi ha detto che sei di cattivo umore… ti è capitato qualcosa di molto brutto?- mi domandò, sempre con quella sua aria innocente e di pura curiosità. Nessun disprezzo o sguardi che nascondevano ribrezzo… no, solo quella semplice curiosità, mista a preoccupazione.

E, come ogni volta, mi ritrovai a dimenticare tutto il malumore e a sorridere, pur di tranquillizzarla. –Non sono di cattivo umore… sono solo burbero, come sempre- risposi, mettendomi a sedere. Ma la vidi scuotere la testa e avvicinarsi. –Non sei burbero, sei l’oppa migliore del mondo!- asserì, sedendosi accanto a me. E lo vidi: un sorriso puro e luminoso comparve sul suo viso, lasciandomi senza fiato. Lei era l’innocenza fatta persona, senza malizia e senza furbizia… una specie di meraviglioso miraggio, una creatura delicata e fragile.

-Ti ho portato un regalo- aggiunse poi, entusiasta. Mi voltai meglio verso di lei e, quando la vidi portare le mani avanti e aprire i palmi, intravidi il misterioso dono.

Li, nel centro delle sue mani, c’era un piccolo ferrero rocher, la carta dorata sembrava risplendere come il sole. –Buon san Valentino oppa!- mi augurò, continuando a sorridermi felice.

Ed io dimenticai tutto, Eun Byul, i miei complessi, la solitudine di quegli ultimi anni e la rabbia contro il mondo intero. Perché, quel semplice regalo, mi sembrò così luminoso da sciogliere le ombre che attanagliavano il mio cuore, un semplice gesto che mi emozionò nel profondo.

Perché adesso c’era lei… la mia piccola fiammella nell’oscurità.

  
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