Salve a tutte belle fanciulle!
Volevo augurarvi un felice san Valentino, spero che lo abbiate passato al meglio =)
Vi lascio con questa dolce one shot, il primo amore di Seung Hyun.
Un bacione e buona lettura
La vostra sognatrice LeLe_Sun
Erano
molti i periodi dell’anno che odiavo. C’era l’estate che, con il suo
cocente
sole e la sua aria afosa, mi vietava categoricamente di indossare le
mie felpe
preferite e i miei jeans larghi pesanti, minacciando di farmi sudare
fino alla
disidratazione; per non parlare poi di tutta quella bella gente che si
recava
al mare, pronta a mostrare il fisico in un minuscolo costume da bagno e
attirare l’attenzione di tutti su di sé. C’erano persone che
digiunavano tutto
l’inverno solo per gongolare nel momento in cui, mostrato il corpo alla
luce
del sole, udivano qualche commento di gradimento o lascivo, godendone
per di
più.
No,
io ero sicuramente amante dell’inverno, mi piaceva più di tutto
vestirmi e
restare vestito, specialmente di notte, nel tepore delle felpe pesanti
e calde,
stretto nel cappuccio e nel cappello, mp3 all’orecchio. Mi piaceva
l’aria
natalizia, la città addobbata a festa e ricca di luci colorate, le
canzoni di
natale che riecheggiavano ovunque, la felicità palpabile nell’aria e,
soprattutto, l’essere libero da sguardi indiscreti, visto che tutti
erano troppo
presi dalla spese natalizie per dare conto a me.
Decisamente,
l’inverno era migliore dell’estate, soprattutto perché io odiavo
mostrami in
pubblico. Avevo sempre avuto un fisico strano ed erano anni che, al
mare, me ne
stavo chiuso nella mia stanza con l’aria condizionata altissima e rap a
palla;
i miei genitori avevano tentato più volte di convincermi che
l’importante non
era l’aspetto fisico ma ciò che si aveva nel cuore, che la perfezione
non
esisteva perché erano i difetti a rendere bella e particolare una
persona…
eppure, non mi ero mai convinto, mi ostinavo a rimanermene li da solo e
basta.
Ma, per quanto potessi
odiare l’estate, per quanto
mi potesse dar fastidio tutto quel via vai in spiaggia simile ad una
sfilata di
moda erotica e tutto quello schiamazzo per delle inutili tartarughe
visibili
sull’addome di molti adoni, c’era un giorno dell’anno che proprio non
potevo
vedere. Fosse stato per me, lo avrei addirittura cancellato dal
calendario, senza
pensarci due volte.
E,
quel giorno, era proprio San Valentino. Già, perché tutte quelle
cazzate sul
fatto che fosse la bellezza interiore la cosa più importante erano,
appunto,
solo cazzate. Non esisteva una persona al mondo capace di andare, per
bene, oltre
le apparenze; nessuno era disposto a dare più del dovuto o ad
interessarsi
senza ottenere nulla in cambio.
Ed
io, piccolo quindicenne scapestrato e amante della musica di strada,
che mai mi
ero interessato alle persone in vita mia, mi trovavo alle prese con il
mio
primo amore; mi ritrovavo ad arrossire come un cretino quando Eun Byul,
la mia
super carina compagna di classe, casualmente faceva incontrare il suo
sguardo
con il mio, sorridendomi; mi ritrovavo a perdermi in quei riflessi
strani che i
raggi del sole creavano nei suoi lunghi capelli corvini, mentre la
professoressa leggeva un noiosissimo passo della vita di Shakespeare, e
mi
ritrovavo a pensarla intensamente di giorno e di notte, escogitando un
possibile modo per parlare, almeno una volta, con lei. E, fare quel
passo, per
me, era difficile e richiedeva la collaborazione di tutta la mia
autostima che,
comunque, faceva abbastanza schifo di suo.
E,
quindi, come se un’entità aliena si fosse impossessata di me, decisi di
prenderle un pensiero per san Valentino, credendo, in cuor mio, che
quella
festa racchiudesse davvero un po’ di magia e che potessi, per una
volta, essere
felice, come tutti i ragazzi della mia età. Da una parte potevo già
ritenermi
fortunato, avevo degli amici seppur pochi che mi volevano un gran bene,
anche
se avevo un caratteraccio e che non mi abbandonavano per nessun futile
motivo,
mai.
E
poi c’era Le Le, una bambina di appena undici anni, che era piombata
nella mia
vita così, di punto in bianco, riscaldando, per la prima volta, il mio
gelido
cuore solo con un sorriso. Quando ne avevo bisogno, lei me lo mostrava
ed io lo
ricambiavo, inebriandomi di quella gioia genuina che leggevo sul suo
volto. Tra
tutti, era la persona alla quale mi ero affezionato di più e che volevo
proteggere, come se fosse mia sorella minore.
Quel
giorno mi recai al negozio e mi persi tra i vari scaffali stracolmi di
leccornie: c’erano cioccolatini di ogni tipo e di ogni forma, alcuni
già
incartati e confezionati e altri da preparare con le proprie mani, con
tanto di
istruzioni. Insomma, quello si poteva definire un vero e proprio
paradiso in
terra. Mi persi a contemplare tutte quelle prelibatezze e,
nell’indecisione più
totale, non sapevo cosa scegliere. Non avevo mai fatto una cosa del
genere ad
una ragazza e mi trovavo spiazzato e alla deriva. A dire la verità, mi
sentivo
anche un po’ un idiota a starmene lì, in piedi e impalato a fissare il
tutto
senza decidere a fare alcunchè; sentii lo sguardo delle commesse quasi
perforarmi e, quella sensazione, non era per niente piacevole. Mi
sfiorò
addirittura il pensiero di andare via, di scappare di corsa, imprecando.
Invece,
quando quell’idea si fece ancora più avanti nella mia mente, la voce di
una
commessa mi distolse dai miei pensieri e mi fece ritornare alla realtà.
–Posso aiutarti?- domandò, fissandomi.
Il suo tono era disponibile ma traspariva una nota di disappunto, il
suo
sguardo che indugiò su di me troppo a lungo. Ero abituato, ormai, a
quel tipo
di occhiate, quelle che la gente mi lanciava perché sconvolta dal mio
peso. Era
una vita che andava avanti quella storia.
Mi
ritrovai a fare spallucce, gli occhi nascosti sotto il cappellino. –Vorrei
comprare della cioccolata-
risposi, in tono asciutto. Cercai di non badare ai pensieri nella mia
mente che
mi intimavano di andarmene, presi da un attacco di ira momentaneo
capace di
farmi spaccare tutto, e tentai di mantenere quella poca calma mi era
rimasta in
corpo.
La
commessa mi fissò con un sopracciglio alzato, mi squadrò da capo a
piedi come
se volesse convincersi di aver sentito bene e che, si, un ragazzo come
me era
davvero li per comprare la cioccolata ad una ragazza, come un normale
essere
umano. Io non detti cenno ne di titubanza ne di ilarità, rimasi serio a
fissarla, accigliato. Non avrei ceduto, nemmeno sotto quell’occhiata di
incredulità palese.
-Bene. Che tipo di
cioccolato vuole
acquistare? Bianco, al latte o fondente?- domandò quella, riassumendo
un’espressione
professionale. Aveva capito con chi aveva a che fare, forse. –Al latte-.
Quella
annuì e si diresse verso uno scaffale, tirando giù una cioccolata a
forma di
cuore, avvolta in una carta trasparente. Sopra era decorata con
confettini
colorati. –Che ne dice di questa?-
me la mostrò. Era davvero molto bella e mi colpì particolarmente,
quindi optai
per quella. –Penso che vada bene… si può
avere una confezione?-
La vidi annuire e sparire
oltre il bancone, intenta
a mettersi all’opera. Quando terminò, pagai e me ne andai, senza
voltarmi indietro,
percependo ancora quegli sguardi sprezzanti perforarmi la schiena.
****
Era
ora di pranzo e gli studenti si riversarono nei corridoi, spargendosi
per tutta
la scuola; c’era chi andava in giardino a bearsi dei raggi del sole,
chi
preferiva leggere un libro all’ombra e chi, invece, era intento a
creare
qualche disordine, meditando qualche bravata. C’erano anche molte
ragazze
intente a fissare timide e con aria sognante il ragazzo per cui avevano
una
cotta, la cioccolata nelle mani come a farsi coraggio e decidersi,
finalmente,
a dichiararsi con quel piccolo gesto. Ed io me ne stavo li, allo stesso
modo, a
fissare Eun Byul che camminava con le sue amiche e sorrideva
timidamente a
tutti coloro che incontrava, portandosi, di tanto in tanto, i capelli
dietro l’orecchio.
Era una ragazza bellissima e dolce con tutti.
Deglutii
forte e, quando si accinse a passarmi di fianco, mi armai di tutto il
coraggio
che avevo e mi misi sul suo cammino. Alla mia vista, lei e le sue
amiche si
fermarono di botto, fissandomi. –Eun Byul-
cominciai, scandendo bene la voce. Dovevo sembrare un completo idiota. –Eun
Byul… posso parlarti?- le domandai,
finalmente, lanciandole un’occhiata timida da sotto al cappellino. Mi
sentivo
strano e il cuore mi batteva forte, come non mai.
Le
amiche mi dedicarono un’occhiata disgustata ma lei fece loro segno di
andare,
prima di seguirmi verso una zona più riservata. Io le feci strada
girando il
cortile, e finendo dietro l’edificio scolastico. In giro non c’era
nessuno,
solo noi due. Mi fermai e mi voltai, ancora nervoso. Ormai ero arrivato
a metà
strada, non potevo mollare! Ora o mai più!
-Tu mi piaci- dissi
velocemente,
mettendo le mani avanti, strette intorno alla scatolina rosa con il
nastro rosso.
Avevo la testa abbassata ed ero arrossito… diamine!
Il
silenziò troneggiò nell’aria, e per qualche minuto si sentirono solo
gli
uccelli in lontananza e il rumore del traffico di Seoul. Poi, la sua
voce. –Mi dispiace ma… io non provo lo stesso per
te- mi rispose lei e, con un cenno del capo, ritornò da dove eravamo
venuti, lasciandomi da solo.
Sentii una stretta al
cuore. Quel rifiuto… faceva
male.
****
Ero
chiuso in camera mia, steso sul mio letto e per nulla intenzionato a
volermi
muovere da lì. Mi sentivo un cretino, ma a chi volevo darla a bere?
Quello non
era altro che uno stupido giorno e Eun Byul una stupida ragazza come
tante che
si basava sulle apparenze; non mi aveva nemmeno dato l’opportunità di
conoscermi meglio o solo un indizio che mi facesse capire che avesse
mai avuto
l’intenzione di farlo. No, solo un secco rifiuto.
Fissai
ancora la scatolina con la cioccolata e la lanciai con tutta la forza
in un
angolo della stanza, mentre mi scompigliavo i capelli con le mani. Ero
stato un
idiota solo per aver pensato che un giorno insulso come quello potesse
cambiare
la mia vita sociale, come un miracolo.
-Oppa..?-
Sentii
la porta aprirsi e una dolce voce familiare riecheggiare nella stanza.
Sapevo
che un angelo era appena entrato e mi fissava con quei suoi occhi
verdi,
curiosi e preoccupati. Mi voltai.
Le
Le se ne stava in piedi al centro della stanza, i lunghi capelli ricci
imprigionati in due buffi codini, gli occhi verdi proprio come li avevo
immaginati e un’espressione innocente dipinta sul volto. Le mani erano
dietro
la schiena e la testa inclinata in un lato. –Tua madre mi ha detto che
sei di cattivo umore… ti è capitato qualcosa
di molto brutto?- mi domandò, sempre con quella sua aria innocente e di
pura curiosità. Nessun disprezzo o sguardi che nascondevano ribrezzo…
no, solo
quella semplice curiosità, mista a preoccupazione.
E,
come ogni volta, mi ritrovai a dimenticare tutto il malumore e a
sorridere, pur
di tranquillizzarla. –Non sono di
cattivo umore… sono solo burbero, come sempre- risposi, mettendomi a
sedere. Ma la vidi scuotere la testa e avvicinarsi. –Non sei burbero,
sei l’oppa migliore del mondo!- asserì, sedendosi
accanto a me. E lo vidi: un sorriso puro e luminoso comparve sul suo
viso,
lasciandomi senza fiato. Lei era l’innocenza fatta persona, senza
malizia e
senza furbizia… una specie di meraviglioso miraggio, una creatura
delicata e
fragile.
-Ti ho portato un regalo-
aggiunse poi,
entusiasta. Mi voltai meglio verso di lei e, quando la vidi portare le
mani
avanti e aprire i palmi, intravidi il misterioso dono.
Li,
nel centro delle sue mani, c’era un piccolo ferrero rocher, la carta
dorata
sembrava risplendere come il sole. –Buon san Valentino oppa!- mi
augurò, continuando a sorridermi felice.
Ed
io dimenticai tutto, Eun Byul, i miei complessi, la solitudine di
quegli ultimi
anni e la rabbia contro il mondo intero. Perché, quel semplice regalo,
mi
sembrò così luminoso da sciogliere le ombre che attanagliavano il mio
cuore, un
semplice gesto che mi emozionò nel profondo.
Perché adesso c’era
lei… la mia piccola fiammella
nell’oscurità.