Il violino struggeva il quieto silenzio creatosi nella camera da letto; le corde piangenti intonavano una melodia amara, triste, cercando di raggiungere almeno il finto udito della luna.
La giovine donna muoveva veloce le consunte mani, quasi sanguinanti.
Poteva sentirlo, lei, il dolore di un amore impossibile, segreto, cieco.
Il violino continuava a suonare nella penombra di una candela ormai consunta, si… consunta come il volto della giovine invecchiata dal dolore di troppi anni impossibili, di troppi sogni ardenti mai realizzati.
il violino ormai strideva, forte. Come l’urlo angosciato di quell’anima recisa da solitudine, da angoscia.
Il vigliacco aveva detto fine, il finto sposo aveva detto basta. E lei, povera creatura, povera anima senza corpo, amante sua segreta, stava intonando l’ultima melodia.
Una lama, un serramanico divorò le membra della giovine che aveva frantumato l’ormai assillante strumento; strappate furono le sue corde, divorate da mani che bramavano ormai solo odio, solo rabbia.
Era finita. Il suo dolore, la sua pena cessarono.
Povera donna, povera ingenua che credeva, che sperava, che pregava per quell’arte… l’arte degli amanti.