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Autore: Halina    15/02/2013    14 recensioni
[Les Misérables]
[Les Miserables]
[Enjolras/Grantaire]
I tempi sono ormai quasi maturi, la Rivoluzione è alle porte, il generale Lamarque è ammalato ed Enjolras è preoccupato. Cerca con ostinazione di tenerlo nascosto a Les Amis, ma qualcuno ha trovato il modo di fare breccia oltre la sua corazza scintillante e vedere l’uomo, e i suoi dubbi. Ed è nella notte di Grantaire che Enjolras trova la forza di affrontare un nuovo giorno.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il Giorno e la Notte

[Les Miserables]
[Enjolras/Grantaire]
I tempi sono ormai quasi maturi, la Rivoluzione è alle porte, il generale Lamarque è ammalato ed Enjolras è preoccupato. Cerca con ostinazione di tenerlo nascosto a Les Amis, ma qualcuno ha trovato il modo di fare breccia oltre la sua corazza scintillante e vedere l’uomo, e i suoi dubbi. Ed è nella notte di Grantaire che Enjolras trova la forza di affrontare un nuovo giorno. 
 
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NdA: Non sapevo bene sotto quale categoria postare la storia, visto che la mia devozione a Les Mis è iniziata quando ho conosciuto il musical ed è poi cresciuta quando ho visto il film e letto il libro. Alla fine ho optato per il musical perché rimango fedele al primo amore. Enjolras è un personaggio stupendo e funziona ancora meglio messo a confronto con il suo opposto: Grantaire. E’ quasi impossibile non shippare questi due, già Ramin Karimloo e Hadley Fraser avevano fatto un ottimo lavoro nel rappresentare il loro legame nel concerto del 25esimo anniversario.. ma poi sono arrivati Aaron Tivet e George Blagden e hanno ucciso il mio neurone, i miei ormoni e la mia dignità. Nonostante questo c’è molto più in E/R di due tipi fighi su un palco o uno schermo, e spero in qualche modo di essere riuscita a rendere giustizia ai personaggi non andando OOC.
 
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Enjolras si passò una mano sul volto, esalando lentamente l'aria nel silenzio della saletta del Musain che era il loro quartiere generale. Anche quella sera erano stati lì fino a tardi; avevano in programma un comizio davanti a casa del generale Lamarque per il giorno successivo ed Enjolras voleva che tutto fosse perfetto. Uno ad uno, Les Amis se n'erano andati e la saletta era buia e deserta ora, o almeno così credeva. Si alzò, infilandosi la giacca rossa che giaceva sul tavolo, passando lo sguardo distrattamente sulle pareti spoglie. Un sopracciglio si incurvò in un'espressione sorpresa quando distinse una figura seduta ad un tavolo al capo opposto della sala, una bottiglia posata lì accanto. Scosse il capo, esalando un piccolo verso di disapprovazione.

"Non scuotere la testa in quel modo. Non sono ubriaco e collassato" rispose dal buio la voce di Grantaire, perfettamente lucida.

Enjolras si avvicinò lentamente, una mano posata sul fianco: "Sei sobrio" constatò, notando che la bottiglia sul tavolo era praticamente piena.

"Sembri sorpreso" rispose ironico Grantaire.

"Sono sorpreso. Tu bevi sempre."

"Errore - ribatté Grantaire senza alzarsi, rimanendo mollemente appoggiato allo schienale della sua sedia, guardando l'altro dal basso - Bevo solo se non voglio pensare, o se non ho di meglio da fare."

"E ?"

"E ... questa sera sono stato troppo impegnato a guardare te, e a chiedermi perché sei rimasto per quasi due ore seduto laggiù a fissare il vuoto con aria persa."

Un insieme indecifrabile di emozioni prese vita sul volto di Enjolras: "Non é niente, e non sono affari tuoi in ogni caso."

Fu a quel punto che Grantaire scattò in piedi, corpo e viso protesi verso di lui: "No, certo, non é mai niente. Stupido io a pensare per un istante che il grande Enjolras, il marmoreo amante della libertà, dio sceso in terra per illuminare le vuote esistenze di noi poveri cristi, abbia avuto un attimo di dubbio, che avesse bisogno di qualcuno con cui parlare. Apollo non tentenna, non esita, non teme, non ha bisogno di niente e nessuno."

Il viso sempre serio e composto di Enjolras venne per un istante trasfigurato dall'ira: "E va bene! Sono preoccupato al punto di star perdendo il sonno! Contento ora?" sbottò. E subito si passò una mano sul volto, come pentendosi di aver perso la calma.

"Perché fai sempre così? - chiese Grantaire, improvvisamente triste - Perché ti nascondi dietro la tua corazza infallibile e spingi sempre tutto lontano? Non permetti a nessuno di avvicinarsi, non permetti a me di avvicinarmi" precisò con una nota di amarezza.

Dopo un attimo di silenzio aggiunse piano, fissando gli occhi in quelli dell'altro, senza esitazione: "Non lo capisci che sono qui per te? Nonostante quello che puoi pensare di me non mi diverto a farti arrabbiare, sai? Ribattendo, mettendoti in discussione, tenendoti sotto pressione, ho l'impressione di riuscire a tirarti giù dal tuo piedistallo di luce splendente e vedere uno scorcio dell'uomo vero che c'e lì dentro, da qualche parte."

Enjolras non rispose, limitandosi a fissarlo in silenzio.

Grantaire sorrise amaramente: "Non sono stupido e superficiale come credevi, vero? - allargò le braccia, facendo un passo indietro - Sono quello che sono, ma sono qui. Lo sono sempre stato, Enjolras. Per fare da parafulmini al tuo malumore e alle tue ansie, per darti una scusa per accanirti contro qualcuno, per darti una valvola di sfogo. E sono qui ora, se vuoi parlare. Una boccata d'aria? Due passi?" cercò di non dare alla voce un tono implorante, fallendo in buona parte.

Enjolras sembrava a disagio, combattuto. Spostò il peso da un piede all'altro, evitando il suo sguardo: "Non mi piace camminare nel buio. Non amo la notte."

Grantaire sorrise. Almeno, non era un secco rifiuto: "No, certo che no - rispose piano - La notte é amica di chi ha qualcosa da nascondere.  La notte é di ladri e assassini, ubriachi, puttane e libertini. Apollo brilla e risplende nella luce del sole. Casa mia, allora? E’ qui dietro, facciamo luce e ci facciamo una bevuta."

Era la sua ultima carta, e dovette aspettare qualche attimo prima di vedere Enjolras cedere: "Perché no..."

Grantaire sbatté le palpebre, suo malgrado sorpreso. Aveva davvero sentito anche il 'perché' prima del 'no'? Ma in fondo, sì, non poteva essere altrimenti. Non era abbastanza ubriaco per aver capito male.

Un senso di trionfo e, allo stesso tempo, una gioia più placida e genuina crebbero dentro di lui mentre si faceva da parte e indicava le scale al biondo, che lo aspettava impassibile.
Seguì Enjolras al piano di sotto e gli fece strada fuori, per la breve distanza che separava il Café dalla sua abitazione. Non era altro che una stanza nel sottotetto, ad essere sinceri, non troppo grossa. L’arredo era spoglio ed essenziale ma l’intera parete che fronteggiava la porta era tappezzata di quadri, disegni e schizzi.

Grantaire notò con la coda dell’occhio il modo in cui lo sguardo di Enjolras era caduto sul grande letto che occupava l’angolo più remoto della stanza, davanti al caminetto. Dovette impedirsi di sogghignare, percependo il disagio dell’altro. Si diresse alla credenza, prendendo una bottiglia e due bicchieri, mentre Enjolras passava in rassegna tele e disegni, una figura alta e squadrata nella penombra della stanza, immobile, le mani intrecciate dietro la schiena.

“Li hai fatti tu questi?” chiese, a bassa voce.

“Sì, tutti” rispose con disinvoltura Grantaire, posando il vino sul comodino e inginocchiandosi davanti al caminetto per accedere il fuoco.

“E’ questo che fai durante le riunioni?” sentì Enjolras chiedere e voltò il capo, vedendo il ragazzo indicare un ritratto dall’inconfondibile soggetto. Sul foglio, una rappresentazione decisamente accurata di Enjolras parlava ad una folla di visi indistinti, ritto dietro un tavolo, una mano alta nel cielo.

“Non avrai davvero creduto che prendessi appunti…” rispose sornione, tornando a concentrarsi sui carboni.

Qualche attimo dopo una fiammella ardeva, rischiarando e riscaldando la stanza, gettando sulle opere di Grantaire una luce irreale. Il ragazzo si sedette sul letto, spalle appoggiate al muro e gambe distese davanti a sé. Cercò di non pensare al significato che Enjolras avrebbe potuto dare al numero decisamente spropositato di suoi ritratti che facevano capolino sulla parete.

“Pensi di sederti e berti un bicchiere o stare lì tutta sera, Apollo?”

Enjolras sollevò un sopracciglio nel sentire il nomignolo, ma si incamminò verso l’altro senza commentare, sedendosi al suo fianco e accettando un bicchiere pieno. Ne prese un sorso generoso, almeno per i suoi soliti standard, prima di chinare lo sguardo sulle mani eleganti.

“A volte, ho l’impressione che non combatterebbero senza di me - disse piano - Combeferre, Joly e gli altri intendo. Non metto mai in dubbio che tutti condividiamo le stesse idee e lo stesso ideale, ma non so se sarebbero pronti a combattere e morire per la causa. Non so neanche se si rendano conto in tutto e per tutto di quello che si devono preparare ad affrontare, se si rendono conto di quali siano le conseguenze. A volte” si interruppe, umettandosi le labbra, continuando ad evitare lo sguardo di Grantaire “penso di starli conducendo in una battaglia che non possono vincere e che combatterebbero per i motivi sbagliati. Non per Patria e Libertà. Per me.”

Si decise infine ad alzare gli occhi su Grantaire, che si strinse nelle spalle con espressione tranquilla: “E cosa c’è di male? Io neanche condivido l’ideale e sarei pronto a combattere e morire per te anche subito.”

Il viso di Enjolras rivelava tutta la sua confusione: “Perché?”

Grantaire versò ad entrambi un secondo bicchiere di vino e reclinò il capo all’indietro, appoggiandolo al muro: “Tu sei la loro forza, la loro luce. Li fai sentire coraggiosi, forti e giusti, dai loro qualcosa in cui credere e il coraggio di farlo. Hai ragione, forse non combatterebbero senza di te, ed è per questo che ti amano e sarebbero pronti a seguirti verso qualsiasi sorte, perché sono migliori quando possono attingere dalla tua energia.”

“Ma io sono esausto, Grantaire - ammise infine Enjolras, scuotendo il capo biondo - Non posso dispensare energia in continuazione per tutti in questo modo. Mi sto prosciugando.”

Grantaire gli posò una mano su un braccio, stringendo forte: “C’è una soluzione. Tu dispensi luce nel chiarore del giorno, Apollo, usa il buio per trarre forza dalla notte. Da me. Io non chiedo altro che poter essere qui per te.”

Una lenta consapevolezza si stava facendo strada sul volto di Enjolras. Grantaire non gli mise fretta, limitandosi a tenere la mano sul suo braccio, osservandolo senza più preoccuparsi di tenere nascosto l’affetto che da troppo tempo provava.

“Grantaire, io non ho mai ...”

“Lo so - lo interruppe sereno Grantaire, e sorrise all’incertezza dell’altro - Rilassati, Apollo, non è un campo di battaglia. Non ancora.”

“Permetti?” chiese.

Senza aspettare una risposta, gli tolse gentilmente il bicchiere di vino dalle mani e lo spinse lentamente giù, sul materasso, con una pressione leggera ma costante della mano sulla sua spalla. Scalciò via gli stivali ed Enjolras fece lo stesso, appoggiando il capo biondo sul cuscino. Grantaire si sdraiò al suo fianco, tra lui e il muro, posando il capo sul suo petto e portando un braccio a cingergli la vita.

Rimase lì, il corpo solido di Enjolras contro il suo, il battito regolare del suo cuore che gli rimbombava nell’orecchio, e una grande pace dentro. Non aveva fretta. Aveva atteso anni, consumandosi giorno dopo giorno nel bisogno di allungare una mano e sfiorarlo, sentirlo vicino. Avrebbe potuto rimanere così, accoccolato contro di lui ad ascoltarlo respirare, tutta la notte. Gli sarebbe bastato.

Non sapeva quanto tempo era passato, sembravano ore, quando la mano di Enjolras gli sfiorò esitante i capelli, le dita affusolate tra i ricci scuri. Grantaire seppellì un sorriso nella giacca rossa che ancora l'altro indossava; il corpo si Enjolras si era pian piano rilassato contro il suo e ora le sue braccia lo circondavano con naturalezza, come non avessero fatto altro da tutta la vita.

Il cuore di Grantaire iniziò a battere più forte quando Enjolras gli posò due dita sotto il mento, facendogli alzare il capo verso il suo. Gli occhi erano incerti, spaesati. Ma non ci fu niente di incerto quando gli passò la mano dietro la nuca, avvicinandogli il volto per baciarlo. Gli premette con energia le labbra contro le proprie e Grantaire non poté fare a meno di sorridere interiormente. Apollo non tentenna.

Si lasciò baciare, guidandolo con discrezione, socchiudendo le labbra e lasciando che le loro lingue si incontrassero a metà strada. Non ci volle molto prima che Grantaire si ritrovasse con le spalle al materasso, il peso forte e rassicurante di Enjolras addosso, la sicurezza del biondo che aumentava ad ogni bacio dato, il desiderio di Grantaire che impazziva ad ogni bacio ricevuto.

Si aggrappò alla sua schiena, inarcando il bacino e soffocando un mugolio nell’ennesimo bacio. In immediata risposta, le mani di Enjolras abbandonarono i suoi fianchi, iniziando a sbottonargli gilet e camicia. Per un attimo, Grantaire si chiese dove fosse stata sepolta tutta quella iniziativa fino a quel momento. Poi, decise che non gli importava, perché Enjolras aveva finalmente deciso di lasciare andare ogni freno inibitore che lo aveva tenuto prigioniero fino a quel momento, e c’era qualcosa di deciso e determinato nel modo in cui lo toccava, come in qualsiasi altra cosa faceva. C’era dominio, e c’era perdizione. E Grantaire non chiedeva di meglio che indicargli la via al possesso, e al piacere.

E quando infine ricaddero insieme sulle lenzuola sfatte, c’era un’espressione incredula sul volto di Enjolras, e Grantaire rise piano, nascondendo il capo tra la sua spalle e il suo collo, respirando la sua pelle.

Ci volle qualche istante perché il petto di Enjolras smettesse di alzarsi ed abbassarsi a ritmi frenetici. Attirò Grantaire a sé, stringendolo tra le braccia e tirando la coperta a coprire entrambi. Gli posò un bacio sulla fronte e chiuse gli occhi, lasciando cadere il capo sul cuscino.

“Grazie.”

Grantaire osservò l’espressione totalmente abbandonata di Enjolras, finalmente sereno, e sorrise rendendosi conto che l’altro si era addormentato.

Chiuse gli occhi a sua volta. Felice, perché Apollo lo stringeva tra le braccia nella notte. Tranquillo, perché, al sorgere del nuovo giorno, Apollo sarebbe stato lì, radioso e raggiante come sempre, pronto a guidarli. E loro lo avrebbero seguito senza esitare, verso qualsiasi fine. E lui lo avrebbe seguito senza esitare, fino a morire con lui se quello davvero era il loro destino.
 

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Ho ceduto ad un paio di tentazioni. L’uso di Apollo è una e il “permetti” è l’altra.

Non è propriamente IC che Grantaire chiami Enjolras 'Apollo', ma Hugo non ha mai dato ai personaggi un nome proprio e, per quanto non mi andava che R chiamasse Enjolras per cognome, non me la sentivo neanche di battezzarli io.

“Permetti?” è quello che Grantaire chiede a Enjolras prima di farsi uccidere con lui. E, davvero, non ho resistito all’idea che potesse chiederglielo perché era l’unico modo di ricordargli la loro notte insieme e dirgli “Ti amo” senza farlo in modo esplicito che, per come la vedo io, non sarebbe da loro.

  
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