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Autore: Ronnie02    15/02/2013    2 recensioni
«“Tu sei troppo incosciente di quello che sei”, rispose il ragazzo.
Per lui era speciale in qualsiasi cosa facesse, ma per il resto del mondo era ancora di più.
Era diversa… diversa da chiunque in qualsiasi mondo andasse.
Era unica nella sua specie.»
Come si comporterebbe Jared se qualcosa dovesse fargli cambiare tutte le sue opinioni, tutte le sue convinzioni? Amando così tanto avere il controllo della situazione, cosa farebbe se questa gli sfuggisse via?
E Tomo, con Vicky, come possono proteggere il frutto del loro amore, sapendo che non potrà mai essere quello che credevano?
E Shannon... Shannon, che ama la vita e tutte le sue sfaccettature, come aiuterà il fratello a credere a ciò che sta capitando a tutti loro?
Spero di avervi incuriositi :)
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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ECCOMI QUI! Sono tornata, un pò in ritatdo (come avevo predetto, scusate), ma sono tornata. Spero non abbiate aspettato troppo. Quuuuuuuuuuuuuuindi, vi lascio subito leggere e parliamo in fondo (in realtà non vi interessa ma io scrivo lo stesso :P)
Buona lettura :)




Capitolo 6. You’re so…

 




“Con cosa l’hai torturata?”, gli chiese Shannon, ridendogli in faccia. Ma che fratello simpatico che si ritrovava!
“Ho usato il buon vecchio trucco ‘consolala e te ne sarà grata’ che usavo anni orsono, quando ancora avevo bisogno di impegnarmi per portarmi a letto qualcuna”, sorrise Jared, quasi soddisfatto. In realtà Ash era diversa da tutte le ragazze con cui era uscito e non voleva classificarla come la solito ragazza alla mano che mi sbava dietro. Però quella rimaneva una serata in cui lui ci avrebbe provato.
“Secondo me è il metodo più stronzo della storia”, commentò Shannon, battendo sulla batteria.
“Concordo”, s’intromise Tomo, che stava accordando la sua chitarra mentre ascoltava la loro conversazione. “Insomma, ti ha parlato dei tuoi problemi, magari fidandosi anche troppo, e tu la ripaghi usandola per il tuo piacere… è orribile”.
“Se Vicki fosse qui ti farebbe una statua”, ridacchiò Shannon, comunque dalla parte del croato.
“Grazie”, si batté la mano sul petto, fiero, il chitarrista.
“Oh, ma dai! Se fosse stata una qualunque mi avreste fatto i complimenti! Che ha di diverso una baby-sitter?”, chiese il cantante, rompendosi delle loro lamentele.
“Prima, fossi in te, vorrei sapere ciò che è davvero successo in quell’asilo e che fine abbia fatto lei in quella settimana, poi sarei in grado di decidere se andarci a letto o no”, spiegò Tomo, facendo annuire il batterista e, pian piano, anche Jared. “Anche se sinceramente ora sono molto più curioso di quel niente”.
“Che vuoi dire?”, chiese Shannon.
“Bè, Ash ti ha detto che avrebbe preferito essere un vampiro al posto di questo… niente, giusto Jared?”, si rivolse al piccolo Leto, che annuì pronto. “Bè, visto che già hai intenzione di fare il viscido e qui ci stiamo spappolando il cervello per trovare una soluzione: diventa suo amico e fatti dire la verità”.
“No, questo è fare schifo, seriamente, Tomo!”, si lamentò Jared. “Non le caverò fuori di bocca parole che non vuole dirmi. Non la obbligherò a fare niente!”.
“Bè, allora stasera andrai in bianco”, concluse Shannon.
“Non sei simpatico”, rispose Jared, facendogli la linguaccia.
“Vuoi scommettere?”, propose il più grande, allungando la mano verso il minore. Jared pensò a quanto ci aveva messo per portarla fuori… non poteva perdere contro Shannon, era contro i suoi valori morali.
“Fanculo”, rifiutò la sfida, incrociando le braccia.
Shannon rise, sapendo quindi di aver ragione. “Buona notte in bianco, mio caro”.
“Ripeto: fanculo”, precisò il fratello, facendo ridere Tomo. “E’ solo una difficile, me la voglio lavorare per bene”.
“E con me la voglio lavorare per bene intendi…”, cercò di capire il batterista.
“Esattamente quello che diceva Tomo. Non voglio obbligarla a rivelarmi niente  che non vorrebbe, ma sembra debole e magari riesco a scoprire qualcosa”, spiegò Jared, facendo annuire gli altri due. “Ogni volta che si lascia scappare un dettaglio prova a rimediare, inutilmente. E in quel poco che abbiamo parlato ne ha lasciati intendere parecchi di indizi. Figuriamoci in un’intera serata!
“E’ come se stasera fosse un’ispezione sul campo. Voglio esaminare tutte le prove che riesco ad ottenere… la seduzione verrà da sé o più avanti”.
“Sei sempre il solito. Fai un discorso serio, per poi finire con le tue porcate”, lo prese in giro Tomo, alzando gli occhi al cielo.
“A me sembra di essere entrato in una puntata di CSI, ragazzi”, disse Shannon dopo qualche minuto. “Voglio dire: cercare prove, fare indagini, scoprire cosa nasconde quella ragazza… fa tanto da telefilm criminale!”.
“Sì… però a me intriga questa cosa”, sorrise Tomo, curioso. “Voglio dire, quante possibilità abbiamo di ritrovarci in una situazione del genere? Io non me la farei scappare, fossi in te, Jared”.
“Allora vai tu alla cena”, propose il cantante.
“Io sono sposato… e poi vi ci vedo insieme, sai?”, lo prese in giro il chitarrista, mentre Jared sgranava gli occhi.
“Ha la metà dei miei anni… anche se ovviamente sembro un suo coetaneo”, disse Jared, difendendosi subito con il suo immenso e sconfinato ego.
“Sì, va be… è arrivato Mister Bellezza Eterna… ma per piacere!”, sbuffò Shannon. “Comunque sono d’accordo con Tomo: tutto questo, per quanto assurdo, mi incuriosisce”.
“Soprattutto per la frase ‘Se sapessi davvero chi io sia, avresti paura di me e non diresti che sono normale’. Insomma perché dovremmo aver paura di lei?! Chi è davvero?”, domandò Tomo, riempiendo tutti quanti, perfino se stesso, di una curiosità accecante.
“Devo assolutamente scoprire qualcosa. Iniziano i giochi, ragazzi, Jared Leto ha deciso che capirà il mistero”, annunciò il piccolo Leto.
“Tan tan tan ta!”, esclamò il batterista, imitando un suono angosciante, da perfetto film horror.
“Vai così, bro!”, gli sorrise Tomo, mentre il quarantenne li mandò entrambi a quel paese ed entrò in cabina per registrare una canzone e svuotarsi la mente.
A venerdì sera mancavano pochi giorni e dopo quella cena era sicuro che ci avrebbe capito qualcosa in più. Mancava solo un dettaglio: perché se continuava a commettere errori, aveva proposto l’uscita?
Era un’altra svista, di cui poi si era pentita, oppure l’aveva fatto apposta? Perché poi?
Per metterla in guardia dal suo segreto? Era davvero così terrificante quella verità?
Non ci capiva niente, ma più domande aveva in testa più la voglia di conoscere le risposte si faceva grande.
Sperò solo che non scomparisse di nuovo, come la prima volta.
 
Venerdì sera era arrivato e lei si sentiva troppo vulnerabile per andare ad una cena con Jared Leto.
Si sentiva impreparata. Una settimana con Edmund le aveva fatto dimenticare tutto il duro lavoro di due anni per riuscire a trattenersi. Com’era possibile?
Perchè è la tua natura, le avrebbe di certo risposto lui, se fosse stato lì, arrogante e schifato da tutte quelle persone ‘a metà’ di cui lei si circondava. Ma lei non voleva seguire la sua natura e ci stava provando, anche con successo, prima che lui tornasse.
Ora, in questo casino, non riusciva a pensare e di conseguenza il suo corpo scattava in difesa, non tenendo conto degli sguardi indiscreti puntati su di lei.
Si guardò allo specchio, ma poi chiuse subito gli occhi, tenendoli sigillati per qualche secondo.
Obbligò se stessa a respirare piano, con calma, e provò a far capire al suo cervello come sarebbero dovute andare le cose quella sera. Nessuna stranezza era ammessa, nessun giochetto.
Ma lui, quasi a prenderla in giro, non appena riaprì gli occhi, le fece trovare l’abito e le scarpe perfette proprio sul letto. Oh cazzo, non sarebbe mai riuscita a passare indenne quella serata!
Guardò l’abito corto, blu elettrico, quasi a riprendere i suoi capelli, molto attillato. Andava bene, visto che lei era abbastanza magra, ed il colore era perfetto.
Bè, perfetto se i tuoi capelli non mutavano! Il cambiamento, con un vestito del genere, sarebbe balzato all’occhio in pochissimo tempo, e ciò voleva dire che doveva fare molta attenzione.
Il vestito non aveva spalline, quindi cambiò il reggiseno che aveva addosso con uno a fascia color pelle. Sistemata la biancheria si infilò nell’abito, notando che finiva parecchio sopra il ginocchio.
Se avesse avuto qualche forma in più sarebbe di sicuro apparsa volgare, ma con le sue taglie un po’ piatte era perfetto. Sorrise e andò avanti a vestirsi.
Le scarpe che aveva trovato lì vicino erano nere, con alcune strisce di diverse tonalità di blu, quasi fossero fuochi del colore del cielo. Avevano un plateau e il tacco dodici, su cui era abituata a camminare, e se le mise senza problemi.
I capelli, sperando di mascherare un’ eventuale trasformazione, erano legati dietro la testa con un mollettone biancastro giallognolo – l’unica cosa che si poteva mascherare nel biondo – che provocava una grande cascata di riccioli. Li aveva creati apposta per la serata con la piastra e ballonzolavano in giro come tanti piccoli cavatappi biondi e blu. Aveva lasciato fuori solo qualche ciuffetto davanti, per incorniciare il viso.
Il trucco che aveva scelto non era pesante, sebbene si notasse molto la matita nera sotto l’occhio e la riga scura di eye-liner. Ma era andata sul leggero con l’ombretto, color pelle, un po’ brillantino, una passata di mascara e si era messa un po’ di terra, tanto per dare vita alla palla di neve che si trovava al posto della faccia.
Smalto nero appena rimesso, qualche bracciale qua e là, una collana con un gufo come ciondolo e due orecchini lunghi.
Con i capelli raccolti in quel modo si riusciva bene a vedere il piercing che aveva nella parte alta dell’orecchio destro e cominciò a giocherellarci.
Ne aveva già in programma altri, oltre che aggiungere nella sua collezione qualche tatuaggio in più, ma avrebbe aspettato ancora un po’.
Prese una borsetta dove infilare il portafoglio, cellulare, chiavi di casa, o qualunque cosa potesse servirle, e andò a guardarsi allo specchio per la seconda volta. Ce l’avrebbe mai fatta?
L’avrebbe saputo solo andando a quella cena.
Così uscì di casa e si precipitò verso l’auto, parcheggiata lì vicino, per poi mettersi alla guida in fretta e guidare verso il luogo che Tomo le aveva detto quella mattina, quando aveva portato Devon all’asilo.
 
Aveva guidato senza troppa fretta. Era terrificata dall’idea di combinare guai  e voleva rallentare il tempo per evitare di uscire con Jared. I suoi capelli ormai vagavano tra il blu e qualche accenno insensato di verde e viola.
Appena parcheggiò la macchina si obbligò a prendere un respiro profondo, chiudendo gli occhi per qualche secondo.
Quando li riaprì si sentì un po’ più calma e infatti i suoi capelli erano tornati normali. Sorrise nello specchietto, controllandosi il trucco per un’ultima volta, e poi scese dall’auto.
Jared era già sulla porta d’entrata ad aspettarla.
Appena la  vide si drizzò per bene e le sorrise, salutandola con la mano. Ovviamente non era vestito molto elegante – era pur sempre Jared Leto – ma indossava dei jeans e una camicia  nera, con i primi due bottoni slacciati.
I capelli, rasati sulla parte finale della testa, erano liberi. Nessun cappello, niente barba e niente anfibi aperti. Era venuto con un paio di vecchie Superga nere a strisce bianche.
Inspiegabilmente era tornato al suo stile di qualche anno prima ma stava molto bene.
“Buona sera”, le disse, cercando di incantarla. Che tentativo inutile… lei sarebbe riuscita a farlo meglio, in pochi secondi e con un tecnica stupefacente.
“Lieta di rivederla”, rispose lei, quasi a prenderlo in giro mentre faceva il gentiluomo e l’accompagnava a braccetto all’interno del ristorante.
Jared aveva evitato posti da vip o supercostosi, certo che quello non era il suo stile, e così aveva scelto qualcosa di più semplice.
“Wow…”, sussurrò Ash, al contrario, meravigliata da un posto del genere. Jared era troppo abituato a stare in posti meravigliosi che non capiva che per Ash bastava un salone pieno di lampadari a goccia per farla ammaliare.
“Ti piacciono?”, sorrise lui, andando a parlare con il cameriere. “Ho prenotato a nome  Othello, grazie mille”.
Il cameriere annuì distratto, mentre  Ash lo guardava confusa, cercando  di capirci qualcosa.
Arrivati a destinazione, il cameriere se ne andò e Jared fece segno alla ragazza di sedersi.
“Othello?”, chiese subito lei, in un sorriso, mentre prendeva posto, guardando ancora la stupenda sala in cui erano entrati e in cui sarebbero rimasti per almeno un ora.
Le ricordava la sua scuola, così ricca di particolari affascinanti.
Questo posto è così…
“Magico”, sussurrò Jared, fissando i dipinti attorno a loro, facendo sussultare Ash.
“Che hai detto?!”, gracchiò lei, facendo ruotare la testa del moro di lato, curioso della sua reazione.
“Che qui sembra tutto così magico, quasi. Non credi, Ash?”, le chiese il cantante, mentre lei si calmava e sorrideva. Doveva tenere sotto controllo la situazione.
Sorrise e si mise comoda sulla sedia, prendendo un respiro forte per rilassarsi e non dare nell’occhio.
“Oh, sì... certo, è perfetto”, ridacchiò Ash, che per lo spavento aveva perso come minimo cinque anni di vita. “Ma non hai risposto alla mia domanda, in ogni caso. Perché Othello?”.
“Bè, prima di tutto, a parte le ultime due lettere, è il mio cognome al contrario, solo con una h in più”, sorrise lui, come se fosse la scoperta del secolo. “E poi è il nome del protagonista di una delle tragedie del grande William Shakespeare!”
“Wow”, rise ancora la ragazza, ammirata però dal ragionamento del cantante. Sapeva che molte cose riguardanti i Thirty Seconds To Mars erano impregnate di ragionamenti davvero intricati, ma mai avrebbe pensato, dal suo aspetto, che Jared Leto fosse in grado di crearli.
L’aveva sottovalutato. Grosso errore.
“In realtà…”, disse Jared tornando serio, per una volta nella sua intera vita. “Lo facciamo solo perché non vogliamo avere milioni di Echelon alle calcagna per chiederci come sta andando l’album. Prima usavo Cubbins, ma orma non funziona più visto che quel nome è diventato famoso”.
“Echelon?”, chiese Ash. aveva già sentito quella parola, ma non ricordava esattamente che c’entrasse con loro.
“E’ una lunga storia, ma se proprio vogliamo parlarne di fretta direi che gli Echelon sono i nostri fan, anche se noi li consideriamo una famiglia”, sussurrò Jared, come se quello fosse un segreto nazionale.
“Quindi avete una sorta di legame fraterno?”, domandò Ash, curiosa. Lei non aveva mai avuto una vera famiglia con cui sentirsi a proprio agio… o meglio, non del tutto. C’era Lei, ma se n’era andata via troppo un fretta.
Era stata il suo arcobaleno: bellissima e affascinante nei pochi minuti in cui ti è vicina, ma dopo qualche minuto comincia a svanire, piano piano, scomparendo nel nulla. E l’aveva lasciata sola, abbandonata.
“Decisamente. Niente per noi è più importante della famiglia, di qualsiasi essa si tratti”, sorrise Jared, pensando a sua madre, a Bosssier City, che vagava per il parco guardando i bambini giocare. Avrebbe dovuto chiamarla, gli mancava parecchio.
“Sembra davvero figo”, sorrise lei.
“E tu? Tu non hai una famiglia da cui tornare a casa la sera? O anche una coinquilina con cui dividere le spese?”, domandò lui, non sapendo di toccare un tasto dolente.
Ma questo andava anche bene. Poteva rispondergli, sebbene dovesse nascondere praticamente tutti i dettagli.
“Ti rispondo con una sola frase per entrambi le domande: i miei genitori se ne sono andati anni fa, lasciandomi questa casa. Quindi no, sono completamente sola”, spiegò Ash.
“Mi dispiace”.
“Non voglio la tua pietà”, girò la testa Ash, notando una bambina giocare con la sua bambola.
“Non era un segno di pietà”, gli rispose Jared, serio. “Non sei l’unica ad essere stata abbandonata da piccola”.
“Che intendi dire?”, domandò Ash, curiosa. Che anche il famoso Jared Leto avesse dei segreti nascosti?
“Niente di speciale. Prima di tutto mia madre non è mai stata una santa: è nata da genitori sempre in conflitto, vissuta come hippy, ci ha cresciuti da sola quando nostro padre se l’è filata. Sposata più volte, ma anche ora è single. E’ sempre stata una donna libera, in fondo”, spiegò il cantante, facendo sorridere la ragazza. “Quindi, per quanto sia fantastica… non abbiamo mai avuto un vero punto di riferimento come padre e a volte questo mi da fastidio”.
Ash, per quel poco che lui le aveva detto, si stava immaginando una donna sulla sessantina tutto sorriso e battute, ancora giovane dentro, con magari qualche strana tinta ai capelli.
In fondo era la madre di due pazzi: tutto poteva essere.
“Ma scommetto che vi vuole un bene dell’anima”, commentò Ash, poggiando l’indice della mano destra sul bicchiere e facendolo girare sul bordo. “E anche voi le volete un gran bene, da come ne parli”.
“Sì, moltissimo”, sorrise Jared, guardandola concentrarsi su quel bicchiere, con la testa appoggiata sull’altra mano, come annoiata. “Ti diverte?”.
“Sì, moltissimo”, ripeté lei, quasi a prenderlo in giro. Alzò la testa, spostandosi i capelli biondi dalla faccia e scoppiò a ridere. “Scherzo, non prendermi sul serio. Sono solo scioccata… non ti facevo figlio di una hippy”.
“La nostra famiglia è sempre stata un po’ strana”, ridacchiò lui.
“Anche gli… Echelon?”, cercò di ricordare il termine usato prima dal cantante, mentre lui annuiva.
“Specialmente gli Echelon! Loro sono come dei nostri piccoli figli, cresciuti su Marte”, rispose Jared.
“Sarebbe figo venire da un altro pianeta, no?”, azzardò lei, cercando di capire se era pazzo o credeva davvero in ciò che diceva. “Voglio dire: vivere anche con… creature diverse da noi. Addirittura di un altro… mondo”.
“Sei una fan del soprannaturale?”, chiese Jared, guardando sempre il dito di Ash sul bicchiere, che non smetteva mai di toccare il bordo.
“Tu che ne dici?”, sviò la domanda.
“Dico che sei una maleducata a rispondere con una domanda ad una domanda”, ridacchiò lui, facendo alzare le spalle ad Ash. “Ed anche per questo”.
“Vai avanti, nonno. Non sono qui per farmi fare la predica”, si stufò lei, non staccando l’indice.
“Io penso che tu ci creda parecchio. Quasi fossi certa dell’ esistenza di un vero altro mondo”, si buttò Jared, provando a non sembrare un idiota patentato di prima categoria. “Mi sbaglio?”.
“Forse sì… forse no”.
E quando Ash disse l’ultima parola, caricandola senza accorgersene, un sorso d’acqua comparve nel suo bicchiere.
Non lo fece apposta: come al solito si era dimenticata che non era più con Edmund, all’Esis, per allenarsi; ma con Jared Leto ad una cena in centro Los Angeles.
Merda.
 
E, come in quei film thriller in cui, quando accade un colpo di scena da infarto, tutto si oscura per qualche secondo per metterti ancora più ansia di quanto tu non abbia già, Ash perse i sensi per almeno quattro secondi.
Cosa diavolo aveva combinato?
“Ash? Ash che diamine è successo?”, sentì la voce di Jared entrarle nelle orecchie e riportarla alla realtà.
Non era cambiato nulla: aveva solo chiuso gli occhi e si era accasciata sul tavolo, tra le sue stesse braccia incrociate. Come se si fosse addormentata.
Alzò il volto di scatto e davanti a lei vide il bicchiere incriminato, pieno d’acqua, e Jared che la guardava confuso. E ora che gli avrebbe detto?
“Niente… niente, tranquillo”, rispose la ragazza, cercando di ricomporsi. Ma Jared non abboccò.
“Non scherzare, Ash. So che è successo qualcosa, non provare a negarlo!”, gracchiò infatti provando a non spaventare nessuno del ristorante. “Ti ho vista!”.
“Mi hai vista fare cosa?”, chiese Ash, cercando di tenere la calma e non cambiare colore. Forse se gli faceva credeva di essere un pazzo visionario l’avrebbe fatta franca.
“Okay, la cosa è totalmente assurda, ma ti ho guardata per un minuto buono se non oltre, incessantemente, mentre giocavi con il bordo di quel bicchiere. E sono certo che, per tutto quel tempo in cui ti osservavo, era… vuoto”, spiegò il cantante, confuso persino della sua spiegazione, cercando di non sembrare ridicolo. “Ma poi è come… sgorgata dell’acqua. Ho visto dell’acqua schizzare fuori dal fondo di quel dannato bicchiere. Come… come se una bottiglia trasparente lo stesse riempiendo”.
“E’ da pazzi, Jared!”, commentò lei, sapendo però che alcune delle sue ciocche si stavano sicuramente colorando di verde. Paura.
“E quelle?”, sbottò lui, indicando esattamente i capelli, che lei prontamente sciolse, per poi risistemarli nell’acconciatura.
“Si sta schiarendo il colore, tutto qui”, disse lei con calma, provando a farle ritornare normali. Lui la guardò per qualche minuto, studiandola, ma alla fine annuì, come convinto.
“Sì, ma non mi basta, Ash. Questo non è normale”, rispose il cantante ricominciando con la storia del bicchiere. Edmund le avrebbe fatto passare ore d’inferno al suo ritorno. Perché l’avrebbe saputo in qualche mondo, era una spia in fondo. Oh, ma perché era finita in quel guaio?! Che aveva fatto di male per meritarselo? “In più tu hai sempre detto di non ritenerti normale. Parli di mondi estranei, creature diverse e… a volte parli in modo strano, non capisco cosa intendi dire”.
“Amo il soprannaturale, te l’ho già detto”, deviò lei, per poi avere un’idea strepitosa. Dio ringrazi la sua borsa! “E sono una maga”.
“Cosa?!”, urlò Jared, scioccato. Qualcuno si girò ad osservarli, ma lui sorrise in segno di scuse e tutti ripresero a mangiare.
“Non intendo dire che faccio magie come se fossi Harry Potter, non essere ridicolo”, cercò di sembrare convincente. Ash sorrise e prese qualcosa dalla borsa: carte truccate, la sua salvezza. “Ecco qui: sono brava a fare questi trucchetti; li uso spesso con i bambini per farli giocare”.
“Questo non spiega il bicchiere però”, sbottò Jared, curioso di vedere qualche gioco. Era sempre stato attratto da questo tipo di cose e gli piaceva indovinare i trucchi usati dal mago. Ci sarebbe riuscito con Ash?
“Si chiama illusione, Jared”, disse felice, dato che lui aveva abboccato. Era totalmente salva da ogni stranezza ora. “Ti ho abbindolato con il movimento del dito sul bicchiere, facendoti dedicare tutta la tua attenzione su quello. Nel mentre, con l’altra mano, ho versato l’acqua. Non te l’ho detto subito perché non mi piace ipnotizzare così la gente, non era mia intenzione”.
“Oh… fico”, commentò lui, credendoci fermamente. Già immaginava tutto il lungo procedimento che Ash aveva fatto per riuscire a illuderlo… era davvero brava, allora. “Ma ora vediamo che sei in grado di fare”.
Lui sorrise convinto, ma non aveva notato che il verde tra i capelli di Ash era completamente scomparso. Al contrario la ragazza aveva paura che potesse notare quel poco di arancione che l’euforia del momento le provocava.
Lei chiuse gli occhi per mezzo secondo e provò a calmarsi, per evitare altri problemi inutili. Si concentrò sul gioco e mischiò le carte.
“Credi di poter capire il trucco, cantante marziano?”, lo sfidò lei, quasi sovraeccitata, ridacchiando.
“Assolutamente. A volte ci mettiamo a giocare nei backstage dei concerti, tanto per passare il tempo”, disse lui quasi fiero.
Ash sorrise: oltre al mazzo truccato, lei poteva sempre contare su altri mille modi per fregarlo in pochi attimi.
“Scommettiamo?”, propose lei. “Se vinco io chiudiamo qui la faccenda dei… giochetti”. Giochetti… anche con Edmund li aveva definiti così. Ma erano davvero solo inutili giochetti per lei?
“Se invece vinco io… ottengo un’altra uscita con la maga qui presente”, sorrise lui, credendo di averla fatta franca.
Ash accettò, stringendogli la mano, quasi triste della poco fantasia uscita da quella bella testa geniale che aveva Jared Leto.
Bah, non lo avrebbe mai capito quell’uomo!
“Vedremo come va a finire”, concluse la ragazza, buttando sul tavolo le carte, sapendo esattamente cosa fare.
Mentre lei sistemava il mazzo, Jared la guardava attentamente. Rispondeva sempre alle sue domande, come ‘Cosa credi che sia questa carta?’ oppure ‘Hai capito il trucco?’, o faceva tutto quello che lei gli chiedeva di fare, ad esempio il tipico ‘Pesca una carta, guardala ma non dirmi niente’ ma anche ‘Autografa questa qui’, porgendogli una penna.
Da quando avevano iniziato, Ash ne aveva fatti almeno cinque, contando che Jared le aveva chiesto di rifarli per capire il meccanismo. Meccanismo che anche dopo tre volte non aveva compreso, fortunatamente per la ragazza.
Era passata quasi più di mezz’ora e lei stava sorridendo, decidendo di mettere via le carte per dichiarare la sua vittoria, ma Jared la fermò.
“Fanne uno più difficile”, chiese e Ash decise di provare a fregarlo con il gioco del disegno. Era il trucco più difficile e infatti per quello usava sempre un… aiuto, non essendo sicura di farcela da sola.
Annuendo, prese una carta e cominciò a disegnarci sulla parte bianca, contornata da un due di quadri. La penna nera cominciò a macchiare il bianco e Jared vide formarsi sempre di più un piccolo canarino che volava.
Ma la cosa che lo colpì di più non fu il disegno in generale, aveva guardato molti artisti comporre i loro disegni in una maniera eccellente, ma quando Ash cominciò a disegnare le ali, qualcosa lo incuriosì.
Erano perfette, in ogni loro sfumatura. Ogni piuma era essenziale e poteva riconoscere tutte le ossa o muscoli che componevano quella parte di canarino.
Era come se Ash conoscesse l’anatomia di quegli arti come se fosse sua e sapesse disegnarla meglio di qualsiasi altra cosa.
“La vedi? Vedi che carta ho disegnato?”, chiese Ash, quando ebbe finito tutto il lavoro.
“Sì, due di quadri”, annuì il cantante.
Sorrise e mise la carta in mezzo al mazzo, la mischiò con le altre e le fece girare per qualche secondo. Dopo chiese a Jared di pescare una seconda carta, senza però dirle qual’era.
Il cantante fece come gli era stato detto e poi, sotto ordine di Ash, mise la seconda carta in fondo al mazzo.
Lei mischiò di nuovo il mazzo e ricominciò a far girare le carte. Intanto che faceva così, osservava Jared, attirando la sua attenzione. Con lo sguardo fisso verso di lui e le mani che toccavano ogni carta, copiò il disegno su tutte le carte del mazzo senza alcuna difficoltà e, appena finì, smise di mischiare.
Mise il mazzo sul tavolo e prese il bicchiere prima incriminato, poggiando una goccia sulla parte coperta della prima carta. Quella si macchiò, diventando più scura nel punto in cui l’acqua era penetrata.
Riprese il mazzo in mano, cogliendo l’occasione di toccare tutte le carte per finire in bellezza, e lo sparse per tutto il tavolo, mostrandole a Jared.
“Come…?”, chiese lui, stupefatto, notando che tutte le carte da gioco utilizzate erano bagnate nello stesso punto della prima, tranne due. Quelle due, al posto che una sola macchia, ne avevano quattro.
“Che carte sono?”, domandò lei, ridendo.
Jared le prese in mano e le mostrò le carte. La prima, disegnata di penna, era il due di quadri. La seconda, con la copia del disegno, era il due di cuori. Due e due, quattro macchie.
“E’ la seconda carta che hai pescato?”, continuò Ash, soddisfatta.
“Cazzo, sì!”, rise lui, ridandole le carte, che lei prese subito e le mischiò al mazzo, preoccupandosi di cancellare tutti i disegni e tutte le macchie d’acqua.
Così, appena Jared le chiese il mazzo, non vide nessuna copia del canarino e Ash vinse il gioco.
“Ok, questo nemmeno ci provo a capirlo”, ridacchiò ancora lui, guardandola stupefatto. “Sei così… magica!”.
“Sì, certo”, sbottò lei, cercando di sembrare naturale mentre metteva le carte nella sua borsa. “Comunque direi che ho vinto”.
“Okay, quindi… basta domande sulle tue stranezze, giusto?”, si ricordò lui, maledicendosi da solo. “Mangiamo ora?”.
“Non vedevo l’ora che me lo chiedessi!”, sorrise Ash, chiamando il cameriere.
 
 
 ...
Note dell'autrice:
alloooooora, sì qui entriamo nel vivo del segreto, quindi INTERCETTATE! ahhaa ma Jared... Jared è un idiota quindi lasciamo perdere -.-"
Shannon è un grande, all'inizio, e Tomo... bè è Tomo! *anche se ha i capelli tagliati, rimarrà sempre Jesus*
Spero che vi sia piaciuto e ringrazio tutti quelli che leggono e apprezzano questa storia. Mi fa davvero piacere
(fatevi sentire, così magari miglioro :D)

Un abbraccione a tutti, 
Ronnie02
   
 
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