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Autore: Philotea    15/02/2013    4 recensioni
L'arte era la sua vita. Ma la vita, non era arte. Strano concetto, vero? Eppure è così. Almeno, era così. Fino a che non la conobbe, fino a che il suo sguardo l'abbagliò.
Life is art.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Delle urla.

Una bottiglia di vino in frantumi per terra.

Uno sparo.

Silenzio.

Il rumore di un corpo che cade a terra.

E ancora silenzio.


 

The beginning.

 
11 anni dopo.
Scuola.


 
Alcuni studenti percorrevano il corridoio, con un andatura molto lenta.
Lui andava quasi furtivo alla ricerca di un’aula.

Poi, fermò una ragazza.
Ehi, scusa dove si trova l’aula insegnanti?” disse, con un tono di voce decisamente alto.

Lì tutti sussurravano, come se stessero commettendo un crimine e non volessero farsi scoprire.
“Ehm… devi andare per questo corridoio e girare a destra.”
 “Grazie.”

L’espressione del ragazzo rimase immobile, quasi paralizzata.
Nessuna ombra di sorriso.
Lei invece, sorrise  camminò per i corridoi infiniti del liceo.

-Il sorriso è la crema che ringiovanisce il viso più efficace ed economica che esista.-

Sua madre, lo diceva spesso.

Corrugò la fronte, al pensiero di quella figura femminile,  e si diresse verso l’aula insegnanti.
Bussò educatamente, aspettò il consenso del prof ed entrò.

“Lei deve essere il nuovo studente, giusto?”
“Sì.” Aggiunse, osservando lo studio.

Sembrava una stanza di ospedale, pareti bianche e lisce, cattedra nera e due sedie piazzate davanti, come se fosse lì per una seduta spiritica.
Che pessimo gusto!

“Quindi il suo nome dev’essere… Ron Halvorsen .” aggiunse l’insegnante, mentre il suo parrucchino dondolava avanti ed indietro ad ogni suo movimento.
“Si.” 

Anche le tende erano bianche, si muovevano ad ogni folata di vento, proprio come il parrucchino del prof.
La sua attenzione si perse nel soffitto.
Bianco, triste.
Vuoto.
Senza nessun decoro, nessun punto di luce.
Sollevò la testa in alto, istintivamente.

“Mi scusi signorino, potrebbe guardare questo foglio e confermarmi se è il suo oppure ha intenzione di guardare il soffitto tutto il tempo?”

Ron scosse la testa, scacciando un pensiero assurdo e osservò il foglio.
“E’ mio.”
Il professore annuì, stampando qualcosa che non parve importare a Ron. Poi gli porse un foglio.

“Queste sono tutte le regole, indicazioni e orari della scuola. Vedi di rispettarli, non infrangendo le regole, trovando le aule giuste e arrivando in orario.”
“Regole?” aggiunse Ron, sollevando un sopracciglio.
“Si, regole. Non correre in corridoio, non urlare, scrivere o pasticciare banchi e muri.”
“Intende rovinarli, giusto?”

“Esatto. Proprio così, rovinarli con bombolette e colori. Ogni singolo muro della scuola è bianco, il colore perfetto. “ aggiunse infine, sbattendo ripetutamente il pacco di fotocopie sulla cattedra nera.
“Come un ospedale.” Sussurrò Ron.
“Adesso vai, leggi su questi fogli dove si trova la tua classe e da un’occhiata alle regole. Non ti farà male di certo.”

Sospirò e lasciò andare il ragazzo, che uscì silenziosamente dall’aula.


Regole, regole, regole.
Non fare questo, non fare quello.
Come se nell’arte ci fossero delle regole.
Che cos’è arte? La vita, secondo lui.
E la vita? Cos’è la vita, se non un insieme di regole?
Di sicuro non arte.
 
“Tsk.” Aggiunse, quasi per disprezzo mentre si avviava verso la sua futura classe.
 
 


-All of the stars, are fading away,
just try not worry,
you’ll see them some day.-
Oasis.
 
  
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