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Autore: smile_book    15/02/2013    2 recensioni
"Amare. 5 lettere, verbo di 1 coniugazione transitivo, vuol dire sentire e/o dimostrare profondo affetto per qualcuno.
O almeno, questo è quello che dice il dizionario. Purtroppo, però, dubito che un dizionario si sia mai innamorato...
Ma poverino, non è colpa sua. La colpa è di quelle 5 lettere.
A-M-A-R-E. Sembrano così innocue da sole, ma se messe insieme formano la parola più importante, quella più presente, quella fondamentale di una persona, che abbia 10 anni o 50. Perché tutti noi, che lo ammettiamo o meno, amiamo almeno una persona. Che sia la mamma, il papà, il gatto o l'ornitorinco non conta, tutti noi amiamo. "
La storia di una ragazza normale, che poi forse tanto normale non è..
Ma infondo la normalità è sopravvalutata. Godetevi questa.. storia, chiamiamola così, spero possa piacervi.
Recensite, mettetela nelle seguite, fate quello che volete, basta che mi facciate capire se vi piace o meno.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 15 (Danny & Mary)
 
 
 
 




«Coraggio, Danny. Sai ancora respirare. Ispira, espira, ispira, espira. Ora, conta fino a dieci e respira piano.»
Dimenticai quei pensieri all'istante guardando Mary ballare insieme a delle amiche. Era... semplicemente bellissima. Come sempre, d'altronde. Fanculo.
Fanculo alla calma, non ci riuscivo. Nemmeno ricordavo cosa si provava ad essere calmi. L'unica cosa che riuscivo ad elaborare e di cui ero sicuro, era che dovevo riscoprirlo.
Le mani erano ormai delle caldaie in perdita, per quanto sudavano, le gambe potevano benissimo passare per quelle di qualcuno che stava congelando al polo nord, per quanto tremavano. Lo stomaco aveva deciso di scatenarsi su una pista da ballo immaginaria, ma sfortunatamente non si stava esibendo in una rilassante danza classica, anzi. Sembrava un misto tra hip-hop, moderno e qualsiasi altra danza che implicava movimenti contorti e rapidi. Il cervello, o quello che ne rimaneva, non riusciva a formulare la più semplice delle frasi. Nessun pensiero coerente alla situazione vagava nella mia mente al momento. Ma a quello ero abituato. Mi succedeva circa ogni volta che la vedevo. La parte peggiore, con cui avevo comunque già avuto esperienze, era un piccolo organo, a forma di pera credo, situato in alto a sinistra, nel petto. Quel fottuto cuore drogato di extasy aveva deciso di farmi morire d'infarto a soli sedici anni. Dio solo sa quante bestemmie stavo mandando a quella cosa pulsante.
Ma non dovevo pensarci. Perché io dovevo calmarmi. Dovevo respirare.
«Ispira, espira, ispira, espira, ispira...»
Birra. Avevo bisogno di birra.
Mi diressi in cucina, distogliendo gli occhi a malincuore da quella visione.
A fatica riuscii ad aprire il frigorifero, sforzandomi di tenere ferme le mani e non farle tremare. Non c'era molto da cercare, in quanto era praticamente vuoto. Tutto il cibo e le bevande erano in giro per casa o sul tavolo in salotto, erano rimaste solo alcune lattine di coca-cola, polpettone e sottilette. Considerando che solo a pensare al cibo mi veniva la nausea, optai per una coca.
―E che cazzo, sti bastardi mi dovevano proprio finire la birra? Stronzi...― iniziai a borbottare, versando la coca distrattamente.
―Danny!
Quella voce l'avrei riconosciuta ovunque. Troppo acuta per appartenere a una persona normale, troppo esagitata per essere di qualche mio amico, tranne una. Mi voltai incazzato giusto in tempo per vedere Drea corrermi incontro.
Non sembrava né incazzata, né in ansia per qualcosa. Aveva un'espressione fin troppo calma per il suo solito. Stonava leggermente con l'idea che negli anni mi ero fatto di lei. La conoscevo bene, non era troppo complicata, ma nemmeno semplice. Con lei era facile distinguere i veri amici da tutti gli altri. Le persone, i conoscenti, coloro che non si disturbavano troppo a studiarla, la vedevano come una ragazza forte, allegra e isterica. Noi, quelli che c'erano sempre, la conoscevamo davvero. Era forte, sì, ma anche fragile, nonostante non le piacesse ammetterlo. Così come non le piaceva mostrarsi scoraggiata, nonostante lo fosse alcune volte. Isterica invece lo era davvero. Sempre e comunque.
Proprio per quello quasi mi preoccupai vedendola avvicinarsi con un'espressione da cucciolo.
Stranamente però, riuscì a tranquillizzarmi.
―Allora? Quando hai intenzione di farlo?
Sapevo esattamente cosa intendeva con quella domanda. E apprezzavo il tatto con cui aveva pronunciato quelle parole, tentando di non innervosirmi ulteriormente. Sentivo di star per avere un collasso per quanto respiravo affannosamente.
Provai a rilassarmi per davvero, e risposi. Il mio "piano" prevedeva di trascinarla da parte al momento dei regali, darle il mio e "dichiararmi". Non mi piaceva quella parola. Sapeva troppo di diabete. E, inoltre, alla parola "dichiarazione" ci si associavano sempre le parole "amore", "bacio", "fidanzato". Insomma, dove stava scritto che sarebbe andato tutto bene? Chi me lo assicurava?
«Danny, non stai migliorando la situazione»
No, non lo stavo facendo.
Mi aspettavo le rassicurazioni di Drea da un momento all'altro, e, infatti, non tardarono ad arrivare.
Quella moretta per quanto potesse sembrare  assurda mi capiva, capiva tutti noi, quasi sempre, quasi alla perfezione. Solo che lei, al contrario di Rick, non ti si piazzava davanti e insisteva perché tu ti sfogassi, né dava troppi consigli. Era troppo incerta di sé stessa per darne. Ma, alcune volte, ci provava, e aiutava lo stesso.
Quella era una di quelle volte.
Era decisamente scontato quello che mi stava dicendo. Le solite quattro cazzate. "Non devi preoccuparti", "lei ti accetterà", "le piaci", "non hai nulla per cui non potresti piacere". Certo, erano bellissimi  complimenti, ma in quel momento me li facevo fritti. Cazzoculo che me ne poteva fottere se ero carino e piacevo?! Io non volevo piacere e basta. Io volevo piacere a lei. Ed era molto diverso. Era tutto diverso.
Non mi disturbai a ringraziarla e la lasciai andare avanti. Non l'avessi mai fatto.
Iniziò con il tipico discorso "se pure succedesse che..", il quale non portava mai a nulla di buono, era risaputo. Era una sorta di consolazione in caso dovesse andare male. Meglio prevenire che curare, infondo.
Le lanciai uno dei miei peggiori sguardi intimidatori e incazzosi, ma nulla. Continuò.
Certo, lei la faceva facile. Al massimo non saremmo stati più amici come prima, al massimo sarei stato male per un po', male che andava ero geloso di lei e del suo tipo, nel peggiore dei casi facevo una figura di merda.
Ma era sempre tutto un "nulla di che", certo.
―Drea!― la richiamai ringhiando, sperando di intimorirla quel che bastava per farla smettere.
Non mi stava aiutando, e se continuava sarebbe stata lei ad aver bisogno di aiuto.
Sbuffò ―Se mi lasciassi finire... volevo dire che alla fine andresti avanti, ti passerebbe. Smetteresti di soffrire e ti innamoreresti di un'altra.
Cruda, schietta, immancabile, inevitabile realtà. Schifosamente vera, frustrantemente immutabile.
Sapevo che nel peggiore dei casi sarebbe andata così. Sarei stato male, molto male, per un po'. Ma alla fine sarebbe passata.
Il problema era che io non volevo che andasse nel peggiore dei casi, ovviamente. Non volevo che alla fine mi passasse quella... cosa che provavo verso Mary. Era la sensazione più bella che avessi mai provato, per quanto difficile da gestire. Mi piaceva avere qualcuno da amare, qualcuno da guardare di nascosto, qualcuno a cui fare una sorpresa, qualcuno da abbracciare e coccolare, qualcuno a cui pensare in ogni momento della giornata. Dava un calore all'altezza dello stomaco che mai avrei voluto abbandonare. Solo a pensarci mi sentivo male.
Ma aveva ragione lei. Strano a pensarlo, inquietante a dirlo ad alta voce, ma aveva ragione.
Drea si dileguò poco dopo dicendo che avrebbe fatto in modo che i regali sarebbero stati aperti il prima possibile, e dicendo qualcosa a proposito di Giò che dimenticai subito dopo averlo sentito.
Per quanto volessi levarmi quel peso, non potei fare a meno di sentirmi in ansia, di nuovo.
Le sorrisi e la guardai andare via.
Respirai a fondo, cercando di sgomberare la mente da tutto e tutti. Ci riuscii per circa mezzo secondo. Poi immagini, parole, pensieri e paranoie si fecero breccia tra il silenzio della mia testa sfondando le porte che li chiudevano fuori.
Sospirai, rassegnato all'idea che la quiete non facesse per me.
Decisi che era inutile rimandare, e visto che Drea era sparita chissà dove, dovevo agire.
Trovare Mary non sarebbe stato troppo difficile, sfortunatamente. Iniziai quindi a pensare a cosa le avrei detto, come mi sarei avvicinato all'argomento, se avrei fatto qualcosa di romantico. Mi persi ad immaginare le sue labbra sulle mie...
―Danny?
―Eh?― mi avevano chiamato? Mi voltai verso la voce e mi pentii amaramente di essermi distratto.
Cazzo. Merda. Fanculo. Porca puttana Eva. Cazzo. Cazzo. Cazzo.
Come cazzo avevo fatto a non accorgermi che era dietro di me da un pezzo? E lei si era accorta che stavo praticamente sbavando? Da quanto era lì? Mi aveva provato a chiamare più volte? Avevo detto qualcosa mentre ero "incosciente"? Cazzo.
―Ah, ciao Mary!― dissi in preda al panico. Che le dicevo ora? Era rischioso, ma dovevo sapere... ―Ehm, Mary, ma... ho mica detto qualcosa mentre eri qui?
Il mio sorriso da povero scemo la divertì parecchio, o forse erano le minchiate che avevo sparato. Sta di fatto che rideva. E io amavo vederla ridere.
―Oh, sì, hai detto qualcosa...― lasciò in sospeso la frase, fingendo di pensarci su quando invece lo ricordava benissimo. Mi voleva solo far prendere un infarto la diavola. Aveva imparato tutto da me. Non era così stronza una volta. Probabilmente la mia espressione preoccupata la spinse a parlare ―mi sembrava fosse "oh, Mary come sei bella", o qualcosa del genere, non ricordo.
«Calma. Danny, respira. Ti ricordi come si fa, no? Abbiamo ripassato prima.. Inspira, espira.. Oh, ma vaffanculo! Parlo anche da solo!»
Dopo la mia interessante conversazione con me stesso. Mi resi conto di essere rimasto fermo come un coglione, a bocca aperta, occhi spalancati e la faccia distesa in una smorfia che diceva tanto: "dimmi che è uno scherzo, ti prego". Molto dignitoso come messaggio telepatico, sexy direi.
Sì, dovevo proprio far venire voglia di stuprarmi un quel momento, per quello Mary stava ridendo piegata sulle ginocchia. Doveva essere di sicuro per quello perché...
Un momento. Mary stava ridendo. Perché Mary stava ridendo?
―Scherzavo! Vedessi la tua faccia... Sembra che hai appena visto un fantasma!― disse tra una risata e l'altra. Tirai un sospiro di sollievo e i battiti pian piano si calmarono. Mi aveva fatto perdere dieci anni di vita con quella sua stronzata. Ma non era colpa sua, lei non poteva sapere che ad ogni suo sguardo morivo dentro, ad ogni suo sorriso precipitavo da una scogliera, ad ogni parola sentivo un coretto angelico alquanto imbarazzante. Tutta colpa del cuore. Stronzo di merda.
―Lo trovi divertente, vero?― annuì, ancora ridendo. Si era messa anche a lacrimare la spiritosa. Bastarda ―Vediamo se riesco a divertirmi anch'io...
La sua espressione cambiò immediatamente. Gli occhi persero ogni traccia di divertimento quando feci un passo verso di lei, al secondo si era immobilizzata e i segni delle risa erano scomparsi del tutto. Al terzo la vidi trattenere il respiro.
Mi piaceva avere quell'effetto su di lei. La vidi arrossire e distogliere lo sguardo dal mio. Mi sembrò esageratamente tenera, delicata, insicura.
Era bella anche quando arrossiva, ovviamente, e sapere che arrossiva a causa mia non solo rendeva lei più attraente ai miei occhi, ma rendeva anche me più sicuro.
Io le piacevo. Doveva essere così. Dovevo convincermene. Lei arrossiva e si vergognava perché le piacevo, ne ero certo. Dovevo esserne certo.
―C-che fai?― balbettò, senza azzardare un passo.
Risposi istintivamente ―Ti mostro il mio regalo. Girati e chiudi gli occhi.
Obbedì senza protestare e prima che potessi cominciare a farmi pippe mentali e problemi vari e quindi diventare insicuro, tirai fuori la custodia dalla tasca posteriore dei jeans scuri. L'aprii e ne tirai fuori la collanina con appesa la lettera "D". Deglutii nervoso e le scostai delicatamente i capelli biondi setosi. Erano morbidi e lucenti, sembravano invitarti ad essere scostai dal collo. Quest'ultimo poi diceva chiaro e tondo "baciami".
Non me lo feci ripetere due volte e accompagnai la chiusura della collanina con un bacio.
La sentii sussultare e rabbrividire. Sorrisi con ancora le labbra sulla sua pelle ―Apri gli occhi.
Lo fece, me ne accorsi da come prese la collanina in mano e aprì la bocca, lasciando fuori uscire il fiato che aveva trattenuto.
―Oh Dio, Danny... è... è meravigliosa.
Sorrisi. Mi accorsi di aver trattenuto il fiato anch'io, desiderando ardentemente di ricevere un commento positivo. Le era piaciuta. Le avevo fatto un bel regalo. Sospirai di sollievo, per poi far ricadere il silenzio.
Non sapevo cosa dire. Avrei dovuto dire qualcosa?
Prima ancora che le solite migliaia di domande mi assalissero, agii, guidato esclusivamente dall'istinto maschile. Tornai a depositare leggeri baci su collo, risalendo alla mandibola. Le mie mani mi accorsi che si trovavano salde sui suoi fianchi già da un po', a disegnare piccoli cerchi con i pollici. Mary era ormai passiva, si lasciava fare tutto, e lo interpretai come un buon segno, così la voltai verso di me, scoprendola con gli occhi socchiusi. Non potei trattenere un sorriso compiaciuto.
Questo fu spazzato via dall'intensità dello sguardo che mi rivolse poco dopo, il quale mi spinse ad avvicinarmi sempre di più, lasciando sempre meno spazio tra di noi. Vidi le sue palpebre cominciare a socchiudersi, seguite a ruota dalle mie. Ormai non avevo bisogno di vedere, essendo lei a meno di cinque centimetri da me.
Mancava poco. Sentivo il suo respiro caldo sulle labbra. Il mio cuore aveva preso a galoppare senza sosta e mi sentii rassicurato quando capii che non era l'unico. I nostri battiti si armonizzarono. Era tutto silenzioso, troppo, considerando che avevamo una festa caotica intorno, ma non ce ne accorgevamo. O almeno io non sentivo nulla se non i suoi sospiri e i battiti dei nostri cuori.
Un rumore di una porta che di apriva ci fece spalancare di colpo gli occhi. Ci allontanammo istintivamente, rossi in viso, sia per il calore di poco prima, sia per l'imbarazzo.
―Oh, ehi... ragazzi, scusate il disturbo... non pensavo che.. insomma..
Scossi la testa disperato. Poteva mai essere che ero tanto sfigato? La disperazione fu però presto sostituita dalla rabbia e dagli istinti omicidi verso quel ragazzo ―Andre, hai due secondi per uscire. Poi ti uccido.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, infatti si dileguò terrorizzato.
Ma tanto ormai la magia si era spezzata e tra noi c'era solo un silenzio imbarazzante. Maledii quel ragazzo in tutte le lingue che conoscevo, inventandone anche qualcuna.
Mary si schiarì la voce, voltandosi dall'altro lato e facendo per andarsene.
Prima ancora di realizzare cosa stessi facendo, l'afferrai per un polso, bloccandola. Non volevo che se ne andasse.
―Non andare..
―Perché?
―Perché... perché ti voglio qui.
Arrossì e deglutì nervosamente un paio di volte. Non si mosse. Capii che se volevo concludere qualcosa dovevo farlo io. Lei era troppo timida per farlo. Ma mi piaceva anche per quello. Mi obbligava a tirare fuori parti di me di cui nemmeno sapevo l'esistenza.
―Ti voglio qui, ho bisogno che tu non te ne vada, e che tu mi dica che non lo farai mai. Puoi assicurarmelo? Se no ti lascio il polso e potrai andartene. Ma devi decidere adesso.
Non pensavo di poter avere una voce così ferma e decisa in un momento come quello, ma non mi posi troppe domande, sperando di poterla avere ancora per un po'.
La vidi abbassare lo sguardo per un attimo, e mi preparai al peggio. Ma non mi diede nemmeno il tempo di demoralizzarmi e deprimermi, perché parlò.
―Credo... credo di voler restare― il suo sorriso timido contagiò me, e i nostri sorrisi si allargarono piano piano. Mi avvicinai di nuovo, tirandomi Mary contro il petto per il polso. Arrossì per l'ennesima volta, ma non mi dava fastidio, anzi. Mi rendeva più sicuro, tralasciando il fatto che era ancora più adorabile tutta rossa sulle guance.
Feci per baciarla, questa volta più sicuro, ma mi bloccò ―Forse è meglio andare di là..
Non contestai e mi lasciai trascinare mano nella mano fuori al balcone. Non lo sentii nemmeno il venticello freddo dell'autunno. Il calore dei nostri corpi era di gran lunga superiore. L'unica cosa a cui riuscii a pensare mentre finalmente la baciavo era che se quello era un sogno, non volevo essere svegliato. Le sue labbra erano morbide come le avevo immaginate, sapevano di cioccolato, forse perché ne aveva appena mangiato un po'. Le mie mani erano di nuovo sui suoi fianchi, le sue attorno al mio collo, che mi stringevano ciocche di capelli. Tra stomaco, cuore e mente ko, non ero decisamente nelle condizioni di pensare o dire nulla, ma riuscii comunque a riflettere sul fatto che era tutto troppo bello per essere vero. E se fosse stato un sogno? E se mi fossi svegliato realizzando di essere solo un illuso? Fortunatamente, o sfortunatamente, dipende dai punti di vista, le mie domande, come la mia sana slinguazzata, furono interrotte da qualcuno. Conoscevo solo una persona capace di interrompere due persone mentre si scambiavano effusioni. Solo una persona era capace di piombarti addosso con la grazie di un elefante in gonnella e interromperti mentre pomici con la tua ragazza.
―Drea! 









*lalalala*

ssalvee. cdgbhj c:
visto? ce l'ho fatta ad aggiornare e a postare una piccola parte tra i nostri due portatori di diabete prefeirti. vbhcn aww
insomma, sono o non sono carini? c':
certo, forse avrei potuto descrivere meglio il momento e tutto il resto, anzi, spero non ci siano errori. mi scuso se fa cagare, ma l'ho scritto di fretta e alle dieci di sera, e questo è il massimo che n'è uscito fuori.
beh, grazie per leggere e recensie siete grandiose. GRAZIE poi, anche a chi legge e basta. vi amo lo stesso tutte. cegbhj
vi amo, ma l'ho già detto. lol
spero di avervi fatte felici con questo piccolo capitolo su Danny e Mary, e prestoa avremo notizie degli altri due disgraziati. c':
a presto, notte, 
-l.
  
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