Una notte di pazzia
Stavo distesa sul letto,
il cuore che pulsava a mille…
…mi faceva quasi male…
avevo gli occhi lucidi e mi bruciavano, eppure non riuscivo a piangere.
Fuori pioveva.
Guardai il cellulare nella speranza che si animasse e che mi dicesse cosa avrei dovuto fare.
Guardai la porta nella speranza che si aprisse e che entrasse mia madre chiedendomi il perché della mia tristezza,
sinceramente preoccupata e interessata a me.
D’altronde erano le 10 di sera e i miei probabilmente stavano guardando il televisore, troppo presi da qualche film più importante di me.
Presi il cellulare e composi il seguente messaggio:
“Non ce la faccio più…io glielo vado a dire…adesso…”
e lo inviai alla mia migliore amica.
Stetti cinque minuti in attesa di una risposta,
ma già sapevo che non sarebbe mai arrivata.
Con determinazione cacciai indietro i lucciconi dagli occhi,
mi alzai dal letto,
velocemente e a grandi falcate attraversai la casa e afferrando un paio di sacchi dell’immondizia pieni annunciai ai miei che sarei andata a buttarli.
-Ma è tardi…fa freddo…piove!-
Provarono a controbattere.
Non so se fu la mia risposta secca e decisa (-Ho bisogno di prendere una boccata d’aria-) o se furono i miei occhi rossi e ancora lucidi che, per una volta, gli impedirono di fermarmi.
Mi tirai su il cappuccio e uscii sbattendo la porta.
Scesi le scale rapidamente,
attraversai il cortile,
arrivai al secchione e aprendolo lanciai dentro entrambi i sacchi.
Mi infilai le mani in tasca,
mi fermai,
chiusi gli occhi,
inspirai profondamente e alzai il viso verso il cielo,
la pioggia cominciò a battere sul mio volto…
…era fresca…
…gelida…
tutto ciò era…
…romantico e…
…rilassante…
Adesso ero insicura sul da farsi.
Inspirai nuovamente…
…e ancora…
…e ancora…
Riabbassai lo sguardo e aprii gli occhi
Avevo riacquistato la mia decisione e fermezza.
Cominciai a camminare spedita sotto la pioggia.
Camminavo e camminavo
a testa bassa
le mia gambe andavano da sole
conoscevo la strada ma non l’avevo mai percorsa.
Arrivai in breve tempo sotto casa di lui
Citofonai ad un campanello a caso e mi feci aprire da uno dei condomini con una banale scusa.
Entrai e zuppa cominciai a salire le scale lasciando pozze enormi sul pavimento.
Eccolo…
Questo è il suo appartamento…
Sulla porta troneggia il suo nome…
Medito fissando quel nome per qualche secondo, incredula di essere arrivata fin lì.
Affino l’udito e sento della musica provenire da dentro la casa…
Riconosco della musica classica…
qualcuno canta…
forse un tenore…
…non sono mai riuscita a capire la differenza tra le varie voci…
…non riesco a sentire quale opera sia…
La musica si interrompe e riesco a sentire un lontano vociare.
Senza rendermene conto suono il campanello.
Sento la sua voce,
poi dei passi…
La porta si apre.
La musica riparte.
Lui mi apre.
Stavolta è la voce di Battisti a inondare la casa…
…questa la riconosco subito…
Lui mi guarda…
…io lo guardo…
Mi riconosce e rimane a fissarmi sorpreso e incuriosito dalla mia visita.
Incapace di parlare abbasso lo sguardo osservandolo…
…è bellissimo come sempre…
sento il suo profumo persino da qui e per cinque secondi mi isolo dal mondo…
la sua voce mi ributta sulla terra
-Come mai qui?Che succede? Oddio sei fradicia!Vuoi entrare?-
Sorride benevolo…
…come sempre…
E io lo faccio,
glielo dico:
-Io c-credo…-
Balbetto appena
-…Io credo di amarla-
lo dico tutto d’un fiato,
senza alzare lo sguardo.
-Cosa?-
Ribatte stupito sgranando gli occhi
Alzo lo sguardo e lo fisso sul suo
-Ti amo-
gli rispondo.
Rimane a guardarmi incapace di reagire
sembra quasi spaventato.
Si sentono nuovamente dei passi.
Una donna si avvicina e lo abbraccia da dietro.
-Che succede amore?-
Gli chiede.
-Chi è?-
Continua a domandare.
Lui non la guarda.
Continua a fissarmi.
Io lo guardo speranzosa.
Lo sguardo di lui diventa duro,
severo,
inquisitorio,
pesante…
-Scusi…devo andare…-
Mento.
Rimarrei lì in eterno anche con quel suo sguardo,
ma devo andarmene,
ho già fatto abbastanza guai.
Lo lascio sulla soglia della porta.
Gli do le spalle e comincio a scendere le scale.
I miei piedi percorrono gli scalini con un ritmo rapidissimo.
Esco.
Chiudo il portone dietro di me e vi ci appoggio la schiena.
La pioggia ricomincia a bagnarmi
Io appoggio anche la nuca sul freddo portone di vetro e metallo.
Come ho potuto farlo veramente?
Mi porto le mani al volto.
Sento una stretta fortissima al cuore
Gli occhi cominciano di nuovo a bruciare e le lacrime spingono nuovamente da dietro le palpebre,
stavolta gli lascio via libera e cominciano a rigarmi il volto impastandosi con la pioggia.
Perdo le forze
La schiena scivola lentamente sul vetro
Mi ritrovo seduta per terra…
Continuo a piangere…
Ormai è inutile frenarmi…
Come ho potuto farlo?
Mi odio,
La odio,
Lo odio…
…lo amo.
***
Salve a tutti! Ritorno a pubblicare per la prima volta una ff inventata di sana pianta...Spero vi piaccia...
Aspetto commenti!^^
Grazie
Moony91