Angolino
di Nana
Nota
(dolente) iniziale.
Buonsalve^^
Oggi sono sopra,
e questo è un brutto segno. Ebbene, dopo averci riflettuto
parecchio, ho deciso di non continuare questa fic. Negli ultimi mesi
ho sempre attribuito i miei ritardi alla mancanza di tempo (fattore
che ha comunque inciso notevolmente) ma, facendo una profonda
analisi di coscienza, mi sono resa conto che il problema principale è
che ormai mi manca sia l'entusiasmo che la pazienza per portarla
avanti. Mi sento svuotata di tutto ciò che mi faceva vivere quest'hobby con gioia ed impegno. Detto in poche parole: sono una fanwriter
arrivata alla frutta xD Ma ho speso davvero molto tempo ed energie in questa storia; pregi e difetti (i tanti difetti!) è la mia "creatura", e nessuno voleva vederne la fine più di me. Perciò
quest'ammissione, anche se può sembrare un avviso a cuor
leggero, per me non è nulla di facile. Inoltre, provo uno schiacciante
senso di mortificazione verso tutte le persone che sono arrivate fin
qui. Per me ha rappresentato una splendida esperienza, che mi ha
fatto conoscere persone meravigliose, mi ha fatto vivere attimi di
spensieratezza e mi ha insegnato davvero tanto. Ma mi rendo conto che
per un lettore una storia incompiuta non è altro che una perdita di tempo, e
di questo sono dispiaciuta in un modo che davvero non riesco ad
esprimere. Quindi spero con tutto il cuore che riusciate a perdonarmi. Perché sono davvero grata a tutte le persone che
hanno condiviso quest'esperienza con me: da quelle che che hanno
semplicemente letto a quelle che hanno addirittura trovato il tempo e
la voglia di lasciarmi un parere. Vi devo molto e vi ringrazio con
tutto il mio cuore. Questo sito è pieno di autrici davvero
brave, il cui talento tende a demoralizzare chi è ben
consapevole di avere delle lacune e dei limiti, e vi posso assicurare
che io non avrei mai avuto il coraggio di proseguire, se non avessi
trovato un minimo di sostegno. Mi sarei vergognata dopo pochi capitoli, e probabilmente non
avrei aperto word per tutto il resto della mia vita xD Quindi GRAZIE
a tutte quelle persone che mi hanno dato il coraggio di continuare.
GRAZIE per tutto quello che mi avete
permesso di imparare :)
In ogni modo, sperando di non essere
colpita da una raffica di oggetti acuminati (lo so, ne avete tutto il
diritto, ma io ho ancora delle cose da dire!) voglio spiegare come
mai qui sotto c'è un capitolo. Beh, prima di tutto trovavo
davvero triste lasciarvi solo con un avviso. Secondo, in realtà
questo è il penultimo capitolo che pubblico, perché,
nonostante le serie difficoltà che ultimamente ho con la
scrittura, ho deciso di fare un ultimo sforzo e portare la fic alla
fine del 28 dicembre, che non solo segna un traguardo importante per
la sottoscritta, ma svela almeno il 70% dei “misteri” di
questa storia. È una cosa che faccio per me stessa e per
quelle poche lettrici che vorranno leggere, nonostante il mio avviso.
Ma trovavo giusto avvertire da adesso, per permettervi di scegliere
se leggere o meno questo capitolo alla luce di questa news.
So che
sembra un'assurdità arrendersi al 90% della fic, ma,
credetemi, se lo faccio, è perché davvero sento di non
riuscire ad andare oltre.
Ringrazio, saluto e chiedo scusa con
tutto il cuore a chi si ferma qui.
Gli altri mi troveranno giù
:)
A
te, che mi sei entrata nel cuore con immediatezza.
A te, che mi
hai dato il tuo supporto,
anche quando lo rifuggivo.
A te, che
sei la dolcezza fatta Gattina
:*
♥
♥ ♥ ♥ ♥ ♥
E
a te, che sei la mia Fata Madrina...
Niente! ù.ù
Perdona l'Eros privo di peli e di
sguardi “tu sai cosa”ù.ù
Ps: Se qualcuno
mi accuserà di aver calcato la mano
la colpa sarà
esclusivamente tua, sallo!xD
Ma
ovviamente tanto amore anche per te! :*
♥
♥ ♥ ♥ ♥ ♥
***
28 Dicembre ***
Parte 3^
Armata di tutte
le energie che possedeva, Summer cercava di sfregare le caviglie,
nella speranza di allentare il nodo fatto da Damon, ma quella cintura
di cuoio si stava rivelando un nemico più ostile del previsto.
Il piede del letto a cui era
stata legata, con la sua forma quadrata e il notevole spessore, costringeva il suo collo ad un'inclinazione laterale,
che lo irrigidiva e lo indolenziva di minuto in minuto.
I polsi se
la cavavano altrettanto male: ricoperti da numerose striature rosse –
una per ogni tentativo di forzare le manette – , insieme alle
mani avevano ormai perso la loro sensibilità; e stessa sorte
si sarebbe estesa presto anche alle braccia, che già
formicolavano fastidiosamente, in segno di una circolazione sanguigna
troppo arrendevole.
Ma quei continui tentativi di liberazione –
animati da rabbia e insofferenza – avevano di positivo che le
impedivano di concentrarsi sul peggio – su Damon e la sua
gloriosa quanto stupida idea di affrontare Klaus da solo –, e
quindi di lasciarsi annientare dalla disperazione. Ed era quasi
riuscita ad allentare quello strettissimo nodo, quando finalmente
sentì il rumore della porta d'ingresso e la voce di Lily, che
la chiamava facendo in modo che la sua voce risuonasse in tutta la
casa. Summer rilassò quel corpo divenuto un ammasso di
tensione nervosa e urlando: «Lily! Lily, sono di sopra!»,
sentì che finalmente gli eventi ricominciavano a girare in suo
favore.
La strega salì velocemente i gradini della rampa di
scale e poco dopo entrò nella stanza, esclamando il suo nome e
inginocchiandosi rapidamente accanto a lei.
«Non riuscivo a
trovarti da nessuna parte ed ero sempre più spaventata. Cos'è
successo? Chi è stato a legarti?», chiese, iniziando a
slegarle le caviglie.
«Damon...», rispose Summer, con
voce seccata da un vago senso d'imbarazzo, mentre Lily, con l'aiuto
della magia, le liberava anche i polsi. «Mi ha ammanettata per
andare a cercare Klaus da solo...», aggiunse, cercando di dare
una parvenza di normalità a quella strana situazione.
«Però!»,
la strega rilassò i glutei sui polpacci, posò entrambe
le mani sulle ginocchia e poi osservò attentamente l'amica.
«C'è da ammettere che siete spiriti affini!»
E
Summer, sostenendosi sui gomiti, le scoccò un'occhiataccia,
che subito si tramutò in un mezzo sorriso divertito: non
poteva obbiettare le sue parole e, soprattutto, era felice che lei
stesse bene. Durante il suo scontro con Klaus aveva seriamente temuto
di non rivederla mai più, e adesso si sentiva semplicemente
felice di dover rifare i conti con la sincerità fin troppo
spontanea che caratterizzava la sua insostituibile amica.
«Cos'è
successo?», continuò la strega, con la solita
apprensione, amplificata dalla vista dei suoi abiti sporchi di
sangue.
«Te lo spiego dopo», Summer si alzò,
massaggiò brevemente il polso più arrossato e si avviò
verso la porta, «adesso devi dirmi dov'è Klaus...»
Lily
si alzò a sua volta e, guardandola con costernazione, le
disse: «Vorrei, ma mi è impossibile. L'incantesimo che
ho legato alla mappa è fuori uso.»
«Come “fuori
uso”?», quelle parole per Summer suonarono prive di
senso. Da quando gli incantesimi potevano guastarsi? Era diretta
verso il salotto, ma quella notizia la fece voltare velocemente in
direzione della sua stanza, con Lily che la seguiva e le parlava
ansiosamente: «Non so cosa sia successo, ma...» Ma non
ricevendo nessuna attenzione, la strega si sentì costretta ad
usare un tono più deciso e autoritario: «Summer, devi
spiegarmi ogni cosa. Altrimenti posso fare ben poco. Sono stata qui
circa venti minuti fa e non c'eri... Ti ho cercata ovunque. Dov'eri?
Cos'è successo?»
Summer, preda dell'ansia e della
voglia di agire alla svelta, frugava febbrilmente nei cassetti in
cerca di qualcosa, ma questo non le impedì di risponderle:
«Beh, l'ultima cosa che ricordo è che ero in fin di
vita, credendo che Damon fosse morto.» Ora aveva aperto le ante
dell'armadio, in cerca di una scatola riposta sul fondo. «Poi
mi sono svegliata qui, col suo polso premuto sulle labbra...»,
portò la scatola di cartone sul letto, per aprirla ed
ispezionarne il contenuto con un nervosismo crescente.
Lily la
guardava con aria confusa. Pur sforzandosi, non riusciva a seguire il
suo discorso.
«Eri in fin di vita?! Aspetta, come “il
suo polso”?», esclamò, in una sorta
d'interrogatorio apprensivo. «Summer, non è possibile!
Il sangue dei vampiri non può guarirti!» Ne era
ovviamente felice, ma quel racconto era privo di fondamento. E a
differenza della cacciatrice, che affrontava le situazioni avverse
passando subito all'azione e quelle a suo favore senza rimuginarci
mai più di tanto, Lily era una donna che doveva sempre
riflettere su tutto: non ammetteva la mancanza di coerenza e le cose
illogiche, neanche quando giocavano a suo vantaggio. Cercava sempre
il significato e la spiegazione razionale di tutto; e quando si
trovava di fronte ad un evento poco chiaro, le sembrava che il mondo
smettesse di girare e che solo la soluzione dell'enigma potesse farlo
ripartire.
Summer arrestò quella ricerca frenetica e si
avvicinò alla compagna.
«No, dei comuni vampiri no,
ma penso che tu abbia ragione. Poco prima Damon aveva bevuto il
sangue di Klaus, per curare il morso di un licantropo. Sono sicura di
averglielo detto che il sangue dei vampiri non può guarire le
cacciatrici, ma a quanto pare deve averlo dimenticato, ed è
stata una fortuna: se mi avesse portata all'ospedale sarebbe stato
inutile... Se non mi avesse dato il suo sangue probabilmente sarei
morta...»
A quelle parole il colorito già pallido
della strega sbiancò ulteriormente, e la guardò
spalancando gli occhi e farfugliando un appena udibile:
«Summer...»
«Che succede?» La cacciatrice
osservò quel mutamento repentino con curiosità: a
livello somatico i turbamenti di Lily erano sempre riconoscibili, a
chi come lei la conosceva da tempo. Ed infatti, poco dopo, con lo
sguardo colpevole e terrorizzato dal pensiero di aver messo a
repentaglio la vita dell'amica, la strega confessò ciò
che le stava inumidendo gli occhi: «Forse non l'aveva
dimenticato...» Il cuore iniziò a pulsarle frenetico.
«Prima ho trovato una boccettina sul comodino e quando ho
capito che si trattava del sangue di Klaus...», la voce venne
corrotta da un'ansia crescente, «ho deciso di portarla con
me...e...», e la osservò con un'agitazione che la faceva
addirittura tremare, «Summer, io... non potevo saperlo!»
«Beh,
in effetti questo spiegherebbe il comodino ribaltato... Forse Damon
ha pensato che sia stato lui a nasconderlo!», osservò la
cacciatrice, ricordando particolari che le apparivano poco chiari e
cercando di sdrammatizzare; ma quando capì che Lily aveva
bisogno di un conforto serio, glielo diede con tutta la dolcezza che
meritava; così posò le mani sulle sue spalle e disse:
«Ehi, Lily. Va tutto bene. Come puoi ben vedere sono viva e
vegeta! E avevi ragione... il sangue di Klaus ha avuto effetto anche
su di me... Non è il caso di agitarsi...»
La strega
le annuì, sentendosi più calma e Summer le sorrise,
riprendendo a guardarsi intorno. «Ero convinta di avere una di
quelle dannate bussole di Kendra. E invece sono sempre ovunque solo
quando non servono!», esclamò con avvilimento,
rivelandole cosa stava cercando con tanta urgenza.
«Ne ho
una io ma, se mi dici che Damon è qui, è chiaro che non
funzioni. Segnala solo la presenza di una vampira bionda...»
Sebbene
Summer non avesse idea di chi potesse essere, l'informazione non la
sorprese più di tanto: aveva sempre sospettato che a Mystic
Falls vi fossero molti più esseri sovrannaturali di quanti ne
conoscesse. Ma adesso le sue preoccupazioni erano ben
altre!
«Perfetto!», fece con ironia, uscendo dalla
stanza. «Fammi capire bene: il coma ha mandato in tilt tutti i
tuoi incantesimi?! Non era mai successo niente di simile!»
«Lo
so, ma dubito che abbia a che fare con me.» Lily la seguì
nuovamente, capendo che adesso era diretta in soggiorno. Ed infatti,
pochi secondi dopo, si trovarono di fronte al tavolinetto su cui la
strega, la sera prima, aveva posato la mappa localizzatrice.
«Bene.
Allora... ti prego, fanne funzionare almeno uno.» Summer indicò
quella cartina, con gli occhi che le si inumidivano fino a brillare,
«Damon non è abbastanza forte per affrontare Klaus da
solo...»
E Lily la guardò intenerita. L'amore che
provava per Damon traspariva dal suo volto con una luce che la strega
non le aveva mai visto prima. Le sembrava quasi... diversa dalla
ragazza che conosceva come le sue tasche.
«Avevo creato
questa mappa sfruttando il rancore di Esmaél», afferrò
la cartina per osservarla meglio. «L'incantesimo poteva
esaurirsi solo con la morte di Klaus... Non ho idea di cosa possa
aver interferito», concluse con voce dispiaciuta.
«Io
ce l'ho...», Summer ripensò alla sua lotta con l'ibrido
e capì di non poter continuare a tenere Lily all'oscuro di
tutto. «Hai ragione, se non ti racconto cos'è successo
puoi fare ben poco. Klaus è morto, ma a quanto pare non del
tutto... beh non che prima fosse vivo...» Ma l'ibrido era
rognoso anche come racconto.
«Che vuoi dire?»
Summer
prese un attimo di pausa per decidere da dove far partire il suo
discorso e poi iniziò a raccontare: «Dopo che sei
svenuta, Klaus è scappato, ma poi si è presentato in
ospedale, e per cercare di allontanarlo gli ho proposto di sfidarci
nel luogo in cui ha spezzato la maledizione. Così ci siamo
affrontati e – non so come – sono riuscita a piantargli
il pugnale nel cuore. Ma dopo un paio di minuti... si è...
semplicemente ripreso, e mi ha detto che avevo ucciso solo la sua
parte mannara; che per ucciderlo del tutto avrei dovuto dargli un
secondo colpo, col pugnale foderato della guaina...»
Lily
aveva ascoltato il suo racconto con gli occhi che le si erano
spalancati sempre di più ad ogni parola, e alla fine aveva
esclamato: «La guaina è di legno... come ho fatto a non
pensarci!», con un tono sorpreso, colpevole, ma anche
stranamente euforico.
«Ma c'è dell'altro...»,
disse Summer, consapevole di non averle ancora esposto la questione
più spinosa: «Ero più morta che viva, non
riuscivo a muovermi, Klaus stava per pugnalarmi, ma Damon si è
messo tra di noi e si è preso il colpo al cuore con la guaina
al posto mio...»
«Cosa?! Con la guaina? Ma è di
legno e mi hai appena de...»
«Già... non so
come sia stato possibile, ma Damon è vivo.» Summer sentì
un nodo alla gola, che però sciolse rapidamente, per
aggiungere: «Il resto è confuso... Klaus deve averci
dato per spacciati entrambi, pensando a rifugiarsi chissà
dove. E per quanto riguarda Damon... qualcosa deve averlo protetto,
perché si è svegliato come se fosse soltanto svenuto,
mi ha portata qui ed è riuscito a salvarmi.» Si avvicinò
all'amica, guardandola con aria implorante, «E adesso io devo
salvare lui... Ti prego, Lily. Falla funzionare.»
«Vorrei,
Summer. Davvero. Ma la goccia di cera è sparita ed ora capisco
anche il perché...»
«Beh, ma Klaus ora è
di nuovo in piedi», rimarcò la cacciatrice, con una
speranza che le illuminava gli occhi, «non puoi farlo
daccapo?»
«Purtroppo no. Quello che ho utilizzato era
l'ultimo frammento d'osso di Esmaél...» Lily odiava
sentirsi impotente, e in quel momento le pesava ancora di più.
Sopraffatta da tutte quelle informazioni, che a lei – bisognosa
com'era di trovare un nesso a tutto – risultavano criptiche e
senza un'apparente logica, non riusciva a concentrarsi su un problema
alla volta: probabilmente perché tutto le sembrava disgiunto e
collegato al tempo stesso; e questo vortice di pensieri senza via
d'uscita la faceva impazzire, allontanandola sempre di più da
quelle soluzioni semplici che giacevano ad un palmo dal suo
naso.
«Bene.» Summer annuì, guardandosi
intorno, in uno stato di riflessione che la portò all'unica
soluzione possibile: «Vuol dire che dovrò perlustrare
Mystic Falls da cima a fondo.»
«Risparmiati la
fatica», ma la voce di Damon suonò contestuale al rumore
della porta che si apriva. «L'ho già fatto
io...»
«Damon...», sussurrò Summer,
mentre il macigno che le schiacciava il petto si polverizzava ad ogni
passo che lui avanzava verso di lei.
«Klaus è
riuscito a scappare», le disse Damon, scrutandola con una
strana intensità e visibilmente infastidito dalla realtà
dei fatti: aveva ispezionato la zona più volte, ma di Klaus
neanche l'ombra; poi il vampiro si girò verso Lily e, col
solito tono teatrale e corrosivo, aggiunse: «Allora, potente
strega della Triade, quale magia ci proponi per ritrovarlo?»
Damon
aveva ascoltato l'ultima parte della loro conversazione e tutto gli
era risultato abbastanza chiaro: la mappa non funzionava perché
la temporanea morte di Klaus l'aveva mandata in tilt e Summer era la
solita cocciuta, che non sarebbe riuscito a tenere a bada neanche se
rinchiusa in una gabbia controllata da leoni... ma era stata in pena
per lui nello stesso modo in cui lui lo era stato per lei...
Lily
scorse nello sguardo del vampiro la stessa fiamma che ardeva negli
occhi di Summer. Entrambi erano mossi da emozioni violente, che
oscillavano dall'amore alla vendetta; entrambi avrebbero messo a
soqquadro il mondo intero pur di vendicare ciò che era stato
fatto all'altro; entrambi sentivano l'urgenza di esorcizzare il
dolore subito e assicurarsi di non provarlo mai più. E si
rendeva conto di quanto fossero simili loro e di quanto fosse
abissale la differenza tra loro e lei. Lily sentiva un disperato
bisogno di studiare la situazione con la calma che richiedeva,
perciò, col solito candore che caratterizzava la sua voce, gli
disse: «Potresti darmi la tua mano?»
Ma Damon, che
custodiva il segreto di quel cuore che batteva con la stessa
intensità con cui esso lo tormentava, era più
suscettibile e diffidente che mai, così articolò un:
«Perché?», che l'avrebbe incenerita, se solo la
strega non fosse stata un tipo altamente imperturbabile.
«Beh...»,
fece lei con innocenza, «vorrei iniziare col capire cosa ti ha
protetto dal colpo del pugnale... Puoi aiutarmi?» E gli offrì
la mano, aspettandosi che lui vi posasse la sua: se avesse avuto una
delle sue solite visioni, forse sarebbe riuscita a capirci qualcosa,
o almeno avrebbe avuto altri elementi su cui riflettere.
«No.»
Ma il vampiro rifiutò senza pensarci due volte; poi, con falsa
cordialità, inclinò leggermente il capo, per
enfatizzare anche le successive parole sprezzanti: «Perché
non mi sembra la questione più urgente al momento.»
Proprio come immaginava, la strega l'aveva colpito nel suo terrore
più grande. Damon preferiva rimanere all'oscuro di tutto, pur
di non diffondere quella notizia, che gli avrebbe dato parvenze umane
strette e inopportune.
E mentre Lily lo guardava con sospetto,
aggiungendo il suo comportamento alla lista dei dati su cui
rimuginare, Summer si affrettò a dire: «Andiamo, che ti
costa...», non riuscendosi a spiegare lo strano astio che il
vampiro sembrava provare per la strega.
«Tempo che non
abbiamo! Dovrebbe pensare ad escogitare un modo per ritrovare Klaus,
invece di perdere tempo su cose che possono aspettare!» E il
forte disagio di Damon, che si manifestava nel tono combattivo e
aspro, si abbatté anche su di lei: «Devo per caso
ricordarti che il pugnale è finito nelle sue mani!?»
Ma
il vampiro venne gelato dalle sue stesse parole, che lo riportarono al momento in cui aveva consolato
Summer proprio per la severità con cui si era colpevolizzata per l'accaduto.
Quell'ultima frase era risuonata come un rimprovero, aveva sgretolato tutto ciò che aveva fatto per farla sentire meglio; e lo sguardo
adombrato della cacciatrice lo punì passivamente, facendo nascere in lui
un senso di colpa schiacciante nella stessa misura in cui lo sentiva
meritato.
«No...», fece lei, con lo sguardo
leggermente basso per non incrociare i suoi occhi, «non c'è
bisogno che me lo ricordi...»
E a quelle parole il petto del
vampiro si strinse dolorosamente. E fu investito da una voglia
viscerale di abbracciarla fino a cancellare quel senso di tristezza
che l'aveva sopraffatta e di scusarsi tacitamente, per poi dirle che
tutto sarebbe andato per il meglio; ma questi dolci propositi vennero
ostacolati sia dalla rigida circostanza che dalla presenza della
strega.
«Sai...», Lily si voltò verso Summer,
«Damon ha ragione. Devo riflettere e trovare un'altra
soluzione...», e poi si avviò con nonchalance in
direzione della porta.
«Dove stai andando?», fece la
cacciatrice, mentre Damon la guardava con occhi che le facevano la
stessa domanda, ma condita da un'imprecazione.
«All'ospedale.
Ho delle dimissioni da firmare e un'auto da restituire.»
E
sia la cacciatrice che il vampiro non poterono credere alle loro
orecchie, lasciandosi pervadere dal medesimo pensiero: era davvero il
caso di pensare a cose del genere in un momento simile?
Ma Lily
non sembrava curarsi dei loro sguardi allibiti, mentre afferrava la
maniglia e diceva: «Nel frattempo dovreste dire ad Elena di
ritornare qui...»
E solo la conoscenza decennale che le
univa permise a Summer di annientare l'ennesima ondata di stupore e
dire: «È in un luogo sicuro, perché dovremmo
farla ritornare?»
«Perché Klaus si è
allontanato da Mystic Falls e adesso potrebbe essere ovunque. Se vi
crede morti entrambi ed ha il pugnale, Elena è l'unica ragione
per cui potrebbe ritornare. Ed ora che la notte di luna piena è
passata, non ha più senso che stia lontana da casa sua. Certo,
qui farà da esca, ma sarà molto più al sicuro a
Mystic Falls, sotto la nostra protezione, che altrove.» E con
quella parlantina pacata e sicura, che alla fine riusciva ad imporsi
anche su caratteri esuberanti e bellicosi, come quelli degli altri
due, Lily si palesava per la despota di zucchero che in realtà
era. «Ci vediamo dopo!», aggiunse infine, chiudendosi la
porta d'ingresso alle spalle.
«Lily!», e Summer rimase
con quell'esclamazione a mezz'aria, mentre Damon, per tutto il tempo,
si era semplicemente limitato a guardarla allibito; poi la
cacciatrice si voltò verso di lui e, con uno sguardo
nuovamente livido, disse: «Ci pensi tu?»
In fondo,
Elena rientrava nella giurisdizione del vampiro, pensò,
mentre la gelosia – anche solo per una banale telefonata –
le rodeva il fegato. Ma adesso il suo cattivo umore era peggiorato
anche dal ricordo di tutto ciò che le aveva fatto. L'aveva
legata e fatta dannare, come solo Damon Salvatore sapeva fare.
«Sei
arrabbiata?», fece lui, con la tranquillità beffarda di
chi è consapevole di doversi aspettare una ramanzina, ma non
ne è per nulla intimorito.
Summer, che si stava avvicinando
alla rampa di scale, si girò per guardarlo negli occhi. «Hai
idea di quello che mi hai fatto passare?!», rispose con voce
bassa ma soffocata di rabbia.
«Sì, Summer. Credo di
averne un'idea molto precisa...», e il sorrisetto bonario del
vampiro insieme ai suoi occhi sereni furono un chiaro riferimento a
quei comportamenti eticamente discutibili, che però li
rendevano simili e quindi reciprocamente inattaccabili.
E con il
movimento delle sue iridi castane, Summer disegnò un
immaginario arco di colpevolezza. Lei gli aveva spezzato l'osso del
collo: erano pari; il messaggio le era arrivato chiaro, forte e
stranamente ammantato di dolcezza.
Gli fece un mezzo e dolce
sorriso di complicità e poi si mosse per salire le scale.
Ma
Damon osservò i suoi movimenti, per poi pronunciare un: «Dove
vai?», che la immobilizzò, lasciandola sospesa al quarto
gradino. E Summer si voltò nuovamente verso di lui, che se ne
stava immobile alla fine della rampa, per dirgli: «Approfitto
del momento introspettivo di Lily per fare una doccia...»
«La
tua amica è strana.»
Summer gli sorrise dolcemente.
«È solo meno impulsiva e più riflessiva di
noi...»
Ma il vampiro ricambiò la sua dolcezza con la
malizia: «Già... noi siamo teste calde...» E in un
attimo le afferrò il polso, facendola cadere su di sé,
labbra contro labbra, per poi stringerla rapidamente in un forte
abbraccio, che subito le ridiede l'equilibrio.
E si baciarono e si
sorrisero come se la minacciosa situazione che incombeva su di loro
avesse perso improvvisamente tutto il suo schiacciante peso.
«Non
doveva liberarti...», si lamentò il vampiro, dopo un
mugolio lussurioso e riferendosi alla strega. Lily stava attentando
al suo segreto e, soprattutto, aveva guastato il suo giochino
bondage: meritava tutta l'antipatia di cui era capace.
E sul volto
di Summer comparve quel sorriso libero e radioso, che solo lui sapeva
far nascere con tanta spensieratezza. «Sul serio? Avresti
approfittato della situazione nel bel mezzo dell'apocalisse?»
Il
vampiro aggrottò le sopracciglia con aria pensosa: «Davvero
lo metti in dubbio?»
E dopo la breve risata di Summer –
che con i suoi occhi lucidi gli confessava quanto lo trovasse un caso
patologico e quanto lo amasse così com'era – si
baciarono nuovamente e col solito trasporto; ma poi lo sguardo le
si spense di colpo, e con triste delicatezza mise fine a quel
contatto. «Pensa ad avvisare Elena...», lo redarguì
in un sussurro dolce e bonario, girandosi e salendo di nuovo le
scale. Ma per ricatturare il suo sguardo il vampiro afferrò la
sua mano, per poi lasciarla andare con estrema lentezza: il tempo di
scrutare il suo volto con attenzione e chiedersi quale preoccupazione
l'avesse fatto oscurare in quel modo. E quando Summer non fu più
nel suo campo visivo, Damon prese il telefono dalla tasca posteriore
del pantalone, si diresse verso il salotto e chiamò Stefan,
che rispose quando lo scotch che stava versando nel suo bicchiere
preferito raggiunse la quantità desiderata.
«Damon.
Cos'è successo?», gli chiese.
Ma il maggiore ignorò
quella domanda, concentrandosi su tutt'altro: «Allora,
fratellino, come sta andando l'opera di riappacificazione tra anime
gemelle? Dilaniante, lunga e strappalacrime come nelle telenovela,
oppure siete già nudi?»
«Cos'è successo,
Damon?», scandì l'altro, ma rassicurato almeno in parte
dal tono frivolo del fratello.
«Domanda semplice, risposta
complicata. Le cose si sono rivelate più contorte del
previsto, ma per farla breve: la cacciatrice è riuscita a
pugnalare Klaus, ma per funzionare a dovere il pugnale richiedeva un
secondo colpo con la guaina di legno: colpo che non ha ricevuto e
che, tra parentesi, ho provato sulla mia pelle, scoprendo quanto sia
spiacevole...», e il vampiro parlava in funzione di quei dolori
incessanti, che non smettevano di tormentare il suo corpo: in quel
momento la sua vista aveva subito l'ennesimo calo, portando con sé
tutte le sue forze. E respirando a fatica, il vampiro si appoggiò
alla parete e avvicinò il bicchiere alle labbra, con uno
sforzo che gli fece tremare il braccio.
«Come “l'hai
provato sulla tua pelle?”», domandò Stafan, con
una lieve punta di agitazione nella voce.
«Nel senso più
letterale che puoi immaginare. Ma è una lunga storia, dovrai
aspettare il film.»*
Vi fu un momento di silenzio e poi una
semplice domanda: «Stai bene?»
Il vampiro fece un
mezzo sorriso, guardando attentamente nel suo bicchiere, con quegli
occhi che adesso avevano ripreso a funzionare correttamente. «Vivo
e vegeto a quanto puoi sentire... oserei dire fin troppo!» E
adesso il riferimento era rivolto a quel cuore che continuava a
martellare nel suo petto, scatenando tutta la rabbia passiva che era
in grado di provare.
«Che vuoi dire?»
«Lascia
perdere.» Ma Damon celò il suo segreto anche a lui.
Nessuno... non doveva saperlo nessuno!
«Come vuoi.
Cosa facciamo adesso? Chi ha il pugnale?»
«Ottime
domande. Il pugnale è caduto nelle mani di Klaus e, adesso, tu
impacchetti la tua dolce Elena e la riporti qui. Abbiamo bisogno di
un'esca», fece il vampiro con fin troppa semplicità.
«Voglio sperare che tu stia scherzando, Damon. Cosa ti fa
pensare che la riporterò lì?», e il tono di
Stefan rivelò tutta la sua contrarietà, ma Damon, con
una serietà caustica, rispose: «Ascoltami bene. Klaus si
è già sbarazzato di questo pugnale in passato, e se
vogliamo avere una chance di ucciderlo nel secolo che interesserà
la vita della tua umana fidanzata, tutto quello che possiamo fare è
cercare di agire alla svelta. Altrimenti preparati a trasformarla in
un vampiro e a chiedere a Katherine consigli sulla latitanza!»
Ma quando fu investito dal silenzio che esprimeva tutta l'angoscia
del fratello, Damon si sforzò di addolcire il suo tono:
«Ascolta... ci saremo noi due, una cacciatrice e una strega a
proteggerla», bevve un altro sorso di scotch, che subito gli
ricordò un'altra persona. «E un umano sul baratro
dell'alcolismo, se consideriamo anche Rick», aggiunse, con un
mezzo sorriso. «Non le succederà niente...», e poi
si avvalse di quei forti sentimenti che Stefan – non conoscendo
gli ultimi risvolti – credeva ancora vivi in lui e disse: «Sai
bene che non metterei mai la sua vita in pericolo...»
E
quella profonda amicizia, a cui lui aveva dato una parvenza d'amore
per convincere il fratello, sortì l'effetto sperato,
portando quest'ultimo a chiedere: «Cosa dobbiamo fare?», con una
sorta di rassegnata convinzione nella voce.
«Tornate a
Mystic Falls, ma non qui. Porta Elena direttamente a casa sua –
a differenza di questa casa, lì Klaus non può entrare –
e poi... resta semplicemente con lei e assicurati che non voglia fare
la martire. Nel frattempo noi penseremo ad un piano.»
«Bene»,
fu la semplice risposta di Stefan; ma poi, prima che il maggiore
ponesse fine alla chiamata, si affrettò ad aggiungere: «E
Damon... spero che la pugnalata sia stata dolorosa come dici, ma...
mi fa piacere che non ti abbia fatto fuori...»
Damon schiuse
le labbra per dire qualcosa, ma alla fine non riuscì a
formulare nulla. E dopo attimi di silenzio stranamente intensi e
surreali, la telefonata si interruppe per volere del fratello
minore.
Il vampiro posò il bicchiere ormai vuoto sul
tavolinetto e ripensò a quella conversazione. Non poteva
credere di aver appoggiato la tesi della strega, ma, più di
ogni altra cosa, la sua attenzione si focalizzò su un piccolo
dettaglio: sull'aver detto a Stefan di trasformare Elena in un
vampiro; e subito capì che quel pensiero era stato messo in
evidenza da un evento che non poteva ignorare: come lui, Summer aveva
il sangue di Klaus in circolo nel proprio corpo...
*** ***
Summer provò
un impagabile senso di libertà, quando poté finalmente
sbarazzarsi di quegli abiti consunti e gettarsi nel vano
doccia.
L'acqua calda purificò i suoi capelli da ogni
traccia di terriccio e la sua pelle da ogni scia di sangue. Ma
soltanto parecchi minuti dopo, i suoi muscoli cominciarono a
rilassarsi, liberando il suo corpo da tutta la tensione accumulata. E
tra le gocce d'acqua si persero anche due lacrime, scivolate vie
insieme al sovraccarico di stress. Ma la rabbia... quella non
l'avrebbe mai abbandonata. I pugni di Summer si sarebbero sempre
stretti al bruciante ricordo di Klaus e degli avvenimenti di quegli
ultimi mesi. L'ibrido aveva ucciso Kendra, ed era stato ad un passo
dal portarle via anche Damon. Adesso non era più una battaglia
tra forze notoriamente contrapposte. Adesso era una questione
strettamente personale. E Summer giurò a se stessa che si
sarebbe vendicata; e dopo avergli inflitto atroci sofferenze, quel
giorno Klaus avrebbe finalmente cessato di esistere...
*** ***
Con le mani sul volante di una macchina dal motore spento, Lily rifletteva sull'onda di informazioni che l'aveva travolta. Sentì di aver fatto la cosa più giusta ad abbandonare quella casa. Doveva analizzare il tutto con la dovuta calma, e le sarebbe stato semplicemente impossibile farlo sotto l'aura di impazienza, che aleggiava intorno alle teste degli altri due. Afferrò la borsa, sistemata sul sedile del passeggero, e ne estrasse la bussola. Come immaginava, l'ago era rivolto ad Est, in direzione del Mystic Grill. Se l'aggeggio avesse funzionato a dovere, avrebbe dovuto puntare di fronte a lei e segnalare la presenza di Damon. Perché non lo faceva? La bussola era mossa da un incantesimo, un incantesimo che non poteva spezzarsi a metà. Doveva funzionare perfettamente o non funzionare del tutto, pensò, sentendosi ancora più confusa. E visto lo strano comportamento del vampiro, Lily iniziò ad avere seri sospetti su di lui. Era chiaro che nascondesse loro qualcosa. Ma cosa? E, soprattutto, perché? Mise in moto l'auto ed uscì dal vialetto, diretta realmente all'ospedale.
*****
*****
Quando Summer
uscì dal bagno, i capelli un po' arruffati e vestita della
sola vestaglia a kimono verde acqua, trovò Damon seduto sul
suo letto, con i gomiti poggiati sulle cosce e le dita che
s'intrecciavano e si sfregavano in movimenti lenti, che gli
conferivano un aspetto fin troppo pensoso.
Come per dargli atto di
avere piena coscienza della sua presenza, Summer posò un lungo
sguardo su di lui, che venne ricambiato con altrettanta intensità.
Poi si avvicinò alla cassettiera in cui teneva riposta la
biancheria, afferrò un tanga color lavanda e lo indossò
con un gesto che trasmetteva sia la tranquilla intimità delle
coppie consolidate che l'inevitabile punta di malizia tipicamente
femminile; e quegli attimi ingannevoli – fatti di dita leggere
e innocenti che sfioravano e delineavano quelle gambe nude quasi fino
all'inguine – furono catturati dalla mente attenta di Damon,
che con abilità riuscì a goderseli dietro sguardi privi
di ogni interesse: la sua passione, ora repressa da pensieri
prioritari, avrebbe riacquisito il controllo solo al momento opportuno, ma le avrebbe fatto pagare quella dispettosa provocazione con tanto di
salati interessi.
«Sei stata tu a prendere il sangue di
Klaus?», le chiese quindi con voce calma, continuando a
fissarla con una serietà che non gli apparteneva. «Intendo...
dopo che mi hai “delicatamente” spezzato il
collo...»
Summer fu scossa da uno strano fremito di disagio
ed emozione, e mentre si chiedeva cosa fosse stato a provocarlo –
se la sua aria quasi severa o la sua voce più limpida e
sensuale del solito –, eluse il suo sguardo, portando la
propria attenzione su una ciocca di capelli; e la serrò
facendola scorrere tra l'indice e il medio, per poi ispezionarne la
punta con meticolosa e inutile accuratezza.
«È stata
Lily. Mi stava cercando e ha pensato di portarlo con sé in
vista del peggio.» E una volta chiuse le labbra, cercò
di combattere il potere che esercitava su di lei, guardandolo
nuovamente.
«Beh, ti assicuro che il peggio è stata
proprio la parte in cui non l'ho trovato.»
Ma il bagliore
azzurro dei suoi occhi e quella risposta repentina le annientarono il
respiro, facendole capire che Damon, fin quando non le avesse parlato
espressamente, mettendo in chiaro i propri sentimenti, l'avrebbe
fatta sentire sempre in quel modo: col cuore pronto a cessare di
battere da un momento all'altro.
«In verità...
pensavo che mi avessi dato il tuo sangue... perché te ne fossi
dimenticato...», pronunciò con voce incerta, con lo
sguardo nuovamente basso e le mani che adesso giocavano col nodo
della cintura.
«Non dimentico le cose importanti», ma
Damon ricatturò i suoi occhi e la guardò con
un'intensità che la fece sentire spogliata della carne. «E
il sangue di Klaus che circolava nel mio... era la classica... ultima
speranza.»
Le fece un mezzo sorriso e Summer annuì
quasi impercettibilmente, deglutendo forte. Si avvicinò alla
finestra e focalizzò la sua attenzione sul paesaggio: il
tramonto rendeva quella distesa di pini un'unica macchia scura, che
si opponeva con prepotenza ai suoi toni caldi e quasi abbaglianti.
«Sai, in verità non avevo mai creduto alle parole di
Lily. Pensavo fosse solo una delle sue fantasiose supposizioni,
dettata per lo più dal suo ottimismo. Non la conosci, ma ti
posso assicurare che la sua vena ottimista è come la fantasia
di un bambino: totalmente priva di limiti!» Per smorzare quella
strana tensione, Summer aveva cercato di dare alla sua voce una
cadenza allegra e giocosa, ma l'attimo di silenzio che seguì
la rese ancora più agitata, costringendola a tenere lo sguardo
fisso di fronte a sé; e quando Damon le disse: «E
invece... è vero. Il sangue di Klaus ti ha guarita e questo
significa che forse... potresti diventare un vampiro... se lo
volessi...», si sentì quasi grata verso se stessa per
non aver visto il suo volto e, soprattutto, per non avergli dato modo
di vedere il rapido cambiamento del proprio.
«Già...»,
sibilò con una malinconia che non riusciva a spiegarsi e con
lo sguardo ancora fisso su quella natura dominata dalle sfumature di
rosso. Senza capirne il motivo, aveva sempre odiato quel discorso;
eppure, pochi secondi dopo, sentì inevitabile chiedergli: «Hai
mai pensato di trasformarmi?» E quella voce corrotta
dall'imbarazzo e da un vago senso di paura ammorbidì i
lineamenti del vampiro, riempiendo i suoi occhi di una ritrovata
dolcezza, che subito andò a discapito di quella strana
serietà. Non gli era sfuggito l'attimo in cui le proprie
parole avevano avuto il potere di irrigidire le sue spalle. Damon
sapeva bene che per lei quello era un argomento delicato – un
argomento che era preferibile non affrontare – ma, in quel
momento, senza comprendere cosa lo spingesse a farlo, desiderava
cogliere ogni indizio che gli permettesse di capire il suo volere a
riguardo. Vampira o cacciatrice, sentiva che l'avrebbe amata allo
stesso modo; ma ora che il sangue di Klaus circolava anche nel suo
corpo, rendendo possibile quella scelta, riteneva giusto
ricordargliela, sebbene lei, in passato, gli avesse già
ribadito che non era sua intenzione voltare le spalle al suo ruolo di
cacciatrice e lui ne avesse ascoltato con attenzione ogni parola: da
quelle più chiare a quelle omesse, che forse risultavano
oscure anche a lei stessa. «Qualche volta...», confessò
poco dopo, con un tono dolce e un sorrisetto obliquo appena
accennato: erano state fin troppe le volte in cui aveva fantasticato
su quello scenario.
Tenendo lo sguardo basso, Summer girò
il collo verso di lui, e quel flebile «Davvero?» suonò
la nota dolce e infantile di quando qualcosa la sorprendeva,
riempiendo il suo cuore di quella gioia timorosa, che prima di
esplodere richiedeva certezze preventive.
**
Bloodstream (Quartet Session) **
♫Words
can relay nice
They can cut you open
And then the silence
surrounds you
and haunts you ♫
Nella
stanza ogni cosa era calata nell'ombra e Damon osservava il corpo di
Summer, che appariva come una sagoma scura, contornata da un
riverbero ramato quasi accecante, i cui raggi filtravano attraverso i
suoi capelli come bagliori che si stagliano nel buio ascetico di una
cattedrale.
«Sì...», rispose, riportando lo
sguardo di fronte a sé e mettendo le mani nelle tasche. «Anche
se l'immagine era più o meno sempre la stessa...» Poi si
voltò nuovamente verso di lei, che teneva ancora il collo
abbassato e girato di lato e, mentre ascoltava il mormorio dolce e
titubante della sua voce, ne osservò attentamente il profilo,
rapito dai movimenti incerti e sensuali delle sue labbra.
«E...
sarebbe?»
Damon non le rispose e Summer, le unghie che si
torturavano e lo sguardo ora fisso su di esse, capì di dover
insistere: «Andiamo, voglio saperlo...», ma parlava a
voce bassa e controllata, per evitare che l'emozione desse picchi
acuti al tremito delle sue parole. «Come lo faresti?»
Il
vampiro sorrise a mezze labbra, si alzò e si avvicinò a
lei, dando a tutti i suoi movimenti una voluta cadenza flemmatica; e
quando si ritrovò alle sue spalle, le mani ancora nelle
tasche, indugiò per un altro, lungo istante. Poi, con voce
pacata e sicura, decise di descriverle la sua fantasia: «Ti
farei indossare una vestaglia di seta, simile a questa, ma di un
colore scuro e lunga fino al pavimento...» E, sebbene sapesse
che quelle parole avrebbero innescato emozioni violente e difficili
da controllare, si rendeva conto che adesso, anche volendo, non
sarebbe riuscito a fermarsi... «Sotto ti vorrei con quel
babydoll nero velato sui fianchi e con i laccetti rosa che si
slacciano al centro del petto: l'unico che ti ho sempre tolto con
delicatezza, appunto perché mi piace.» E i loro occhi
s'incrociarono attraverso il vetro, in un riflesso che
scomparve rapidamente, senza riuscire ad imprimere anche quei sorrisi
di complicità, causati dal ricordo di tutte quelle volte in
cui il piccolo indumento aveva fatto impazzire quel vampiro che
adesso liberava una mano dalla tasca per raccoglierle i capelli e
sfiorarle il collo con falsa casualità.
«Ti
sistemerei i capelli su una sola spalla e poi libererei l'altra dalla
vestaglia», pronunciò quelle parole lasciando che
l'altra mano scorresse sulla sua spalla per far scivolare la stoffa
leggera del suo kimono; e, corteggiando la sua pelle con le labbra,
si fece tentare dal dolce profumo che emanava e da quel fremito di
eccitazione che l'aveva scossa visibilmente, ma, voglioso di giocare
ancora, s'impose di prevalere sul viscerale bisogno di assaporarla.
«Ti stringerei a me...», fece scivolare la mano sotto
il suo seno e in un attimo, in uno scatto deciso, il suo avambraccio
si trasformò in una morsa che la intrappolò a lui. E
Summer si sentì travolta da brividi troppo forti, quando il
suo bacino premuto sul proprio fondo-schiena le rivelò
l'eccitazione che Damon non si curava di celare e che, un attimo
dopo, con un sorrisetto ironico, fu lui stesso a rimarcare: «E
ammetto... che mi sarebbe difficile nascondere... che il solo
pensiero di farlo... di possederti totalmente...» E adesso le dita del
vampiro le scorrevano sul basso ventre, scostando la vestaglia e
intrufolandosi sotto l'elastico del tanga, per seguirne la linea con
crudele lentezza, «mi fa impazzire come
quegli attimi in cui a separarmi dal piacere c'è solo del
pizzo colorato e fin troppo sottile...»
E, sebbene lei facesse di tutto per non farglielo
notare, Damon godeva della vista del suo profilo corrotto
dall'insostenibile attesa del piacere e del suo corpo scosso da quei
tremiti che non poteva evitare. Quel dolce tormento a cui lei
resisteva a fatica rappresentava la sua piccola vittoria, la sua
angelica vendetta: in fondo, era stata lei la prima a provocare,
si disse, compiaciuto del suo dispettoso operato, ma consapevole di
essersi imbattuto in una strana occasione per confessarle cose che
pensava e sognava da tempo, proprio come la sua voglia di vivere quel
singolare tipo di emozioni e di farla sua, tramutando il loro amore
in qualcosa di eterno; e ciò era incentivato da quel momento
quasi surreale, che annientava preoccupazioni di ogni genere. Tutte
le angosce di Damon sul futuro, su Klaus, su quel cuore che batteva,
su quei dolori incessanti, erano state frantumate da quella fantasia,
che adesso sembrava la meta della sua intera vita.
«Ritarderei
il momento...», continuò, «baciandoti il collo con
lentezza.» E posò le labbra sul suo collo per un primo
bacio, «per sentirti sempre più tesa», poi un
altro, «eccitata», un altro ancora, «impaziente»,
e infine portò le labbra al suo orecchio, «ansiosa di
essere mia...»
E il forte fremito che scosse la pelle di
Summer vibrò sulla sua, trasmettendogli le stesse, intense
emozioni, che per un istante gli fecero temere di perdere il
controllo, ma non nella misura necessaria a farlo smettere: «Ti
scoprirei il seno... perché non potrei farne a meno...»,
e le sue dita continuarono a spogliare la spalla già libera
dalla vestaglia, fino a mostrargli il seno e a costringerlo a
deglutire con forza la voglia di tenerlo tra le labbra.
«L'accarezzerei piano...», e continuando a concretizzare
quella fantasia sotto il tocco delle sue dita, ne accarezzò le
morbide curve, per poi sfiorarne più volte la punta con una
lenta oscillazione del pollice; e il gemito che lei soffocò
repentinamente lo istigò a sussurare: «Sentendomi soddisfatto ad ogni sospiro che faticheresti a
trattenere...», poiché non poté fare a meno di
sorridere compiaciuto, nel sentirla completamente preda della sua
voce e delle sue mani; e si chiese per quanto ancora avrebbe
resistito, cercando inutilmente di nasconderglielo. Ma, anche se
avesse voluto, Summer non avrebbe potuto reagire in alcun modo. Si
concedeva passivamente perché ciò era l'unica opzione
che Damon le offriva. Sconvolta dai caldi fremiti che le
procuravano la sua voce e le sue carezze, non poteva fare altro che
starsene immobile: completamente imprigionata in quella dimensione
irreale, creata da quella sensualità oscura e predominante,
che il vampiro sprigionava quando il suo preciso scopo era farla
impazzire. Ma in quel flusso di parole suadenti si nascondevano anche
verità compromettenti, e Summer capiva che la sua inerzia
dipendeva soprattutto dalla flebile speranza che lui continuasse a
parlare... che le permettesse di cogliere parole che avrebbero curato
le infinite ferite del suo cuore, attenuando sia le sue remote
insicurezze che il recente dolore per quel “Ti amo”,
che non le era stato concesso.
Era fortemente intenzionata a
resistergli, ma in quel momento Damon la strinse a sé con
maggiore veemenza, corrompendo il tono della sua voce con note
esasperate e passionali: «Ma poi ti mostrerei che la mia
esitazione ha comunque un limite. Che l'attesa consuma entrambi con
lo stesso desiderio, con la stessa voglia di perdere il
controllo...», e questa volta il seno glielo strinse con
prepotenza, constatando soddisfatto che adesso lei respirava in
maniera convulsa, totalmente sciolta nelle sue mani. Ma poi,
allarmato dalla sua stessa tensione, da quella voglia di lei che
ormai lo incendiava, decise di intimorirla, nella speranza di
allontanarla sia da quella pericolosa idea che da se stesso, per
evitare l'irreparabile: «E allora non riuscirei a trattenermi
oltre: i miei canini affonderebbero nella tua carne con una forza che
faticherei a gestire; il tuo sangue mi riscalderebbe la gola, per poi
invadere il mio corpo con lo stesso calore; mentre tu... sentiresti
il tuo farsi sempre più freddo e debole... e in quel momento
ti accorgeresti di essere completamente in balia delle mie mani... di
ogni mio volere...» E le sottili venature intorno ai suoi occhi
comparvero rapidamente, per poi scomparire altrettanto velocemente,
sotto il controllo di una volontà che adesso faticava a
gestirle. Le braccia continuavano a stingere Summer con forza, mentre
la voce gli diveniva sempre più oscura e quasi minacciosa:
«Gli ultimi battiti del tuo cuore palpiterebbero sotto la mia
pelle; la tua vita scivolerebbe via dai miei respiri; e, nonostante
il tuo coraggio, ti sarebbe inevitabile farti sopraffare dalla paura
della morte, che ti stringerebbe il petto fino a impedirti di
respirare...» Chiuse gli occhi e respirò profondamente:
doveva controllarsi e combattere quella violenta voglia del suo
sangue, che ora gli pulsava nelle tempie, stordendolo. I suoi dolori
si accentuarono di colpo, così come gli esordi di quelle
trasformazioni incontrollate, ma si appellò a tutte le sue
forze e alla fine riuscì nuovamente a dominarsi. E lentamente
Summer sentì la sua stretta che si ammorbidiva quasi fino a
cullarla, proprio come la sua voce che adesso si scioglieva nel
sussurro intriso di dolcezza di un uomo innamorato che, nonostante i
propositi contrastanti, non riusciva a nasconderle la verità:
«Ma, in quell'istante, i tuoi ultimi pensieri s'imprimerebbero
nei miei occhi senza segreti... e si trasformerebbero in tutto ciò
che vorresti... perché controllerei il tuo ultimo sogno,
liberandoti da ogni paura, creando qualunque fantasia ti piacerebbe
vivere realmente. E alla fine moriresti tra le mie braccia», e
riprese a baciarle la pelle, questa volta a labbra dischiuse per
godere appieno del suo sapore, «sentendoti calma», e
dalla spalla arrivò alla base del collo, «al sicuro»,
per poi continuare fino all'orecchio, «mia per sempre...»
E
con gli occhi chiusi, posò la fronte sulla sua nuca,
inspirando profondamente il profumo dei suoi capelli e sentendo una
sensazione simile alla stanchezza.
In quel momento si sentì
quasi sollevato: stava riuscendo a tenere a bada quell'eccitazione
che gli contraeva l'addome e gli tormentava l'inguine, proprio come
stava riuscendo a dominare quelle trasformazioni involontarie che
gli facevano scoppiare la testa e calare la vista; ma poi Summer, gli
occhi lucidi e il respiro corrotto dall'emozione, inclinò
maggiormente il collo, offrendoglielo come un chiaro pegno d'amore. E
per un attimo entrambi si sentirono rigidi e immobilizzati: tesi come
corde di un violino che avrebbe suonato quel requiem al primo soffio
di vento.
Ma il vampiro ritornò subito in sé,
scuotendo flebilmente il capo, in segno di un rifiuto che
l'eccitazione gli impediva di esprimere a voce. Era forse
impazzita?, si chiese incredulo. Damon pensava fosse fin troppo
chiaro che non potesse farlo realmente... Con quei presupposti il
rischio era troppo elevato. In fondo, non vi era nessuna certezza che
il sangue di Klaus avrebbe funzionato, anzi: in realtà ad esso
non vi si poteva attribuire neanche la certezza di quella miracolosa
guarigione. Era stato davvero il sangue di Klaus l'elemento
determinante? Si chiese, in quel particolare momento in cui la
ragione avrebbe messo in dubbio anche le verità più
universali. E poi, se anche avesse voluto bere il suo sangue senza
quel fine, in quelle condizioni fisiche precarie non era certo che
sarebbe riuscito a fermarsi; ma si rendeva conto che ciò
faceva parte di quell'assurdo segreto custodito con ostinazione, che
rendeva impossibile a Summer immaginare il grosso rischio a cui andava in contro offrendosi a lui. Per Damon, la cosa più giusta da fare era
rimandare quel discorso a pugnale recuperato; eppure... la vista che
quasi gli si offuscava; il suo profumo; il modo sensuale con cui
muoveva il suo corpo e il bisogno viscerale di sentire la sua essenza
scorrere nel proprio; le sue dita tra i capelli, come spinta
subliminale verso il suo collo; il proprio nome sussurrato dalle sue
labbra con un desiderio disperato e lancinante; il pensiero che lei
gli si stesse offrendo totalmente, che lo amasse fino a volergli
donare la sua vita... E in un attimo di prevalenza dei sensi su ogni
possibilità di controllo, i canini del vampiro penetrarono
nella sua carne, sprigionando quel sangue che l'avrebbe fatto
impazzire.
♫I
think I might've inhaled you
I could feel you behind my
eyes
You've gotten into my bloodstream
I could feel you
floating in me♫
E
nel gemito di Summer quel crescendo di emozioni – divenuto
insostenibile per entrambi – si concretizzò con forza,
portando con sé un inevitabile senso di realtà su ciò
che stava accadendo e su ciò che avrebbe comportato.
Pur
non sapendosi spiegare il perché, Summer non aveva mai
desiderato essere un vampiro: quel pensiero la pervadeva di una
strana angoscia che la portava a sopprimerlo a priori, senza mai
darle l'occasione di rifletterci davvero. Eppure, in quel momento,
Damon voleva che fosse sua per sempre, e sembrava che per lei
nient'altro avesse importanza. Nella sua anima non esisteva alcun
tipo di timore, perché tra le sue braccia Summer sentiva che
tutto sarebbe andato per il verso giusto. Era sicura di ciò
che provava per lui... e adesso anche di ciò che lui provava
per lei. Le parole di Damon le avevano attraversato la pelle,
scivolando nel suo petto con un'intensità crescente, divampata
nel bruciante desiderio di essere eternamente sua... a qualunque
costo! Quelle parole l'avevano colmata della felicità che
attendeva da tempo. E adesso, per quei canini acuminati che le erano
entrati nella carne con l'impeto urgente del bisogno, Summer non
riusciva a sentire neanche il più insignificante dolore: le
emozioni che provava le trasmettevano un piacere così
primordiale e feroce da sovrastare ogni altra percezione. In quel
momento, nel desiderio che li univa regnava qualcosa di sacro e
profano. L'amore che si glorificava nella morte. Ma ciò non la
spaventava – non dopo tutto quello che Damon le aveva
confessato. Voleva essere sua. Nient'altro. E adesso il
vampiro si nutriva di lei con una foga che le toglieva il respiro e
le infiammava la pelle, concretizzando quel bisogno improvviso, sorretto da un desiderio trascendentale e remoto.
Sentiva le sue braccia che le comprimevano e le avvolgevano il corpo
con una passione avida di possesso... avida di lei; e Summer pressò
le mani sulle sue – su quella che premeva sul seno e quella che
stringeva il fianco – per dimostrargli che quella forza –
così impetuosa da sembrare violenta – non le faceva
alcun male... che avrebbe sopportato qualunque cosa...
Damon
allontanò le labbra dal suo collo, respirando profondamente e
tenendo gli occhi chiusi per qualche secondo; poi il suo abbraccio si
trasformò in una presa che la voltò verso di sé;
e quando se la ritrovò di fronte e si accorse del modo in cui
lo guardava – quegli occhi carichi di desiderio e amore –
non poté fare altro che baciarla profondamente, sperando che
lei capisse che era principalmente l'amore il sentimento che lo stava
facendo impazzire. E alla fine di quel contatto, il vampiro incenerì
con lo sguardo quella vestaglia che continuava a nascondere lembi di
pelle a cui non poteva rinunciare e, con una veemenza fin troppo
impetuosa per della stoffa che si sarebbe arresa a poco più di
un suo soffio, ne sciolse rapidamente il nodo, ma senza poi curarsi
di farla cadere: le mani si erano stazionate con fermezza sulle rotondità dei fianchi, immobilizzate dai troppi desideri che si contendevano il primato sull'azione successiva; e le curve morbide dei seni e di quelle che delineavano la
vita e il basso ventre, enfatizzate da un sensuale gioco di luci ed ombre,
si erano riflesse nei suoi occhi azzurri, colmandoli di meraviglia e
ipnotizzandoli all'istante. Ma quello sguardo innamorato si fece ben
presto anche famelico e demoniaco, un fedele manifesto di schiavitù
verso ogni sensazione che provava; e, con l'ultimo residuo di
lucidità, alzò una mano, passò le dita tra i suoi capelli e avvicinò
la fronte alla sua. «Devi fermarmi...», soffiò
sulle sue labbra, con voce preoccupata, ma con gli occhi di un demone
che si redime solo perché troppo stanco per combattere ancora.
Ma Summer, un brivido caldo che le attraversava il ventre, accarezzò
il suo viso, posò un bacio delicato sulle sue labbra, vissuto
con estrema pienezza da entrambi, e infine inclinò
lateralmente il capo, in segno di un ennesimo e chiaro consenso.
E
il vampiro le avrebbe sorriso di gioia, se qualcosa d'indecifrato non
glie lo avesse impedito, costringendolo a cercare nelle profondità
del suo stato d'animo il verdetto dei suoi reali
sentimenti a riguardo; ma quando si accorse di una goccia di sangue
che scivolava lenta sul petto di Summer, preparandosi a macchiare di rosso
il candore del suo seno, sentì di esplodere e bruciare per una
seconda volta, portando nel rogo ogni possibile chance
d'introspezione. E in quegli attimi che gli divorarono la ragione, le
uniche preoccupazioni furono cingere i suoi glutei con un braccio,
sollevarla da terra, incastrarla al muro, lasciarsi avvinghiare dalle
sue gambe e unire le labbra alle sue; e vi era qualcosa nei gemiti
che Summer si lasciava sfuggire tra un bacio e un altro, che gli
faceva intuire con chiarezza quanto lei trovasse rovente il tocco di
quella mano libera, le cui dita affondavano nella sua carne,
scorrendo lente e conquistatrici dalla schiena alla coscia. La
sollevò ancora e finalmente poté schiudere le labbra
sul suo seno, schiacciarlo sotto la propria voracità e
impadronirsi di quella punta inturgidita che, sottomessa ad una
lingua instancabile, creava fremiti di desideri spinti, che vibravano nel corpo di entrambi, forti e incessanti; ma poi la bocca del vampiro
proseguì verso l'alto per purificare
la sua pelle da quella provocatoria scia di sangue ed appropriarsi
nuovamente del suo collo, e in quel momento Damon si sentì
travolgere da un'emozione ancora più estasiante e violenta: una forza spinta dalle tenebre, che si nutriva del proprio autocontrollo con
la stessa implacabilità con cui lui si nutriva del suo sangue.
E il vampiro era insaziabile. Inarrestabile. Preda di un'estasi fatta
di luce e oscurità. E come quei canini appuntiti, anche il
basso ventre rivendicava il proprio ruolo, anelando la carne di lei
con bramosa urgenza e costringendolo a combattere una difficile lotta
contro boxer e pantaloni divenuti troppo stretti. Quell'erezione
impossibile da governare sporcava la loro unione spirituale di un
desiderio puramente fisico; ed era questo – anche più di
quei dolori insistenti – che lo dilaniava senza tregua:
che la sua già incontrollabile eccitazione fosse dannatamente
amplificata; che volesse fare l'amore con lei e che quel languore gli
pulsasse incessantemente nell'inguine, tormentandolo con voglie che
non poteva soddisfare. Ma lei era la donna che amava, e Damon non
poteva mischiare il bisogno di sangue e di carne quando il fine
ultimo era la sua morte, neanche quando questo si traduceva in una
sorta di avvilente tortura. Summer ansimava, dimenava i glutei,
intrufolava la mano sotto la sua camicia e gli graffiava la schiena;
faceva scorrere le dita dell'altra nei suoi capelli corvini e lo
pressava su di sé, sul proprio collo; si donava completamente,
dandogli l'impagabile sensazione di non avere alcun limite su ciò
che poteva farle... E ormai Damon sentiva chiaramente il gelo
inesorabile della morte, che si faceva strada sulla pelle della donna
che gli aveva ridato la vita: il cuore che le batteva lentamente; gli
ultimi suoi pensieri dietro i propri occhi : ricordi di loro due
insieme, felici. La stava uccidendo e non riusciva a fermarsi. E,
contro ogni tenebrosa aspettativa, non vi era neanche un briciolo di
paura nel suo cuore a cui lui potesse appigliarsi per frenarsi. In
quel vortice di frenesia, in cui l'amore più puro si scontrava
con la passione più oscura, tutto sarebbe finito e
ricominciato. E lui avrebbe aspettato il suo ritorno dal regno dei
morti, tenendola stretta e al sicuro nel calore di un abbraccio colmo
d'amore. Ma poi, in un attimo in cui un altro suo ricordo gli si
palesava nella mente, Damon sentì la propria voce, nella
mattina seguente la notte d'amore più intensa della sua lunga
vita, che pronunciava: “Quindi sei cresciuta in un
orfanotrofio... Questo spiega la tua eccessiva devozione alla carica
di cacciatrice.”; e poi la voce di lei, in un altro dei
loro tanti momenti d'intimità: “Essere una
cacciatrice mi ha dato tanto, anzi: mi ha dato tutto; non avevo
niente prima di questo.”
E quel cuore che gli batteva
frenetico nel petto si arrestò di colpo, gelandogli l'intero
corpo. Come poteva ignorare tutto ciò che aveva compreso di
lei? Come poteva fare qualcosa di cui si sarebbe pentita? No. Non
poteva farlo. Non poteva trasformarla. Non ancora, almeno. E poi...
se il sangue di Klaus non avesse funzionato? Se quel poco in circolo
nel proprio corpo fosse bastato solo a guarirla, ma non fosse
abbastanza per trasformarla? Cosa diavolo stava facendo?, si
rimproverò, allontanando le labbra dal suo collo con un gemito
che gli fece contrarre l'addome, fino a spezzargli il respiro. E
inducendola a rimettere i piedi a terra, sciolse la presa intorno ai
suoi fianchi per poi guardarla con occhi umidi di un misto di
spavento e pentimento; ma Summer, le palpebre che le si chiudevano
stancamente, era troppo debole per accorgersene, e a stento riusciva
a capire cosa le stesse accadendo. Il vampiro si morse il polso e –
invertendo le loro posizioni – si mise spalle al muro,
lasciando che lei posasse il capo sul proprio petto; poi si apprestò
a portare il polso alle sue labbra, accarezzandole dolcemente la nuca
con l'altra mano, nella speranza che quelle premure avessero il
potere di attenuare sia il dolore della sua ferita che il proprio
senso di colpa.
E per smaltire rapidamente quel piacere residuo –
in una sorta di autopunizione – si appellava ad ogni granello
del suo autocontrollo, ma Summer, anche ora che aveva riacquistato le
forze, continuava a bere dalla sua carne con una strana voracità,
che glielo rendeva ancora più difficile. Soltanto adesso lei
si accorgeva che il sangue di Damon aveva qualcosa di diverso,
rispetto alla prima volta in cui l'aveva assaggiato. Le sensazioni
che le donava erano cambiate nettamente: non più un senso di
debolezza e stordimento, ma un vero e proprio piacere che dilagava
nel proprio corpo, riscaldandolo in ogni sua fibra. Ed entrambi si
sentivano come sostanze fluide che si mescolavano in continuazione...
Un piacere dolce e avvolgente che continuava a mettere a dura prova
la resistenza del vampiro, che adesso aveva ripreso a boccheggiare, sopraffatto dal nuovo livello di calore che gli lambiva i boxer;
ma, quando Summer allontanò il polso dalle labbra, chiudendo
gli occhi e affondando maggiormente il volto nel suo petto, lui posò
lo sguardo sul suo corpo seminudo – coperto solo da quel
minuscolo tanga e da quel kimono che aveva resistito all'impeto,
arricciandosi nelle pieghe dei gomiti – e si sentì
schiacciato sia dal dolce desiderio di fare l'amore con lei che
dall'amara e assoluta certezza che non sarebbe riuscito a trattenersi
per l'ennesima volta. Quindi, con mani che faticavano a non tremare,
afferrò quella stoffa leggera e la ricoprì quasi fino
al collo; poi, con uno sguardo in cui la somma di amore e
preoccupazione equivale a una profonda tenerezza, nascose il mento
nei suoi capelli e la avvolse in un abbraccio traboccante di
dolcezza. Doveva proteggerla da se stesso, e quella di spegnere il
fuoco della passione era una soluzione giusta quanto sofferta. Così,
normalizzando piano i loro respiri, restarono a lungo fermi in quella
posizione.
A tratti, il vampiro temeva che lei potesse sentire il
battito del proprio cuore, e lo manifestava con profondi respiri
colmi di ansietà; ma, fortunatamente per lui, adesso Summer
teneva la nuca poggiata nell'incavo della sua spalla e, soprattutto,
era totalmente focalizzata su una serie di pensieri, che però
ruotavano intorno ad un'unica domanda: perché Damon non
l'aveva trasformata?
«Perché ti sei fermato?»,
sibilò poco dopo, quasi spaventata dalla propria voce.
E
ancora lievemente ansante, il vampiro scosse il capo, guardando fisso
di fronte a sé. «Non posso. Non posso farlo senza la
certezza di vederti riaprire gli occhi e poi... non è quello
che voglio.» E a Summer si gelò il sangue nelle vene,
mentre Damon afferrava le sue spalle per guardarla negli occhi e
aggiungere: «Non posso essere egoista. Non su questo. Non con
te. Se vuoi cambiare ciò che sei... devi farlo solo per te
stessa, e in questo momento...», inclinò lievemente il
capo, guardandola con dolcezza, «non sarebbe così.»
«Che vuoi dire?», chiese Summer, senza la forza
d'incrociare i suoi occhi e col cuore stretto in una morsa di
paura.
Le mani del vampiro raggiunsero le sue guance e con
delicati movimenti dei pollici vi disegnarono piccoli archi. «Voglio
dire... che questa è una scelta da cui non si torna indietro,
ed è troppo grande... troppo grande perché io possa
portarne il peso da solo...», confessò infine, come se
le stesse chiedendo scusa.
E lo sguardo di Summer si spense di
colpo, sintomo di una felicità sfumata troppo rapidamente.
Afferrò i suoi polsi e li abbassò lentamente, ponendo
fine al quel dolce contatto; poi, con un filo di voce che cercava di
non tradire il suo turbamento, replicò: «Vuoi dirmi...
che non hai mai trasformato nessun altra donna?» E si strinse
nella sua vestaglia e si allontanò di qualche passo, perché
la tensione non le permetteva di reggere la sua vicinanza.
Il
vampiro mise le mani nelle tasche e, con la cadenza veloce e un po'
agitata di chi è consapevole di essere stato frainteso, disse:
«Certo! Donne di cui non mi importava niente! E neanche per un
secondo mi sono chiesto se se ne siano pentite, se abbiano finito con
l'odiarmi, se per loro sia stato un dono o una dannazione! Perché
non mi interessa e per me non sarà mai un problema!» Poi
la guardò con intensità, addolcendo il tono della sua
voce: «Ma... credi davvero che possa fare lo stesso anche con
te?»
E a Damon venne in mente Katherine. Si chiese se la
vampira avesse mai pensato a ciò che gli aveva fatto, ciò
di cui l'aveva privato; se avesse mai preso in considerazione i suoi
sentimenti o per lei non fosse stato altro che un giocattolo da
rendere indistruttibile... eterno. Ma non poteva illudersi di non
conoscere quell'avvilente risposta. Vi erano stati momenti in cui
aveva desiderato sentirsi nuovamente umano con la nostalgia forte e
dilaniante delle possibilità che vengono negate per sempre,
ma sotto la schiacciante consapevolezza di essere cambiato troppo
anche per poterlo solo immaginare; adesso voleva soltanto che Summer
non provasse mai emozioni simili. Ormai conosceva bene i tormenti
della sua anima di cacciatrice, e voleva solo che lei desiderasse
quella vita esclusivamente per se stessa, così da non
potersene mai pentire, qualunque cosa fosse accaduta in seguito;
perché Damon stava morendo: adesso finalmente se ne rendeva
conto. La fine di quell'idillio aveva portato con sé delle
angoscianti consapevolezze. Il pugnale non poteva averlo risparmiato:
lo stava uccidendo lentamente. Quella condizione fisica che
peggiorava di minuto in minuto non poteva avere altro esito. E se lei
si fosse trasformata solo per amore e lui fosse morto poco dopo,
l'avrebbe condannata ad una dannazione eterna. Una dannazione che lui
conosceva bene. E l'amava troppo per non pensare alle conseguenze
delle proprie azioni.
Ma per Summer, troppo tormentata dalle sue
insicurezze, quel discorso suonava come un: “Fallo per te
stessa perché, quando avrò Elena e non ci sarà
più nulla tra di noi, tu continuerai ad essere un vampiro!”.
Damon continuava a non essere esplicito e lei continuava a sentirsi
seconda; ed ogni cosa aveva il potere di demolire le poche certezze
che riusciva faticosamente a conquistare. Adesso tutta la felicità
provata si era trasformata nella sua dilaniante controparte. Un
dolore che la stava consumando rapidamente. Ed ogni volta che il
vampiro le dava una speranza per poi ritrattarla, Summer sentiva che
di lei non rimanevano neanche delle misere briciole.
Ciò
che le faceva più male era che il vampiro adesso sapesse bene
quali erano i suoi sentimenti, eppure sembrava ignorarli ed aggirarli
senza curarsi di chiarirli; e proprio per questo, nonostante la sua
indole fosse quella di assorbire e soffrire in silenzio, con voce
bassa ma soffocata dal risentimento, le fu inevitabile dirgli: «Beh,
Damon, per quanto mi riguarda c'è solo una cosa che potrebbe
farmela sembrare una dannazione! Ma evidentemente la conosci già!
Ed è solo questo a frenarti, nient'altro!», perché
dava per scontato che nella sua mente fosse sempre presente Elena, e
che fosse stato il pensiero di quest'ultima a frenarlo in tempo,
salvandolo da quel “peso che non avrebbe potuto portare”.
E tutte le dolci parole che Damon aveva pronunciato prima di morderla
adesso non le risultavano altro che una spudorata presa in giro, che infiammava
ogni cellula del suo corpo. Ma nella realtà oggettiva – non in quella
distorta dalle sue paure – Damon era persino troppo concentrato
su di lei, per capire chi fosse il reale destinatario di
quell'accusa.
«Si può sapere di che diavolo stai
parlando?», domandò quindi, scrutandola con attenzione.
Ma Summer, ignorandolo, si diresse verso l'armadio per recuperare dei
vestiti; e con mani quasi tremanti di rabbia afferrò un jeans
e un maglione, senza neanche guardarli.
«Rispondi»,
scandì Damon, raggiungendola e afferrando il suo braccio.
«Lasciami, non voglio più parlarne. Hai
perfettamente ragione, Damon. Non voglio diventare un vampiro»,
lo guardò negli occhi, cercando di tramutare il suo dolore in
odio, «non ho ragioni per volerlo diventare!», e sperò
con tutte le sue forze nel risultato di quello sguardo; ma adesso non
ce la faceva più a reggere la sua vicinanza e desiderava solo
scappare da lui, quindi scandì un autoritario: «Lasciami!»,
dal momento che il vampiro non mollava la sua presa. Poi cercò
di divincolarsi, ma invano: Damon era troppo forte e troppo ostinato
a voler chiarire, per permetterle di allontanarsi.
«No»,
rispose quindi, con un tono risoluto. «Dovremmo continuare a
parlarne invece, perché credo che tu abbia capito ben poco di
quello che ho detto», lasciò la presa sul suo braccio,
guardandola con serietà, «altrimenti non avresti reagito
così...»
Summer contrasse l'addome fino ad emettere
un flebile soffio d'aria dalla bocca. Voleva continuare a
prenderla in giro? «E come avrei dovuto reagire?»,
chiese, con una luce di sfida che le brillava negli occhi.
«Sentiamo.»
Ma combattere non era nelle intenzioni del
vampiro, anzi: voleva soltanto che lei si calmasse; così si
armò del suo fascino adorabile e disse: «Beh, se tu
avessi capito ciò che volevo dire... mi avresti spogliato, mi
avresti sbattuto sul letto e avresti abusato di me senza remore. E,
tanto per la cronaca, dubito che sarei riuscito ad opporre
resistenza!». E alla sua conclusione seguì un'occhiata
che fece sentire Summer spogliata di ogni indumento come di tutta la
sua rabbia, tanto da farle odiare soltanto il fatto di non potergli
resistere.
«Bene», appallottolò i suoi abiti e
li abbracciò, come se fossero stati l'orsetto di una bambina
imbronciata; poi si sedette sul letto e gli dedicò lo sguardo
attento di chi davanti ha un avversario a cui tocca la prima mossa.
«Ti ascolto...»
Damon si voltò verso la
finestra per lasciarsi distrarre dal paesaggio. Mentre lei stava
visibilmente ribollendo, lui si sentiva solo divertito e intenerito,
e avrebbe voluto sorridere e scuotere la testa, per dimostrarglielo
apertamente; ma alla fine tutto si era ridotto ad una mezza
increspatura delle sue labbra, per ridare serietà ad un
momento che presto ne avrebbe richiesta fin troppa. Così le si
avvicinò e, sotto il suo sguardo sorpreso e incerto, le si
accovacciò di fronte.
«Tu non vuoi diventare un
vampiro...», iniziò, con voce profonda e dolce.
E
Summer, in un gesto spazientito, che serviva a placare almeno parte
del suo nervosismo, sistemò sul materasso gli abiti che teneva
tra l'addome e gli avambracci ed eluse volutamente il suo sguardo.
«Eppure non mi sembra di averti fermato», disse,
sfregando nervosamente le mani sulle cosce, dall'inguine alle
ginocchia, e continuando a guardare ogni cosa fuorché lui.
Ma
Damon afferrò le sue mani, con un tocco delicato che le
provocò un brivido e che, soprattutto, la obbligò a
fare i conti con quegli occhi traboccanti di dolcezza.
«Lasciami
finire», ordinò poi, con una risolutezza bonaria, che
privò Summer della forza di dire altro. «Tu non vuoi
diventare un vampiro, perché significherebbe lasciare il posto
di cacciatrice ad un'altra... e non vuoi.» E Damon si accorse
con dispiacere che qualcosa, nell'atteggiamento di Summer, era
cambiato all'istante. La cacciatrice aveva irrigidito la sua postura
e aveva iniziato a respirare con una cadenza placida e fin troppo
controllata. Ma, nonostante questo, Damon continuò con quel
discorso che adesso non poteva più interrompere: «Il
solo pensiero di non essere più la cacciatrice, di non avere
più una missione, un ruolo prestabilito, un'identità di
riferimento... ti spaventa. Sai che dopo ti ritroveresti a dover
ridefinire te stessa, a fare i conti con tutto ciò che sei
adesso e tutto ciò che eri prima di diventarlo...», e il
vampiro sperò che quel discorso avesse a che fare solo con
lei, e che non toccasse anche se stesso, riferendosi a quel cuore che
aveva ripreso a battergli nel petto, «e senti di non esserne
pronta.» Inclinò lievemente il capo con uno sguardo al
contempo dolce e amareggiato: Summer si era irrigidita maggiormente,
il suo volto era così spento da sembrare finto. E Damon sapeva
bene che ciò dipendeva dal muro di ostilità che lei
stava erigendo prontamente, per proteggersi da quelle parole troppo
vere per essere pronunciate; così, continuando ad accarezzare
il dorso delle sue mani con dei lenti movimenti dei pollici, cercò
di addolcire maggiormente il tono della sua voce: «E questo
perché sei piena di stupide insicurezze... che io trovo
adorabili», diede un veloce bacio alle sue dita, «ma che
prima o poi dovrai affrontare... E io voglio solo che tu lo faccia
quando ti sentirai pronta a farlo. Non potrei mai trasformarti in un
vampiro, sapendo che non è ciò che realmente vuoi,
sapendo che lo fai solo...», e cercò i suoi occhi,
sperando inutilmente che lei ricambiasse il suo sguardo, «per
quello che provi per me...» E vi fu un attimo di silenzio lungo
per lui e insostenibile per lei, che poi venne spezzato dalla
conclusione di quel discorso: «Non potrei sopportare di vederti
infelice, e soprattutto non potrei sopportare di esserne la causa.»
Damon aspettava una risposta, ma Summer sembrava essersi
congelata: la sua era un'espressione priva di ogni emozione, se non
addirittura priva della vita stessa.
Erano scuse. Quelle di
Damon erano solo scuse, bugie, fantasiose invenzioni, tutto fuorché
la verità, pensò. Ed era convinta di ciò in
cui credeva, perché era sicura di non avergli mostrato neanche
l'ombra di una remota esitazione. Si era concessa a lui senza paura e
senza incertezze. Ne era sicura. E adesso Damon si stava solo
arrampicando sugli specchi per non dirle la verità: che non
era lei la donna che voleva per sempre al suo fianco. Sapeva bene che
Damon era consapevole del proprio amore, ma acquisire pienamente
quella certezza, sentendola dalle sue labbra, l'aveva ferita con una
crudeltà sottile e degradante. “Per quello che provi
per me...”, questa frase le riecheggiava nella testa in
modo spietato. Aveva suonato una nota unilaterale e umiliante. E
l'aveva privata delle ultime forze residue, che le permettevano di
reggere quella dolorosa situazione.
«Il tuo discorso è
finito?», chiese quindi, con un tono pacato e freddo.
E
Damon la guardò con apprensione, contrito per via dell'esito
che avevano avuto le sue parole. «Summer...», sussurrò
flebilmente. Quel discorso aveva toccato i suoi nervi scoperti, ne
era certo, e Damon si sentì tremendamente in colpa per aver
portato a galla ciò che evidentemente lei non era ancora in
grado di affrontare.
«Bene», Summer si alzò,
afferrando nuovamente i suoi vestiti, «perché ne ho
abbastanza.»
E il vampiro si rimise in posizione eretta,
seguendola con lo sguardo e pronunciando nuovamente il suo nome,
questa volta in maniera più udibile e come una sorta
d'incitamento a restare. Ma questo non fece altro che innescare la
rabbia di Summer, inducendola a voltarsi verso di lui per dirgli:
«Complimenti, Damon. Sei stato davvero bravo a improvvisare
queste massime di psicologia spicciola per girare intorno al vero
problema, i miei complimenti! Ci vuole davvero molta fantasia per
riuscirci!» E sebbene non avesse urlato, la potenza mancata di
quelle parole le era scoppiata nel petto, costringendola ad un
respiro affannato.
Damon le si avvicinò, afferrando
nuovamente il suo braccio. «Ok, allora ripetilo, dimmi che
sbaglio. Ma questa volta guardami», suggerì con serietà,
visto che lei continuava a non degnarlo di uno sguardo. Ma per Summer
tutto ciò che lui diceva non era altro che un'invenzione, un
agglomerato di patetiche scuse, col vile intento di scaricare la
colpa su di lei. Non poteva esserci nulla di vero! Cosa poteva
saperne lui di cosa rappresentava per lei essere la cacciatrice,
quando neanche lei stessa lo sapeva? E se non riusciva a guardarlo
negli occhi per più di un istante era solo per evitare che
delle lacrime la tradissero. Ma questo aveva a che fare solo con i
suoi sentimenti per lui. Sentimenti che a lui non importava di
calpestare. Nient'altro! E in quel momento, un ricordo le abbagliò
la mente, portando con sé altro, intollerabile dolore.
Il
fuoco del camino che illuminava il salotto. Damon seduto sul tappeto,
la sua schiena poggiata al divano. Lei inginocchiata tra le sue
gambe.
“Le hai mai detto quello che provi per lei?”
“Due volte...”
Troppi secondi di silenzio.
“Sto
aspettando maggiori dettagli...”
Lui che respirava
profondamente, l'amarezza ad adombrare il suo volto.
“La
prima volta gliel'ho fatta dimenticare e la seconda... è stata
la classica confessione sul letto di morte.”
E quando
la mente di Summer ritornò al presente, tutto era divenuto
ancora più oscuro ed opprimente. Due volte. Le aveva detto
che l'amava due volte. Adesso capiva ogni cosa. Damon voleva
rendere chiaro che Elena sarebbe stata sempre la prima: era per
questo che, quando si trattava di lei, a quel “ti amo”
poteva soltanto girarci intorno, senza mai poterlo pronunciare
apertamente, pensò, preda di una visione contorta delle
cose e mentre il petto le si stringeva dolorosamente, impedendole di
respirare.
«Lascia che te lo chieda di nuovo», disse
con calma, sfidando i suoi occhi con la forza vuota della
rassegnazione e il triste scudo dell'ironia, «il tuo
illuminante discorso è finito?» E si sentiva stanca,
sfibrata, priva di ogni goccia di vita. L'unica cosa in cui sperava
era un'acida risposta conclusiva, che ponesse fine a tutto. Voleva
allontanarlo per poter riprendere a respirare regolarmente e pensare
a tutto meno che a lui. Ma la reazione del vampiro fu anche peggiore
di quella che immaginava, perché, lasciando la presa sul suo
braccio e allargando le proprie, questi sbottò un: «Cos'altro
dovrei dirti?!», con un tono sfinito, che risuonò
inevitabilmente brutale.
Damon non riusciva a capire dove
sbagliava, ma quando ascoltò il suo flebile «Niente»
di risposta, seguito dagli occhi che le diventavano lucidi e il labbro inferiore
che le tremava lievemente, capì ogni cosa... e si sentì
uno stupido.
«Non devi dirmi niente», aggiunse subito
dopo, sorridendogli per non piangere, e mentre il petto del vampiro
si stringeva fino a fargli male. Poi si congedò rapidamente,
chiudendosi in bagno, sotto lo sguardo smarrito di lui, che in
quell'attimo non era riuscito a reagire. Come aveva fatto a non
capire che tutto si riduceva a quelle tre parole? Come aveva fatto a
non capirla? Come diavolo faceva a farla soffrire anche quando ce la
metteva tutta per essere una persona migliore? Eppure, Damon era
certo di ciò che le aveva detto. Non poteva essersi sbagliato:
il suo astio derivava soprattutto dal non riuscire ad accettare
quella verità, ne era sicuro... Si avvicinò alla porta
del bagno, l'avambraccio destro sullo stipite, la fronte su di esso,
e la mano sinistra sulla maniglia. Doveva solo fare una leggera
pressione ed entrare. Dirle che l'amava. Dirle che era una stupida
insicura. Dirle che aveva dovuto combattere con tutte le sue forze
per non essere egoista e non farla sua per sempre. E poi? La
mano che stazionava sulla maniglia aveva iniziato a tremare
visibilmente e la vista gli si era ridotta ad un ammasso di puntini
colorati, che gli ronzavano davanti agli occhi, fastidiosi ed
insistenti. Se avesse aperto la porta in quel momento, probabilmente
non sarebbe riuscito neanche a vederla. Cosa avrebbe dovuto dirle?
Ti amo, ma non esserne troppo felice perché sto morendo?
E,
mentre la mano scivolava via dalla maniglia, arrendendosi alle sue
paure, si rendeva conto che infliggerle quel silenzio non era
corretto, alla pari di quanto sentiva di non poter fare nulla di
diverso: per adesso la preferiva chiusa in quel bagno a piangere
perché lo considerava uno stronzo, piuttosto che tra le sue
braccia a piangere perché era prossimo alla morte. Non era
ancora pronto per quello... E il rumore della porta d'ingresso lo
liberò almeno in parte dai sensi di colpa, inducendolo ad
uscire da quella stanza, resasi testimone di come un amore come il
loro può sfiorare le vette del paradiso e sprofondare
nell'inferno, nel lasso di un semplice tramonto.
Pochi passi
fuori, Damon vi trovò la strega, col suo sguardo attento e
indagatore, ma la solita aria perennemente serena.
«Allora?
Trovato un modo per localizzare Klaus?», le chiese, col tono
seccato di chi parla invogliato dalla sola circostanza.
Lily fece
una leggera smorfia con la bocca, poi disse: «A dire il vero
no...»
«Beh, togliti pure quel muso lungo dalla
faccia. Per quanto mi riguarda non ci speravo più di tanto
nella tua utilità.» E detto questo il vampiro, le mani
nelle tasche, la oltrepassò dandole le spalle.
Lily si
voltò per guardarlo e chiedersi cosa ci trovasse Summer in un
tipo così arrogante, soprattutto dopo aver avuto un fidanzato
come J.D., che impersonava cordialità e solarità come
nessun altro. Ma poi ingoiò quel boccone di scortesia e lo
chiamò, fermando la sua avanzata verso la rampa e facendolo
girare. «Volevo chiederti scusa», gli si avvicinò,
estraendo dalla borsa la bottiglietta contenente il sangue di Klaus,
«sono stata io a prenderla. E mi dispiace. Devo averti fatto
vivere dei momenti terribili.» Nonostante la sincera
gentilezza, alimentata dalla gratitudine per aver salvato Summer,
Lily gli porse quella boccetta, sperando unicamente che lui la
afferrasse, sfiorando la sua mano: i suoi dubbi su di lui erano
ancora forti, ma visto che la calma era la sua principale virtù,
avrebbe tentato un paio di volte con le buone, prima di
immobilizzarlo con i suoi poteri e distruggere il suo snervante ego
una volta per tutte.
Ma il vampiro, infastidito soprattutto da
quella parlantina smielata, che aveva rievocato il momento più
angoscioso della sua vita con una semplicità imperdonabile, la
scrutò di sbieco, dicendo: «Il tempismo non è il
tuo forte, messaggio ricevuto.» Poi il suo sguardo cadde sulla
boccetta e aggiunse: «E quella puoi rimetterla dove l'hai
trovata.» Se la strega pensava di fregarlo, sbagliava di
grosso! Toccarla era l'ultima cosa che avrebbe fatto al mondo,
ora più che mai. E si voltò, dandole nuovamente le
spalle, per poi sentire con sollievo il rumore dei suoi passi
arrendevoli, che si dirigevano verso la stanza di Summer. E quando
udì anche il rumore della porta, Damon si sentì
finalmente libero di poggiarsi alla parete: la testa aveva iniziato a
girargli vorticosamente, rendendo la sua discesa al piano terra
qualcosa di arduo e faticoso.
Si diresse verso il salotto quasi
barcollando, e lì si sedette sul divano, passandosi
ripetutamente le dita tra i capelli. Comprimere le tempie gli donava
brevi attimi di sollievo a cui non poteva rinunciare. E solo parecchi
minuti dopo riacquistò quel minimo di forze necessario a farlo
rialzare e fargli versare dello scotch nel bicchiere. Ma nell'attimo
dopo aver sollevato la bottiglia, questa finì fragorosamente a
terra, e Damon ebbe giusto un altro istante di tempo per raggiungere
la cucina, prima di vomitare sangue nel lavello e sentirsi morire. Si
sentì gelare, iniziò a tremare ed ogni cosa si perse
nel buio...
Nota Finale:
*Battuta di Damon, di non so quale episodio xD
OK, come
sempre può sembrare che Damon non ci abbia capito una mazza,
ed invece vi assicuro che è proprio il contrario: il suo
problema è che capisce anche troppo.
E sono felice che il
prossimo (ultimo) capitolo lo riscatti pienamente.
Spero di non
essere stata volgare, ma so di aver calcato un po' la mano e quindi
metto in conto possibili lamentele xD Tutta colpa di Alice, non mia
ù.ù È stata lei a provocarmi xD E sono felice
che l'abbia fatto perché queste due teste di provola mi
mancheranno da morire, e sono felice di aver fatto il pieno di loro
in questo capitolo^^ ***Alice In The Heart!!!***
Per il resto,
Lily sarà il personaggio chiave del prossimo capitolo. E la
nostra stracazzutissima strega ci mostrerà di che pasta è
fatta!!! ù.ù Oh yeah!!!
Già so che questo mio
blocco del Fanwriter mi darà la morte, ma ce la metterò
tutta per pubblicarlo quanto prima. È una promessa.
Ringrazio
le poche lettrici volenterose arrivate fin qui^^ e spero che il
solito capiro non vi abbia annoiate.^^
Una raffica di baci!!!!
Alla prossima!!!:*:*:*