Tornammo da quella lunga passeggiata in cui fui esposta come un trofeo dalla mia padrona. Al posto che svoltare nel corridoio che mi portava nella mia stanza prendemmo un altro corridoio lungo e stretto incoronato da grandi quadri e da lanterne che rendevano l'aria soffusa e l'ambiente rilassante. il marmo rosa, per terra non era freddissimo e i miei piedi trovarono un po' di sollievo; la passeggiata nel cortile era stata un inferno: i levigati sassolini bianchi e lucidi rendevano impossibile camminarci sopra e i miei piedi ora erano violacei e affaticati. percorremmo il lungo corridoio fino che giungemmo ad un lungo e pesante portone di legno scuro dove c'erano due guardie appostate in armatura argentea e sfavillante. La mord-sith prese in mano l'agiel e mi mancò il respiro in gola, avevo imparato ad aver paura di quell'oggetto già dalla prima settimana che ero al palazzo, non sapevo neppure da quanto tempo ero li. Mi riparai con le mani la nuca e sbirciai la mia padrona, aveva preso la mano di un soldato e gli aveva conficcato l'agiel nel palmo; l'uomo colto da quel dolore lancinante da me famigliare, si buttò a terra scosso da forti fitte in tutto il corpo. l'altro aprì il pesante portone, fece un inchino e ci lasciò passare.
Entrammo in un bellissimo giardino in cui un uomo, con una bellissima tunica di seta su cui erano cucite una D e una R, si girò con un cestino colmo di rose rosse; si girò e il magnetismo di quell'uomo mi colpirono: aveva un occhio azzurro chiaro, freddo glaciale e l'altro invece presentava un' imperfezione, vi era all'interno dell'occhio azzurro uno spicchio di iride viola e scura; i suoi capelli erano neri come l'inchiostro e cadevan disordinatamente sulle spalle; aveva un bel fisico era alto e muscoloso con la pelle ambrata. " Ma che bellezza mia cara" esclamò l'uomo, "Chiamami papà darken rahl". Quell'uomo sarebbe diventato il mio incubo peggiore