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Autore: Aurora VigeeLevrun    16/02/2013    1 recensioni
La leggerezza e la tranquillità che mi avvolsero, furono indescrivibili; mi tolsi un grande peso e mi sentii al settimo cielo. Ma la mia felicità cessò prematuramente non appena lo vidi, i suoi occhi scuri mi attirarono come due buchi neri. Non parlavo con Giacomo da circa un anno e mezzo, fummo molto amici ma come avviene quasi sempre nelle amicizie, uno dei due si innamorò, e stupidamente fui io quella a rimanerci fregata. La nostra amicizia finì quando gli confessai tutto, non riuscivo più a tenermi tutte quelle emozioni dentro e lui, evidentemente, non mi capì.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Pronta? 

 

 

 

Mi sentii svenire, i suoi occhi fissavano insistentemente i miei.  

Eravamo li, stretti l’uno nelle braccia dell’altro, ero a casa.  

Piano abbassai lo sguardo con un pizzico di imbarazzo, ma lui con una mano,  mi afferrò il mento delicatamente sollevandomi il viso. Migliaia di emozioni mi colpirono, per questo lo amo; lentamente, avvicinò la sua bocca alla mia e un profumo fresco si insinuò nelle mie narici. Inspirai sonoramente e mi alzai sulle punte dei piedi per eliminare lo spazio rimasto tra le nostre labbra. 

 

- Aurora, sveglia o farai tardi- pigramente aprii gli occhi; la voce di mio padre mi riportò alla realtà. Possibile che sia stato solo un sogno? Eppure sembrava talmente reale! Balzai giù dal letto a castello e camminando mi ritrovai di fronte la cabina armadio, indossai un jeans e una canottiera, fuori fa troppo caldo. Quella mattina fu particolarmente tormentata per me, non solo per il bellissimo ma irrealizzabile sogno, ma per l’esame di maturità che avrei affrontato di lì a poco. Misi il dentifricio nello spazzolino e frettolosamente cominciai a spazzolare, mi lavai velocemente il viso e goffamente applicai un filo di trucco sugli occhi. 

- Sei pronta, amore? - mi disse mia madre in tono rassicurante, poggiata al cardine della porta. 

- No mamma ho molta paura - mi rammaricai terribilmente. 

- Stai tranquilla, hai studiato tanto, ce la farai - così dicendo mi diede un forte abbraccio.  

- E’ vero, ho studiato, ma sai quanto sono paranoia; mi sembra ieri quando per la prima volta varcai la soglia di quella scuola e invece oggi, ho già l'esame per il diploma – i più bei ricordi di qui cinque anni mi passarono per la mente. 

- Andrà benissimo, tranquilla - mi rassicurò mia madre. 

- Grazie mamma, ti voglio bene - così me ne andai col cuore trepidante. Scesi di casa e davanti la porta d’ingresso del palazzo trovai Cristina, la mia migliore amica, il mio tutto. Senza lei, parecchie cose non le avrei superate.  

- Pronta, Aurora? - domandò Cristina con un sorriso. 

- Si – mentii, ebbi troppa paura.  

- E tu sei pronta? – dissi, sperando in una sua risposta sincera. 

- Guarda la mia faccia. - disse puntandosi un dito verso viso. 

Fece una smorfia, segno che non era pronta per niente. 

Scoppiai a ridere; un pizzico di allegria ci vuole, soprattutto in un momento come questo. 

Ci dirigemmo verso scuola con la Smart bianca di Cristina. 

Per tutto il tragitto in macchina mi passarono tanti pensieri per la testa, il primo, il più importante, è il sogno. Mi sembrò veramente di sentire il suo odore. Vengo distratta da un altro pensiero, il diploma. Fra meno di un’ora mi siederò di fronte la commissione e comincerò ad esporre la mia tesina. La macchina si fermò. Trovai tutti i miei compagni, quegli stessi compagni che fino a qualche anno fa per me erano dei perfetti sconosciuti. Adesso li considero come la mia seconda famiglia. Arrivammo di fronte scuola e fissai l'insegna sopra il portone, quel portone che varcai per cinque anni e che oggi per l’ultima volta attraverserò. 

 

Ansia, nausea, terrore, quando sentii pronunciare il mio nome.  

Lentamente mi alzai e prima di sedermi su quella sedia strinsi la mano a ognuno dei professori. Mi sedetti, la sedia è estremamente fredda, malgrado il caldo, mi fece trasalire. Al via del professore inizio ad esporre mia tesina,  articolando per bene il discorso. Mi vengono poste diverse domande ma fortunatamente riesco a rispondere a tutte con successo.  

Venti minuti dopo; cinque anni di studio per poi parlare venti minuti, ho finito tutto. La leggerezza e la tranquillità che mi avvolsero, furono indescrivibili; mi tolsi un grande peso e mi sentii al settimo cielo. Ma la mia felicità cessò prematuramente non appena lo vidi, i suoi occhi scuri mi attirarono come due buchi neri. Non parlavo con Giacomo da circa un anno e mezzo, fummo molto amici ma come avviene quasi sempre nelle amicizie, uno dei due si innamorò, e stupidamente fui io quella a rimanerci fregata. La nostra amicizia finì quando gli confessai tutto, non riuscivo più a tenermi tutte quelle emozioni dentro e lui, evidentemente, non mi capì. 

- Ciao – mi salutò, il tono della sua voce mi distrae totalmente. 

- Ciao – risposi, con il vero pudore in corpo. 

- Come è andata? – chiese, sfoggiando uno dei suoi sorrisi. 

- Bene, sono contenta, mi sento più libera – risposi tutto d'un fiato, lasciando trapelare tutte le mie emozioni. 

- Ti va di accompagnarmi in un posto? - mi disse con gli occhi fissi sui miei. 

- Perché? - chiesi sorpresa. Per due anni non ci parlammo e la prima cosa che mi chiese fu se avevo voglia di accompagnarlo da qualche parte. 

- Volevo solo parlare un po', è da tanto che non ci vediamo; sai mi manchi - mi rispose, accennando un sorriso. 

Mi colse di sorpresa e dopo qualche istante di riflessione, timidamente gli risposi 

- Ok. – 

 

- Allora andiamo. - 

- Solo un attimo, dammi il tempo di salutare Cristina e arrivo. Aspettami davanti l’entrata. - ne uscii in fretta. 

- Cristi, devo parlarti. – dissi a bassa voce. Giacomo, vuole che vada con lui, dice che deve parlarmi. - continuai. 

- Oh no! Di nuovo no. Non pensi a tutto quello che ti ha fatto passare? Tutto quello che hai patito per lui? Quanto ti ci è voluto per dimenticarlo un anno? E quanto ti ci vorrà ancora per capire che non fa per te? – notai un vena di esasperazione nelle sue parole, ma feci finta di niente e le diedi un forse abbraccio, come segno di un saluto. 

- So che mi vuoi bene ma devo andare, voglio sentire ciò che ha da dirmi – le dissi sicura di voler andare. 

Cristina sbuffò sonoramente e mi fece cenno di un sì con la testa. È un tesoro.  

Scesi le ampie scale interne e proprio davanti l’entrata lo trovai lì poggiato alla sua punto grigio metallizzata.  

- Pronta? - mi chiede. Non fu il “pronta” di Cristina di questa mattina. Era un “pronta” a cui mille volte avrei risposto “Sì”. 

- Si, pronta. - risposi. Ero sempre pronta, per lui. Così aprii lo sportello del passeggero e mi accomodai all'interno della macchina. 

 

Che imbarazzo, non fu più come una volta, fu tutto diverso. 

- A che pensi? - la sua voce mi colse di sorpresa 

Sospirai affondo e gli risposi in tutta sincerità.  

- Pensavo che tempo fa non c'era tutto questo imbarazzo, adesso neanche riusciamo più a parlare. – l’ho detto sul serio. 

- Lo so; ed è proprio per questo che volevo parlarti. Ciò pensato tanto, sopratutto adesso che è finita la scuola e molto probabilmente non ci vedremo più - sembra serio mentre parla. 

- Volevi parlarmi adesso? Dopo due anni? Avresti potuto pensarci prima. – 

Sembrò non aver ascoltato totalmente le mie parole, e continuò il suo discorso. Come se fosse una parte. 

- Io non voglio perderti, non riuscirei a noi vederti più. Rivoglio il nostro bellissimo rapporto di amicizia.- mi disse tutto d'un fiato. 

Al suono di quella parola “amicizia” mi sentii come se una lama mi avesse trafitto, ma rimasi comunque sorpresa, non mi aveva mai dichiarato così esplicitamente i suoi sentimenti, anche se di amicizia. 

Avrei voluto dirgli tante, ma la rabbia prese il sopravvento e mi venne voglia di sgridarlo. 

Sei stato uno stronzo. - mi feci coraggio - Se il nostro rapporto non è più quello di una volta la colpa è solo tua. Sapevi perfettamente che era l'ultima cosa che volevo, eppure tu, giorno dopo giorno, ti sei allontanato. Fortunatamente Cristina, Milo e Agnese mi sono stati vicino. Perché tu non sai cosa ho provato e cosa ho passato in questo ultimo anno! - non mi sono resa conto di aver alzato troppo la voce. 

Mi guardò con la testa piegata da un lato e poi abbassò lo sguardo con fare dispiaciuto. 

- Scusa non volevo aggredirti in quel modo - gli dissi sentendomi in colpa, dopotutto io lo amo e potrei perdonargli qualsiasi cosa. 

- Tranquilla, me lo merito - dice rammaricato. Non seppi se credergli o no, ma il suo viso mi mostrò esattamente ciò che provava, compassione. 

Entrammo in un parco e subito notai il verde delle foglie degli alberi, colpite dalla luce del sole; brucia sulla pelle. Mentre camminavamo ci ritrovammo davanti una panchina e ci sedemmo. Il suo sguardo è pensieroso, ancora, dopo il mio discorso e mi sentii io la stronza. 

Senti scusami per come ti ho parlato prima, è stato uno sfogo. Sai che le persone in preda alla rabbia dicono ciò che non vorrebbero. – cercai i suoi occhi, che in modo devastante mi trafissero l’anima. 

- O ciò che si tengono da troppo tempo. – continuò la mia frase. 

Improvvisamente, senza lasciarmi neanche il tempo per pensare si girò verso di me e mi abbracciò; in risposta io lo strinsi più forte che potevo. Le sue braccia mi mancavano, il suo odore di muschio mi mancava. 

Ti prego dimmi che mi perdoni e che possiamo provare ad essere di nuovo amici. - mi supplicò senza lasciarmi. 

Sospirai profondamente e gli risposi: -Baciami. -                                                                                      

  
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