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Autore: _Trixie_    16/02/2013    5 recensioni
Raccolta di sei storie partecipante al "Fluff Fest Challenge".
Momenti di vita di Callie e Arizona, per la maggior slice of life dai toni decisamente fluff.
1. Di costumi, guardie e castelli - «Un chirurgo ortopedico che non sa costruire un castello di sabbia!»
2. Di scii, montagna e oceano - «Preferisco vederti addosso un bikini invece che una tuta da sci»
3. Di viaggi, anniversari e occhi - «Ti rendi conto di aver appena rimproverato la tua vecchia madre, vero?»
4. Di acqua, tuffi e sorrisi - «Ed è inutile che fingi, so che sei rimasta senza fiato non appena mi hai vista»
5. Di scommesse, inviti e labbra - «Tango, donna. Se vinco, prendiamo lezioni di tango!»
6. Di imbarazzo, curve e attese - Perciò, sul serio, il mondo può aspettare in eterno.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From the summer to the spring. '
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Titolo: Di costumi, guardie e castelli
Autore:_Trixie_
Fandom: Grey’s Anatomy.
Personaggi: Calliope Torres, Arizona Robbins, Addison Forbes Montgomery, Sofia Robbin Sloan Torres.
Pairing: Callie/Arizona.
Genere: fluff, romantico, slice of life.
Rating: verde.
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono e non ne detengo i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. 
Tabella: Estate.
Prompt: 01. Castelli di sabbia.
Note: Finalmente questa raccolta si è scritta, con gran sollievo di Msstellina! Tra un tango e l'altro sono riuscita a trovare il tempo ;D
Vi ricordo Winter e Spring, nate per la stessa Challenge, Fluff Fest Challenge, indetto sul forum di EFP e mi scuso per l’attesa, ma spero che ne sia valsa la pena.
Nel banner che vedete all'inizio la parte a destra con Callie e Arizona (a dire il vero, Sara Ramirez e Jessica Capshaw) è un fotomontaggio. La piccolina è la figlia di JCap e il fotomontaggio non è mio, ma l'ho trovato per caso tra le foto di google ;D Il resto del banner è mio :)
E per finire, grazie a K., che si presta sempre come cavia <3
Buona lettura! ;D
 

Di costumi, guardie e castelli

 
 
Amavo il sole, i climi caldi, Calliope in costume, la sabbia, i colori vivaci, Calliope in costume, l’acqua cristallina, il tramonto dagli scogli e Calliope in costume.
Così, mi ero lasciata convincere a trascorrere una settimana a Los Angeles con Callie e Sofia, ospiti di Addison Montgomery.
Mi ero categoricamente rifiutata di permettere a nostra figlia di salire su un aereo, così avevamo preso il treno, meno veloce, ma più sicuro.
Arrivammo a Los Angeles di sera e mi aspettavo un’accoglienza discreta da parte di Addison, considerando le storie che circolavano su di lei a Seattle, e di certo non che lasciasse cadere a terra di schianto la sua borsa per precipitarsi ad abbracciare mia moglie.
Attonita, guardai Sofia, che dall’alto dei suoi sette anni mi restituì uno sguardo curioso, senza lasciare la presa della mia mano.
«Callie, è passato così tanto tempo da quando ci siamo viste l’ultima volta!» disse Addison, senza lasciare la presa su Calliope, gesto che mi irritò non poco.
«Almeno sette, da quando hai fatto nascere Sofia!» rispose Callie, sciogliendosi gentilmente dall’abbraccio dell’altra con mia grande gioia.
«Eccola qui, la piccola Sofia» aggiunse poi, indicando nostra figlia ad Addison. «E lei è Arizona, mia moglie, te la ricordi, vero?»
«Certo che me la ricordo, è un piacere vederti di nuovo» confermò la donna, cui tesi la mano in segno di saluto. Inaspettatamente, Addison abbracciò anche me, facendomi spalancare gli occhi dallo stupore e irrigidire per quel contatto inaspettato. L’abbracciai a mia volta pacatamente, senza mai lasciare la mano di Sofia e lanciando uno sguardo interrogativo a Calliope, che rispose con un’alzata di spalle e un sorriso.
«È-è un piacere anche per me» balbettai confusa, prima che Addison mi lasciasse per rivolgersi a Sofia.
«E tu sei Sofia! Come sei diventata grande!» esclamò.
«Io lo so chi sei. Sei la zia Addison, vero?» domandò Sofia con voce infantile.
Addison rimase sorpresa nel sentirsi chiamare zia, ma sorrise compiaciuta e annuì, accarezzando la guancia di Sofia.
Per fare addormentare nostra figlia, Calliope di sera le raccontava storie che prendeva ispirazione dalle nostre vite. E così c’erano il principe, oltreché zio, Tim e il cavaliere George che combattevano insieme le forze del male, la fata Izzie che uccideva draghi sputa fuoco, la maga e zia Addison alla disperata ricerca della felicità, la dolce regina Lexie e soprattutto papà Mark, il re che proteggeva la sua bambina con spada e scudo.
«E sai tante cose di me?» domandò Addison.
«Sì, so tutto di te» si pavoneggiò Sofia, mentre la donna di fronte a lei mimò un’espressione esageratamente stupita.
«Bene, vogliamo andare? Sarete stanche» propose poi rivolgendosi a noi.
«Ma certo» esclamò Calliope, recuperando le nostre valige, che Addison ci aiutò a trasportare fino alla sua auto fuori dalla stazione, sotto il cielo stellato di Los Angeles.
 
La mattina dopo il nostro arrivo fui svegliata da un raggio di sole che mi colpì il volto. Allungai la mano in cerca di Callie e accarezzai la sua schiena nuda prima di abbracciarla e stringerla a me.
«Buongiorno, bella addormentata» sussurrai nel suo orecchio, quando capii che si stava svegliando anche lei.
«Buongiorno, che ore sono?» chiese, voltandosi verso di me e baciandomi dolcemente le labbra.
Svegliarsi la mattina con lei accanto era una delle cose più belle della mia vita.
«Non lo so, le otto, credo» risposi. «Un sole così a Seattle capita una volta all’anno».
«Credevo ti piacesse il clima di Seattle» protestò lei, stirandosi, per quanto le consentisse il mio abbraccio.
«Certo che mi piace il clima di Seattle, ma ogni tanto un po’ di sole fa bene!»
«Sofia dorme ancora?» chiese poi, lanciando uno sguardo alla piccola camera attigua alla nostra, sufficiente solo a contenere un letto e un armadio. A Sofia era piaciuta subito, forse perché Addison l’aveva riempita di peluche e giocattoli vari apposta per lei.
«Quando ho saputo che sareste arrivate non ho resistito alla tentazione di viziarla» si era giustificata.
«Sì, non sento rumori» risposi, tendendo l’orecchio. Da quando Sofia era entrata a far parte delle nostre vite il mio udito si era acuito in maniera incredibile.
«Forse dovremmo scendere a fare colazione» disse Callie.
«O forse potrei fare colazione qui con te» proposi io, mordendole una guancia e strappandole una risata che considerai un assenso alla mia proposta.
 
Scendemmo in cucina solo un’ora più tardi dal nostro risveglio e solo perché si era svegliata anche Sofia.
Trovammo Addison ai fornelli e io accolsi come una benedizione il sapore di caffè che mi invase la narici.
«Spero di non avervi svegliate» disse, girandosi verso di noi.
«Zia Addison!» esclamò Sofia correndole incontro. Tra le mani aveva un cavallo di peluche, uno dei regali che aveva scovato nella stanza.
«Buongiorno, tesoro» le sorrise la donna, scoccandole un sonoro bacio sulla guancia.
Io e Callie indossavamo ancora il pigiama, che a dire il vero avevamo messo quella mattina, ma Addison portava un copricostume dai colori vivaci. I medici andavano al lavoro vestiti così, lì a Los Angeles?
Lei dovette cogliere la mia occhiata interrogativa, perché mi sorrise.
«Mi sono presa qualche giorno di vacanza» disse. «Pensavo che sarebbe stato carino passare la giornata in spiaggia. Così aiuterò Sofia a costruire un bel castello di sabbia. Hai voglia, Sofia?»
«Possiamo farci anche le scuderie?» chiese lei, che nel frattempo aveva preso posto a tavola, dove Addison aveva già preparato tutto per la colazione. Io mi sedetti accanto a mia figlia.
«Certo che possiamo!» rispose la padrona di casa.
«Hai bisogno di una mano, Addison?» si offrì Calliope, ma la donna rifiutò e le disse di sedersi.
«Sto spettando che il cappuccino che ti ho preparato sia pronto» disse con un sorriso. «Con tanta schiuma e poco zucchero, vero?» domandò poi, stupendomi. Dopo tutti quegli anni si ricordava ancora i gusti di mia moglie.
Anche Calliope si stupì, ma annuì e si sedette dall’altro lato di Sofia.
«E per te, Arizona? Latte, caffè, cioccolata, spremuta?» domandò.
«Del caffè andrà più che bene» risposi, stupita della sua ospitalità.
«Perfetto, e per Sofia?»
La bambina guardò Calliope, che sorrise, poi guardò me, mordendosi il labbro. Anche mia moglie aveva l’abitudine di fare quel gesto quando doveva chiedermi qualcosa di scomodo.
«Cioccolata, mamma?» domandò Sofia. Adorava la cioccolata e se fosse stato per lei si sarebbe nutrita solo di quella. Per questo motivo a colazione evitavamo di concedergliela, ma per qual giorno decisi di fare un’eccezione.
«Cioccolata» acconsentii con un sorriso. «Ma non farci l’abitudine!»
«Tuo marito dorme ancora? E tuo figlio?» chiese Callie, come folgorata da un ricordo.
«Oh, no, i miei uomini sono fuori città per almeno altri due giorni» disse Addison, portando a tavola il cappuccino di Callie e una brocca di spremuta che aveva appena tolto dal frigorifero. «Sono dai genitori di mio marito da una settimana. Non ho potuto raggiungerli per via di un caso che stavo seguendo e anche se mi mancano, non mi dispiace aver avuto una scusa per non sopportare mia suocera e i suoi consigli» spiegò.
Quando anche la cioccolata di Sofia fu pronta si sedette con noi con un caffè tra le mani.
Discorremmo del più e del meno fino a quando l’insistenza di Sofia per andare a giocare con la sabbia non ci costrinsero a salire per prepararci.
Misi il costume a Sofia, che tornò subito da zia Addison per andare in spiaggia senza perdere un minuto più del necessario e poi guardai Calliope indossare il suo, ritenendomi la persona più fortunata del mondo.
«Arizona, non ti cambi?» chiese lei, accarezzandomi i capelli.
Ne avevamo parlato tanto a Seattle. Mettere un costumo significava esporre letteralmente alla luce del sole la mia protesi. Ormai l’avevo accettata come parte della mia vita, ma mi infastidiva ancora non poterla coprire agli occhi altrui.
«Sì, certo» risposi a Callie. «Raggiungi Sofia e Addison, arrivo subito».
«Prenditi tutto il tempo che ti serve» mi disse, baciandomi sulle labbra prima di uscire.
Con il cuore pieno di gratitudine per Calliope recuperai il mio costume e lo stesi sul letto, osservandolo a lungo.
Venni distratta dalla risata cristallina di Callie dopo qualche minuto e mi affacciai alla finestra, che deva sulla spiaggia.
Anche Addison e Sofia stavano ridendo, attorno a un cumolo di sabbia che stentai a riconoscere come un castello.
Provai un’inspiegabile fitta di gelosia nei confronti di Addison e delle sue lunghe gambe, così vicina a Calliope e a Sofia, a godere della loro compagnia. La parte razionale di me sapeva che non c’era pericolo, sia perché Addison era felicemente sposata e fortunatamente etero, sia perché Callie non mi avrebbe mai tradita.
Ma la parte irrazionale di me era furiosa per la vicinanza di quella donna e temeva che quegli occhi lucenti e quelle gambe, che a me mancavano, sarebbero bastati a portarmi via Callie.
Distolsi lo sguardo con un sospiro e lo riportai al costume.
Lentamente mi spogliai e indossai il costume, poi mi osservai allo specchio.
Gemetti, nel vedere quel pezzo di metallo e plastica che era diventata la mia gamba.
La risata di Calliope mi raggiunse ancora e insieme alla sua anche quella infantile di Sofia.
E io me le stavo perdendo.
Fu così che decisi.
 
Quando arrivai vicino a loro, l’aspetto del castello di sabbia non era per nulla migliorato. Mura fragili e torri pendenti si susseguivano e si confondevano gli uni nelle altre.
«Mamma!»
Sofia fu la prima a vedermi, poi anche le altre due donne alzarono il viso verso di me.
Calliope aprì la bocca, come per rimproverarmi, ma poi la richiuse.
Sapevo cosa avrebbe voluto dirmi. Avevo indossato il costume come promesso, ma avevo anche messo un paio di lunghi e leggeri pantaloni, dalla stoffa impalpabile ma sufficienti a nascondermi le gambe.
La guardai con sguardo supplicante, perché quello era il massimo che potevo fare, almeno per il momento e non mi andava affatto di litigare con mia moglie.
«Va bene anche così» disse lei sorridendo.
«Andiamo nell’acqua, adesso?» chiese Sofia prima che potessi rispondere.
«Perché non vai con zia Addison?» propose Callie. «Mentre io e la mamma rimaniamo qui a fare la guardia al castello?»
«Va bene, zia Addison? La sanno fare bene la guardia?» domandò Sofia dubbiosa.
Addison rispose annuendo e ci fece l’occhiolino, prima di correre con la piccola verso il mare.
«Scusami» dissi, prima che Callie potesse parlare.
«Per cosa?»
«Per i pantaloni. Lo so, ti avevo promesso che non avrei fatto storie per il bikini, che non mi sarei vergognata davanti ad Addison, ma…» iniziai a spiegarle, afferrando la paletta di plastica di Sofia e iniziando distrattamente a riempire il secchiello.
«Arizona» mi fermò lei. «È tutto a posto, davvero. Mi privi della bellissima visione del tuo fondoschiena, ma posso sopportarlo, davvero» scherzò.
«Grazie» risposi semplicemente, continuando a riempire il secchiello con più vigore.
«Sofia sta dando filo da torcere a Addison» osservò Callie divertita.
«Quella bambina è un uragano» commentai con un sorriso.
«Forse le ricorda il suo primo aborto».
«Cosa?» domandai stupita, non capendo a cosa si riferisse. Non credevo che Addison avesse mai abortito, anzi, ero convinta che avesse sempre desiderato un figlio con tutta sé stessa.
Rovesciai velocemente il secchiello colmo di sabbia e lo sollevai con attenzione, mentre Callie parlava.
«Molti anni fa rimase incinta. Di Mark. Allora era ancora sposata con Derek e, per quanto volesse un figlio, lo voleva di Derek, non di Mark. Così abortì. Mi disse che secondo lei sarebbe stata una bambina. Non ha mai superato davvero la cosa» spiegò Callie, con una punta di amarezza.
«È molto triste» mi limitai a dire.
«Accidenti!» esclamò dopo qualche secondo Callie, guardandomi. «Come diavolo hai fatto a fare una torre così precisa?! Sono ore che noi ci proviamo, ma…»
«Ma il vostro castello sembra più una rovina» commentai.
«Non è vero!» protestò piccata, spostando lo sguardo dalla mia torre al loro disastroso tentativo. «Ok, forse ha bisogno di essere sistemato».
Risi.
«Un chirurgo ortopedico che non sa costruire un castello di sabbia! Io mi vergognerei!» la stuzzicai.
«Non prendermi in giro!»
«D’accordo, vuoi vedere come si costruisce una vera opera d’arte con la sabbia?» domandai, avvicinandomi a lei. «Osserva la tua stupenda moglie e impara».
Mi aiutò a spianare il suolo dove sorgevano le sue rovine di sabbia, poi costruimmo il nostro castello, insieme, una torre alla volta. Non ci furono incidenti di percorso, se non quando mi sedetti per sbaglio su una torre, troppo concentrata sulle labbra di Calliope per badarvi attenzione.
Gli occhi di Sofia si illuminarono quando tornò con un gelato tra le mani e Addison distrutta che arrancava per mantenere il passo con lei.
«Ho visto che stavate… emh, facendo un’ottima guardia al castello, così ho pensato di prenderle un gelato» ci spiegò Addison, facendomi arrossire lievemente, mentre Calliope si limitò a sillabare un grazie.
«Ma sembra ancora più bello di prima!» esclamò Sofia, dopo un accurato esame allo nostra opera.
«Hai visto, zia Addison? Le mie mamme fanno proprio la bella guardia al nostro castello!» 

   
 
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