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Autore: Cherry Blues    16/02/2013    9 recensioni
Ci troviamo nel bel mezzo della battaglia del Britpop, l'agguerrito scontro musicale tra gli Oasis di Noel e Liam Gallagher e i Blur di Damon Albarn.
Siete pronti a viverla con gli occhi di Sunshine, la groupie tutto pepe di Damon?
Pronti a decidere se Noel -o, come dolcemente lo chiama lei, il "northerner sbruffone dittatore del mondo"- abbia fatto bene a impuntarsi proprio sulla groupie dell'acerrimo rivale?
Preparatevi a sfide, sbeffeggiamenti, attrazioni, passioni, equivoci e situazioni comiche o imbarazzanti, il tutto condito dalla magica atmosfera che si respirava negli anni 90.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Noel Gallagher, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8. Un tè al gusto di sfida
 


Immersa nel silenzio mattutino del salotto di Damon, l’unico rumore che sento è il fottuto tu-tu-tu del fottuto telefono messo giù dall’ancora più fottuto northerner dall’altro fottuto capo del fottuto filo.
E questo solo perché non mi sto concentrando sulla mia voce mentale, altrimenti sentirei anche una sequela di insulti e imprecazioni degna di Premio Nobel per la letteratura se contiamo la quantità di sinonimi che sto trovando per descrivere quel cazzone di un Gallagher!
Me la porti qui, ripenso, sbattendo giù con rabbia la cornetta e incrociando le braccia ancora avvolte in quell’accappatoio più grande di me.
Ma chi si crede di essere?
Se lo scorda, SE LO SCORDA che io vada fino alla sua Supernova Heights o come-cavolo-si-chiama!
Che poi.. che nome assurdo ha scelto, per la sua casa?!
Ciao, sono Noel Gallagher e abito a Supernova Heights!, penso, imitando mentalmente il suo tono odioso.
Sembra quasi il titolo del romanzo della Bronte…
No, ecco, allora ha fatto bene a chiamarla così, dato che il suo cazzo di carattere non mi sembra neanche poi così diverso da quello di Heathcliff –e io NON sono Catherine, preciso, prima che qualcuno possa osare anche solo pensarlo!
Be’, caro Noel, la tua buona vecchia tuta ti arriverà per posta.
Ma si aspettava veramente che io prendessi e partissi verso le Wuthering Heights londinesi solo perché lui mi ha chiesto di farlo?!
Dopo Graham che al Queen’s se ne salta fuori con un “ormai se la fa con i Gallagher” ci manca solo che Damon o qualcuno dei ragazzi mi becchi mentre vado là. Quindi…
Oddio, un momento! E se Noel avesse il dispositivo per visualizzare l’ultimo numero che ha chiamato e, non vedendomi arrivare, telefonasse QUI, a casa di Damon?! Sarei ancora più morta!
E uno che vive a Supernova Heights non può non avere quell’opzione nel telefono, mi sembra ovvio.
Ok, però non posso neanche cacciarmi per la seconda volta nella tana del lupo, no?
Me ne starò qui buona buona, a cercare  un’altra soluzione, senza fare mosse assurde –capito, Shine?!-, mentre aspetto che Damon torni dal suo pranzo con la cara Justine.
Sì, aspetto qui…
Da sola…
Sospiro, accorgendomi di quanto sia assordante questo silenzio.
Raggiungo la camera da letto e, inginocchiandomi, tiro fuori la famosa tuta blu dal fondo della mia valigia, senza decidermi, continuando a fissarla dubbiosa e lanciando poi un’occhiata indecisa all’orologio.
Bè, Damon è da Justine, quindi non tornerà per qualche ora…


Senza neanche sapere come, mi ritrovo a sfrecciare per le luminose vie londinesi a bordo della mia bici, con la tuta di Noel chiusa in un sacchetto stretto sul portapacchi dietro di me.
Me la porti qui.
Fanculo. Fanculo anche perché per l’ennesima volta l’ha vinta lui!
Come con la pomata per le ustioni, o con il suo Chiamami scritto sul bigliettino, o con l’andarlo a vedere al concerto… Accidenti, che rabbia! Sento proprio una rabbia assurda scorrermi in corpo e la incanalo con impazienza nella gambe, sfrecciando sulla pista ciclabile con tutte le mie forze.
8, Steels Road, Belsize Park, mi ripeto, uscendo finalmente dalla zona più trafficata per immettermi nei viali alberati, ombrosi  e tranquilli che tanto amo.
Ho dovuto chiedere le indicazioni tre volte… E mi è toccato persino abbassarmi a domandare ad una ragazzina con la maglia degli Oasis –ma come si può andare in giro conciate così?- dove fosse la casa di Noel Gallagher. Quella era la classica fan che ha l’abitudine di pellegrinare là settanta volte al giorno come minimo: se le avessi chiesto mille sterline in cambio della tuta del suo idolo me ne avrebbe offerte il doppio, scommetto. Così avrei dato una bella mancetta di incoraggiamento a quei pigroni che dovrebbero risistemarmi l’appartamento e che invece, almeno fino ad un paio di giorni fa, era ancora in condizioni parco-acquatico-londinese.
Bene, Steels Road è questa. Sicuramente si è scelto un quartiere niente male per vivere: ci sono solo villette eleganti e fastose circondate da tipici giardinetti inglesi.
8… Sono arrivata. Scendo dalla bici per ammirare quella che mi trovo davanti, fatta di mattoncini ocra e rifiniture classicheggianti in marmo bianco. Un minimo di privacy è concessa dalla verde siepe che la circonda quasi interamente, ma basta avvicinarsi al cancelletto per notare il gigantesco cartello con la scritta nera Supernova Heights –no no, Noel, non sei megalomane, neanche un po’…
Sospiro, appoggiando la bici accanto al cancello e prendendo con me la tuta. Coraggio, Shine…
Premo riluttante il bottoncino per citofonare, stupendomi nel sentire un suono normale –data la modestia mi aspettavo come minimo che partisse una sua canzone a tutto volume-.
Ecco che con un odioso rumore improvviso il cancelletto davanti a me si apre, ma non faccio neanche in tempo a chiudermelo dietro che già vedo Noel appoggiarsi allo stipite della porta: pantaloni chiari, maglia a maniche corte sul verdino, braccia incrociate e la solita faccia da sberle.
“Scusami, non ti aspettavo” inizia ironico “Pensavo fossi quella che mi diceva di scordarmi che mi riportassi ora la tuta”
E rieccolo coi suoi dannati giochetti. Mi trascino verso di lui con un passo svogliato, alzando gli occhi solo per incenerirlo: sono a tanto così dal tirargli una testata su quel sorrisetto soddisfatto.
“Non si saluta?” chiede divertito piantando lo sguardo nel mio.
Chino leggermene la testa di lato, aprendomi anch’io in un sorriso questa volta però solo finto e ironico.
“Sì” annuisco, prima di appiccicargli sullo stomaco il sacchetto con la tuta, senza smettere di fissarlo. “Addio”.
Ooooh, ottimo: per una volta sono io a poter fare un’uscita ad effetto,  per cui, dopo questa bella battuta da film, ne approfitto per fare dietro front. Prima che possa anche solo rendermene conto, però, lui intreccia una mano nella mia e mi tira dentro casa.
“Noel!” squittisco.
“Oh, povera” sfotte avvicinandosi e chiudendo la porta dietro di me “Damon non ti ha dato il permesso di stare fuori per pranzo?”
Appoggio una mano sul suo petto per allontanarlo e lasciarmelo alle spalle. Qui c’è qualcosa che non va, comunque! Stavo per fare la mia uscita ad effetto e… e invece sono dentro alla casa di uno dei Gallagher!
Se Damon mi vedesse in questo momento mi rispedirebbe ad annegare nella mia casa-piscina… O mi ucciderebbe e Justine userebbe la mia pelle per farsi una pelliccia, ecco!
Ma forse mi sto perdendo troppo nelle mie elucubrazioni mentali, perché dopo poco Noel se ne salta fuori con un “Hai perso la lingua?”. Apro la bocca per rispondere, ma ovviamente lui non me ne lascia nemmeno il tempo –viva la galanteria, insomma- “Strano, a quanto dice mio fratello la sai usare anche bene” aggiunge incrociando le braccia.
Ok, probabilmente voleva essere una provocazione, ma tutto quello che mi esce è un mezzo sorrisetto compiaciuto e divertito: insomma, non è da tutte trovarsi praticamente imprigionate nella stanza di un troglodita irlandese, senza vie di scampo, e riuscire -non solo a liberarsi!- ma anche a fare scacco matto a lui e al troglodita junior arrapato! “Aww, mi spiace” rispondo con un labbrino e una vocina infantile, decisamente ironica “Il piccolo fratellino è andato a piangere dal fratello maggiore perché il suo «giocattolino»-” mimando le virgolette “se n’è andato prima che lui potesse inzuppare il biscotto?” chiedo maliziosa portando le braccia dietro la schiena.
“Vederlo piangere sarebbe stato comunque meno scioccante di entrare in stanza e trovarmelo davanti completamente nudo” spiega disgustato, ma si interrompe di colpo, assumendo un’espressione contrariata, un sopracciglio alzato “Inzuppare il biscotto?” ripete trattenendo una risata.
“E’ un modo di dire, Gallagher! Se non hai una cultura generale, non so che farci” scuoto la testa dandogli le spalle, cogliendo l’occasione per dare bene un’occhiata alla sua umile dimora –e poi se proprio devo trovarmi nella tana del nemico… come minimo devo studiare il territorio- : un parquet di legno copre l’ampio pavimento e a sinistra prosegue anche per tutta la parete, completamente vuota, fatta eccezione per l’enorme acquario incassato, pieno di specie tropicali molte delle quali non avevo mai nemmeno visto; di lampadari fastosi con le classiche gocce di vetro ne intravedo almeno uno in ogni stanza che posso sbirciare dalle porte socchiuse e per quanto riguarda i camini –fortunatamente spenti, dato il caldo assurdo di fine luglio- per ora sono a quota due.  “Be’, ti tratti bene, direi” avvicinandomi al bordo del caminetto, sul quale erano appoggiate delle  cornici d’argento. “Sei quello al centro vero?” chiedo sicura osservando la foto di tre bambini accucciati contro il muro, il più piccolo –Liam- imbacuccato in un cappello dello stesso tessuto del maglioncino ben più largo di lui, gli altri due vestiti con delle maglie identiche e piuttosto modeste. Forse è per questo che ora Noel si circonda di lussi…
“Sì” annuisce brevemente, accendendosi una sigaretta e controllando ogni mia mossa.
Io scorro velocemente le varie foto: sono quasi tutte risalenti alla loro infanzia, ma, nonostante ce ne siano anche alcune piuttosto recenti, non vedo l’ombra di immagini di Meg.
“Liam era adorabile, comunque” commento quasi intenerita tornando con un’ultima occhiata al bimbo che Noel sembrava proteggere “ma senza monociglio si riconosce a malapena” sancisco spostando lo sguardo sul terzo. “Tuo cugino?”
“Mio fratello, Paul” mi corregge lui, accarezzando un micetto spuntato dal nulla in stile Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie: ora ci manca solo che Noel si prenda un capello gigante e mi serva il te…  anche se, conoscendo –poco, per fortuna- il tipo, mi aspetterei più un cannone in stile Brucaliffo. No, un momento- “Fratello?” ripeto sbarrando gli occhi “Ci sono TRE Gallagher a piede libero al mondo?!” esclamo con voce allarmata, mentre il gatto inizia a strusciarmisi tra le gambe.
“E con questo?” domanda assottigliando lo sguardo.
“Bè, la mia allergia potrebbe peggiorare” commento perfidamente abbassandomi ad accarezzare l’unica morbidosa anima dolce in quella stanza “Anche Paul è stronzo, montato, antipatico e composto al 90% da sopracciglia come voi?” domando alzando la testa con un sorrisino.
Lui rimane a fissarmi con gli occhietti assottigliati, ma con, sulle labbra, solo la sigaretta e non una delle sue solite risposte pronte. Uno a zero lo dico io, stavolta.
“Benson, vieni via di lì, che rischi davvero di prenderti la rabbia” commenta impassibile sputando fuori il fumo. Sottile umorismo britannico, già.
Il gatto però sembra più intenzionato a farmi le fusa piuttosto che a seguire il monito di the Chief. Anzi, io se fossi in lui gli disobbedirei per principio, anche solo per il nome appioppato: Benson. Vi prego, ditemi che non l’ha chiamato così per la marca di sigarette!
“Comunque, Miss Simpatia” inizia, cercando qualcosa dietro lo schienale del divano “ha dimenticato questi, in camera mia, in Danimarca” annuncia lanciando qualcosa che mi colpisce in faccia –una ola collettiva per i miei riflessi pronti, forza!-. Mi raddrizzo, prendendo i vestiti tra le mani: shorts e top colorato, quello che rischiava di essere visto dagli alieni, stando a quanto aveva detto Noel quel giorno che eravamo a prendere il sole. Senza pensarci, riaffondo il viso nel tessuto ancora impregnato dell’odore di salmastro e mi ritrovo nuovamente sdraiata su quel muretto, i capelli sferzati dalla brezza leggera, con il solo rumore delle onde e, ogni tanto, la voce del northerner antipatico. Il sorriso che, mi accorgo, sta tentando di spuntarmi, mi fa constatare che il breve flashback era stato accompagnato da un debole guizzo di nostalgia. E questo mi fa irrigidire. “Potevi lavarli” esclamo quindi in tono scontroso.
“Me l’hai chiesto?” domanda lui con il solito sorrisetto, aspirando altro fumo.
“Non ti avevo neanche chiesto di togliermeli, se è per questo”
Lui alza le spalle “Quella è stata l’ispirazione del momento”
“Proprio una grande ispirazione, allora” commento ironica prendendo Benson in braccio.
“Cos’altro avrei dovuto fare-” ridacchia “mentre aspettavo che smettessi di fare la Bella Addormentata sul mio letto?”
Roteo gli occhi indispettita “Che palle, Noel! E poi è stata colpa tua se mi sono addormentata” brontolo “Sei noioso…”
“No” sputa fuori con tono beffardo, interrotto brevemente dal fischio di una teiera nell’altra stanza “E’ stato perché eri in estasi per il massaggio”.
E con questo riesce a zittirmi per qualche secondo: il movimento della coda di Benson sembra essermi appena diventato di enorme interesse…
Ti odio, Noel.
“Differenti punti di vista” mi giustifico infine cercando di sostenere il suo sguardo scettico.
Dopo un interminabile silenzio da parte di entrambi e un paio di sue tirate alla sigaretta ormai consumata, se ne salta fuori con un criptico “Del tè?”. Wow, la mia premonizione del Cappellaio Matto sembra avverarsi.
Ci terrei a precisare il fatto che la mia idea iniziale fosse solo quella di passargli la tuta dal cancelletto senza nemmeno mettere piede nel suo giardino, ma tanto ormai sono qui –complimenti per la coerenza, Shine- … e poi  a casa non avrei niente da fare. Annuisco, tornando ad accarezzare il gatto. “Solo se è bollente e posso rovesciartelo in testa” aggiungo svogliata guardandolo di sottecchi, mentre lui cerca di trattenere una risata e mi fa cenno di accomodarmi in salotto, prima di sparire in cucina.
Sospiro, trascinandomi verso quell’enorme stanza ben illuminata dal sole estivo e prendendo posto su una delle due poltrone marroncine, lasciando che Benson si accoccoli sulle mie gambe. 
“Meno male che ci sei tu, qui” gli mugugno piano accarezzando il suo morbido pelo rossiccio. Per tutta risposta lui mi fissa con quelle grandi pupille nere contornate di verde, reclinando leggermente il musetto di lato per poi voltarlo di scatto nella direzione dalla quale sta già comparendo Noel.
Solo quando noto che sul vassoio non c’è altro che la teiera con l’acqua e sposto lo sguardo corrucciato verso il tavolino, mi accorgo che lì erano già state appoggiate due tazze vuote con dentro solo delle bustine di Yorkshire Tea.
Due tazze.
Lui sembra decifrare la mia espressione confusa, tanto che lo vedo tirare fuori per l’ennesima volta il suo sorrisetto da sberle “Bè, era ovvio che saresti venuta” spiega sicuro di sé versando l’acqua e sedendosi sulla poltrona di fronte a me.
Serro le labbra, mentre le mani –che fortunatamente per Benson avevano smesso di accarezzargli le zampine- mi si stringono a pugno. Quanto lo odio quando fa così, penso infastidita soffermandomi sui suoi lineamenti forti e sulla sua espressione che sembra essere di scherno anche quando è serio.
“Fottiti” biascico chinandomi per prendere la mia tazza e mescolare l’infuso giallognolo.
“Non sai quante si taglierebbero via il braccio destro per essere al tuo posto in questo momento” dichiara beffardo iniziando a sorseggiare il suo.
“Oh, ma anch’io lo farei” esclamo tranquilla con uno sguardo da angioletto, portandomi la tazza alle labbra “Solo per aver qualcosa da tirarti addosso, però” concludo con un finto sorriso, lasciando poi che la bevanda preferita da noi inglesi –perfino più della birra, forse-  mi inebri  col suo sapore fruttato.
“Certo, certo” inizia scettico “Però al nostro concerto sei rimasta per un bel po’ di tempo-”
“Sì ma-”
“O sbaglio, cara?”
Questa volta mi irrigidisco talmente tanto che perfino Benson se ne salta giù dalla poltrona, smarrito.
“Chiamami così un’altra volta e ti spacco quella chitarra sui denti” lo ammonisco buttando giù un altro sorso di te e facendo scorrere lo sguardo sullo strumento appoggiato accanto al tavolino.
Lui sorride, appoggiando la tazza per impugnare la Epiphone in questione “Oppure potresti usarla per insegnare al tuo amore a suonarla come si deve”, proferisce, ma non faccio neanche in tempo a ribattere che lui inizia con dei primi accordi, senza degnarmi più di uno sguardo.

Slip inside the eye of your mind
Don't you know you might find
A better place to play


Mi sembra quasi di sentire nuovamente la folla in delirio al loro concerto al Roskilde Festival –oggi è ufficialmente la giornata mondiale dei flashback danesi, non lo sapevate?-. L’unica canzone che aveva cantato Noel, già.
Non mi ricordo le parole, rifletto mentre lui prosegue, ma il ritmo sì, quello mi era rimasto in mente. Merda.
 
So Sally can wait,
she knows its too late
as we're walking on by

Her soul slides away,
but don't look back in anger
I heard you say


Con un veloce cambio di accordi, Noel anticipa la fine del brano dopo il primo ritornello: l'ultima nota si propaga lentamente per la stanza, prima di lasciarci ripiombare nel silenzio.
“Commenti?” chiede lui con uno sguardo deciso, appoggiandosi alla chitarra.
Stupenda.
“Damon sa fare di meglio” -a quanto pare il mio orgoglio ha risposto prima di me.
Lui scuote la testa con scetticismo “Sei di una testardaggine unica”.
Con la coda dell’occhio, intanto, noto che anche il calendario appeso nel salotto di Noel è già girato sul mese di agosto, con la data dell’uscita di Countryhouse e Roll with it ben evidenziata, come quello di Damon. Sorrido malignamente, indicandolo con un cenno del capo “Stai facendo il conto alla rovescia per ricordarti quanti giorni manchino alla vostra sconfitta?”
Lui gira leggermente la testa per capire a cosa mi stessi riferendo. “Divertente” commenta sarcastico rimettendo la chitarra al suo fianco.
“No bè, hai ragione” annuisco con finta comprensione “anch’io fossi in voi vorrei prepararmi psicologicamente”
Dopo qualche secondo di silenzio, Noel si china in avanti verso di me, con un sorriso di scherno, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Dì al tuo amore” inizia, col solito tono di disprezzo che gli ho sempre sentito usare quando nomina Damon “che siete voi a dovervi preparare psicologicamente a venire schiacciati dagli Oasis. Vinceremo noi, chiaro Sunshine?”
“Oh, davvero?”  replico ironica allontanando il mio volto dal suo “Eppure mi sembrava che Parklife avesse già stracciato Whatever e Definately Maybe ai Brit Awards, o sbaglio? E come Best British Group i Blur hanno battuto quella band…. Aspetta, com’è che si chiamano?” domando fingendo di doverci pensare su “Pink Floyd?” sorrido orgogliosa “E poi mi sembrava ci fosse anche un altro nome nella lista dei perdenti: dunque, M People, Eternal e… O-a-sis!” finisco trionfante, notando compiaciuta come lui abbia stretto con nervosismo le mani intorno alle sue ginocchia.
“I Blur sono sul mercato da più tempo” ringhia “Ma questa volta saremo noi a farvela” aggiunge deciso, riprendendosi la tazza e facendo un ironico cin cin con la mia, benché io resti impassibile. “Perché non scommettiamo, se sei così sicura di te?” propone beffardo appoggiandosi allo schienale.
Ecco che la discussione si fa interessante: l’adrenalina, che aveva iniziato a scorrermi in corpo già dall’inizio del discorso sulla sfida dei due singoli, ora sta galoppando.
Se scommettessi e vincessero i Blur, potrei  finalmente vendicarmi per tutti i giochetti di Noel, il suo tono da dittatore e le sue prese in giro.
Ma se –e Damon non saprà mai che la sua groupie stia considerando anche l’eventualità che disgraziatamente potrebbero vincere gli Oasis- se dovessimo perdere?
“O forse hai paura…” continua Noel, tornando a chinarsi su di me, con il sorrisetto sul quale vorrei tanto che Benson si affilasse gli artigli.
“NON ho paura!”
“Bene…” mormora divertito “Allora se vinciamo noi vieni ad un nostro concerto, in prima fila, con tanto di maglietta e striscione… Senza nasconderti dalle telecamere”
Che sarebbe come dire senza evitare che Damon in qualche modo venga a saperlo, mi pare ovvio.
Sto facendo una cazzata, penso, mentre Noel mi tende la mano aperta.
“Andata!” esclamo però tutto d’un fiato raggiungendola con la mia, sentendo l’adrenalina arrivarmi alle stelle. “Se vinciamo noi, mi basterà vedere le vostre facce da perdenti”
“Inizia a preparare lo striscione” ghigna lui stringendomi la mano, che io ritraggo subito scattando in piedi.
“E tu preparati a veder piangere di nuovo il tuo fratellino!” ringhio orgogliosa dirigendomi verso la porta, mentre sento lui alzarsi dalla poltrona con la sua solita grazia da fottuto northerner.
Raccatto i vestiti che avevo appoggiato sul mobile vicino all’ingresso, nel silenzio in cui risuona solo un miagolio del gatto, che ci fissa dal ripiano del camino.
“A presto…” soffia piano Noel, con sguardo di sfida, a braccia incrociate “Sunshine”
Apro la porta con forza, girandomi solo per guardare ben dietro di lui “Ciao Benson”
 
 
 
Sono le cinque passate quando sento, finalmente, la serratura girare, preannunciandomi l’entrata di Damon. “Hey” mi saluta subito con un sorriso malizioso, facendo segno di avvicinarmi.
Dal divano, mi alzo di corsa fiondandomi da lui e prendendogli il volto tra le mani “Devi abbassare il prezzo di CountryHouse” butto fuori tutto d’un fiato.
Lui rimane interdetto: probabilmente attendeva un bacio e infatti non tarda a soddisfare da solo le sue aspettative. “Non dire cazzate” mormora poi spensierato prima di riappropriarsi delle mie labbra.
“Sono seria” ribadisco staccandomi e fissandolo negli occhi “Non deve costare più di due sterline”
“Ma mancano pochissime settimane all’uscita, è impossibile! E poi… perché?”
Roll with it costerà 3.99” sputo fuori paonazza.
“E tu come lo sai?” domanda dubbioso inarcando un sopracciglio.
Ripenso a quel pomeriggio in Danimarca –e vai col terzo flashback!-: mezza Inghilterra farà la fila per spendere £3.99 fottute sterline per comprare Roll with it!, mi aveva detto Noel.
“Mi è venuto in mente che a Roskilde… avevo sentito i due Gallagher che ne parlavano”
Sì, ok, ho alterato leggermente la dinamica dei fatti, ma il concetto è comunque quello.
“Ma che brava…” sussurra orgoglioso accarezzandomi i capelli “a spiare il nemico”
Eh già… Peccato che io ci abbia anche preso un tè, con il nemico, poche ore fa. Ma non credo che Benson farà la spia a Damon.
Sorrido, ricatturandogli lo sguardo “Allora?”
“Non lo so…” mormora dubbioso “Pensi davvero che sarebbe una buona mossa?”
“Fidati” prometto, sentendomi il sapore della sfida sulle labbra “Vogliamo batterli o no?”
 
 


 
Rieccomiii! Sono contenta di essere finalmente riuscita ad aggiornare :)

Qualche nota e poi non vi rompo più:
-per la descrizione della casa di Noel, ho preso spunto da –ebbene sì XD- Google Maps e le foto interne pubblicate su una qualche rivista


 
-Benson è uno dei due gatti che aveva Noel all’epoca… Benson & Hedges (sì, la supposizione di Sunshine era corretta) :3 Purtroppo non ho trovato una foto, ma me lo immagino più o meno così:


 
 
-"I am obsessed with Yorkshire Tea," questo è quanto ha dichiarato Noel :)
-la foto che Sunshine descrive è questa:
 


 
-una cosa che ci tenevo a precisare: per quanto mi piaccia molto scrivere il punto di vista di Sunshine,  preciso che musicalmente non è per niente obiettiva (ma forse questo l’avete già notato), quindi vorrei proporre una ola per i Pink Floyd e gli Oasis, ingiustamente denigrati :3
 
Lo so che ho pubblicato un po’ in ritardo :( , però col fatto che il capitolo è un po’ più lungo dei precedenti e  c’è stato un nuovo incontro tra Sunshine e Noel… mi perdonate? :3

Spero abbiate qualche parere e vi ringrazio per le recensioni ricevute finora!
Un abbraccio

Cherry
  
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