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Autore: Mr Tobi    16/02/2013    0 recensioni
Dopo la Crisi dell'Oblivion, un gruppo di soldati in missione segreta si reca nel continente perduto di Akavir, con l'intento di recuperare una preziosa sotanza in grado di fermare la scalata al potere per il trono imperiale, ora vuoto.
Gli agenti e il loro mago dovranno fare i conti con nemici ben più potenti di loro, immischiati in un conflitto che cambierà il destino del mondo
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10-Sogno e risveglio

Varel si trovava in una stanza senza pareti: non vi era mobilio, lampadari quadri o altri fronzoli, come pure letti o tavoli; era strano, certo, ma mai quanto la presenza di un'altra persona nella stessa stanza, e quella era Saeko. Varel cercò di dirigersi verso la sua amica e per chiederle spiegazioni, ma questa non si mosse alle sue chiamate.

Così cercò di correre verso la Tsaesci, ma si accorse che i suoi piedi erano letteralmente incollati al pavimento (se così lo si poteva definire), mentre la figura diventava sempre più piccola: poi ad un certo punto, dal biancore sullo sfondo, si ergé una figura d'ombra, con due tizzoni ardenti come occhi; crebbe sempre più fino ad inglobare Saeko nella sua oscurità, per poi accorgersi della presenza del mago. Varel era carico di rabbia e confusione, oltre che dolore, ma non poteva fare nulla mentre il mostro d'ombra lo inghiottiva negli abissi dell'oblio...

 

-NO!-

il gridò che Varel pronunciò al suo risveglio fece sobbalzare il guaritore che lo stava studiando, facendolo cadere dalla sedia sulla quale si era seduto. Con la vista ancora oscurata, il mago riusciva solo a scorgere ombre e voci sconosciute.

-Dove sono? Io...-

Hēi lánhuā aveva cavalcato a lungo in quei giorni: il suo cavallo era sfinito, e ciò era incredibile, considerando che il suo era un destriero demoniaco proveniente dall'Oblivion, ma la missione era più importante per l'assassino di quanto fosse la vita del cavallo, e così lo aveva costretto a corse massacranti.

Seguì la traccia che aveva colto nel mare erboso, ma all'altezza di un ponte di pietra, tanto lungo da non poterne scorgere la fine, perse quel flebile odore che lo aveva guidato fin lì.

L'individuo esplose in un grido di rabbia e frustrazione: nessuna preda, in oltre cinquemila anni, gli era mai sfuggita, ed ora il sapore della sconfitta era amaro come la fiele. Nella sua rabbia, distrusse alcune rocce che gli erano vicino, fino a ridurre tutta la spiaggia ad una campo di battaglia, mentre il cavallo osservava la scena con una flemma invidiabile.

Ma purtroppo non vi era nulla da fare, a meno che il demone non volesse diventare un'ameba, un guscio vuoto senza volontà guerriera o violenta, cosa impensabile per uno dei figli di Menrhues Dagon. E così non gli rimaneva altro da fare, se non tornare da Tosh Raka e riferirgli il suo fallimento...

 

Varel non seppe mai dire come, dopo quel lungo sonno, si fosse svegliato senza ansie o timori, fatto sta che il suo riposo durò a lungo, almeno tre settimane.

Quando si destò dal letto dove giaceva, la prima cosa che notò fu la mancanza dei suoi vestiti: indossava infatti una lunga ed anonima casacca bianca, come biancha erano le lenzuola. La stanza era indescrivibile: le pareti erano costituite da quello che sembrava legno, ma non il legno grezzamente lavorato dei rifugi dei bosmer, ma piuttosto un legno pregiato, con venature nere e marroncine, senza intarsi, è vero, ma stupendo nella sua semplicità.

Il mobilio era anch'esso di legno, nero e dalle forme essenziali. Dalla finestra della stanzetta si intravedevano raggi si sole e un curioso cinguettio, come se molti uccelli avessero deciso di fargli la serenata.

Varel, dopo parecchi minuti di smarrimento (non è facile riordinare le idee dopo una lunga convalescenza e non sapendo dove vi troviate, no?), si ricordò della luce che aveva inondato i suoi compagni e, soprattutto, Saeko.

Cercò di scendere il letto, ma scoprì con terrore che le gambe non lo reggevano: rovinò rumorosamente sul pavimento del legno. E, provando a rialzarsi con le energie residue che gli rimanevano, scoprì che i muscoli si stavano rinvigorendo, e ad ogni movimento, pur essendo doloroso, il corpo riacquistava la sua mobilità.

Proprio i n quel momento nella stanza entrò Saeko, che rimase per qualche minuto attonita nel vederlo a terra, per poi precipitarsi a sorreggerlo.

-Dove sono? -Che cosa è-

-Mi dispiace, Varel- disse lei -ma ora devi solo riposarti. Sei stato a riposo per lungo tempo, ma non hai ancora riacquistato la possibilità di andartene da qui.-

Lo rimise a letto, con delicatezza e sorridendo gli disse che sarebbe rimasta al suo fianco finché non si fosse completamente ristabilito.

Varel così ripiombò nel sonno, sebbene più leggero e dolce di quello abitato dall'incubo.

 

Si risvegliò completamente riposato e guarito dal torpore che lo aveva investito fino ad allora.

-Ben svegliato Varel-

Saeko era accanto al suo letto, vestita con gli abiti che aveva addosso durante l'attraversamento del ponte, ma qualcun altro era nella stanza assieme a lei: oltre al capitano Farel, anch'egli in vestaglia, vi era una figura scimmiesca, o per lo meno, una creatura che presentava affinità con le scimmie che Varel aveva visto sull'isola di Summerset.

Però questa, oltre ad essere alta almeno due metri, se non di più, era coperta da una folta pelliccia argentea, ed il muso ricordava, per certi versi, quello di un uccello: una lunga barba pelosa scendeva dal viso dell'essere, e questi si teneva appoggiato ad un lungo bastone di legno.

-Ma cosa? Come?- chiese l'elfo: era decisamente confuso.

Prima che Saeko potesse spiegargli cosa era successo, si fece avanti l'essere scimmiesco.

-Salute, mago. Io sono Volun Lerah, capo dei 4 saggi che controllano e governano il reame dei Tang Mo, e ora ti trovi in una camera del nostro ricovero; prima che tu possa chiedermelo, i tuoi compagni sono al sicuro, anche se alcuni sono ancora persi nel cammino.

-Cosa?-

-Non affaticarti troppo-disse Volun, gli occhi penetranti e saggi che lo fissavano-sei quasi guarito dagli effetti del nostro anatema, e tra poche ore potrai sapere cosa vi è accaduto sul ponte, e discutere di quanto seguirà questa azione. Ora io vi lascio- E così dicendo se ne andò dalla camera, facendo cenno al capitano di seguirlo.

Varel avrebbe voluto dire qualcosa, ma era ancora scioccato. Saeko gli disse-Non devi temerli: i Tang Mo hanno deciso di curarci e di ascoltare le nostre richieste, solo che dovrai portare molta pazienza, per l'incontro di questo pomeriggio-

-E perché?- Ma Saeko non gli rispose, continuando a sorridergli.

 

Nel giro di poche ore, Varel fu in grado di scendere dal letto e di recarsi, sostenuto dalla Tsaesci, nella sala attigua, dove c'erano i suoi compagni: essi erano vestiti esattamente come lui, ma nessuno era sveglio, e nel sonno, borbottavano ininterrottamente.

Ma Varel non riuscì a farsi dire da Saeko cosa fosse successo, e tenne a freno a stento la sua curiosità. E così si spostarono verso l'esterno della struttura fino ad arrivare ad una serie di scalini che conducevano ad un entrata, contraddistinta da una tenda molto semplice e modesta e d'improvviso Varel si ritrovò immerso nel verde di una foresta: la luce filtrava dalle cime degli alberi (maestosi ed imponenti) dando all'ambiente circostante un grado di morbidezza e serenità che nemmeno il giardino degli Tsaesci riusciva ad eguagliare.

Sulle cime degli alberi si potevano notare delle case intagliate nel legno, alcune molto semplici, altre più elaborate, ma tutte erano collegate tra loro da dei ponti sospesi ad altezze vertiginose. Il risultato era un'incredibile città boschiva, assai più magnifica della capitale dei bosmer. Varel era sconvolto e piacevolmente confuso mentre ammirava la capitale dei Tang Mo: Lǜ bǎoshí.

  
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