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Autore: Nuru    16/02/2013    8 recensioni
Spaccato sull'infanzia di Dean e Sam, quando Dean era ancora troppo piccolo per poter considerare il fratellino altro da un peso difficile da portare. Ambientata prima dell'inizio di tutto, con alcuni riferimenti al finale della 5^ stagione.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, John Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio, Quinta stagione
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Tutti i diritti di Supernatural appartengono ai rispettivi networks televisivi: The WB, The CW, Warner Bros. Scrivo senza scopo di lucro e non guadagno nulla dalla pubblicazione di questa storia, il mio è solo un omaggio ad una serie e a dei personaggi che amo.

Spoiler: la storia qui di seguito anticipa alcuni fatti riguardanti il finale della 5^ stagione


 

 

Dean era solo un bambino

 

 

Dean era un bambino piccolo quando la mamma era morta e lui si era sentito perso. Ricordava ancora quella notte di fiamme e paura e lacrime, ricordava ancora quando John gli aveva messo Sammy in braccio e gli aveva urlato di portarlo fuori, caricandolo di un peso troppo grande per lui, che era solo un bambino. E poi tutto era stato diverso, nessuno gli aveva più tagliato i bordi del sandwich, nessuno l'aveva più raccolto e consolato quando cadendo si sbucciava un ginocchio e nessuno gli aveva rimboccato le coperte e cantato hey Jude come ninna nanna. Dean era un bambino infelice. Non aveva più una mamma e non aveva più un papà, solo un padre. Un uomo diventato duro e freddo come la canna della pistola che gli posava ogni notte sulle coperte al posto del suo vecchio orsacchiotto di pezza che era bruciato in quella casa, andato per sempre tra le fiamme. Dean era un bambino senza mamma e con un padre assente e con l'unico scopo e dovere nella vita di difendere Sammy, sempre e comunque. Dean era un bambino stanco.

 

Era stanco di dover badare a un fratellino che gli si attaccava addosso e non lo lasciava respirare un attimo. Sammy afferrava la sua t-shirt con la manina impiastricciata di saliva e stringeva come Dean fosse la sola cosa materiale in un mondo fatto di ombre, camminandogli al fianco con passo malfermo mentre scendevano dall'impala per entrare nella solita diversa stanza in affitto e Dean era stanco di lui. Dean aveva appena sette anni e preparava pappette con cui imboccava il fratellino, poi gli faceva il bagnetto, gli faceva lavare i dentini e lo infilava a letto e alla fine si addormentava sfinito sopra le coperte senza nemmeno togliersi le scarpe, con la tv accesa in sottofondo per smorzare il silenzio opprimente di quelle lunghe notti infinite nella camera di un motel qualsiasi, dove John decideva di parcheggiarli in attesa del suo ritorno a volte per giorni o settimane. Dean era solo un bambino eppure conosceva già l'angoscia e la paura e il timore sottile di non veder più tornare suo padre e di dover passare la vita a preoccuparsi di Sammy.

 

«Sammy ha mangiato?»

 

«Sì signore...»

 

«Ha fatto il bagno?»

 

«Sì signore...»

 

«Si è lavato i denti?»

 

«Sì signore...»

 

«L'hai messo a letto?»

 

«Sì signore...»

 

«Ricordati il sale, su porta e finestre, c'è un altro caricatore nella borsa marrone e l'acqua santa nella tasca interna, non aprire la porta a nessuno, mai! Intesi? E... Dean?»

 

«Sì signore?»

 

«Proteggi Sammy, capito?»

 

«Sì signore.»

 

Ed era tutto, John riattaccava il telefono e Dean rimaneva con l'orecchio teso ad ascoltare il ronzio della linea interrotta e non c'erano parole per lui, John non chiedeva se Dean aveva mangiato o fatto il bagno o se aveva paura e se sentiva il bisogno di urlare fino a ferirsi la gola, se avrebbe voluto che il suo papà fosse con lui a rimboccargli le coperte e leggergli una favola o se la voce di Dean tremava così tanto perché stava piangendo, mentre parlava con John. Non c'erano parole per Dean a parte proteggi Sammy. Dean era un bambino con il cuore di un vecchio.

 

Dean proteggeva Sammy da tutto e tutti ed era stanco di doverlo fare, stanco di dover controllare tutte le sere se c'erano mostri sotto il letto prima di metterlo a dormire, di esaminare l'armadio e fargli vedere che nulla poteva uscire da lì e mangiarselo durante la notte, stanco di sapere che quelle paure infantili erano vere e di dover comunque ripetere al fratellino che era solo uno stupido moccioso e che i mostri e i demoni e i fantasmi non esistono, nonostante l'immagine della mamma con la pancia piena di sangue in mezzo al fuoco sul soffitto della cameretta di Sammy lo andasse a trovare tutte le notti nel sonno. E quella notte era più stanco del solito, Sammy aveva fatto i capricci da che erano arrivati, o meglio, da che John se n'era andato per la caccia con un bacio tra i capelli per Sam ed una raccomandazione stretta tra i denti per Dean, lasciandoli soli. Dean guardava il fratellino piangere e continuare a sgusciargli dalle mani mentre cercava di infilargli il pigiamino azzurro con i delfini «Sei furbo cimice! Con papà sei tutto coccole e sorrisi e quando lui va e sono io e basta allora fai i pianti e strilli e mi sputi la pappa sulla maglietta, che poi mi tocca che la devo lavare nel lavandino!» Sammy piangeva più forte e Dean gli faceva il verso strillando con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite e Sam rideva e Dean gli faceva le boccacce e Sammy rideva anche di più. Dean a volte era solo un bambino. Quando faceva ridere Sammy, a volte.

 

Lo aveva messo nel letto troppo grande e si era chinato a guardare sotto, senza che Sam potesse vedere la boccetta di acqua santa che teneva in mano, poi gli aveva rimboccato le coperte, si era seduto sul bordo del materasso e ci aveva pensato seriamente se fosse il caso di cantargli la canzone che la mamma cantava a lui, ma era tanto tempo prima e Dean non ricordava le parole e comunque quella era una delle poche cose sue, di Dean e della mamma, così aveva cantato la canzone della pubblicità della coca-cola, quella con tutte le persone sulla collina che cantavano vestite strane e che aveva visto alla tv e Sammy si era addormentato quasi subito, il pollice in bocca e un lembo della maglietta di Dean nell'altra manina.

 

Dean si era sforzato di togliersi le scarpe e i jeans e si era infilato sotto le coperte crollando appena la testa aveva toccato il cuscino. Stava sognando qualcosa di sandwich senza bordi e sorrisi gentili, il profumo della mamma e il sole nella cucina e Sammy l'aveva svegliato all'improvviso strattonandolo per la manica, chiamando con la vocina rotta «'en... 'een...» e Dean si era messo a sedere di scatto, la manina sul calcio della pistola sotto il cuscino «C-cosa? Che c'è Sammy? C'è qualcuno?» Sam aveva tirato su col naso stringendosi il bordo del pigiamino ed aveva indicato col dito paffuto l'armadio a muro dall'altra parte della stanza che quella sera il fratello si era dimenticato di controllare, gli occhi lucidi e spaventati. Dean aveva sbuffato ed era tornato sotto le lenzuola «Non rompere Sammy! Non c'è niente lì! Ci guardo domani, ok? Ora vai a letto» ma Sam insisteva, lo chiamava e continuava a scuoterlo e non l'avrebbe lasciato dormire tranquillo e allora Dean si era alzato di malavoglia e aveva spalancato le ante e l'armadio era vuoto, solo un paio di cuscini ed una coperta. «Contento? Vedi, è vuoto. Ora lasciami dormire!» l'aveva rimesso a letto ma dopo pochi minuti Sammy era sgusciato nuovamente fuori dalle coperte e aveva ricominciato a frignare e Dean era stanco, tanto stanco quella notte, ed era solo un bambino e non aveva riflettuto quando aveva afferrato Sammy per la collottola con rabbia e l'aveva spinto dentro l'armadio, chiudendo le porte e premendoci contro con tutto il corpo per non farlo uscire «Non c'è niente Sammy! Lo vedi che non c'è niente? Mi vuoi lasciare in pace?» e aveva gridato talmente forte da sentirsi grattare la gola e Sammy urlava, sbatteva le manine sul legno e piangeva e per un momento Dean aveva pensato di lasciarlo lì tutta la notte e poi il giorno dopo e tutta la vita e si era sentito quasi libero a quell'idea, ma poi Sammy aveva urlato così forte e la sua voce era talmente terrorizzata che a Dean si erano rizzati tutti i capelli in testa quando il fratellino si era zittito di colpo. Aveva spalancato le ante e Sammy era lì, rannicchiato sul fondo, il pigiamino appena più scuro dove si era bagnato di urina e gli occhi grandi, così grandi che Dean aveva pensato che non gli sarebbero mai più usciti dalla testa e che li avrebbe sognati tutte le notti, gli occhi colmi di paura del suo fratellino.

 

L'aveva sollevato da terra e l'aveva portato nel bagno, gli aveva sfilato il pigiama bagnato e l'aveva messo nella vasca lavandolo bene e l'acqua calda non aveva fatto smettere Sammy di tremare dalla testa ai piedi e di guardarlo con gli occhi ancora sbarrati. Dean l'aveva asciugato a lungo con un grande telo bianco e morbido e gli aveva infilato un pigiamino giallo con le ciambelle e i muffin e piccoli arcobaleni disegnati e per tutto il tempo si era scusato, gli aveva detto che era un fratello cattivo e che mai, mai più gli avrebbe fatto una cosa del genere, mai. Piuttosto si sarebbe fatto mangiare vivo dalle formiche. Aveva accostato una sedia al lavandino per poterci arrivare meglio e aveva lavato pazientemente con il sapone il pigiamino azzurro con i delfini e poi l'aveva steso ad asciugare sul termosifone, l'aveva voluto fare subito per cancellare ogni traccia del suo gesto ma non perché temeva che John l'avrebbe punito severamente per una simile bravata, il pensiero non l'aveva nemmeno sfiorato sopraffatto com'era dal senso di colpa, dalla vergogna e il dolore di aver spaventato a quel modo il suo fratellino ed era questa sensazione orribile che cercava di lavar via.

 

Sam per tutto il tempo aveva continuato a tremare, stringendo forte tra le dita il bordo della maglietta di Dean senza allontanarsi da lui un solo secondo, succhiandosi il pollice della mano libera e questo aveva accresciuto l'odio di Dean verso se stesso. Gli aveva fatto del male eppure Sammy cercava ancora protezione in lui, Dean era ancora il suo eroe. L'aveva preso per manina e l'aveva portato in camera rimettendolo a letto e si era infilato vicino a lui sotto il piumone e poi l'aveva abbracciato forte, tanto forte e Sammy si era aggrappato a lui nascondendo il visino nel petto di Dean che l'aveva coperto bene perché non prendesse freddo e gli aveva dato bacetti impacciati sulla testa accarezzandogli i capelli, gli aveva cantato la canzone di Dean e della mamma, ma ricordava solo la melodia e allora aveva inventato le parole ed hey Jude era diventata la storia di due orsetti che giocavano vicino a uno stagno pieno di ranocchi e Sammy piano piano aveva smesso di tremare e si era addormentato.

 

La mattina dopo John era tornato dalla caccia, li aveva caricati in macchina ed erano ripartiti per un altro lavoro e per almeno una settimana Sammy aveva fatto la pipì a letto e aveva parlato balbettando ed era scoppiato in lacrime entrando in ogni stanza dove ci fosse un armadio a muro, Dean aveva convinto ogni volta il papà a farsi cambiare alloggio e John aveva acconsentito sbuffando, senza mai accorgersi di nulla, senza notare il comportamento strano dei figli o che Sammy fosse sempre addormentato nello stesso letto di Dean quando lui rientrava, John non aveva mai fatto domande e Dean aveva capito. Dean era solo un bambino eppure aveva capito che lui e Sammy erano l'uno per l'altro tutto quanto avessero al mondo. John non aveva più un cuore da dedicare ai propri figli, il cuore di John Winchester era bruciato quella notte, era rimasto lì sul soffitto accanto alla sua Mary e lui era uscito da quella casa senza. Dean aveva capito che per tutta la vita si sarebbe preso cura di Sammy e non gli pareva più un compito così pesante. Dean era un bambino la cui vita aveva un senso, dopo tutto.

 

 

Dean non è più un bambino. Dean è un uomo adesso, un uomo inginocchiato tra l'erba secca in un vecchio cimitero poco fuori Lawrence, nel Kansas. Davanti a lui quattro anelli intrecciati e nessuna traccia del buco in cui Sam si è lasciato cadere solo pochi minuti prima, chiudendo gli occhi e trascinando Lucifero e Michele con lui. Dean è solo un uomo, solo e sconfitto, con il volto tumefatto dai colpi ricevuti e l'anima messa anche peggio e non riesce a fare altro che restarsene lì immobile, a ricordare un pigiamino azzuro con i delfini e grandi occhi spaventati che lo fissavano dal fondo di un armadio.

 

 

 

 


 

La canzone dello spot coca-cola che Dean canta a Sammy è la seguente

 


Hey Jude è un brano dei Beatles del 1968 e nella serie è la ninna nanna che Mary canta a Dean da bambino. La versione di Dean con gli orsetti e lo stagno dei ranocchi non è purtroppo (?) mai stata incisa. 

 


 

Le note di Nuru: che dire? Capita talvolta ti si pianti un'idea in testa e non ti lasci finché non la metti nero su bianco! A me è successo con la frase Dean era solo un bambino che mi è venuta senza motivo e via, son partita per la tangente! Spero che questo racconto vi sia piaciuto e che vorrete dedicare cinque minuti del vostro tempo per lasciare una recensione e dirmi che ne pensate (dai, due paroline veloci? Eh? :3)

 

Se poi vorrete leggere altro di mio (...una ci spera! XD) potete trovarlo qui!

   
 
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