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Autore: Biecamente    16/02/2013    1 recensioni
Ispirato al dialogo drammatico in due parti di Elena Bono con protagonisti Cesare e Catullo.
Racconta di due ragazze che per un compito scolastico si ritrovano ad interpretare l'una la parte di Cesare e l'altra quella di Catullo.
Perché nessun altro avrebbe potuto essere più adatto di me nella parte di Cesare, di quel Cesare confidente e consolatore che prestava il suo nobile orecchio ai drammi del giovane Catullo. E quel Catullo, quel Catullo che Beatrice rappresentava sulla scena, era perfetto e non potevo figurarlo altrimenti che in lei. Gli occhi chiari, in quel momento verdi della mia compagna, erano lo specchio di quelli dell’antico poeta.
Ma il tuo che vive cento, mille vite un cuore senza fine, deve essere.
Ecco sì, il cuore senza fine di Catullo che ora pulsava nel morbido petto di Beatrice.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Cuore senza fine



Beatrice


 

Catullo!

Impietrita di fronte a me stava, i capelli scuri che morbidi le circondavano il volto. Ella mi guardava, smorfia di broncio sul suo viso di rosa. Era entrata pienamente nel personaggio di Catullo così come la Bono lo desiderava per quella specifica scena.

Gaio. Che piacere. Sei stato gentile a venire, gentilissimo.

Sorrisi. Sorriso ampio e spontaneo, quello di Cesare nel vedere il celebre poeta. Ella abbassò lo sguardo. Parlava piano con la sua voce fievole e dolce che per l’occasione aveva riempito di gelo nei miei confronti.

Sei così al di sopra degli odi e degli amori che accendi in questi miseri mortali. Te lo concedo: sei molto amato e molto odiato, Cesare, ma tu non ami, tu non odi, tu non provi niente.

Non riuscivo ad immaginare altro tono, altra voce per quelle parole. Anche mentre rileggevo il copione tra me e me prima dello spettacolo vedevo le sue labbra morbide, calde chiudersi ed aprirsi attorno alle sillabe. Quelle labbra che mi avevano tormentato e per le quali avevo acconsentito a partecipare.
Perché nessun altro avrebbe potuto essere più adatto di me nella parte di Cesare, di quel Cesare confidente e consolatore che prestava il suo nobile orecchio ai drammi del giovane Catullo. E quel Catullo, quel Catullo che Beatrice rappresentava sulla scena, era perfetto e non potevo figurarlo altrimenti che in lei. Gli occhi chiari, in quel momento verdi della mia compagna, erano lo specchio di quelli dell’antico poeta.

 

Ma il tuo che vive cento, mille vite un cuore senza fine, deve essere.

Ecco sì, il cuore senza fine di Catullo che ora pulsava nel morbido petto di Beatrice. Aveva attraversato i millenni fino ad ella, al suo corpo snello e slanciato, ai suoi polsi magri, alle sue belle orecchie… ai suoi occhi felini. Il suo modo elegante di accasciarsi sulla sedia, il suo seno piccolo che s’intravedeva nella toga.

Basta. Non una parola di più. Non lo sopporto. So cosa vuoi dire: che donna è, che tu la conosci bene, che è stata la tua centunesima ganza. Bada, non lo dire.

I suoi occhi che si appannavano. Le labbra che tremavano per l’ira. L’ira di non riuscire a dimenticare quella donna, quella donna le cui lunghe dita gli avevano strappato il cuore. Le mani piccole scosse da brividi, gli stessi che avevano scosso quelle di Catullo un tempo. Quei brividi che ancora attanagliavano quel cuore senza fine.
E io dischiusi le labbra. Volevo dire “non potrei mai dirlo..” con voce carezzosa e con le dita sfiorarle la guancia di rosa. Quindi con quello slancio passionale, posare le mie labbra sulle sue. Ma la battuta venne alla mente, affiorò con prepotenza e imprigionò il mio animo voluttuoso.

E così, ci salutiamo, Cesare.

Non te ne andrai, per caso.

No, ma saremo sommersi e tutto quello che ci potremo dire in mezzo alla gente sarà falso.

Mi basterà guardarti ogni tanto, caro cuore senza fine.

Addio, console unico.

  
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