Rompo le scatole qui e
poi basta, lo giuro.
I tributi protagonisti
di questa OS partecipano all’interattiva ”Run so we’d both be
free” di darkneko_angel.
Loro sono Nina Devine,
la mia tributa del distretto 6, e il suo compagno di distretto Blade Stoner, il tributo di Clary1835.
L’altra ragazza è una
tributa non identificata.
Questa schifezzuola è per Clarice
e per Ilaria, senza la
quale la Blina non esisterebbe nemmeno <3
Enjoy!
Just
me and you
<< Ci accampiamo qui
stanotte? >>
<< Accamparci? Perché? Hai
paura del buio, forse? >> commentò Nina, fissando Blade
con un sorrisino di scherno. Come al solito lui non reagì al suo sarcasmo.
<< La gente normale la
notte dorme, Nina. >>
<< Non sanno cosa si
perdono. >> Nina camminava lentamente, sfiorando distrattamente con la
punta delle dita le foglie degli arbusti che la circondavano. Fissava
trasognata le stelle che quella notte illuminavano il cielo dell’arena.
<< Tutto cambia, la notte, lo sai? >>
Blade sbuffò, ma non rispose in nessun altro
modo alle stranezze che la compagna blaterava.
Era diverso da tutte le altre
persone con cui Nina aveva avuto a che fare.
Normalmente la gente rabbrividiva
quando la sentiva parlare così, con quel suo modo di fare inquietante e un po’
folle. All’orfanotrofio la sgridavano sempre, quando si comportava in quel modo
strano, incomprensibile, ma sapeva che tutti loro avevano segretamente paura di
lei. Le piaceva, la loro paura implicava una sorta di rispetto malato che faceva
sentire Nina incredibilmente soddisfatta.
Claire, nei suoi ultimi
periodi, rideva sempre quando Nina parlava, rideva per ore, probabilmente senza
capire una parola di quello che l’amica diceva. Poi si iniettava ancora
qualcosa in vena.
Alec soffriva quando Nina si
comportava in quel modo, quando dimostrava tutto il suo essere sbagliata, lei glielo leggeva in faccia.
A volte la ammoniva, con la sua voce calma e il suo sguardo serio. Cercava di
cambiarla, di salvarla secondo lui, ma lei non ne voleva sapere.
Blade era diverso.
A lui non importava. Lui non
la giudicava. Lui capiva.
Per Nina era strano rapportarsi
con lui. Provava in ogni momento a manipolarlo, a prenderlo in giro, a
schernirlo sperando di farlo reagire.
Voleva che perdesse il
controllo, che le urlasse contro come facevano tutti. Non capiva per quale
motivo lui dovesse rimanere impassibile di fronte ai suoi giochetti, e questo
la logorava.
Nina rifletteva in silenzio,
guardando il cielo stellato. Blade le dava le spalle,
era accucciato a terra e trafficava con delle corde e altri arnesi che da
quella distanza non riusciva a distinguere. Nina gli si avvicinò, sbirciando l’opera
del ragazzo da sopra le sue spalle. Osservava rapita le sue mani intrecciare i
pezzi di corda e dare origine ad una delle sue trappole micidiali. Blade aveva delle mani grandi, belle, e si muovevano con
una rapidità ed un’abilità impressionante. Nina si accucciò vicino a lui, e
prese tra sue una della mani del ragazzo, osservandola attentamente. Sentiva
dei calli leggeri sui palmi, e la pelle dei polpastrelli, dove la corda
sfregava, era sensibilmente più calda. Al confronto con quelle di Blade, le mani di Nina erano piccole e scheletriche, come
quelle di una pallida bambina. Lui la fissava, con una muta domanda dipinta
sugli occhi, ma non disse niente.
Fu Nina a rompere il silenzio
che si era creato, lasciando la sua mano con un sussurro: << Come
funziona? >>
Lui le indicò alcuni capi più
lunghi della corda << Questi li lego al tronco di un albero qui intorno. Ci
ho annodato delle punte, se qualcuno ci inciampa non sarà in grado di
proseguire per molto. Questo invece >> proseguì indicando l’ammasso più
grande di corda e filo da pesca << con la giusta pressione potrebbe
intrappolare un tributo e soffocarlo in meno di un minuto. >>
Nina annuì, soddisfatta dalla
sua spiegazione e dall’effettiva minaccia che la trappola rappresentava.
<< Allora adesso ci
accampiamo qui. Tu dormi, faccio io il primo turno di guardia. >> Blade le rivolse un’occhiata obliqua << Ti sveglio se
arriva qualcuno, promesso. >>
Il ragazzo annuì, così,
mentre lui dava gli ultimi ritocchi alla trappola, Nina preparò un giaciglio
tra le radici di una pianta.
***
<< Nina! >>
Solo un urlo di Blade, e Nina spalancò immediatamente gli occhi azzurri e
si sedette di scatto. Quanto tempo aveva dormito? Blade
si era svegliato alcune ore dopo di quando si erano coricati, e aveva preteso
di fare la guardia al suo posto. Lei non aveva un gran bisogno di dormire, a
casa non riposava più di due o tre ore a notte. Ricordava di aver fissato il
profilo di Blade, seduto davanti a lei, per molto
tempo, senza che lui se ne accorgesse.
Scorse il suo compagno
seguire una figurina minuta, che zoppicava visibilmente ma si sforzava di
continuare a correre. Nina si alzò in fretta, e cominciò a rincorrerli quanto
più velocemente le sue gambe le permettevano. Si trovava a pochi metri di
distanza da loro, quando Blade finalmente raggiunse
la tributa e la immobilizzò a terra. Era inginocchiato sopra di lei, con una
mano le teneva il collo ancorato al terreno e con l’altra frugava nella tasca
della giacca, dove Nina sapeva che teneva sempre un coltello.
<< Blade!
>>
Il ragazzo si bloccò,
voltandosi a guardare la compagna. Non lo chiamava quasi mai per nome.
La fissò per un breve
istante, mentre la ragazza sotto di lui si divincolava disperata. Poi,
inaspettatamente, sorrise. Si alzò, tenendo saldamente la ragazza ferita per la
collottola e trascinandola in piedi assieme a lui. Continuando a guardare Nina,
spostò la ragazza di fronte a lui, immobilizzandole le braccia dietro la
schiena. Sorrise di nuovo.
Nina si avvicinò, camminando
lentamente. Estrasse un coltello dallo stivale, sorridendo a sua volta e
guardando Blade.
La ragazzina era
terrorizzata,aveva smesso di divincolarsi e guardava Nina, supplicandola.
Nina le avvicinò un dito alla
bocca, invitandola a fare silenzio.
Non riconosceva la ragazza,
non si era curata di controllare i suoi avversari al centro di addestramento.
Tanto doveva ucciderli comunque, che ricordasse i loro nomi o meno.
Cominciò a canticchiare una
canzoncina del suo distretto, rigirandosi il coltello tra le mani e guardando Blade.
Passò la lama di piatto sul
viso della ragazza, delicatamente, senza inciderne la pelle. La tributa
cominciò a piangere sommessamente.
Nina teneva i suoi occhi
fissi in quelli neri di Blade. Non vide il sangue
gocciolare dalla guancia della ragazza quando vi premette contro la punta del
coltello, sfregiandola. Continuava a canticchiare.
Si accorse, però, del suo
strillo disperato, quando avvicinò la lama alle sue labbra.
Nina distolse lo sguardo da Blade, e sorrise alla sua vittima. La canzone era giunta
all’ultima strofa.
Con uno scatto fulmineo della
mano, mente pronunciava l’ultima parola del motivetto, le tagliò la gola. La
ragazza cominciò ad annaspare, mentre il suo sangue schizzava ovunque, sul
volto, sui capelli e sui vestiti di Nina. Blade
continuava a tenerla ferma, fissando la compagna.
Nina rideva. Non si curava
della ragazza morente, continuava a guardare gli occhi di Blade.
Le piaceva quello che ci
leggeva. Non paura, non ribrezzo. Era ammirazione, era la stessa gioia sadica
che sentiva lei, lo stesso piacere.
Se Alec stava guardando
quelle scene, sicuramente soffriva moltissimo, mentre vedeva la ragazza che
voleva amare comportarsi come il mostro che tutti vedevano in lei. Non capiva,
non poteva capire, non riusciva a concepire tanta crudeltà in lei.
Alec voleva salvarla. Alec
avrebbe potuto redimerla.
Ma Blade
la accettava, Blade l’aveva riconosciuta.
Niente domande, niente
complicazioni, niente promesse e parole inutili. Solo loro due, quell’arena e
il loro reciproco riconoscersi.
Forse Alec se ne sarebbe
fatto una ragione. Sicuramente sarebbe stato meglio per lui.
A Nina non importava. Era
libera dalla sorta di influenza che Alec aveva esercitato su di lei, libera
dall’attrazione che tante volte aveva provato per lui.
Blade l’aveva liberata.
Blade la rendeva completa.
Se ne rese conto guardandolo
negli occhi, mentre la vita della tributa si estingueva.
Blade lasciò il corpo della ragazza a terra,
senza curarsene. Presto un hovercraft se ne sarebbe occupato, non era affar
loro.
Si avvicinò a Nina,
toccandole il volto sporco di sangue con un pollice.
Continuavano a fissarsi, come
avevano fatto fino a quel momento, entrambi come sospesi, immobili sotto la
volta stellata. Azzurro ghiaccio e nero pece, fusi in un attimo di
straordinaria intensità.
Poi Nina si avvicinò
improvvisamente, facendo cozzare le proprie labbra con quelle di Blade. Non era un vero e proprio bacio, era labbra, denti,
lingua e sangue, era vittoria, era violenza, era dolore, era lotta. Era il loro
riconoscersi e il loro accettarsi, era la consapevolezza di non avere futuro e
il non curarsene affatto. Era il fregarsene altamente dell’arena, dei giochi e
della gente.
Erano Blade
e Nina, e quella notte tanto bastava.