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Autore: PZZ20    17/02/2013    15 recensioni
RIVISTA e CORRETTA: Ringrazio infinitamente Proiezioni Ottiche per il betaggio(?), la gentilezza e la disponibilità.
Storiella su Bulma e Vegeta, quattro mesi dopo il Cell game, durante una festicciola sull'isola del genio. Vegeta va a riprendersi la bella scienziata sotto lo sguardo attonito di Yamcha...
Buona lettura.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Crilin, Vegeta, Yamcha | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti/e.

Premetto che l'idea mi è venuta in sogno durante la notte e non so' perché ma ho sentito il bisogno di trascriverla dalla mia testaccia vuota al PC.

Ringrazio infinitamente Proiezioni Ottiche (per me un mito vivente) per aver betato (si dice così?) questa mia storia... Ne sono stata profondamente onorata e felice e davvero non so' come ringraziarla!

 

Colgo l'occasione per ringraziare le seguenti persone: ErinThe, felinala, Girl_in_Blu, J_e, lucia1997, meghi_13, Shawn_Hardy, Shirley_99, Vegeta_Sutcliffe, Wild96; che hanno avuto il fegato di inserirmi tra gli autori preferiti. Grazie. =D

Detto ciò, auguro una buona lettura a tutti^^.

Baci,

Sophya.

 

 

 

Kame-House.

 

L'oceano era calmo, placido, uno specchio d'acqua dai confini lineari che si fondevano all'orizzonte scuro del tramonto. Il cielo era plumbeo ma ancora tranquillo e una leggerissima brezza, che iniziava ad alzarsi scuotendo lievemente le foglie delle palme, le accarezzava i capelli procurandole un lieve solletico alla base della nuca.

La Kame-House era illuminata e dal suo interno proveniva un vociare allegro e festoso.

 

Bulma era ormai, da una ventina di minuti, appollaiata su quello scoglio a rimirare la distesa blu-grigio che placidamente iniziava ad incresparsi di fronte ai suoi occhi cerulei. I sospiri sommessi e una specie di vuoto all'interno del petto le facevano sentire una strana pressione addosso, sulle spalle, la stessa sensazione che l'aveva pervasa qualche mese prima quando lui era partito.

 

Lo spiraglio di luce aveva, per un attimo, tracciato una scia di colore sfocata lungo il pavimento, appena prima che la porta venisse richiusa, con cautela, alle alle sue spalle. Bulma, sorriso amareggiato e buoni propositi, aveva varcato quella soglia in un inusuale e dimesso silenzio: era lì con lo scopo di aprire un dialogo, non certo per farsi sbattere di fuori a malo modo per l'ennesima volta.

Il contrasto fra il chiarore del sole, che inondava i corridoi della Capsule Corporation, e la perenne ombra di quella stanza la fece desistere, per un attimo, dal compire quei dannati sei passi che la separavano dall'armadio, così, ferma davanti all'uscio con in braccio i panni freschi di bucato, iniziò ad interrogare silenziosamente la penombra alla ricerca dell'inquilino che lì dimorava, in clausura autoimposta, da ormai quattro mesi con tutto l'intento di stanarlo.

Ad un tratto era riuscita a scorgere a fianco del letto, la figura del saiyan che si stagliava nera, contro la parete ingrigita della stanza: braccia conserte, torso nudo e un mucchio d'abiti smessi afflosciati ai suoi piedi.

Fu proprio il maleodorante raggruppamento informe che attirò l'attenzione della bella scienziata: quella dannata tuta, logora e lacera, giaceva infangata e puzzolente sul pavimento dacché il Cell-Game si era concluso; a pochi passi da essa gli stivali infangati ed i guanti, uno dei quali faceva bella mostra di se' proprio di fronte a lei, ad un passo dal suo piede sinistro e questo Bulma non era più disposta a tollerarlo.

Era stato così che, dopo aver depositato con cura i panni stirati sul pianale alla sua destra, colta da un blando moto di stizza, si era avvicinata con una certa rapidità per afferrare i logori indumenti, sottrarli al loro proprietario e gettarli tra i panni da lavare. Al suo improvviso incedere fuori programma era corrisposto l'altrettanto repentino allontanamento della figura del principe che, causandole un certo fastidio all'altezza del petto, si era trascinato nella direzione opposta fino a toccare il letto e fondersi con esso.

Era stato in quel momento, guardando quel letto freddo e buio, che Bulma aveva iniziato a porsi domande concrete sul futuro, sul loro futuro.

Che Vegeta avesse perso lo scopo primario della sua esistenza, dopo la morte di Goku, le era ben noto, ciò che la tormentava era il non sapere se e come il saiyan si sarebbe ripreso; in particolare l'angosciava l'idea che, perso il rivale e il figlio, con il quale sembrava aver instaurato una sorta di minimo legame, il guerriero potesse decidere di non avere più scopo valido nella sua permanenza sulla terra e quindi optasse per una partenza verso lo spazio aperto, nuove sfide e nuove conquiste.

L'idea di perderlo era per Bulma insopportabile ma, dopo aver provato di tutto e ricevuto solo porte in faccia, non aveva ormai più idee per spingere il principe a rimanere al suo fianco. Iniziò così a farsi strada in lei la convinzione che, tolto Trunks, l'unica cosa che potesse restarle del vero grande amore della sua vita potesse essere quella tuta distrutta, ora adagiata fra le braccia, e il guanto bianco, intatto e macchiato di sangue, che si trovava a stringere convulsamente con la mano sinistra. Fu forse per quel motivo, e per la segreta e sciocca paura che una volta riavuta la tuta pulita il saiyan potesse abbandonarla sul serio, che rigettò immediatamente a terra l'indumento mantenendo saldamente stretto solamente il guanto macchiato; era tutto quello che le sarebbe rimasto di lui, poiché Vegeta non possedeva null'altro se non la guerra e il suo immenso orgoglio ferito .

Trovandosi, a causa di quei pensieri, sull'orlo delle lacrime, aveva quindi deciso di desistere dal tentativo, inutile, d'instaurare un dialogo con Vegeta e si era diretta nuovamente verso il corridoio per recarsi così, di mala voglia, all'appuntamento che i suoi amici le avevano data alla Kame-House.

Non sarebbe però stato da lei andarsene senza comunicare all'amato nemmeno dove avrebbe potuto trovarla, in caso di bisogno. Certo, sempre ammesso che volesse trovarla; così non volendo precludersi quella possibilità, con tono assai rassegnato ed afflitto si decise infine a parlare:

-Ci troveremo tutti sull'isola del Genio... Io... Non pretendo certo tu venga ma... Ecco... Lascia stare.-

Non aveva ottenuto altra risposta se non un grugnito sommesso e la visuale completa delle sue bellissime spalle, lì, nel buio di quella camera che di loro aveva visto tutto: l'inizio, la fine e la sofferenza.

La scienziata scosse la testa come per allontanare quei pensieri tristi. Da quando era tornato dal Cell-Game, il saiyan era più scontroso e solitario di prima e ciò aveva smorzato pesantemente le sue speranze; così, lasciato il piccolo Trunks alle affettuose cure dei nonni, si era diretta alla Kame-House di Muten dove, quella sera, si sarebbero ritrovati tutti per “onorare” al meglio la memoria del loro amico scomparso, ormai da quattro mesi.

La serata era iniziata un po' tristemente, pervasa dalla malinconia e dalla mancanza, poi però Crilin aveva iniziato ad elencare i vari difetti del defunto e tutti quanti, inclusa una sorprendentemente forte Chichi al quarto mese di gravidanza, e sempre accompagnata dal giovane Gohan, avevano iniziato a ridere nel ricordare le passate imprese ed i vari pasticci combinati da Goku nel corso della sua vita. L'atmosfera si era così sciolta per diventare improvvisamente allegra; troppo allegra.

 

Bulma aveva sentito il bisogno di allontanarsi da tutto quel ridere e scherzare.

Non capiva come potevano i suoi amici, ridere felici al pensiero di Goku che non c'era più, che aveva preferito rimanere nell'aldilà ad allenarsi piuttosto che lì, al loro fianco.

A ben vedere, però, non era quello il vero motivo del suo stato d'animo.

Goku le mancava, era vero, ma chi, sicuramente, era uscito più distrutto e sconvolto da quell'esperienza era stato Vegeta ed era per lui che ora Bulma stava soffrendo.

Dopo la partenza di Mirai Trunks, infatti, il principe dei saiyan si era rinchiuso nella sua stanza, uscendone di rado solo per mangiare; non le aveva più rivolto la parola, non che prima comunicassero, chiaro, ma almeno litigavano e lui la insultava e la guardava e la toccava... Ecco. Lui c'era ancora, non se n'era andato ma, in qualche modo, riusciva a mancarle ugualmente.

Il vento si era alzato un po' più forte ora e lo specchio, che era stato il mare fino a poco prima, aveva preso a piegarsi in grandi onde lunghe che con cupi gorgoglii s'infrangevano sulla spiaggia e contro gli scogli bagnandola di leggere e salate goccioline, o forse quelle erano le sue lacrime, non avrebbe saputo dirlo.

Ad un tratto un leggero rumore dietro di lei l'aveva fatta voltare. Subito sul suo volto scavato dalla tristezza era comparso un delicato e spontaneo sorriso.

Yamcha la guardava serio ed incantato.

-Dovresti rientrare, inizia a piovere...-

 

 

* * *

 

-E quella volta che...-

Aveva smesso di ascoltare, ormai rideva solo per empatia. Seduto al fianco di Tenshinhan, Yamcha continuava a guardare fuori dalla finestra con lo sguardo perso sul panorama e... Sulla sua figura.

Il vestito rosso che la fasciava fino alle ginocchia e i capelli, che le arrivavano alle spalle, che ondeggiavano leggeri nel vento: era bellissima.

Era bellissima ed era triste e non era giusto.

Accidenti a quel dannato scimmione, criminale maledetto. Chissà dov'era in quel momento. Come aveva potuto lasciare sola una donna del genere?

Yamcha non aveva idea di cosa fosse successo esattamente fra i due ma una cosa la ricordava molto bene: Bulma quel maledetto 12 maggio, quando si erano ritrovati tutti nell'attesa dei cyborg, aveva espressamente detto “non stiamo più insieme” e questo per lui era più che sufficiente.

Non importava se poi l'aveva rivisto alla Capsule Corporation il giorno della partenza di Trunks, non gli importava perché una dichiarazione di Bulma per lui era più che sufficiente ed inoltre, ora, lo scimmione non era con lei.

L'ex predone del deserto era più che convinto che Vegeta, alla fine, fosse ripartito per lo spazio e non poteva essere altrimenti, dal suo punto di vista, poiché una tristezza tale in Bulma era completamente fuori luogo. Solo per un attimo aveva carezzato l'idea che la ragazza stesse ancora soffrendo per Goku, salvo poi accantonarla nel momento in cui perfino Chichi, con una mano posata sul ventre leggermente rigonfio, aveva iniziato a ridere. Il motivo dello sconforto della scienziata doveva essere più recente e lui poteva solamente attribuirlo alla partenza del saiyan.

Aveva preso coraggio quindi, un bel respiro e un sorso di vino, prima di uscire nel vento rinfrescato dall'imminente temporale estivo di quel 29 agosto che lui sperava potesse essere un nuovo inizio.

Le si era avvicinato lentamente percorrendola con lo sguardo carico di nostalgia e desiderio; l'aria si stava facendo più fresca e le lievi goccioline che avevano iniziato a cadere dal cielo plumbeo gli lasciavano leggeri brividi sulla pelle. Avrebbe voluto sorprenderla e stringerla a se' ma, per rispetto e per timore, perché in fondo il fantasma del principe dei saiyan faceva ugualmente paura, aveva deciso di interpellarla premurosamente da una certa distanza:

-Dovresti rientrare, inizia a piovere...-

Lei aveva sorriso sincera, un po' più sollevata, e con voce insolitamente delicata lo aveva ringraziato dicendogli però che stava bene lì da sola.

-Rientra pure... Non preoccuparti, ancora qualche attimo e vi raggiungo per la cena, volevo godermi il panorama. Mi piace molto il colore del mare quando il cielo è così scuro... Non lo trovi affascinate?-

No Bulma, tu sei affascinate, e io preferisco i colori del cielo limpido, quelli che tu hai negli occhi.

Yamcha aveva aperto la bocca ma le parole gli erano morte a fior di labbra. Lei stringeva qualcosa nella mano sinistra, qualcosa che portava saltuariamente al cuore e che lo fece sobbalzare e desistere da ogni suo intento: un guanto bianco, guanto che lui riconobbe subito appartenere al principe dei saiyan.

Un sorriso amaro ed un lieve assenso lo avevano accompagnato verso l'ingresso della casetta. Evidentemente, qualunque cosa quel saiyan avesse combinato, lei lo amava, lo amava sul serio. Era giunta l'ora di voltare davvero pagina.

 

 

 

* * *

 

 

La pioggia iniziava a farsi più intensa ma non le importava, non aveva la benché minima voglia di rientrare in casa, le piaceva stare lì; guardare quel mare così agitato e quel cielo così carico e scuro la rilassava. Le veniva in mente Vegeta. Lui era come quel panorama: duro, sconvolto, sconvolgente, un po' inquietante e drammaticamente bello.

Yamcha era stato davvero carino, avrebbe voluto essere più gentile con lui e magari assecondarlo ma proprio non poteva fare a meno di pensare al principe, al padre di suo figlio, escludendo tutto il resto.

Ad un tratto il vento, rinforzatosi maggiormente, aveva portato alle sue narici un odore famigliare, capace di stordirla e farle battere il cuore più rapidamente.

-Il mio guanto, Bulma.-

Quella voce, rude e graffiante, la fece bloccare. Non riusciva nemmeno più a muoversi o respirare. Era travolta dall'agitazione, dal panico e dalla gioia. Lui era lì. Era venuto.

Certo, con la scusa del guanto ma... Per lei era più che sufficiente.

-Scusami... Non pensavo ti servisse...-

Si era girata, finalmente, col fiato sospeso e il cuore aveva perso un battito nell'incontrare nuovamente i suoi occhi neri e profondi.

Il suo miglior ghigno bastardo e i pozzi d'ossidiana che la scrutavano di rimando.

Un incendio l'aveva pervasa in un attimo.

-Allora? Che stai aspettando? Non ho tempo da perdere io.-

Un tremore la scosse in profondità. Perché improvvisamente tutta quella fretta di riavere un guanto? Voleva partire, voleva lasciarla? O forse era solo una scusa per vederla?

La confusione aveva presto preso il sopravvento lasciandola stordita e con il cuore in gola ma Vegeta era lì, con un braccio teso verso di lei e lo sguardo freddo e cupo.

Lentamente tese la mano sinistra verso di lui porgendogli il guanto con leggero tremore.

Doveva saperlo, ne aveva bisogno, non poteva farne a meno.

-Te ne andrai?-

 

* * *

 

Aveva percepito, come tutti, quell'aura smisurata non appena il saiyan aveva varcato le nubi al di sopra dell'isoletta ed era sobbalzato. Vegeta era lì, era ancora lì, sulla terra, e stava arrivando.

Yamcha fece un rapido cenno agli altri di stare calmi e rimanere seduti. Voleva vedere cosa avrebbe fatto lo scimmione, voleva capire come si sarebbe comportato con lei. Un pensiero su tutti lo tranquillizzava, seppur minimamente: Gohan era presente, seduto di fronte alla finestra e Vegeta lo avrebbe sicuramente percepito; non avrebbe osato farle del male.

Con passo titubante, l'ex predone, si era così accostato alla finestrella appoggiandosi lentamente sul bordo della tendina e facendo una lieve pressione per poter sbirciare di fuori.

La situazione che si palesò ai suoi occhi fu quanto meno sconcertante: Vegeta stava lì, davanti a lei con un braccio teso, non minaccioso, semplicemente proteso verso Bulma, immobile ed impassibile.

La curiosità si fece strada prepotente in lui: doveva vedere.

Così, mentre alle sue spalle gli amici riprendevano a chiacchierare felici, Yamcha prendeva a respirare con nervosismo mentre fuori, sulla spiaggia ormai scossa dal temporale, la scienziata finalmente diceva qualcosa, con labbra tremolanti ed espressione sofferente, davanti ad un freddo, severo ed imponente nonostante la statura, principe dei saiyan. Cosa voleva quel maledetto bastardo?

 

Era tutto successo in un lampo.

Lei, piangendo, aveva teso a sua volta il braccio sinistro porgendo il guanto al saiyan; la mano del guerriero però non lo aveva afferrato, al contrario, aveva stretto forte quella della donna per trascinarla vicino al corpo muscoloso e teso.

Yamcha aveva avuto un sussulto profondo, i suoi occhi non erano riusciti a staccarsi da quella scena, le bocche dei due si erano incontrate, quasi violente e disperate divorandosi a vicenda tra la pioggia ormai fitta; un braccio del saiyan aveva rapidamente circondato i morbidi fianchi della scienziata per poi sollevarla da terra e portarla con se' fra le nuvole temporalesche.

L'ex predone si era sentito morire, rendendosi conto di aver avuto torto fin dall'inizio. Vegeta era venuto a riprendersela, anche lui l'amava.

 

-Che succede amico, perché quella faccia?-

Crilin alle sue spalle si era avvicinato fino a scorgerne l'espressione turbata e sorpresa.

-N..N..Niente... Hehehe. Credo solo che Bulma non rientrerà più. Penso possiamo iniziare la cena senza di lei.-

Il piccolo guerriero pelato lo aveva allora scrutato con dolcezza e comprensione per poi sorridergli:

-Già, lo sospettavo... Mi dispiace amico... Io...-

Yamcha non gli aveva permesso di concludere la frase, aveva iniziato a ridere, in modo strano, quasi isterico, per poi sedersi a tavola ed iniziare ad ingurgitare antipasti e tartine varie con foga.

Il suo “dessert” se l'era appena svignata con una scimmia, doveva pur consolarsi in qualche modo.

Non aveva mai smesso di sperarci e, in fondo forse, fino ad un attimo prima, ci aveva anche creduto. Alla luce dei fatti, però, Yamcha aveva capito che il suo tempo con Bulma era finito, doveva solo provare a rifarsi una vita con un'altra donna e dimenticare la bella scienziata che ora non era più sua ma del principe dei saiyan. 

  
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