Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: Notperfect    17/02/2013    3 recensioni
Dakota, abbandonata alla nascita, è una diciannovenne cresciuta per le strade del Bronx. L'ambiente in cui ha vissuto l'ha resa una ragazza violenta e forte, decisa e determinata a voler entrare a far parte di un gruppo di criminali, capitanato da un certo Justin.
***
-Woah, sembri una che sa il fatto suo-. Esordì sorpreso. –Non male per una ragazzina viziata-.
-Non sono una ragazzina viziata-.
-Il tuo aspetto dimostra il contrario-. Indicò i miei piedi.
Lo sapevo, indossare tacchi ad un incontro del genere non era stata una bella idea, ma erano le uniche scarpe che mi piacevano.
-Ho sentito parlare molto di te, ma non sapevo che dessi giudizi così affrettati. I tacchi che indosso potrei ficcarteli giù per la gola, facendoti notare la differenza di lunghezza con il tuo amichetto-.
Chiuse la bocca in una linea sottile e dal suo sguardo sembrava essersi infastidito.
***
-A cosa pensi?-. Mi chiese incuriosito ma nel suo tono di voce c'era divertimento e menefreghismo.
-Penso che se una persona ti vuole, ti prende e ti fa sua. Senza limiti, senza scuse, senza bugie-.
Serrò la mascella.
Per la prima volta, Justin Bieber, non sapeva cosa dire.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3.


 

 Dakota’s point of view
‘Tu vieni con me’.
Quelle furono le sue parole prima di chiudere lo sportello dell’auto con un gesto secco.
Trattenni il fiato per un secondo ma non ero il tipo di persona che si intimidiva o intimoriva per questo genere di cose.
Voleva che solo io e lui andassimo in quell’auto verso casa.
Bene, così sarebbe stato.
Sentivo gli sguardi confusi degli altri ragazzi su di me, mentre mi avviavo verso la macchina che Justin aveva già messo in moto.
Salii e lo vidi sorridere mentre l’auto iniziò a camminare.
-Hai paura?-. Mi chiese divertito.
Cosa? Io? Paura?
Davvero?
-No, per niente. Perché dovrei averne?-.
Scrollò le spalle. –Era per informazione-.
Appoggiai i piedi sul cruscotto sospirando rumorosamente e mi girai verso il finestrino.
-Ehi!-. Sbottò infuriato. –Togli i tuoi luridi piedi dalla mia auto!-.
-Anche il mio culo è nella tua auto. Come la mettiamo?-.
Vidi la sua mascella irrigidirsi e gli occhi allargarsi. Se fossimo stati in un cartone animato, dalle sue orecchie sarebbe uscito del fumo e dal suo naso della lava incandescente.
-Togli i piedi da lì e non ne parliamo più-. Sibilò.
Era tremendamente infuriato e questo mi mandava su di giri. Era divertente…per me.
Sbuffai sonormante, roteando gli occhi.
-Che palle-. Sussurrai scocciata.
Passarono alcuni minuti di silenzio, dopodiché la mia bocca larga –decisamente troppo larga-, si aprì.
-Allora? Come mai hai voluto che io e te salissimo sulla stessa auto?-. Domandai distratta, disegnando dei cerchi sul finestrino che con l’umidità si era appannato.
Sorrise sghembo. –Cosa c’è di male in questo?-.
-Tutto. Insomma, tu mi odi!-. Esclamai, gesticolando.
I miei gesti lo fecero ridere di buon gusto. Era terribilmente odioso ma dovevo dire che era molto sexy. Il suo sorriso era paradisiaco.
-Non pensare che ora non ti odi più-. Puntualizzò seccato. –Io ti odio ancora ma…-.
-Ma?-. Lo seguii, curiosa di sapere cosa stava per dire.
-Ma hai dato belle risposte a Brian, mi sei piaciuta-.
Aveva davvero ammesso ciò che avevo appena sentito? Gli ero piaciuta?
-Sul serio?-. Chiesi spontaneamente, evidentemente confusa e sorpresa.
Annuì col capo, accendendosi una sigaretta.
-Be’, l’ho già sentito dire. Io piaccio a tutti!-. Commentai con piena ovvietà nel tono di voce.
-Non essere così modesta-. Ironizzò.
-Non pensavo sapessi scherzare-. Ammisi. –Ma non pensare di essere un genio dell’umorismo-.
-E cosa sono, esattamente?-.
-Non saprei. Sei strano-.
No, era strano che a quell’ora della notte eravamo in auto a fare discorsi del genere.
-Spiegati-. Sembrava calmo, per la prima volta in quella giornata.
-Be’, in queste poche ore hai cambiato umore ogni cinque secondi. Posso affermare che sei davvero molto…lunatico-.
-Lunatico?-. Ripeté sorpreso, aprendo il finestrino per far passare il fumo della sigaretta.
-Esatto…sei incostante. Cambi stato d’animo da un momento all’altro-.
Rise rumorosamente, buttando fuori una nuvola di fumo.
Era tremendamente eccitante, dannazione.
-Ora ti dico io cosa penso di te-. Sorrise. –E’ il mio turno-.
-So già cosa pensi di me-.
Mi guardò confuso.
-Pensi che sia una malata mentale con poco autocontrollo nelle parole e nel modo di esprimermi. Dico molte parolacce e cose senza senso anche se questo non dovrebbe sorprenderti dato che anche tu sei strano e bipolare. Pensi anche che mi scoperesti qualche volta ma non sarà facile farlo perché sono tremendamente orgogliosa ed esaltata-.
-Woah, calmati! Non dire cose a vanvera ragazzina!-.
-Non sono una ragazzina! Mi chiamo Dakota e mi farebbe piacere se mi chiamassi con il mio nome-.
-Non me ne fotte del tuo nome e di ciò che vuoi. So solo che hai detto una miriade di stronzate. Io non ti scoperei mai e poi mai, fossi l’ultima puttanella sulla terra-.
-Cazzate-. Sputai irritata ma al tempo stesso ero sicura che stesse mentendo.
-Cosa?-. Era arrabbiato, infuriato, imbestialito. Era sexy. –Io non dico cazzate! Non vorrei mai finire a letto con una come te-.
-Allora perché ti alteri così tanto?-.
Aprì la bocca, boccheggiando, ma non sapendo cosa dire la richiuse irritato. Vedevo la sua vena del collo quasi esplodere, la mascella serrata e la bocca chiusa in una linea sottile. Gettò la sigaretta dal finestrino e lo richiuse.
-Troia-. Disse tra i denti.
-Questo è davvero troppo-. Sbottai arrabbiata. –Fammi scendere-.
-Cosa? Non se ne parla. Non sto ai tuoi ordini-.
-Bene, allora non lavorerò più con te…-.
-Tu lavori per me-. Corresse compiaciuto.
-Qualunque cosa sia, io non voglio più farlo. Quindi adesso fammi scendere da questa cazzo di macchina!-.
Dire che ero furiosa era poco.
Quel ragazzo era sexy quanto fastidioso.
-Se questo è il prezzo da pagare per lavorare per uno come te, allora preferisco stare per strada senza un soldo-. Aggiunsi.
-Sta’ calma e non parlare. La tua voce mi irrita-.
-Tu mi irriti-.
-Mi fa piacere-. Disse divertito.
-Non c’è nulla da ridere. Fammi scendere e non ci incontreremo più. Lavorare per te è stato un piacere ma ne ho già le palle piene-.
-No, hai deciso di entrare a far parte di questo giro e adesso ci stai dentro fino al collo. Non c’è mezzo per cui uscirne-.
Era serio. Non accennava sorrisi fastidiosi ne tantomeno disse battutine irritanti.
-Cosa diamine stai dicendo?-.
-Quello che hai appena sentito. Adesso ritorniamo a casa, te ne vai in camera tua e ci stai fino a domani mattina. Non voglio sentirti nelle orecchie per tutta la notte mentre parli di quanto io sia irritante e di quanto tu voglia andartene da qui. Non me ne fotte un cazzo di ciò che pensi, tu ora sei di mia proprietà, ti è chiaro?-.
-Da quando sono di tua proprietà? Non mi sembra di essere un oggetto-.
-Lo sei diventata quando stamattina ti sei presentata da me e mi hai chiesto di lavorare per me…ed io ho accettato-. Le ultime parole le ridusse ad un sussurro, quasi come se ne fosse pentito.
Arrivammo fuori l’edificio che, in fin dei conti, era la nostra ‘tana’.
Quella discussione mi aveva infastidita e infuriata ma al tempo stesso meravigliata.
Non pensavo che fare tutto ciò richiedesse questa ‘punizione’.
Sbattei lo sportello dell’auto e mentre mi avviai verso l’entrata sentii le imprecazioni di Justin.
Lo odiavo, questo era sicuro.
Andai in camera mia. Era una piccola stanza disposta di un letto a una sola piazza, un armadio e una televisione appoggiata su di un cassettone. Ognuno di noi aveva una camera del genere.
-Che stronzo-. Sbottai tra me e me, sbattendo la porta alle mie spalle.
Mi sdraiai sul letto, chiudendo gli occhi e pensando a quella strana conversazione avuta qualche minuto prima.
Forse avevo esagerato dicendo quelle cose, ma anche lui aveva fatto altrettanto. Insomma…non aveva il diritto di chiamarmi con quei nomignoli volgari e offensivi.
Per non parlare di quando mi aveva detto che ero un oggetto per lui ed ero di sua proprietà. Se fossi stata una ragazza normale della mia età in quel momento avrei iniziato a piangere.
Ma è scontato e banale dire che non lo fossi.
 
 
Justin’s point of view
Dakota, o come diavolo si chiamasse, era una troietta del cazzo che ce l’aveva con il resto del mondo.
Mi aveva giudicato come un lunatico pezzo di merda.
Nessuno l’aveva mai pensato; o meglio: nessuno me l’aveva mai detto.
Non ero lunatico, né bipolare né come mi ha definito lei.
Non avevo neanche mai pensato di voler andare a letto con lei.
O forse si.
Non importava.
Mi diressi verso il salotto sentendo la porta di camera di Dakota sbattere prepotentemente. Roteai gli occhi al cielo pensando a quanto fosse scorbutica.
Sinceramente non sapevo perché in auto mi ero comportato in quel modo.
Avrei potuto farla scendere da quell’auto e non vederla mai più. Eppure c’era qualcosa in me che mi aveva fermato. Non l’avevo fatto ed ora, la cosa più strana, era che non me ne pentivo.
Qualunque persona che provava quei sentimenti d’odio e disprezzo nei confronti di quella ragazza, l’avrebbe lasciata andare.
Composi il numero dell’agenzia che avevo scoperto tempo fa. –Sono Bieber. Mandatemi la più brava che avete-. Dissi, chiudendo in fretta la chiamata.
Ciò che mi serviva era una bella scopata. Avrei dimenticato tutto, anche la triste verità che aveva detto qualche minuto prima Dakota mentre eravamo in auto.
 
Il mattino seguente mi svegliai a causa della ragazza che mi stava chiamando già da qualche secondo.
-Ehi…-. Disse irritata. –Devi pagarmi o non posso andarmene-.
Sbadigliai, indicandole i soldi appoggiati sul comodino accanto al letto.
-Bene…puoi accompagnarmi alla porta? Non so dove andare, questa casa è così grande!-. Esclamò.
Sbuffai e scocciato mi alzai sorpassandola.
Le feci strada fino ad arrivare alla porta.
C’erano già Lil e Chris a parlare tra di loro vicino l’isolotto della cucina e Dakota che sorseggiava del caffè seduta al tavolo.
Vidi il suo sguardo diventare più infittito e irritato non appena la ragazza con cui avevo passato la notte le passò davanti.
Trattenni un sorriso.
-Ecco, quella è la porta. Penso che da sola possa aprirla, no?-. Le chiesi scocciato con piena ovvietà.
La ragazza sbuffò spazientita, uscendo dalla casa.
Tirai un sospira di sollievo, sedendomi su una delle tante sedie vuote attorno al tavolo. Da Dakota mi separava solo una sedia e sentivo il suo respiro regolare mentre beveva e sfogliava una rivista.
Non avevamo ancora parlato dopo quel litigio in auto e sicuramente lei non sarebbe stata la prima a parlare dato il suo odioso carattere.
Tutto di lei era odioso così come fottutamente affascinante.
Quei lunghi capelli biondo cenere e i suoi due grandi occhi azzurro-mare le davano un’aria così…bella. Lei era bella, non potevo negarlo.
E nonostante i suoi tratti erano da angelo del Paradiso, lei sicuramente era il contrario.
Era passato solamente un giorno e già avevo un quadro completo del suo carattere e sicuramente la trovavo irritante e fastidiosa.
-Ehi…-. La chiamai ancora assonnato. –Dato che sei l’unica donna qui, preparami la colazione-.
La vidi sbattere la tazza di caffè fumante sul tavolo ma continuava a sfogliare la rivista, tranquilla. –Cosa ti fa pensare che io ora ti prepari la colazione?-. Mi chiese calma, senza togliere gli occhi dalle immagini del giornale.
-Niente. Però te l’ho chiesto-.
-No, tu non me l’hai chiesto. Me l’hai ordinato-.
Sbuffai, ruotando gli occhi al cielo. -Possibile che sei sempre così antipatica?-.
-Si quando sono in tua compagnia. Ed è passato solamente un giorno e mezzo. Pensa  al momento in cui avremmo passato insieme una settimana intera-.
Era così quieta, così rilassata. Eppure diceva cose così seccanti e sgradevoli.
-Allora? Me la prepari?-. Le domandai, ignorando ciò che mi aveva appena detto.
-Inizia col chiedermi scusa per ciò che mi hai detto ieri-.
Mi alzai di scatto, battendo un pugno sul tavolo. Chris e Lil si voltarono verso di me incuriositi e confusi e cercavano di capire il motivo di quella mia reazione improvvisa e così rumorosa.
-Mi hai rotto le palle! Sei una ragazzina così arrogante e indisponente che…-.
-Allora perché non mi hai fatto scendere da quella macchina ieri notte?-. Mi interruppe, sempre con tono sicuro e pacato.
La guardai mentre iniziò a sorseggiare nuovamente il suo caffè e con la mano libera girava le pagine della rivista.
Aveva i lineamenti distesi e un’espressione calma e tranquilla. Non si era mossa di una virgola a quella mia reazione ed era strano. Chiunque si sarebbe impaurito o almeno allarmato.
Guardai Chris  e Lil che continuavano ad osservare la scena senza dire una parola. Gli inviai delle occhiatacce, così lasciarono la stanza ed io e Dakota ci ritrovammo soli. Ma non era la prima volta.
Presi un bel respiro ritornando a sedermi. Mi voltai verso la ragazza ma lei non si degnò a guardarmi.
-Va bene, come vuoi-. Sussurrai. –Scusami per ieri, okay?-.
La vidi indugiare qualche istante mentre guardava la rivista. Dopo qualche secondo scrollò le spalle. -Okay-.
-Bene, ora puoi prepararmi la colazione?-. Le chiesi, annoiato.
Ci pensò su qualche momento, si passò una mano tra i capelli e si voltò verso di me.
I suoi occhi mi lasciarono stravolto. Erano profondi e di un azzurro così limpido che alla luce del sole sembrava il colore dell’acqua della sorgente più pura mai esistita.
Finalmente mi guardò negli occhi e rimanemmo a fissarci per un po’; poi bevve un sorso di caffè. –No-.
 
Quella mattina ci saremmo diretti da Lucas Rodriguez, un argentino che era appena arrivato a Stratford per darci la merce che gli avevamo chiesto. Si trattava di circa una tonnellata di Hashis, Marijuana e Cobret, che è un tipo di eroina molto grezza contenente circa il 20% di sostanze psicoattive.
Erano sostanze belle forti e nonostante le spacciassimo e le vendessimo, non ne facevamo uso. Solo all’inizio ne avevamo fatto uso, poi col passare del tempo era diventato noioso addirittura farci di Ecstasy.
Arrivammo al suo magazzino verso le undici del mattino divisi in due SUV. Io e Dakota non ci rivolgevamo quasi la parola mentre con gli altri sembrava ridere e scherzare. Non che mi desse fastidio!
-Rodriguez!-. Chiamai l’uomo di modesta statura dai capelli ormai bianchi che mi dava le spalle.
Si girò regalandomi un sorriso pieno di disprezzo.
-Bieber, finalmente sei arrivato. Ti stavo aspettando-. Si avvicinò per poi stringermi la mano.
-Sappiamo entrambi cosa io e miei uomini siamo venuti a fare qui. Dacci ciò che ci spetta-.
-Vai con calma, ragazzo-. Disse, dandomi una pacca sulla spalla. –Qui c’è una tonnellata di Hashis, Marijuana e Corbet ma sono indeciso se dartelo tutto o meno-.
Lo guardai torvo. –Cosa?-. Chiesi infuriato. –Rispetta i patti, Lucas e non avrai nulla di cui preoccuparti, a meno che…-.
-A meno che?-. Ripeté, ansioso di sapere cosa stessi per dire.
-A meno che non voglia ritrovarti in una bara con le lacrime della tua amata mogliettina sui vestiti da funerale-.
A quelle parole si irrigidì. Sapevo che nominare sua moglie sarebbe stato un colpo duro, ma non mi importava.
-Certo Bieber…-. Disse ritornando ad avere tono di voce sicuro e deciso. –Ma non andiamo così di fretta. Sai quanti favori ti ho fatto in passato e sai che non li hai mai ricambiati. Potrei anche tenere una parte della merce per me e fare arricchire un’altra gang, magari quella di Brian McCollins-.
A quel nome, serrai la mascella sbiancando in volto.
Subito pensai che magari aveva già stretto patti con quel lurido vigliacco di McCollins ed era pronto a lasciarmi senza merce.
-Oh, andiamo Lucas…cosa potrei fare allora per ripagare i miei debiti?-.
-Niente di speciale, mi accontento di poco, anche di una semplice scopata-. Rispose tranquillo.
-Allora verso le sei del pomeriggio ti manderò una prostituta, quella più costosa. Naturalmente sarà pagata da me-.
-Mmhh…-. Ci pensò su, indugiando. –Be’, forse potrei…-.
Vidi Dakota farsi avanti e lo sguardo di Lucas passare sulla sua figura slanciata e perfetta. La squadrò da capo a piede e smise di parlare. Forse l’aveva lasciato senza parole.
Dakota si passò una mano tra i lunghi capelli prima di aprire bocca. –Mi offro io e faccio anche uno spogliarello gratis-.






Spero vivamente che questo capitolo sia stato di vostro
gradimento.Fatemi sapere cosa ne pensate, vorrei capire se piace questa storia!
Continuo a 3 recensioni! (sappiate che non aggiornerò fin quNdo non raggiungerò quel numero di recensioni)
Un bacio, notperfect. <3


Dakota:
 (E' Candice Swanepoel, una modella. Io la trovo stra bella ed è così che immagino la
                                                                               protagonista di questa ff, Dakota!)

   
 
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