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Autore: Luna Argento    17/02/2013    1 recensioni
"...Il ragazzo allora avvicinò il volto a quello di lei, lasciandole un piccolo, dolce bacio sulle labbra. Quando si ritrasse, il cuore di lei batteva all’impazzata.
“E questo?” chiese lei in un sussurro, mentre portava una mano alle labbra che sembrava bruciassero.
“Questo…è la Realtà dei Sogni” rispose lui, con fare misterioso..."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Kate si svegliò alle prime luci dell'Alba. Il pullman aveva viaggiato tutta la notte senza interruzioni ed ormai doveva essere quasi giunto a destinazione. Fuori dal finestrino, un’immensità di verde e campi coltivati si espandeva verso l’orizzonte, dove il cielo color arancio accompagnava il sole giallo che ormai aveva fatto capolino. Sembrava una cartolina, un paesaggio magico, e Kate sarebbe rimasta a guardarlo per sempre se la frenata del pullman non l’avesse riportata alla realtà.
“Siamo arrivati, si scende!” esclamò il conducente rivolto a lei e gli altri passeggeri.
“Finalmente…” Kate sospirò. Il posto era bello, ma fino a qualche giorno prima non avrebbe mai pensato che sarebbe dovuta partire così all’improvviso. Non conosceva niente e nessuno, e mentre recuperava le pesanti valigie si sentì sperduta in mezzo a quell’ambiente campagnolo.
 
Era il giorno del suo diciottesimo compleanno. I suoi genitori avevano deciso di portarla in un parco naturale a pochi chilometri dalla città, dato che lei amava gli animali e la natura. Era tutto stupendo lì, incontaminato, e lei si sentiva felice e rilassata, ora che poteva finalmente godersi una giornata con i suoi genitori, dato che negli ultimi tempi aveva potuto vederli sempre meno.
Ma spesso, i bei sogni durano poco.
“Tesoro, c’è una cosa che io e tuo padre dovremmo dirti…” aveva iniziato a dire sua madre, con voce bassa. Kate aveva subito intuito che c’era qualcosa che non andava, dato il tono di lei.
“Non mi dire che dovete di nuovo partire…”
“Beh, ecco…” suo padre accostò la macchina al lato della strada.
“Su avanti, quanto dovrò stare con la nonna ancora?” chiese Kate, rassegnata.
“Temo che stavolta non potrai stare dalla nonna, Kate.” Il tono di sua madre ora era serio, preoccupato.
“Che succede?” anche la ragazza si allarmò vedendo i suoi genitori così tesi, voleva capire.
“Abbiamo saputo dai nostri informatori che il capo dell’organizzazione che stiamo cercando di scovare sa dove abitiamo, e questo vuol dire che tu sei in pericolo”
“Hanno già cercato di rapire la nonna ma siamo riusciti a metterla in salvo, e non vogliamo capiti anche con te.”
“Non possiamo permettere che succeda, per questo abbiamo deciso che sarai più al sicuro da Thomas, un nostro vecchio amico di famiglia”
“Ha una fattoria  molto confortevole, e abbiamo pensato che…” stava continuando a dire suo padre.
“Cosa…?!?!? Volete mandarmi via??” Kate non era riuscita ad ascoltare tutto stando in silenzio.
“Kate ti prego, cerca di capire…il nostro lavoro alla CIA è pericoloso…” l’aveva subito fermata sua madre.
“Non mi interessa! Verrò con voi, non ci vado da uno sconosciuto!”
“Ma non è uno sconosciuto! Sei come una nipote per lui, anche se è parecchio che non ti vede…ti ha conosciuta quando eri ancora in fasce!”
“Non voglio..” la ragazza sentì gli occhi bruciarle, sapeva che non stava a lei decidere.
“Katerine, è per il tuo bene…” disse sua madre, ormai in lacrime.
“Quando devo partire?” chiese Kate, singhiozzando.
“Domani” disse il padre, mentre allungava un braccio per accarezzarle una guancia “sono sicuro che saprai cavartela piccola mia, siamo fieri di quella che sei diventata”
I minuti che seguirono furono densi di tristezza e angoscia, ma presto la ragazza dovette accettare che quella era l’unica cosa da fare.

 
Ripensava proprio a quel discorso mentre si guardava attorno: sentì gli occhi farsi gonfi ma ricacciò dentro le lacrime, doveva comportarsi da persona adulta. Aveva appena finito il quinto anno di liceo con ottimi voti, ed aveva solo cominciato ad affacciarsi alla vita da universitaria, bruscamente interrotta da quella partenza improvvisa. Mentre tornava a perdersi tra i suoi pensieri sentì una voce chiamarla ed alzò lo sguardo verso un uomo abbastanza alto e muscoloso, il classico uomo che lavora in fattoria. Aveva i capelli castani striati di grigio ma nel suo volto c’era solo una grande vitalità che sicuramente nascondeva la sua vera età. I suoi occhi erano castani ed il suo sorriso rassicurante, indossava un paio di jeans ed una camicia verde chiaro con degli scarponcini marroni. La salutò con una stretta di mano così forte che le fece quasi male per il tanto vigore, ma lei comunque ricambiò con un sorriso.
“E’ un piacere rivederti Kate, i tuoi capelli rossi li riconoscerei ovunque! Sei cresciuta parecchio vedo!” esclamò l’uomo ammiccando.
“Oh beh…” la ragazza arrossì, non sapendo cosa dire.
“Sarai tutta indolenzita per il viaggio, dammi le valigie che andiamo alla fattoria!” disse Thomas allegro.
“Oh grazie, signor Thomas…”
“Chiamami Tom!”
Il furgoncino di Tom era poco distante, e Kate non fu sorpresa di vedere che era identico ad uno di quelli che si vedono nei film, con tanto di cane legato dietro, insieme a ceste di frutta e verdura. Caricarono le valigie e la ragazza fu costretta a usarle come sedili, dato che il sedile del passeggero  era da sistemare.
“Tranquilla, la fattoria è poco distante e Mike è il cane più docile del mondo!” aveva detto Tom una volta salito in macchina. Kate aveva risposto con un borbottio contrariato. “Ti piacerà qui, vedrai!”
Mentre la vettura percorreva la strada, la ragazza si guardò intorno, godendosi l’aria pulita di quelle parti: era un delizioso paesino di campagna, e la temperatura era ancora primaverile malgrado fosse appena iniziato il periodo estivo. Vide due bambini che giocavano a pallone, e subito dopo due ragazze che chiacchieravano animatamente: ripensò a Dora, la sua migliore amica che aveva tristemente dovuto salutare.
Sospirò, non doveva pensare a quello, soprattutto perché non aveva idea di quando sarebbe potuta tornare. Doveva fare finta che fosse una vacanza, e chissà, magari avrebbe conosciuto gente nuova e si sarebbe potuta divertire.
“Perché mi fissi in quel modo tu?” disse a Mike, che non faceva altro che fissarla con sguardo curioso. “Vuoi una carezza?” Si rasserenò quando sentì la lingua morbida del pastore tedesco bagnarle di saliva una mano.
“Eccoci a casa!” esclamò d’un tratto Tom, indicando a Kate la fattoria poco distante. 
Era stupenda, una staccionata la separava dalla strada, e dietro di essa sorgevano degli immensi campi coltivati, agrumeti, vigneti, e la ragazza ne rimase colpita. Quando scese dal furgoncino, notò subito una grande casa di vecchio stile, con accanto una stalla ed un fienile, per non parlare dei vari recinti con dentro ogni tipo di animale. Un galletto fece capolino da dietro alcune botti, diretto verso alcune gallinelle che beccavano lì vicino, e Kate sorrise quando vide una mucca con il suo vitellino che brucava l’erba poco distante. Quante cose ancora ci sarebbero state da vedere!
“Kate? Non dici nulla?” chiese divertito Tom guardandola.
“E’ tutto così bello, non credevo che esistessero ancora posti così!” esclamò lei entusiasta.
“Ed ancora non hai visto nulla! Non vedo l’ora che James ti porti a vedere le zone qua intorno!”
“James?” chiese Kate inarcando un sopracciglio.
“Oh sì, mio figlio…è andato giù in paese a sbrigare delle commissioni, ma sarà di ritorno per pranzo!” rispose l’uomo, mentre scaricava le valigie.
“Oh, non sapevo che avesse un figlio.”
“Non ti ricordi, è ovvio! Eravate così piccoli quando giocavate insieme!” ammiccò lui divertito “sono sicuro che sarà felice di vederti”
 
Arrivati in casa Kate si sistemò nella sua stanza, carina e confortevole, e ne approfittò per farsi una bella doccia dopo il lungo viaggio. Si riposò un po’ e scese in salotto un po’ prima dell’ora di pranzo, decisamente rilassata. Tom era seduto su una poltrona di fronte al caminetto spento a leggere un giornale, e quando la vide gli si illuminò il volto.
“Oh, Judy non mi aveva detto di avere una figlia così bella!” esclamò piegando il giornale.
Kate arrossì, e sorrise al complimento “la volevo ringraziare per la sua gentilezza e la sua ospitalità, mia madre e mio padre vi saranno eternamente grati”
“Sciocchezze cara, avrai modo di sdebitarti nel periodo che passerai qui!” disse Tom ammiccando.
“Uh?” la ragazza era perplessa.
“Ti piacerebbe aiutarmi a svolgere le mansioni della fattoria?”
“Oh, certamente! Mi dica quello che devo fare e lo farò!” mettersi al lavoro era il modo migliore per scacciare via  brutti pensieri.
“Perfetto, hai presente quella specie di capanno di legno che hai visto quando siamo arrivati? Ecco lì troverai un cesto e le galline, hanno fatto le uova e penso che raccoglierle sia un buon modo per cominciare” disse l’uomo compiaciuto.
Kate annuì vigorosamente e si precipitò subito fuori. Una piacevole brezza le faceva ondeggiare il vestito verde chiaro lungo fino alle ginocchia, mentre i capelli rossi scintillavano alla luce del sole. Trovò il cesto dove le era stato detto e, indossati i guanti, subito si avventurò dentro la dimora della galline, trovandone la maggior parte addormentate. Cercò di fare piano entrando, e silenziosamente iniziò a raccogliere le uova, sebbene lì l’odore non fosse dei migliori.
 
Quando ebbe finito si sentì soddisfatta, guardando il cesto pieno sotto braccio. Stava per voltarsi per uscire quando una mano le venne posata sulla spalla d’improvviso, senza l’accompagnamento di alcun rumore.
Fu il disastro. Urlò sobbalzando e le galline si svegliarono, iniziando subito a starnazzare e svolazzare in quella specie di casetta, e Kate non capì più nulla. Quegli stupidi uccelli impazziti iniziarono a beccarle le gambe, e lei si lanciò fuori ad occhi chiusi, inciampando sul proprietario della mano. Il cesto con le uova volò a terra, rovesciandosi, e Kate sentì lo sconosciuto inciampare con lei, finendole addosso come un sacco di patate.
Gemette, e per fortuna dopo pochi secondi riprese a respirare, dato che quello che sembrava un ragazzo si stava sorreggendo con i gomiti, ancora sopra di lei.
Rimasero qualche istante a guardarsi allo stesso tempo sorpresi ed irritati, finché il ragazzo esclamò, rialzandosi “Ma chi diavolo sei tu? E che ci facevi con le mie uova?”
“Io…sono ospite di questa fattoria, mi era stato affidato questo compito…” rispose Kate imbarazzata mentre si alzava, posando lo sguardo sul cesto e le uova rotte “guarda cosa mi hai fatto fare!” esclamò poco dopo, irritata.
Il ragazzo la guardò sbuffando. Era alto e muscoloso a causa del lavoro nei campi, abbronzato come Tom e con gli stessi capelli castani, ma il suo sguardo diffidente era completamente diverso da quello del fattore. Aveva dei profondi occhi azzurri, che fissavano Kate con insistenza, in un’espressione incomprensibile.
“Io? Sei tu che hai urlato senza motivo!” esclamò lui, guardando le uova “vedi se qualcuna si è salvata, chi gli racconta ora a mio padre di questo disastro?” aggiunse indicando il cesto “ci mancava solo un’incapace, in questa fattoria!”
“Ma come ti permetti?!” esclamò lei, decisamente irritata “tuo padre non ti ha insegnato le buone maniere?” sbuffò lei, chinandosi a raccogliere le poche uova intatte.
“Sono gentile solo con chi merita”rispose James, incamminandosi verso la casa “e ripulisci questo disastro!”
“Grr…e pensare che Tom mi aveva detto che sarebbe stato contento di vedermi!” disse lei tra sè, decisamente contrariata ed infastidita.
Quando rientrò a casa, puzzava di uova ed aveva diverse piume di gallina tra i capelli. Era riuscita a salvarne pochissime, e quando vide Tom  non si azzardò ad alzare lo sguardo verso di lui.
“Ma Kate…che ti è successo?” Esclamò l’uomo vedendola così malridotta e con quelle poche uova.
“Te lo dico io papà…” borbottò James intento ad apparecchiare la tavola “ha svegliato le galline e ha fatto cadere il cesto con le uova”
“Sì ma…” si affrettò a ribattere lei.
“ Non dire nulla Kate, può capitare…dopotutto è la tua prima volta!” disse bonario Tom, scoccando un’occhiata al figlio.
“Vi prometto che non capiterà più…” disse la ragazza, mortificata. Non riuscì a non guardare male James.
“Sicuro, ormai non ci sono più uova da rompere!” borbottò James, incrociando le braccia al petto.
“Suvvia James, non essere così sgarbato con lei!” disse Tom, con aria irritata.
“Ti ho detto cosa penso della tua idea, e questo non è un posto per turisti! Avremmo potuto guadagnare parecchio con la vendita di quelle uova!” ribatté il ragazzo, alzando il tono di voce.
“Adesso basta!” tuonò d’un tratto Tom facendo sobbalzare Kate, ritrovatasi in mezzo ad una lite, in più per causa sua “ora ci calmiamo e mangiamo, va bene?”
“Non ho fame, vado a riposare” disse James, voltandosi velocemente per salire al piano di sopra.
 
Il pranzo trascorse in silenzio, carico di imbarazzo, poiché né Kate né Tom sapevano che dire. Fu Tom a parlare, a bassa voce.
“Scusa mio figlio, è un po’ brusco perché non ama gli sconosciuti, ma sono sicuro che presto farete amicizia!” disse ammiccando, mentre pian piano tornava nei suoi occhi il suo solito buon umore.
“Beh speriamo!” rispose lei accennando un sorriso. Non le andava di parlare male del ragazzo senza lui davanti, dopotutto lui ha aspettato che lei tornasse a casa per parlare.
“Bene! Se hai finito vai pure a riposarti, oggi pomeriggio andiamo a raccogliere le arance” aggiunse Tom con aria soddisfatta.
“Ottimo, allora vado!” esclamò lei sorridente.
Congedatasi dall’uomo salì le scale di legno che portavano al piano di sopra, e velocemente raggiunse la sua stanza, stendendosi comodamente sul letto morbido.
La camera era semplice e carina, con una finestra abbastanza grande che portava la giusta luce nella stanza, un armadio spazioso dove erano entrati tutti i suoi vestiti, un comodino, un tavolino con una sedia ed alcune mensole, tutto in legno. Sospirò, guardando il suo bel vestito verde – che aveva lasciato appeso alla maniglia dell’armadio – tutto sporco di uovo, e decise che forse un tentativo di lavaggio avrebbe dovuto provarlo. Si alzò, e indossando un paio di jeans ed una camicetta bianca uscì dalla stanza con il vestito tra le mani, in cerca di una presunta lavanderia. C’erano diverse porte in quel piano, per la maggior parte camere da letto, e decise che forse vicino al bagno avrebbe trovato qualcosa.
Si avvicinò silenziosa al bagno poiché lì vicino c’era la stanza di James, e non aveva proprio voglia di incontrarlo, ma proprio quando raggiunse la sua meta la porta del bagno di spalancò, e fu proprio quel ragazzo ad apparire.
Indossava solo un paio di jeans scuri che risaltavano il suo fisico abbronzato, con il primo bottone sbottonato, ed il torso nudo con i capelli scuri scompigliati gli dava un’aria selvaggia, intrigante. Lo sguardo era sorpreso ma per nulla imbarazzato, mentre Kate aveva le guance color porpora.
“Cos’altro hai combinato?” sbottò lui brusco.
“Io…niente!” disse lei, innervosendosi al suo tono “stavo solo cercando un posto dove poter lavare il vestito…”
“Vai fuori, c’è una tinozza e del sapone in vista…poi appendilo sul filo teso per la biancheria” disse lui scocciato, dirigendosi subito verso la sua stanza.
“Ok grazie…” disse lei, mordendosi le labbra “senti, credo che siamo partiti con il piede sbagliato..”
“Non c’è proprio da dove partire, ragazza di città” rispose lui, richiudendo la porta alle spalle.
“Ma che modi!” sbuffo lei scuotendo il capo, per poi dirigersi nervosamente verso le scale.
Una volta fuori trovò subito ciò che cercava, e riempita la tinozza d’acqua iniziò a lavare il vestito, tirandosi su le maniche. Non aveva mai lavato un indumento in quel modo, e da una parte si divertì a farlo, non pensando più alla sua arrabbiatura. Stese il vestito soddisfatta, per poi raccogliere i capelli lunghi in una coda, dato che un po’ di caldo si faceva sentire.
Poco dopo Tom uscì con diversi cesti sotto braccio, accompagnato da James, questa volta con la camicia.
“Andiamo cara?” disse l’uomo sorridente.
“Sì sì, arrivo” rispose lei, raggiungendoli. Non degnò di uno sguardo il figlio, e lui fece la stessa cosa con lei.
 
Kate rimase stupita da quella distesa di alberi di arance, il cui profumo riempiva l’aria dolcemente, accompagnato da una leggera brezza che faceva animare qualche ramo più alto, mentre alcuni piccoli fiori ancora decoravano i rami, tra i grossi frutti che sembravano impazienti di essere raccolti.
Iniziarono subito, due cesti a testa, e la ragazza sulle prime si divertì a raccogliere, ma poi le arance cominciarono a pesare e lei lavorò più lentamente. Ogni tanto James portava i cesti pieni verso casa, per svuotarli e tornare con altri vuoti e ricominciare, senza mai stancarsi.
A fine giornata Kate aveva il fiatone, aveva raccolto innumerevoli arance, e quando Tom le diede una pacca sulla spalla lei emise un gemito di dolore, poiché le facevano male le braccia.
“Non male, per essere la prima volta!” esclamò Tom mentre sistemavano le arance nelle casse “domani venderò bene!” aggiunge, soddisfatto.
“Oh grazie…” borbottò lei, un po’ imbarazzata.
“Ora mangiamo e vai a riposare, domani pomeriggio si ricomincia!” disse Tom ridacchiando.
“Oh…” Kate non sapeva se sarebbe riuscita a resistere ancora il giorno dopo.
 
A cena Kate mangiò tutto senza fiatare, aveva troppa fame per parlare.
“Oh, vedo che hai appetito!” disse Tom ammiccando “è normale che dopo una giornata di lavoro venga molta fame” aggiunse poi, vedendo l’espressione imbarazzata di Kate.
“Un’altra bocca da sfamare…” brontolò James di tutta risposta.
Tom lo ignorò “domani mattina James ti mostrerà la fattoria mentre io andrò al mercato”
“Cosa?!” dissero all’unisono i due ragazzi “non se ne parla, lo fai tu!” sbottò il ragazzo furibondo.
“Obbedisci a tuo padre, ragazzo!” tuonò Tom, fissando James serio.
Il ragazzo sbuffò, poi si alzò e salì in camera sua, mentre Kate salutò Tom, desiderosa di riposarsi dopo quella giornata intensa.
“Mi dispiace, Kate, non so che gli sia preso…” disse l’uomo mortificato.
“Non fa niente…” rispose lei salendo le scale.
 
Indossata la camicia da notte leggera Kate si lasciò scivolare sotto le coperte, finalmente nella sua pace. Quella giornata non le aveva fatto pensare ai suoi problemi, ma se n’era ritrovati davanti altri, primo fra tutti il comportamento di James. Perché si comportava in quel modo? Tom non si comportava affatto così, e Kate si convinse presto che c’era qualcosa sotto. Decise di non soffermarcisi più di tanto, mentre la figura del ragazzo a torso nudo le si palesò nella mente. Quella immagine le aveva fatto ribollire il sangue, e senza accorgersene si era ritrovata con le guance in fiamme. Ma che le prendeva? Era il ragazzo più maleducato che avesse mai visto e l’aveva trattata male, ma questo non le impedì di fantasticare un po’ su di lui. Ci sarebbe stata lontana, questo già lo sapeva, ma dovette ammettere che quel ragazzo era decisamente bello.
 
Con solo i pantaloncini del pigiama, James, steso nel letto, guardava il soffitto. Aveva le braccia incrociate dietro la testa, e ripensava a quella ragazza, Kate, la sua presunta vecchia compagna di giochi. Era pericoloso averla in casa, e lui non vedeva l’ora che se ne andasse, sperando che magari con il suo comportamento avrebbe potuto accelerare il suo allontanamento: era bella, troppo bella.
Era stato scontroso con lei e non se ne pentiva, voleva mettere le cose in chiaro sin da subito, non poteva rischiare di farsi coinvolgere dai suoi problemi. Quando cadde su di lei quella mattina, il primo impulso che dovette frenare fu quello di baciare quelle labbra rosee, specchiandosi in quegli occhi verdi come smeraldi, incorniciati dai lunghi capelli di fuoco che sembrava ardessero alla luce del sole. L’aveva guardata attentamente senza che lei se ne accorgesse, e quel vestito verde metteva in risalto le forme morbide della ragazza, come d’altronde i jeans e la camicetta con il primo e l’ultimo bottone sbottonato. Non gli era mai successo di essere così tanto attratto da una ragazza, ma allo stesso tempo intimorito. L’aveva respinta a modo suo, desideroso di non far intendere a lei il suo turbamento, soprattutto nel vederla con quelle guance rosse che spiccavano sulla pelle chiara. Sospirò, scuotendo il capo pensando al padre che, da uomo buono qual era, aveva senza indugio accettato di ospitare in casa una ragazza in pericolo di vita.
Non era riuscito ad accettarlo, e per quello non riusciva a placare la sua preoccupazione, ma si addormentò pensando comunque a quei capelli di fuoco.
  
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