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Autore: Amor31    18/02/2013    4 recensioni
Dopo secoli di fidanzamento, Brick e Jo si sono sposati.
La loro vita non è affatto semplice: è scandita da continue rinunce e dalla lontananza forzata.
Ma i due non ci stanno.
Qualcosa dovrà pur cambiare.
E quale occasione migliore, se non il compleanno di Jo?
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brick, Jo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Come una rosa
 
L’ansia lo stava divorando.
Da un’ora e mezza era seduto su un piccolo e scomodo sgabello posto a pochi passi dalla porta del suo superiore, a cui aveva chiesto udienza una settimana prima; nonostante la richiesta che dovesse avanzargli fosse semplicissima, il ragazzo si sentiva in imbarazzo più che mai.
Si alzò in piedi e percorse circa tre metri andando su e giù per lo stretto corridoio su cui si affacciava l’ufficio del Colonnello Tremblay, intrecciando le dita delle mani e facendo schioccare lievemente le nocche come ad assicurarsi di averle tutte e intatte; tornò indietro e provò a sedere di nuovo sulla sedia, ma l’agitazione era troppa anche per compiere quel gesto così naturale.
-Comandi!-.
Il dibattito che si era protratto fino ad allora nell’ufficio giunse finalmente a termine quando sentì quell’unica parola pronunciata con particolare enfasi da un suo amico, il Tenente Smith, che uscì subito dopo lasciando appena socchiusa la porta per permettergli di entrare nella stanza.
-Ah, Maggiore McArthur!-, lo accolse gioviale il Colonnello. -Venga pure avanti, sono curioso di parlare con lei-.
Brick non era stato spesso nella stanza del suo superiore ed ogni volta che vi tornava gli sembrava che ci fosse qualcosa di diverso. Che cosa fosse, non avrebbe saputo dirlo.
-Colonnello Tremblay-, lo salutò di rimando portandosi istintivamente una mano alla fronte, -la ringrazio per avermi concesso un’udienza in privato-.
-Ma si figuri! Era il minimo che potessi fare, per un elemento del suo valore. Ma prego, si sieda; ci terrei molto a sapere il perché di questa riunione-.
-In verità sono qui per chiederle un giorno di permesso-, spiegò Brick dopo un attimo di incertezza.
-Motivazioni?-, domandò indifferente il Colonnello aprendo un cassetto della possente scrivania in legno e recuperando un foglio di carta intestata recante il simbolo dell’esercito canadese.
-Beh…-.
Il ragazzo ammutolì e di nuovo sentì un immotivato imbarazzo risalirgli verso la testa e imporporargli le guance.
-Figliolo, non è il momento di perdere la lingua-, lo riprese il superiore sistemando il foglio dinanzi a sé e fissando gli occhi su Brick, che aveva abbassato la testa come rammaricato. -Hai chiesto di poter parlare con il sottoscritto e ora te ne stai muto quanto un pesce?-.
-No, signore-.
-E allora va’ avanti. Non abbiamo tempo da perdere-.
Il Maggiore McArthur ci pensò un po’ su e poi continuò a parlare: -Motivi familiari. Sa, domani è il compleanno di mia moglie e vorrei poter trascorrere del tempo insieme a lei… Ci vediamo troppo poco, mi capisce?-.
-Sì, sì-, assentì l’uomo con tono comprensivo. -Immagino che sia difficile ritagliare del tempo per avere un minimo di… intimità-.
-Cosa? No, Colonnello! Ma a che è andato a pensare?!-, esclamò Brick assumendo un colorito simile a quello di un pomodoro molto maturo.
-Maggiore, non capisco quale sia il suo problema. Siamo uomini, no? Argomenti come questo ci sono molto cari-.
-Sì, ma… Oh, comunque sia-, si interruppe il ragazzo scuotendo energicamente la testa, -mi accorda il suo permesso?-.
Il Colonnello lo guardò ancora per una manciata di secondi, studiando attentamente i tratti del volto del sottoposto. Rimanendo in silenzio si alzò, girò attorno alla scrivania e si pose alla sinistra del giovane.
-Brick-, incominciò abbandonando ogni formalità, -ormai credo che tu sappia quanto affetto provi per te. Ti considero come il figlio che non ho mai avuto e per te vorrei solo il meglio. È quindi con profondo dispiacere che ti comunico l’impossibilità di concederti il permesso per domani-.
Il Maggiore sgranò gli occhi, incredulo. Perché mai sarebbe dovuto essere trattenuto ulteriormente in caserma?
-Non capisco-, disse perplesso. -Negli ultimi tempi non c’è stato molto da fare sul territorio e pur avendo l’occasione di andare a casa ho preferito rimanere a disposizione. Quindi perché adesso non…?-.
-La scelta di compromesso sta nell’accettare solo mezza giornata-, lo bloccò Tremblay. -Sempre che tu sia favorevole-.
-Dodici ore saranno più che sufficienti-, rispose immediatamente Brick cogliendo al volo l’occasione per paura di un ripensamento da parte del superiore.
-Bene, allora. Permesso accordato-, confermò il Colonnello tornando alla scrivania e buttando giù in fretta poche righe di giustificazione. -A lei-, disse ancora porgendogli il foglio timbrato e firmato.
-Grazie, signore. Buona serata-, lo salutò il Maggiore McArthur andando verso la porta.
-Ricordi di portare i miei omaggi a sua moglie-.
-Statene certo, Colonnello-, asserì Brick uscendo dall’ufficio.
 



-Vai già via?-.
-Sono quasi le sei. Devo tornare a casa prima che lo faccia Jo-.
-Oh… Deduco che tu abbia in serbo per lei una sorpresa, giusto?-.
-Beh… Diciamo di sì-.
-Sì! Il mio intuito non fallisce mai!-.
-Zitto, Smith! Non voglio che gli altri vengano a conoscenza di ciò che faccio in privato-.
-D’accordo, d’accordo. Non ti scaldare. Piuttosto, a cosa avevi pensato?-.
Brick guardò scettico l’amico: -Ciò che ho detto poco fa vale anche per te-.
-Bene, allora. Mi racconterai tutto domani-, gli disse il Tenente mollandogli una gomitata tra le costole e ammiccando con fare malizioso.
-Sì, contaci pure…-, sussurrò a denti stretti Brick prendendo alcuni indumenti e stipandoli in una piccola borsa.
-Non mi dire che la sorpresa consisterà nel farle trovare una montagna di divise da lavare!-, esclamò Smith shockato, ma allo stesso tempo divertito.
-Per favore, potresti smetterla di dire idiozie? Fammi pensare…-.
-A cosa?-.
-Zitto! Lasciami concentrare!-.
Calò il silenzio. Il dormitorio era completamente vuoto, eccezion fatta per loro due.
-Mah… Chissà che cosa ci passeranno alla mensa, stasera…-.
-GIUSTO! Smith, sei un genio!-.
-Io? E cosa ho fatto?-, domandò l’altro sorpreso e lusingato.
-Lascia stare. Adesso devo andarmene-.
Brick raccolse le ultime cose rimaste e uscì dallo stanzone seguito da un benaugurante “Buona serata, amico! Fatti valere!”, poi scese due rampe di scale e, mostrato il permesso firmato dal Colonnello, fu finalmente libero di uscire all’aria aperta.
Non appena il portone della caserma fu richiuso alle sue spalle, inspirò profondamente e allargò le braccia, sentendosi davvero se stesso dopo la bellezza di tre settimane trascorse in isolamento dal resto del mondo.
“È giunto il momento di rimediare per questa imperdonabile assenza”, si disse con il cuore leggero. “Jo non si aspetterà di certo di vedermi, soprattutto nel giorno del suo compleanno!”.
Si avviò lungo la strada, diretto alla più vicina fermata dell’autobus. Se avesse preso il mezzo, sarebbe stato a casa di lì a dieci minuti.
“Accidenti, ho dimenticato la tessera di abbonamento nel mio armadietto!”.
Spiò velocemente l’orologio che teneva al polso, sorridendo e compiangendosi contemporaneamente. Ciò che lo rendeva felice era il ricordo legato a quell’oggetto, che gli era stato regalato da Jo in occasione della sua entrata ufficiale nell’esercito; dall’altra parte, si rese conto che tornare indietro per recuperare il documento gli avrebbe fatto perdere l’ultima corsa a sua disposizione.
“Comprerò un biglietto nuovo, pazienza”.
 Riprese a camminare, guardando distrattamente le vetrine illuminate dei negozi e fu folgorato dall’ispirazione: un gentiluomo come lui non poteva ritornare dalla propria amata senza un dono degno di lei.
“Eh, mi caverò di sicuro in un qualche pasticcio… Accontentare Jo è l’impresa più difficile che si possa compiere a questo mondo”, pensò sconsolato ammirando dei mirabolanti dolci che facevano capolino dalla pasticceria di fronte alla quale si era improvvisamente arrestato.
“Potrei comprarle una torta… Ma non sopporta la panna. Una collana sarebbe perfetta per qualsiasi donna, ma non per lei. Sarebbe capace di strangolarmi, se vedesse una catenina girovagare per casa… E allora cosa fare?”.
Brick non era mai stato tanto indeciso quanto in quel momento. Si trovava alla presenza di un dilemma amletico: se avesse compiuto la scelta sbagliata molto probabilmente il suo sogno di trascorrere una bella serata romantica con Jo sarebbe andato a farsi friggere.
“Va bene. Rischierò. Non è così senza cuore da cacciarmi via dopo tre settimane passate senza vederci né sentirci”.
Con passo sicuro il militare si diresse verso un negozio dai colori sgargianti, da cui uscì appena cinque minuti più tardi stringendo tra le braccia un meraviglioso bouquet di rose rosse e biancospino.
“Non potranno non piacerle. Sono sicuro che si scioglierà. Più o meno”.
Giunse alla fermata dell’autobus e attese per un altro quarto d’ora l’arrivo del mezzo. Una volta a bordo, cercò un posto tra le prime file e rimase a contemplare il mazzo di fiori, che suscitò l’invidia di non poche vecchiette a bordo.
-Giovanotto, per chi sono quelle?-, chiese senza vergogna una donnicciola di almeno settant’anni.
-Sono il regalo per mia moglie-, spiegò in un sussurro Brick immaginando di essere diventato paonazzo.
-Oh, ma quanta dolcezza! Farà un figurone, mi creda!-, disse l’anziana con voce tremante.
-Lo spero-, si augurò lui di rimando.
-Stia tranquillo: ogni donna cederebbe, di fronte a un tale corteggiamento-, affermò quella convinta battendo ritmicamente le ciglia con un fare che alcuni anni prima sarebbe potuto apparire seducente.
-Grazie per l’interessamento-, la salutò Brick nel vederla scendere dall’autobus alla fermata successiva.
“Magari le cose andassero secondo i piani! Ogni cosa sarebbe perfetta!”.
Il viaggio durò a malapena altri tre minuti. Non appena il mezzo fu bloccato, il ragazzo scese e in fretta corse verso l’entrata del condominio in cui lui e Jo avevano deciso di abitare subito dopo il matrimonio, celebrato solo sei mesi prima dopo un fidanzamento di sette anni.
“Ma no! L’ascensore è fuori uso!”.
Osservò scontento le quattro, ripide rampe di scale che avrebbe dovuto percorrere e alla fine si decise a salire, ripetendosi mentalmente che la fatica e l’attesa non avrebbero fatto altro che alimentare ed aumentare il piacere di rivedere la sua amata Jo.
Fermatosi di fronte al portone del proprio appartamento, si frugò le tasche alla disperata ricerca delle chiavi, riprendendo così anche il fiato perso nella pazza corsa su per le scale; una volta trovate, fece schioccare la serratura ed entrò lentamente in casa, facendo attenzione a non provocare il benché minimo rumore malgrado fosse consapevole che in quel momento il posto fosse deserto.
Andò dritto in camera da letto, quasi sperasse che Jo lo stesse aspettando lì. Anche in quella stanza, come nel resto dell’appartamento, regnava il silenzio; Brick si avvicinò ad un mobile basso su cui erano poggiate innumerevoli fotografie incorniciate e, prendendole una ad una, passò ad esaminarle: erano state scattate per lo più il giorno del loro matrimonio ed era evidente quanto fossero felici.
“È bellissima, qui”, pensò il giovane rimanendo incantato dai magnetici occhi della moglie che sorrideva dalla superficie patinata della foto. “Sembra una principessa delle favole”.
Rimise a posto le diverse cornici e si gettò sul letto, inspirando il profumo impresso nel cuscino di Jo, poi si alzò e si diresse in cucina, desideroso di mettersi all’opera.
-Ma dove avrà messo quel libro?-, si chiese ad alta voce aprendo e richiudendo uno dopo l’altro tutti gli sportelli vicini al piano cottura. -O forse avrà mangiato al ristorante, pur di non cucinare?-.
Ormai prossimo al nervosismo, Brick riuscì a recuperare il ricettario che stava cercando trovandolo nientemeno che nel secchio della spazzatura: evidentemente Jo aveva avuto un suo tipico attacco d’ira proprio mentre era ai fornelli.
-Dunque, quattro uova, farina, acqua e margarina… Sì, questi ingredienti ci sono tutti. Per la crema ci vuole mezzo litro di latte, cioccolato fondente in polvere e… Vaniglia? Dove la prendo, io, della vaniglia? No, non posso usare questa ricetta. Però potrei provare una variante, ma… che cosa c’è nella dispensa?-.
Con uno scatto fulmineo aprì l’ennesimo sportello solo per constatare la più completa assenza di ingredienti degni di essere definiti tali.
-Forse avrei fatto meglio a comprare una torta…-, si disse passandosi stancamente una mano sul viso. -Beh, posso sempre preparare la cena. Cuocere della carne non è mai stato impossibile, no? E nemmeno condire l’insalata ha mai ucciso nessuno. Certo, non è esattamente quello che avevo in mente, ma a contare sarà il pensiero-.
Si rimise al lavoro, prendendo dal freezer quelle che all’apparenza erano due belle bistecche: le gettò di peso in una padella troppo piccola rispetto alle dimensioni della carne e poggiò il tutto sul fuoco. Esaminò successivamente il frigorifero e cominciò a tagliuzzare della verdura, ignorando di doverla prima lavare.
-Uhm, che profumino!-, esclamò fiero di se stesso nel sentire sfrigolare le bistecche. -Jo sarà costretta ad ammettere la mia vittoria in campo culinario-, disse sorridendo al solo pensiero.
Mezz’ora dopo aveva sistemato la tavolata ponendo al centro una candela e distribuendo piatti e posate imitando il tipico cameriere con la puzza sotto il naso che spesso lavorava presso grandi hotel.
-Bene, manca solo l’ospite d’onore-, affermò sfregandosi energicamente le mani. -Non mi resta che aspettare che…-.
Tlac
Il portone d’ingresso si aprì con un solo giro di chiave e Brick, capendo che Jo fosse arrivata, si rese conto di essersi tradito nel non aver richiuso esattamente come la ragazza aveva lasciato.
“Potrebbe addirittura pensare che un ladro si sia infiltrato in casa!”, pensò sbarrando gli occhi per la preoccupazione. “Sarà più circospetta che mai”.
-C’è nessuno?-.
“Si sta muovendo… Cavolo, non è così che sarebbe dovuta iniziare la serata!”.
-C’è qualcuno qui dentro?-.
“Beh, a questo punto devo solo andarle incontro per…”.
-Chiunque tu sia, sappi che sono armata. Ovunque ti trovi, rimani fermo e alza le mani in alto, se non vuoi ritrovarti una pallottola nello stomaco!-.
“Non dirà sul serio?!”.
-Sto per entrare nella mia stanza: osa venirmi addosso ed io ti ucciderò-.
“Non si è accorta che sono in cucina. Se le arrivassi alle spalle potrebbe anche farmi fuori, ma… Accidenti, che situazione! Perché devono sempre venirmi queste idee brillanti?”.
Brick attraversò con passo felpato la cucina e si affacciò sospettoso lungo il breve corridoio che conduceva alla camera da letto. Appurato che Jo non si trovasse da quelle parti, si azzardò ad attraversare il passaggio per raggiungere l’altra stanza.
“Ancora pochi metri e sarò da lei”, si disse lottando contro la paura di essere in qualche modo ferito dalla moglie. “Un ultimo sforzo ancora…”.
Venne schiantato a terra, la faccia rivolta verso il pavimento.
-Giù, soldato!-.
-Jo? Jo! Fammi alzare, per favore!-.
-Non se ne parla neanche, Mister Delicatezza. Che cosa stai facendo in casa mia?-.
-Ti ricordo che questa è anche casa mia…-.
-Ah, sì? E da quando, se mi è concesso chiederlo?-.
-Forse dal momento in cui ci siamo sposati-, sussurrò Brick. Aveva il respiro mozzato, dato che la ragazza si ostinava a tenerlo bloccato a terra poggiando tutto il suo peso sulla schiena del povero militare.
-Sai, ho quasi dimenticato di essermi legata a te. O semplicemente sei tu ad aver scordato che in questa casa c’è ancora qualcuno che ti aspetta-.
Detto questo, Jo si alzò e andò in cucina.
-Ehi, aspetta un secondo-, tentò di richiamarla indietro Brick massaggiandosi i reni. -Cosa vorresti insinuare?-.
-Soldato, rispondi tu a questa domanda-.
-E perché mai?-.
-Non sono io quello che scompare per tre settimane e poi torna di punto in bianco aspettandosi di essere accolto come in trionfo-.
-È solo questo il problema?-, sorrise Brick sentendosi rassicurato. Per quanto i modi di Jo fossero bruschi, alla fine tradivano sempre il suo amore per lui.
-No, sciocco. Che cos’è questa roba nella padella?-, chiese lei sollevando il recipiente dai fornelli con aria semplicemente disgustata.
-È la cena. L’ho preparata con le mie mani-, rispose il ragazzo gonfiando il petto, orgoglioso.
-Si vede-, replicò con sufficienza Jo. -È terribile-.
-Senti, sei l’ultima persona che può venire a giudicare la mia cucina. Tu, che non sei capace di fare nemmeno un uovo sodo decente!-.
-Ah, sì? Mi stai sfidando, per caso?-.
-Esatto-.
-Allora preparati a mangiare la mia polvere come antipasto-, affermò con astio Jo.
-Benissimo. Ti farò ricacciare indietro ciò che hai appena detto-, rispose risoluto Brick.
Presero dal frigorifero le ultime due uova rimaste e si procurarono ciascuno un piccolo pentolino in cui far bollire l’acqua. Dieci minuti dopo la sfida era conclusa. E a vincere era stata Jo.
-E allora, Sir Mattone? Che ne dici?-, domandò superba.
-Che sei stata solo fortunata…-.
-Non direi, visto che nel bel mezzo della gara hai pensato bene di ustionarti gettandoti addosso l’acqua in ebollizione-, spiegò nei dettagli la moglie.
-E pensare che credevo ti avrebbe fatto piacere rivedermi…-, disse Brick con tono esausto abbandonandosi su una sedia accanto al tavolo ancora imbandito.
-Infatti hai pensato male-, infierì ulteriormente Jo.
-Forse avrei fatto meglio a non venire qui, stasera. È andato tutto storto-.
-Soldato, possibile che tu ti abbatta ancora per aver perso una sfida con la sottoscritta? Ormai dovresti averci fatto l’abitudine…-.
-Non è questo che intendevo-.
-Ah, sì? E allora cosa?-.
-Vieni con me-.
Brick si alzò e le afferrò delicatamente la mano, pur temendo di essere rifiutato.
-Perché non me la conti giusta?-, si domandò a voce alta Jo.
-C’è una cosa che voglio farti vedere-.
La condusse lungo il corridoio, superarono il punto il cui erano caduti rovinosamente a terra e, dopo averle coperto gli occhi con entrambe le mani, entrarono nella loro stanza.
-Che…?-.
-Shhh-, la zittì dolcemente lui guidandola fino al mobile su cui erano poggiate le fotografie. -Questo è per te-, le sussurrò a due centimetri dal lobo dell’orecchio destro.
Appena ebbe la possibilità di riaprire gli occhi, Jo realizzò di avere di fronte a sé il più bel bouquet di rose che avesse mai visto. I boccioli, non aperti ancora del tutto, erano di un intenso rosso carminio, che veniva risaltato ancora di più dalla presenza in contrasto del candido biancospino.
-Allora, ti piacciono?-, le chiese Brick azzardandosi a circondarle i fianchi con le braccia.
-Sono… senza parole-, ammise semplicemente Jo.
-Probabilmente i fiori non sono il genere di regalo che preferisci ricevere, ma quando ho visto queste rose non ho potuto fare a meno di pensarti. Perché tu, in fondo, sei proprio come uno di questi boccioli: all’apparenza sembri inavvicinabile e pericolosa, ma la realtà è che ti servi di questa maschera per nascondere e proteggere la tua bellezza, esattamente come queste spine fanno con le rispettive corolle di petali-.
 Jo si lasciò cullare da quell’abbraccio desiderato tanto a lungo, rapita dalle parole di Brick. Ecco perché aveva deciso di sposarlo.
-Soldato, non è che in verità quando sparisci è perché segui dei corsi di poesia al posto di allenarti?-, domandò con un sorriso sincero.
-Perché mai dovrei andare, se ho te come fonte d’ispirazione?-.
Stavolta fu Jo a sentire un tremendo rossore infiammarle le guance. Era straordinario come Brick riuscisse sempre a far emergere il suo lato migliore, malgrado i continui battibecchi.
-Vedi di rimanere con i piedi per terra-, gli ricordò voltandosi e guardandolo dritto negli occhi. -Il mio ego non ha bisogno di essere gonfiato ancora. Tu, piuttosto, dovresti impegnarti di più per aumentare un minimo l’autostima-.
-Stai pure tranquilla: non ho bisogno di nulla se siamo insieme-.
-Davvero non hai alcun desiderio?-.
-Beh, ne avrei uno minuscolo, ma dubito che tu sia d’accordo nel realizzarlo…-.
-E sarebbe?-.
-Questo-.
Brick si chinò leggermente su di lei e le sfiorò le labbra, saggiando la morbida ed invitante pelle che da tempo non veniva stuzzicata in quel modo. Il ragazzo sentiva il bisogno di una sorta di conferma da parte di Jo prima di dare sfogo ai suoi sogni romantici.
-Che stai facendo?-, gli chiese la moglie senza allontanarsi minimamente da lui.
-Aspetto che tu mi dica di sì-.
-Mi sembra di averlo già fatto tempo fa. Ho aspettato sette anni, fino ad essere sicura di volerti davvero: non farmi patire oltre-.
Senza attendere una risposta dal marito, Jo affondò le sue labbra in quelle del ragazzo, che rispose con consapevole felicità. Si amavano, quello era l’unico dato di fatto: avrebbero potuto litigare all’infinito (e sicuramente avrebbero continuato a farlo), ma nessuno sarebbe mai riuscito a separarli. Perché tra di loro c’era un’alchimia unica fatta di sguardi, di carezze appena accennate, di parole ora provocanti, ora suadenti. Erano perfetti nella loro semplicità.
-Buon compleanno, Jo-, le augurò Brick baciandola di nuovo. -Spero che i fiori siano stati all’altezza delle tue aspettative-.
-Non è delle rose che mi importa-, replicò lei bloccandolo solo per un attimo. -È te che voglio. Non avrei potuto ricevere un regalo più bello-.
 
 
 
 


Note dell’Autrice
Cos’è questa One-Shot?
Dove e come è nata?
Innanzitutto ci tengo a precisare che l’ho scritta di getto questa notte per una ricorrenza particolare.
Oggi è il 18 febbraio: esattamente un anno fa mi sono iscritta su questo meraviglioso sito pubblicando la mia prima Fiction, nonché Long, sulla mia terza coppia preferita: la BxJ.
Dunque non potevo non celebrare questo mio “compleanno” pubblicando una storia che avesse come protagonisti i due personaggi di TD che mi hanno convinta a frequentare assiduamente EFP.
Sperando che i sostenitori di questa coppia si siano moltiplicati nel tempo, vi saluto e vi ringrazio di essere giunti fin qui nella lettura.
A presto,
 
Amor31
   
 
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