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Autore: ChaosMyth    19/02/2013    7 recensioni
蓮 | JRen | Una perdita improvvisa può farci rendere conto di quanto una persona possa essere stata il centro, anche inconsapevole, di tutta la nostra vita.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: JR, Ren
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Fiori di loto

 
 
 

*[ JR ]*

 
 

2013, Marzo

 

Finalmente dopo giorni di cattivo tempo era tornato il sole.
Un debole sole di inizio primavera.
Non che io fossi meteopatico, ma la pioggia, col suo grigiore, portava con sé una malinconia che inevitabilmente mi avvolgeva e mi rendeva inspiegabilmente triste, senza un preciso motivo.
Per questo quel giorno di sole mi metteva allegria; era piacevole camminare per strada lasciandosi scaldare dal suo ancora flebile calore, pensando a quando, di lì a poco, sarebbe finalmente fiorita del tutto la primavera, con i suoi colori e i suoi profumi.
Il parco verso il quale ero diretto si sarebbe di nuovo riempito di vita: bambini che corrono e giocano felici, famiglie che si rilassano con un pic-nic sull’erba, coppie innamorate perse in sogni e fantasie.

 Coppie innamorate.

 Quelle sdolcinate non riuscivo davvero a sopportarle.
L’amore non è qualcosa di smielato, quello funziona solo per le pubblicità in tv e per il mercato dei cioccolatini.
Eppure se qualcuno mi chiedesse cosa sia l’amore, non saprei come rispondergli.
Forse gli direi che l’amore è qualcosa di astratto, che si materializza davanti a te una volta sola e poi svanisce; come tutto ciò che è bello e prezioso, non si può possedere davvero. Lo assaggi ma non riuscirai mai a saziartene.
O almeno,ho iniziato a crederlo quando ciò che di più bello c’era nella mia vita è volato via.
Lasciandomi solo.

 
 

˜ ˜ ˜ ˜ ˜
Un anno prima

 
 
 

« Ahi! »
Non solo mi ero fatto male andando a sbattere contro qualcuno, ma mi erano anche caduti i suoi libri sui piedi.
A quanto pare la basilare regola scolastica “Non si corre nei corridoi!” non era da tutti conosciuta; o meglio, era dai più ignorata. Così anche svoltare l’angolo diventava pericoloso.
E doloroso.
« Scusami, non ti ho visto, non l’ho fatto apposta, mi dispiace! »
Un ragazzo dai capelli di un biondo chiarissimo si chinò in fretta per raccogliere velocemente i libri che gli erano caduti, mentre si propinava in mille scuse per avermi decisamente travolto nella sua corsa.
Avrei voluto rimproverarlo e fargli comprendere dal mio tono di voce gli insulti che il mio piede sinistro in particolare gli stava rivolgendo in tutte le lingue al mondo esistenti, ma qualcosa nel suo sguardo, quando lo alzò verso di me per chiedermi per la quarta volta scusa, mi trattenne.
Dai suoi occhi intuii che era davvero dispiaciuto e preoccupato.
Aveva un viso così dolce, innocente e sincero che il primo, stupido paragone che mi venne in mente fu quello di un cucciolo.
I capelli erano raccolti in una coda, che tuttavia non riusciva a fermare alcuni ciuffi più corti che gli erano ricaduti sugli occhi; se li sistemò con la mano libera che non reggeva i libri e continuò a guardarmi preoccupato.
« Figurati, non mi sono fatto niente.. » mentii abbozzando un sorriso, che lentamente si formò anche sulle labbra del ragazzo di fronte a me.
« Oh.. bene, menomale.. »
« Già.. »
Rimasi a guardarlo senza sapere cosa dirgli, solo pochi secondi fino al suono della campanella della scuola, che fece leggermente sobbalzare il ragazzo, ricordandogli che era in ritardo.
Si scusò di nuovo con me prima di scappare via, sparendo dietro l’angolo e lasciandomi da solo in corridoio, con addosso una sensazione indefinita che non avevo mai provato prima.

 
 
Esiste il colpo di fulmine, Ren?
Tu mi hai detto di sì.
Hai sempre creduto in queste cose, eri fatto così.  
 
 

˜ ˜ ˜

 
 

2013, Marzo
 

Non c’era molta gente al parco.
Forse la leggera brezza fredda, seppur in contrasto col bel sole di quel giorno, aveva convinto la maggior parte delle persone a stare a casa o ad andare in posti caldi, al bar, al cinema.
La cosa non mi dispiaceva, stavo spesso al parco da solo; potevo anche stare seduto per ore su una panchina, dimenticandomi completamente dell’ambiente intorno a me, e starmene lì a riflettere, pensare, sognare, ricordare.
 

Ricordare te, Ren.
 
Il mio pensiero fisso, da mesi, eri tu.
Non sopportavo più la tua mancanza, non ero più abituato a stare solo.
Perché questo ero, senza di te.
Solo.
Potevo avere intorno chiunque, amici, familiari. Ma tu non c’eri.
Ed eri tu che davi un senso a tutto.
Eri diventato fondamentale per me, come l’aria, come l’acqua.
Dov’eri adesso, Ren?

 
 

 
˜ ˜ ˜ ˜ ˜
Undici mesi prima

 
 
 

Pioveva.
Pioveva a dirotto e se c’era qualcosa per cui avrei dovuto ringraziare mia madre era per avermi messo l’ombrello nello zaino, cosa che mi sollevò non poco.
Solo tre ore prima sembrava dovesse arrivare la siccità, faceva un caldo inusuale per il mese di Aprile, e invece all’improvviso aveva iniziato a diluviare.
Nonostante avessi l’ombrello mi stavo comunque bagnando i pantaloni della divisa scolastica e le scarpe, perché puntualmente quando pioveva io finivo in una pozzanghera, e non una di quelle piccole e insignificanti, ma l’Oceano Pacifico solo in formato leggermente ridotto.
Almeno non avrei dovuto farmi la strada fino a casa senza ombrello ed era già qualcosa.
Avevo fatto solo qualche metro fuori dai cancelli all’ingresso della scuola quando vidi un ragazzo a me familiare correre a ripararsi sotto i portici di una galleria, dove avevano sede alcuni bar e negozi.
Aveva i capelli biondi quasi del tutto bagnati, come la sua divisa e il suo zaino.
Mi diressi subito nella sua direzione e quando mi vide fece un leggero sorriso.
« Ciao JR.. »
Non so dire se fossimo diventati amici o fossimo semplici conoscenti; da quando ci eravamo scontrati in corridoio c’erano state altre occasioni per parlare e conoscerci.
Mi aveva anche detto che potevo chiamarlo col suo soprannome.
« Ren.. sei tutto bagnato, non hai l’ombrello? »
La domanda più stupida che potessi fargli.
« Sì, beh.. Non credevo che avrebbe piovuto.. » si guardò i vestiti bagnati « Aspetterò che smetta oppure faccio una corsa, tanto non abito molto lontano ».
« Posso accompagnarti, se vuoi! »
Forse fu una mia impressione, ma mi parve che le sue guance avessero assunto un leggero colorito rosso alle mie parole.
« Ma no, non preoccuparti, non è un problema! »
« Figurati, lo faccio volentieri, guarda che ci stiamo sotto l’ombrello » gli sorrisi dolcemente.
Stette per un po’ a guardarmi prima di ricambiare il mio sorriso e accettare la mia offerta, premendosi leggermente a me per stare sotto il mio ombrello.
Camminammo per un po’ in silenzio, un silenzio che trovavo leggermente imbarazzante, così provai a iniziare una conversazione con i pretesti più stupidi e banali che potessero venirmi in mente, e fui felice di riuscire con facilità nel mio intento: dopo pochi minuti stavamo ridendo e scherzando, forse potevamo davvero considerarci amici.
Tuttavia il tragitto fu abbastanza breve; non aveva mentito quando aveva detto di non abitare lontano. Dopo nemmeno un quarto d’ora eravamo davanti a casa sua, un alto palazzo abbastanza moderno, in una bella zona della città, non lontano dal centro.
Lo accompagnai davanti alla porta d’ingresso e lì mi fermai.
« Beh, grazie ancora JR..! Sei stato molto gentile, spero di poter ricambiare il favore » mi disse sorridendo.
« Figurati, non c’è problema.. » ricambiai il suo sorriso e restammo lì a guardarci, senza dire nulla.
 
Fu uno di quei momenti in cui sei combattuto tra il fare e il non fare qualcosa, poi finalmente decidi di mettere da parte tutti i tuoi dubbi e le tue paure e dimenticandoti di tutte le possibili e probabili conseguenze, lo fai.
Lo baciai.
Non sapevo neanche perché.
Semplicemente, volevo farlo.

 
 
Me lo ricordo bene, Ren.
Come se fosse ieri.
“Il primo bacio non si scorda mai”.
 
 
 

˜ ˜ ˜

 

2013, Marzo
 
Ricordo di averti stupito quando, settimane dopo, ti confessai che quello era stato il mio primo bacio.
Nonostante ci fossero alcune ragazze interessate a me, la faccenda non mi aveva mai toccato. Non mi interessavano quelle cose, non mi interessava l’amore.
Poi arrivasti tu a cambiarmi, Ren.
Non è che ti considerassi “il mio ragazzo”. Ridevi anche tu quando te lo dicevo. Non eravamo fatti per alcun tipo di etichetta, non avevamo bisogno di dare un nome convenzionale a quel “noi”. C’era, c’era un noi.
Era questa l’unica cosa di cui c’importava.
Andava bene così.
 
Finalmente arrivai al parco e andai in cerca della panchina sulla quale ero solito sedermi; era vicina alla riva del laghetto, nel quale nuotavano tranquillamente delle anatre, agitando le penne della coda.
Non ci andava quasi mai nessuno, solo io e te che ci sedevamo sempre lì. Stavamo le ore a parlare di qualsiasi argomento ci venisse in mente, ma per noi era piacevole anche rimanere in silenzio, ad ascoltare il rumore delle vite altrui che scorrevano attorno a noi.
Non avevamo bisogno di parlare sempre, di pronunciare parole che fossero superflue; a volte i nostri silenzi esprimevano più di mille parole e bastava uno sguardo per comprenderci.
Mi sedetti sulla panchina, con le mani in tasca, e rimasi a fissare la superficie perfettamente liscia dell’acqua di fronte a me, increspata solo a volte dalle anatre o da qualche piccolo pesce.
Il silenzio del parco era quasi totale, solo un vociare in lontananza ogni tanto.
Una piccola anatra s’infiltrò tra i fiori di loto in riva al lago, proprio davanti a me; era anche per questo che mi piaceva quella panchina in particolare.
 
Fiori di loto.
 
Ren.

 
 

˜ ˜ ˜ ˜ ˜
Dieci mesi prima

 
 
 

« Andiamo da qualche parte, domani.. » mi disse Ren.
Se ne stava da un po’ rannicchiato sotto le coperte calde, accanto a me, a guardarmi con la testa appoggiata sul cuscino.
« Per esempio dove? »
« Non lo so.. » mi rispose, abbassando appena lo sguardo, sicuramente perdendosi in mille pensieri diversi. Tuttavia dopo pochi istanti rialzò il viso verso di me e con un leggero sorriso sulle labbra mi si avvicinò e mi abbracciò, premendo il proprio corpo nudo contro il mio.
« Prendiamo un treno. »
« A caso? » risi, stringendolo tra le braccia.
« Sì! Vediamo dove ci porta. »
« E se non ci piace? Prendiamo un altro treno? »
« Si può fare.. Non ti capita mai di provare il bisogno di andartene da qualche parte, di visitare posti che non conosci? Per staccare da tutto, almeno per un po’? »
Lo sguardo che mi stava rivolgendo era stranamente malinconico.
« Sì, a volte.. » gli risposi, e rimanemmo per un po’ in silenzio finché non gli rivolsi un largo sorriso.
« Andiamo. »
« Davvero? » ricambiò il mio sorriso.
« Sì, prendiamo i biglietti e andiamo. » risi.
E lo facemmo davvero.
 
Il giorno dopo decidemmo su quale treno salire e scoprimmo dove fosse diretto solo dopo essere scesi alla stazione di Incheon.
Era da tanto che non vivevo una giornata così bella e senza preoccupazioni, solo io, Ren e una città dove non eravamo mai stati, dove fare ciò che volevamo.
Mangiammo un sacco di cibi diversi, girammo per i negozi più disparati e, approfittando del mite clima di Maggio, ci rilassammo a camminare sulla spiaggia, respirando l’aria di mare e il leggero odore di salsedine.
Camminando per strada, per le vie illuminate della città, mano nella mano con Ren, mi sentivo davvero leggero come una piuma, pervaso dalla felicità come non lo ero da tempo, senza pensare minimamente al fatto che questi rari momenti di assoluta felicità non durano per sempre e di solito precedono comunque un avvenimento che, anche in modo violento e inaspettato, ci riporta coi piedi per terra.
No, in quel momento non ci pensavo affatto.
Non avevo la minima intenzione di rovinare quella splendida giornata con pensieri negativi e magari privi di fondamento.
Lui, il motivo della mia felicità, era lì con me, con la mano stretta nella mia; non poteva accadere nulla se lui era con me.

 

Eppure, Ren, qualcosa è successo.
Hai lasciato la mia mano.
Sei andato via da me.
 
 
 
 

˜ ˜ ˜

 
 
 

2013, Marzo
 
Ora ho imparato a non lasciarmi andare.
Nella vita non c’è solo gioia, né solo dolore, ma tutto si alterna, senza lasciarci un minimo controllo sulla nostra vita, un quadro dipinto da un pennello invisibile che decide di noi soggetti della tela.
Mi sembra passato così tanto tempo se ripenso a quella giornata a Incheon; così tanto tempo da quell’ultima volta in cui sono stato così felice.
E se poi ripenso a quel giorno in cui te ne sei andato dalla mia vita, mi si spezza il cuore. Ogni volta che tutto ciò mi torna in mente sento un nodo alla gola e mi sento così inutile, così solo.
Perché Ren, perché tra tutti proprio tu?
Mi è stata portata via l’unica cosa bella che mi fosse successa nella vita; mi è stata strappata dalle mani, così, all’improvviso, senza che io fossi anche lontanamente pronto, cogliendomi totalmente impreparato, io che pensavo così stupidamente che quel famoso “per sempre” potesse esistere davvero, con te.
 
Ed è stata tutta un’illusione.

 
 
 
 

˜ ˜ ˜ ˜ ˜
Nove mesi prima

 
 
 

Erano i primi di Giugno.
Finalmente era tornato il caldo e io non potevo non essere di buonumore, anche perché di lì a pochi giorni avrei compiuto diciotto anni e avevo intenzione di passare l’intera giornata assieme a Ren.
Mi piaceva festeggiare il mio compleanno, senza feste esagerate, perché la verità era che mi piaceva ricevere regali, e già facevo il conto alla rovescia mentre camminavo per le vie del parco con Ren per raggiungere la “nostra” panchina.
Eppure il mio buonumore ebbe vita breve quando, tornato alla realtà, mi accorsi che Ren era più silenzioso del solito, teneva la testa bassa e aveva l’aria di essere preoccupato, e non solo; dopo esserci seduti, quelle poche volte in cui i suoi occhi incrociarono i miei mi bastarono per dedurre che c’era altro.
Tristezza.
« Ren..? »
« Sì? »
« Che hai? »
Non ricevetti risposta, si limitò ad abbassare lo sguardo sull’acqua del lago di fronte a noi.
Rimasi per qualche istante a guardarlo prima di rivolgergli ancora la stessa domanda, alla quale di nuovo non rispose.
« Ren, lo sai che se hai un problema me ne puoi parlare, qualunque cosa sia, mi piace ascoltarti e aiutarti se posso; te lo leggo negli occhi che stai male, lo capisco subito se qualcosa non va, e.. »
 
« Me ne vado dalla Corea. »
 
Mi zittii immediatamente e rimasi bloccato a fissarlo.
« Che..? »
Deglutì voltandosi a guardarmi e lo ripeté.
« Me ne vado dalla Corea. »
« Ma.. perché..? »
« Mio padre per lavoro deve andare a San Francisco, non.. non so per quanto tempo ed è meglio se andiamo tutti.. »
 
Non riuscii più a dire nulla.
Avrei dovuto saperlo.
Avrei dovuto sapere che le cose belle non durano mai.
Avrei dovuto immaginare che prima o poi qualcuno, qualcosa me l’avrebbe portato via.
Ma io non ero affatto pronto.
Rimanemmo in silenzio a lungo, non so dire per quanto tempo; un secondo, un’eternità.
« E quando.. quando parti? »
«Tra due settimane.. Ci sono per il tuo compleanno.. » sentii la sua mano posarsi sulla mia guancia.
Mi morsi le labbra e mi voltai di scatto per abbracciarlo e stringerlo a me; avrei voluto stringerlo per sempre, tenerlo con me, impedirgli di andarsene e lasciarmi. Avrei voluto dirgli mille cose, dar voce a centinaia di pensieri diversi che mi affollavano la mente, ma non riuscii a dire nulla; avevo un nodo in gola che mi rendeva quasi impossibile parlare.
 
« Non andartene Ren... Ti amo.. »

 

E arrivò quel giorno in un attimo.
L’ultima volta in cui ti abbracciai, ti baciai.
E poi ti lasciai andare.
 
 
 

˜ ˜ ˜

 
 

2013, Marzo
 
Ricordo che le settimane successive furono devastanti per me; non credevo di essere in grado di attaccarmi, di affezionarmi in quel modo a una persona. Quasi non mi ero reso conto di quanto la mia vita si fosse ormai incentrata su di te, Ren. Per me era stato naturale metterti al primo posto.
E ora che non c’eri più, che non eri più qui con me, mi sentivo vuoto.
Una parte di me se n’era andata con te; non ero più me stesso.
E come ora, al parco, su questa dannata panchina, tendevo sempre più ad isolarmi, a chiudermi in me stesso, continuando a vivere di passato, di ricordi, lasciando scorrere il presente come se non avesse valore.
No, non aveva più alcun valore per me. Tu davi un valore alla mia vita.
 
Otto mesi, Ren.
Erano già passati poco più di otto mesi dalla tua partenza, e io mi domandavo come avessi fatto a trascorrere tutto quel tempo senza di te, quasi un anno.
Certo, con la tecnologia si poteva comunicare con qualcuno anche dall’altra parte del mondo, ma passare dall’abbracciarti tutti i giorni allo scriverti o vederti solo sullo schermo di un computer una volta ogni eclissi solare, non era lo stesso.
Dicevi sempre di essere impegnato; e poi c’era anche il fuso orario di mezzo.
Ma pur di vederti, anche solo cinque minuti al mese, mi stava bene.
Eppure mi mancavi, Ren, da morire.
Mi mancavi così tanto, non riuscivo nemmeno a fartelo capire.
Ogni giorno speravo che per chissà quale motivo, prima o poi saresti tornato, saresti tornato da me. E poi mi chiedevo che cosa avrei fatto se ciò non fosse mai successo, quanto ancora avrei retto questa situazione. Non volevo farti vedere quanto quella distanza mi stesse lentamente uccidendo. Cercavo di mostrarmi forte, ma quante volte da solo, di nascosto, ho pianto per tutto questo. Quante volte ho dovuto sfogare la mia rabbia e il mio dolore in un modo o in un altro.
Ho passato i mesi più vuoti, inutili e grigi della mia vita senza di te.
 
E poi,quando ormai pensavo che non avrei più retto, successe.
Ecco perché ero qui su questa panchina, oggi.
Ecco perché questo giorno mi sembrava particolarmente, caldo, solare, bello in confronto agli altri.

 

“Torno a casa, Jonghyun.”

 
 
 

˜ ˜ ˜

 
 

Rimasi ancora ad aspettare, seduto sulla panchina.
L’ultima volta in cui ero riuscito a sentirti dopo parecchie settimane, mi avevi detto quella semplice frase che mi aveva riempito il cuore di gioia.
Non potevo davvero crederci, non potevo credere che finalmente ti avrei rivisto.
Quanto ho sperato, sognato, desiderato che arrivasse questo giorno; era come uscire di nuovo alla luce del sole da un tunnel lungo e buio di cui non ero mai riuscito neanche lontanamente a scorgere la fine. E adesso, in un attimo ero fuori da lì.
Mi avevi detto di vederci lì, dove andavamo di solito, di fronte a quei fiori di loto che tanto mi piacevano, che tanto mi ricordavano te in quei lunghi e tristi mesi.
 
Quando finalmente alzai lo sguardo e ti vidi, per un attimo mi sentii quasi girare la testa. Era quella felicità che senti nascere all’improvviso dentro di te e che s’impossessa subito di ogni cellula del tuo corpo, facendoti dimenticare qualsiasi altra cosa che non sia il motivo di quel sentimento.
Ti corsi incontro, ti abbracciai, ti strinsi tra le braccia, dopo mesi potei di nuovo baciarti, accarezzarti i capelli, guardare nei tuoi occhi e vedere il mio sorriso riflesso.
Dopo mesi eri di nuovo con me.
Sentivo di nuovo il tuo respiro.
Le tue braccia che mi stringevano.
Le tue labbra che mi sorridevano.
Il tuo cuore contro il mio.

 

 « Non ti lascio più, Ren. Non ti porteranno mai più via da me. »

 
Resterai tra le mie braccia.
 

Per sempre con me.

  
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