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Autore: Leopoldo    19/02/2013    3 recensioni
"Quel buio … non riesco ancora a dimenticarlo. [...]
... perché la sensazione di essere immerso nella più profonda oscurità che avevo quando ero cieco non mi abbandona?"
Breve confronto tra il Colonnello Mustang e il Tenente Hawkeye successivo all'ultimo capitolo del manga ma non troppo cronologicamente distante dai fatti di Central City.
Scritto in prima persona. Il punto di vista e i pensieri sono quelli di Roy Mustang.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Be my light again

 

 

Quel buio … non riesco ancora a dimenticarlo.

 

Il Dottor Marcoh mi ha guarito, ha usato la sua pietra filosofale per ridarmi la vista. Eppure … perché la sensazione di essere immerso nella più profonda oscurità che avevo quando ero cieco non mi abbandona?

 

Non riesco a smettere di pensare, come se fossi costretto a vivere un incubo continuo senza essere in grado di svegliarmi. Vedo nella mia mente i volti di persone che non riesco a dimenticare, cose su cui non posso smettere di rimuginare e chiedermi come sarebbero potute andare se avessi agito diversamente.

 

È come se la paura che ho provato quando la Verità mi ha preso la vista continui ad infettarmi, impedendomi di tornare ad essere ciò che ero.

Si tratta di sensazioni simili a quelle che sentii nei sotterranei durante lo scontro che Envy, ricordi in grado ancora oggi di farmi salire il sangue al cervello. L’unica differenza che percepisco tra quelle situazioni è che allora era accecato dall’odio e dalla rabbia, annebbiato dal desiderio di vendicare Hughes e dilaniato dalla consapevolezza di non poterlo farlo.

 

La cosa più importante, quella che catalizza sempre la conclusione dei miei ragionamenti è che, in entrambi i casi, una sola persona mi ha impedito di sprofondare davvero nelle tenebre.

 

 

“Tenente” mormoro appoggiando il mento sulle mani, i gomiti appoggiati alla scrivania.

 

“Sì, colonnello?”

 

“Ricordi cosa ti chiesi quel giorno?”

 

La osservo annuire in tutto il suo marziale ed austero splendore. È ovvio che se lo ricordi e che riesca a capire al volo a cosa mi riferisca. Lo leggo nei suoi occhi, anche lei ci sta pensando.   

“Mi chiese di stare dietro di lei, proteggerla, guardarle le spalle e spararle nel caso in cui avesse perso di vista il suo obiettivo e fatto cose che non avrebbe dovuto”

 

Annuisco anch’io, prima di guardarla dritto negli occhi. “Non mi basta più”

 

Riza deglutisce a vuoto. Capterei il modo in cui si sta irrigidendo per la tensione e la sorpresa anche se fossi ancora cieco.

“C-come, colonnello?”

 

“Ho detto che non mi basta più” ripeto lentamente, prendendo un lungo respiro. “Ho bisogno che tu sia di nuovo la mia luce”

 

Sembra sconcertata dalla mia richiesta, lo capisco dal modo in cui i suoi occhi si sgranino nonostante il resto del corpo rimanga perfettamente immobile.

 

“Voglio che tu sia la mia guida, tenente Hawkeye. Lo hai fatto mentre ero perso nella mia folle vendetta, lo hai fatto quando non riuscivo a vedere e te lo chiedo ora che …” indugio un attimo, distogliendo per un secondo lo sguardo “… che sono consumato dalle mie paure”

 

Cala un breve silenzio che lei è rapida ad interrompere.

“Quali paure?”

 

Il tono che ha usato è … dolce, quasi. L’ho sentito distintamente, anche se ha pronunciato quelle parole con il suo solito e contenuto distacco. Solo lei può capirmi senza fare domande, solo lei può ascoltarmi e non giudicare in un momento come questo.

“Di tornare ad essere inutile come lo ero senza i miei occhi” confido in un sussurro.

 

“Non è stato inutile” ribatte prontamente lei e la cosa mi fa sorridere. “Perché sta sorridendo?” chiede infatti un secondo dopo, piuttosto sospettosa.

 

“Perché hai ragione, tenente. Non sono stato inutile durante quei momenti di battaglia, ma solo perché c’eri tu a farmi da guida” le faccio notare.

 

Apre la bocca, ma non risponde. Posso sentire da qui il rumore del suoi pensieri. Solo che questa volta non riesco a capirli come al solito perché, mi sembra piuttosto evidente, la situazione in cui ci troviamo non è come quelle a cui siamo abituati. È molto più intima.

 

“Lo so che è un grande fardello” comincio, sperando di aiutarla a decidere. Ma lei alza immediatamente la mano per bloccare le mie parole.

 

“Non c’è bisogno, ho capito” sospira, chiudendo gli occhi. Quando li riapre, non posso non rimanere abbagliato dalla determinazione che leggo nel suo sguardo. “Sarò la sua luce, colonnello Mustang”

 

“Ti ringrazio” annuisco, riprendendo in fretta i fogli su cui stavo facendo finta di lavorare qualche minuto fa. “Ora, potresti andare a chiamare il sottotenente Breda?”

 

“Per la questione di Ishbar?” chiede con il suo solito contegno. Di cui, in questo momento, non posso che essere grato.

 

“Voglio essere pronto per quando dovrò mantenere la parola che ho dato al dottor Marcoh”

 

“Vado subito, colonnello” si congeda con un piccolo cenno del capo, prima di girare i tacchi e uscire dalla stanza per eseguire il mio ordine.

 

Aspetto finché non sento il rumore della porta che si chiude. Quando sono certo che non possa sentirmi mi lascio andare ad un lungo sospiro che sa di liberazione.

 

Sapevo ancora prima di parlare che sarebbe pronta a rimanere al mio fianco in ogni occasione ed ero perfettamente consapevole che avrebbe accettato la mia ennesima richiesta, ma sentirlo dire da lei ha tutto un altro effetto. Con lei al mio fianco, non mi sento mai perso ed inutile.

 

Chiudo gli occhi, assaporando il calore che riesce a trasmettermi semplicemente dialogando, oggi come quel giorno di tanti anni fa quando la presi come mia sottoposta dopo il massacro di Ishbar.

È bastato parlare con Riza per appena due minuti per riuscire a squarciare le mie tenebre e la cosa non mi sorprende nemmeno un po’.  

 

Mi volto verso la finestra alle mie spalle, corrugando le sopracciglia quando mi accorgo come il sole colpisca il vetro con tanta intensità da farlo risplendere, nello stesso modo in cui Riza fa con me.

“Coincidenza piuttosto strana” sbuffo, lasciandomi poi scappare una debole risata divertita.

 

Mi perdo di nuovo nei miei pensieri, ma stavolta sono meno cupi.

Devo solo capire perché riesco ad esprimere ciò che provo per lei solo con le mie azioni e solo quando la sua vita è in pericolo. Perché non riesco mai a stringerla al mio petto e, per farlo, ho dovuto aspettare che fosse agonizzante sul pavimento?

 

Come ho già detto, però, non sono pensieri cupi, proprio no. Sorrido, invece, perché dopotutto si parla della mia Luce e, in un modo nell’altro, sarà lei ad aiutarmi a capire.

 

 

 

Note dell’autore.

 

Dopo aver letto l’ultimo capito del manga –ripeto, manga, quindi tutto ciò che è contenuto nella prima serie animata o in Brotherhood non riguarda questo storia–, mi sono chiesto cosa abbia provato Roy Mustang e ho ipotizzato a qualcosa simile a ciò che ha sentito dopo essere tornato da Ishbar. Come mai? Per il semplice fatto che allora ha rischiato di perdere sé stesso dopo aver ucciso quelle persone allo stesso modo in cui ha rischiato di perdere Riza e il suo futuro come Comandante Supremo.

È in prima persona in modo da dare voce a quelli che credo siano i sentimenti del Flame Alchimist, per marcare maggiormente la differenza tra quello che pensa e quello che dice quando parla con Hawkeye.

Spero che i personaggi sia coerenti e il loro rapporto, incredibilmente profondo ma così rigoroso e distante, siano fedeli al manga.

Pace.

 

  
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