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Autore: The Cactus Incident    19/02/2013    0 recensioni
Che razza di vampiro poteva uccidere la propria madre, vampira anch’essa? Uno comune, in effetti.
Quarto ed ultimo file. Il cuore di Gates perse un battito.
“Layla Lightblue. Unica delle quattro figlie ancora in vita. Ha dei grossi problemi di salute, ma c’è chi dice che sia tremenda. Gates, è stata lei ad uccidere Valary e si pensa che l’abbia fatto perché Michelle ha ucciso sua sorella”
[…]
Se avesse saputo prima che era stata Layla ad uccidere Valary, molto probabilmente, avrebbe mirato alla testa invece che alla gamba.
il più grande flop mai commesso da Cactus!
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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vamp chapter 7

Tornare a casa, lasciarla dopo la notte più bella di tutta la sua vita, fu un vero dolore fisico per Brian.
Doveva allontanarsi e doveva rimettere la maschera da Synyster Gates, il soldato dal grilletto facile anche se era abbondantemente andata in pezzi.
Quando avrebbe potuto far vedere di nuovo la luce a Brian?
Quando sarebbe stato ancora così felice? Con lei, ovviamente.
Brian non avrebbe mai dimenticato quella notte ed era certo che lo stesso valesse anche per Layla.
Quando aprì la porta di casa erano le sette e un quarto di mattina e tutta la casa era sveglia. Sentiva i figli dal piano di sopra e Michelle che era in cucina, appena sentì la porta aprirsi scattò verso di lui.
“Gates, dove sei stato tutta la notte? Ero in pensiero” disse preoccupata, mentre ancora in pigiama preparava la colazione.
Syn si grattò distrattamente la testa.
“Uhm... in giro, non riuscivo a dormire allora ho preferito andare….. fuori” Michelle fece una faccia triste ed emise un “Uhm, v-va bene” prima di tornare in cucina, con la faccia da cane bastonato.
Gates la guardò colpevole e andò a sedersi al suo posto a tavola.
Non l’aveva mai tradita. Da quando si erano sposati non era più capitato. Quando ancora non lo erano c’era stata qualche scappatella, certo, ma da quando aveva quell’anello al dito non si era mai permesso.
Perché l’aveva sposata?
Come aveva fatto a ritrovarsi in quella vita senza neanche rendersene conto?
E’ una sensazione orribile non rendersi conto di come si è arrivati ad un punto, guardare indietro e trovare il vuoto, come se non ci fosse mai stato un passato.
Ecco, Gates si sentiva così, come se non ci fosse mai stato un passato.
Gli sembrava di essere nato adesso, più precisamente tre settimane fa, quando aveva sparato alla gamba di una vampira che tutto era tranne una qualsiasi.
Si era ribaltato tutto nella sua vita, era finito completamente a gambe all’aria e adesso non sapeva più da dove partire.
Fecero colazione tutti insieme con i soliti bisticci fra Micheal e Bree e i vari ammonimenti dei due genitori. I tre uscirono di casa e Gates rimase lì, come un coglione a guardare una casa che non gli apparteneva, completamente vuota.
Si dice che casa è dove appendi il cappello, dove hai la tua famiglia.
Sicuri che fosse proprio la sua? Non ricordava nemmeno granché di averla creata.
E il suo cappello? Dove erano i suoi oggetti, le sue cose, i suoi ricordi?
Oh, giusto, non ne aveva.
Certo, vestiti, alcuni pezzi dell’armatura e la sua chitarra.
Già, la sua chitarra, quella chitarra fatta su misura.
Ed è lì che si ritrovò, per l’ennesima volta in quelle settimane, su quel pavimento, con la sua chitarra fra le braccia. Era la sua ancora di salvezza quando era lontano da Layla, il suo unico appiglio e punto fermo.
E non fece altro che imbracciarla e suonare, suonare fino a far sanguinare e rimarginare le dita, di continuo, fino a non averne più la forza, mentre la mani scorrevano da sole sul manico, mentre quel pezzo della sua anima tornava al suo posto, nel suo petto.
Era sempre così, ogni volta che l’aveva fra le mani, sentiva che qualcosa lì, proprio al centro del suo petto, ritornava al posto giusto e quel ricomporsi dava nuova energia a tutto il suo corpo.
E’ una sensazione che non potreste mai capire, se non vi è mai capitato di avere un pezzo della vostra anima fra le mani, che non aspetta altro che tornare al proprio posto.
E’ una delle sensazioni più gratificanti che ci possa essere, è ricongiungersi con la persona amata, è un sentirsi ancora meglio se si sta già bene o un tirarsi su di morale se ne si ha il bisogno.
E’ creare, è dare vita e voce a se stessi.
Ed è quello che fece Brian, diede voce e forma al suo essere, a quello che gli scuoteva il petto in quel momento.
E scrisse, oh, scrisse, creò, dopo tanti di quegli anni che nemmeno ricordava di esserne capace.
Sentiva che doveva farlo, che doveva far uscire quelle parole, quella musica, perchè erano chiuse nel suo cuore da troppo tempo.
E per Brian era difficile stargli dietro, tanto che erano frenetiche e confusionarie.
Erano una sorta di terremoto nel palazzo a quaranta piani della sua mente.
Tutti che si affollavano verso le uscite e i soccorsi che provavano a salvaguardare tutti, ma erano troppi, e troppo in fretta.
Fu fantastico liberarsi, sentì come un peso nel petto sciogliersi, correndo via insieme alle parole.
E quando si ritrovò a guardare quella spaventosa quantità di fogli scarabocchiati che aveva davanti non riusciva a capacitarsi del fatto di aver scritto tutto lui.
Stava guardando orgoglioso quei fogli, quando suonarono alla porta.
Gates si precipitò ad aprire e si trovò Jimmy davanti.
“Ohi, Jimbo bello” Jim lo guardò sospettoso, inarcando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto.
“Che mi sono perso?”
“Uhm?” emise innocentemente Gates, non capendo nemmeno molto a cosa si riferisse, ancora mezzo intontito da quella “liberazione” che era appena avvenuta.
“Il “miglio amico-radar” parla chiaro e la faccia di tua moglie anche di più, che è successo?” Aveva incontrato la donna alla centrale ed era più che ovvio che fosse successo qualcosa, non la vedeva con quella faccia dalla messa di dieci anni per la morte di Val.
Gates si scansò e lo fece entrare.
Si buttarono sul divano e Brian cominciò a torcersi le mani.
“Ok, quello che sto per dirti ti suonerà completamente assurdo e insensato, ma non è altro che la verità”
“Sei Brian Haner, sono quarantatre anni che non hai un senso” Rispose tranquillo l’amico, scrollando le spalle.
“Ok, ti ricordi Layla? La ragazza a cui ho sparato? Quella che proteggeva i ribelli?” Jim annuì convinto. “Ecco, da allora abbiamo avuto diversi incontri, abbiamo parlato tanto….”
“E?”
“E mi sono innamorato” Jim alzò gli occhi al cielo. “Jim sul serio, non è una stronzata, io la amo”
“Brian, ti rendi conto che quella è Layla Lightblue? Ti rendi conto è stata lei ad uccidere Val? Adesso farà pure la pentita, ma resta il fatto che l’ha uccisa lei. Noi siamo soldati, il mondo ha bisogno dei soldati perchè esistono i Lightblue e quegli altri due rott’inculo di cui non mi ricordo il nome….. La Morte Blu è il motivo per cui in questa città è impossibile uscire di sera se non sei un vampiro o un mezzosangue addestrato”
“Ma lei è diversa…”
“Questo non lo metto in dubbio, non sei proprio così coglione”
“Grazie, eh” bofonchiò Gates sarcastico.
“Figurati, il punto è che se qualcuno dovesse venire a saperlo, verresti accusato di alto tradimento e nel migliore dei casi ti sbatterebbero fuori. E se dovessero venire a saperlo la sua famiglia, non oso immaginare nemmeno cosa vi farebbero” ammise preoccupato l’amico. Non voleva perdere il suo migliore amico.
“Lo so, ci ho pensato, ma Jim, tu non capisci. Non mi sono mai sentito così, mai. Da quando la conosco sto trovando un senso a me stesso, sto capendo un sacco di cose…”
“Brian, tu hai una bella moglie e due figli fantastici, perché non vuoi essere felice?”
“Perché sono estranei Jim, tutto mi è estraneo, questa casa, questa vita, il mio lavoro..!”
“Anche io?” chiese preoccupato Jim.
“No, tu probabilmente sei l’unica ragione per cui non sono diventato come quell’esaltato tedesco di Hitler. Jim, non mi piace più uccidere, non trovo niente più di bello nel combattere e nell’insegnare a combattere. Voglio solo Lay, voglio passare il tempo con lei, voglio essere felice, voglio amarla…..”
Jim lo guardò intenerito. Si sentiva orgoglioso di quell’uomo che finalmente era cresciuto.
Brian era cresciuto troppo in fretta e, per assurdo, non era cresciuto mai.
Responsabilità, certo, onore, dovere, quanti ne vuoi, ma aveva saltato tutte le tappe della vita di un uomo.
Non aveva mai capito appieno cosa significasse amare o essere amato, non si era mai sforzato di comprendere e far parte del calore di una famiglia.
Era semplicemente andato avanti negli anni, facendo sì che gli eventi facessero il suo corso e se lo trascinassero dietro, come un tronco in balia della corrente.
“Jim, che devo fare?”
“Se mi avessi detto tutto questo una ventina di anni fa, ti avrei detto afferrala e scappate via, buttati e amala, ma le cose sono diverse, Bri. Mi dispiace tarparti le ali, ma non sei più un ragazzino ai primi tentativi di amore. Sei un uomo, hai dei figli, una moglie e dei doveri verso di loro”
“Mi stai dicendo che devo essere infelice”
“Se tu vedi l’infelicità in una donna che ti ama e dei figli che ti vedono come un mito, allora si”
“Jim, non ce la faccio…. non ce la faccio più a uccidere e distruggere, a far finta che vada tutto bene, che adori la mai vita e che io sia nato per fare il soldato. Jim io voglio vivere, per davvero. Voglio un lavoro normale che mi assicuri di tornare a casa la sera dalla mia donna, una donna che amo e che non mi si è affiancata per qualche strano motivo”
“Strano motivo tipo perchè aveva la stessa faccia del tuo unico amore adolescenziale?”
Brian rimase di gesso, guardando l’amico con gli occhi sgranati.
“Tu….. come….”
“Come lo so? Andiamo Bri, ti conosco dall’asilo, proprio come ti conosceva Valary e di certo non mi ci voleva la sfera di cristallo per capire che ti fossi innamorato di lei. La adoravi, avresti fatto di tutto per lei, e lei ti vedeva come un fratello” disse tranquillo Jim.
“Già, vedi che idiota”
“Oh no, da idiota è stato mettersi con Michelle per ovvi motivi, mica amare Val. Avresti potuto trovare all’epoca una donna che ti piacesse sul serio, che avresti amato e che ti avrebbe aiutato a rimanere nel mondo reale. Bri, Chelle è un soldato, proprio come te. Siete delle macchine da guerra, non siete fatti per amare, ma per farvi amare e da questo imparare”
“E Matt e Val? Anche loro erano entrambi soldati….”
“Sai meglio di me che Val era in grado di mantenere entrambe le sue identità ben separate, ma comunque presenti. Victoria Shadows era la macchina, Valary Sanders era la donna. Secondo me è questo concetto delle due facce che sia tu che Michele avete confuso un po’”
“Io sto tirando fuori Brian dal dimenticatoio, finalmente, ma ci sono prevalentemente due cose che lo fanno ancora respirare: la chitarra e Layla” Jim emise un respiro triste.
“Bro, ho capito, ma sai bene che non puoi legarti a lei, faresti una brutta fine in breve”
“Jim, posso assicurarti che preferirei morire, piuttosto che tornare a essere lo stesso di due mesi fa” bofonchiò Brian con le lacrime agli occhi, e aveva ragione, diamine se aveva ragione.
Non aveva più la forza di essere sempre e solo Synyster Gates.
Il lato del soldato era crollato, adesso era rimasto l’uomo, il chitarrista che non sapeva proprio dove andare a parare per rimanere a galla.
“Guarda Matt, Jim, che ne è rimasto di lui? Dimmelo. Sembra un robot delle forze armate: il capo ordina, lui esegue. Non voglio finire come lui, ci sono stato pericolosamente vicino e non voglio che accada mai più”
Jim sospirò afflitto e dovette ammettere che l’amico aveva ragione.
Matt non era stato in grado di rimpiazzare Val nel suo cuore, quel posto era rimasto vacante per anni e così sarebbe rimasto per sempre.
Matt aveva fatto proprio la fine che Brian aveva scansato per ventinove e trenta.
Aveva ragione ad avere paura, ci era andato davvero vicino, ma Brian era stato salvato da Layla, Matt no.
Matt non aveva più una donna a ricordargli cosa fosse l’amore. Aveva due figli, certo, ma i figli crescono troppo in fretta e Matt se li era goduti ben poco viste le continue missioni.
Quei bambini erano cresciuti con l’amore delle madri degli altri, con la zia Michelle, o zia Roxanne, zia Lacey (la moglie di Johnny), le altre che facevano parte della squadra della mamma o altre mogli di soldati che si occupavano volentieri di loro.
E Jim, vi chiederete voi, chi era il suo punto fermo? Quell’essere che gli ricordava che il mondo reale non era solo uccisioni e proiettili al plasma? Eh eh eh…..
“Mi dispiace ammetterlo, ma hai ragione……” sentenziò Jim e Brian fece una smorfia vagamente somigliante a un sorriso.
“Già, è difficile che ne abbia, ma quando capita non si può discutere” Jim gli diede un buffetto amichevole su una guancia.
“Adesso non esageriamo, eh” disse divertito e Brian sorrise tristemente.
Jim gli posò una mano sulla spalla e lo guardò.
“Brian, davvero, è triste che tu non possa amare Lay come vorresti, ma è troppo tardi”
“Its never too late” canticchiò sarcastico Brian e Jim fece una faccia schifata.
“I Three Days Grace? E da quando?!”
“Da quando abbiamo conosciuto Adam Gontier ed è il mezzosangue famoso più simpatico che abbia mai fatto un concerto nel mondo sotterraneo”
“Seh, vabbè” fece divertito Jim mentre si alzava. “Io devo andare, bellezza, ci vediamo” Brian si alzò con lui e lo accompagnò alla porta.
Prima che potesse aprire la spessa porta di casa Haner, Brian lo abbracciò stretto e affondò il naso nella sua spalla.
“Sei un amico, Jim, frocio, ma un grandissimo amico”
Eh si, Jimmy Sullivan era gay. Certo, il gay meno effeminato che fosse mai esistito sulla faccia della Terra, ma lo era e conviveva con un ragazzo spettacolare che lo amava più della sua vita.
“E tu sei la solita merda, da quarantatre anni, ma ti voglio bene come il primo giorno all’asilo” gli lasciò un altro buffetto affettuoso e poi se ne andò, infilandosi nella sua macchina e tornandosene a casa, dal suo punto fisso.
Tom era di sicuro già a casa e Jim voleva passare un po’ di tempo con lui visto che fra i lavori di entrambi ne avevano sempre molto poco a disposizione.
Il suo ragazzo, Tom era un insegnante alla scuola dei ragazzi che vivevano nella città sotterranea. Prima insegnava all’università, ma da quando si era trasferito lì, aveva preferito trovarsi un lavoro che gli evitasse di fare quaranta chilometri al giorno ad andata e altri quaranta al ritorno.
Tom Hiddleston era uno spettacolare uomo inglese, l’unico che Jim non detestasse. Si, perché Jim detestava tutti gli inglesi, loro e quell’accento del cazzo, che ti trattavano sempre come l’ultimo della specie, soprattutto se eri americano e bevevano quel cazzo di the alle cinque.
Ecco, Tom non beveva il the alle cinque, anzi, lo detestava a qualsiasi ora, era sempre affabile e sorridente e ti guardava sempre in modo gentile con i suoi grandi occhi cangianti che potevano essere verde intenso o azzurri, passando per un’infinita varietà di sfumature che comprendevano anche un grigio nuvole in tempesta davvero spettacolare.
Era tanto simile quanto diverso da Jim…
Tom era alto, magro e sorridente proprio come il suo uomo, ma non aveva nessun tatuaggio o piercing perchè terrorizzato dagli aghi. Aveva degli adorabili capelli color caramello, che se ne stavano sempre scompigliati sulla testa in dei bei boccoli senza un granché di senso, tranne alcuni rari casi in cui li tirava ordinatamente indietro col gel.
Adorava musica di qualsiasi tipo, quando era allegro (ovvero sempre) canticchiava e ogni tanto si dilettava con la chitarra anche se non aveva mai suonato in presenza di Brian, visto che gli era capitato di ascoltare qualche registrazione e il solo pensiero di confrontarsi con quella bestia delle sei corde, lo terrorizzava.
Gli piacevano i fumetti della Marvel, soprattutto “Thor” e Jim lo prendeva spesso in giro, dicendo che somigliava a Loki, il fratellastro cattivo del Dio del Tuono.
E amava il suo ragazzo, incondizionatamente.
Prima di conoscerlo, Tom era convinto di essere etero. Gli erano sempre piaciute le donne e gli piacevano tutt’ora, ma a lui non piacevano gli uomini, a lui piaceva Jim.
Gli piaceva quel genio nascosto da strati d’inchiostro e dal disordinato ciuffo nero, gli piaceva la risata cristallina e la battuta sempre pronta.
Adorava i moti dolci che lo coglievano spesso o i suoi vaneggi da ubriaco, quando con due birre alla spina in mano e molte di più in corpo, ti faceva una metafora sulla vita e il rapporto fra due persone, meglio di come avrebbe mai fatto un qualsiasi psicologo.
Inizialmente era affascinato e incuriosito da quell’uomo e dal sua mente brillante, poi si era ritrovato completamente innamorato di tali caratteristiche e anche del suo corpo.
Lui che aveva sempre preferito le donne bassine e formose, così diverse da lui che era alto e magro come un chiodo, si era ritrovato attratto da un chiodo proprio come lui, solo decisamente più decorato.
Quando la porta di casa si aprì, non riuscì a trattenere un sorriso, mentre lo sentiva imprecare dopo essere inciampato nel tappeto all’ingresso per la trecentesima volta.
“Tom? Ci sei?” L’uomo si affrettò a uscire dalla biblioteca dove stava controllando alcuni compiti in classe dei ragazzi e andò verso l’ingresso, gli occhiali da lettura ancora sul naso.
“Oh, Hiddleston, cominciavo a preoccuparmi” disse tranquillo Jim, mentre lo guardava divertito.
Tom sorrise e si tolse gli occhiali, appendendoli allo scollo a V dell’anonima maglietta grigia.
“Stavo solo affogando fra una marea di orrori di ortografia… Allora? Come sta Brian?” Jim scrollò le spalle sconsolato e andò a buttarsi sul divano. Tom si sedette di fianco a lui e il soldato poco dopo poggiò la testa sulle sue gambe.
“E’ confuso, molto”
“Confuso?” chiese stranito Tom.
“Si, sta attraversando un periodo della sua vita un tantino strano e non riesce a capire quali siano le sue proprietà e quali i suoi doveri” il professore arricciò le labbra.
“Uhm, capisco. Come fai a sapere sempre quando c’è qualcosa che non va? E’ assurdo!” Jim rise divertito, mentre il suo ragazzo gli carezzava la testa nera e scombinata. Aveva dei capelli così sottili e lisci, altro che quella zazzera che si ritrovava lui.
“Bah, sesto senso, credo, non lo so. Sarà che lo conosco troppo bene… boh” fece stranito e Tom trattenne a stento l’ennesimo sorriso.
Un pensiero che lo torturava da un po’ tornò a galla e emise un sospiro strano che insospettì leggermente Jim, insieme a quella piccola ruga che si formava vicino all’occhio quando aveva qualcosa che voleva dirgli.
“Tom, che succede?” chiese tranquillo e il cuore di Tom perse un battito. Come faceva a beccarlo sempre, era un mistero.
“Uhm? No, niente” emise tranquillo scrollando le spalle, tanto sapeva che di lì a poco avrebbe parlato, però sempre meglio provarci, no?
“Non mentire, lo sai che non ne sei capace” Possibile che s’intenerisse così? Qualsiasi cosa che quello spettacolare inglese facesse? Come quando si mordicchiava le labbra, perso nel suo mondo alla ricerca di una soluzione o di un modo di dire qualcosa.
“Allora…. è un po’ di tempo che sto pensando a una cosa. Ho parlato con Will, un ragazzo che lavora giù ai laboratori della centrale”
“Mi vuoi lasciare?” chiese quasi preoccupato Jim, ma sempre con dignità. Avrebbe sclerato ad un’eventuale risposta affermativa.
Tom sbiancò, al solo pensiero che potesse credere una cosa del genere.
“Cosa? no! Stai scherzando?” fece terrorizzato e Jim abbassò lo sguardo imbarazzato, mentre cominciava a giocare con le dita.
“Si, insomma, ho sempre il dubbio….. potresti avere una vita molto più tranquilla, fuori di qui, senza l’ansia tipica del dovermi aspettare, del non sapere quando tornerò e poi il mondo sotterraneo non è il luogo migliore per te….”
“Jim, io non voglio lasciarti, è proprio di questo che ti stavo parlando” Jim aggrottò le sopracciglia.
“Va avanti”
“Ti dicevo, ho parlato con Will, un ragazzo della centrale. E’ un vampiro e ha detto che sarebbe disposto a trasformarmi” concluse Tom.
Jim sentì un tonfo sordo nel suo petto. Credette di essere sul punto di avere un infarto, sul serio, si sentì morire.
Eh si, perché Tom aveva un solo, piccolo, insulso, insignificante difetto: era umano.
Tom aveva sul serio ventotto anni, non come lui che ne dimostrava venticinque e ne aveva quarantatre.
Tom era il suo piccolo, fragile umano che lo amava più di qualsiasi cosa al mondo e Jim lo amava anche perchè era umano, perché era giovane davvero e poi era così caldo e spontaneo….
“Io….. beh…… cioè….. perché?” chiese stranito Jim e Tom si strinse nelle spalle.
“Fra un po’ avrò trent’anni e io sto invecchiando, anche rapidamente, mentre tu rimarrai così ancora per molto tempo. In breve mi trasformerò in una prugna secca mentre tu sai ancora un baldo giovine e sinceramente la cosa non mi piace. Quando potrei piacerti ancora, dieci anni? Quindici? Poi sarò una sorta di scarto e non voglio che questo accada”
Jim si tirò sui gomiti, per squadrarlo un po’ meglio, inarcando un sopracciglio.
“Tom, ma come puoi dire una cosa del genere?”
“Lo dico, perché adesso dici così, poi ti voglio proprio vedere quando sarò un vecchietto decrepito” Jim rise di gusto e si sedette sulle sue gambe, strusciando il viso nell’incavo del suo collo.
“E fra quattrocento anni? Quando sarò io a cominciare a diventare un vecchietto? Non sono immortale, Tom, solo meno deperibile” Tom gli cinse la schiena con le braccia magre ma forti.
“E fra quattrocento anni ci penseremo, ma il mio deperimento è molto più vicino del tuo” Jim sospirò afflitto.
“Lo vuoi davvero? Sei sicuro? La trasformazione non è un gioco, soprattutto se voluta. Niente più sole, ritmi invertiti, dieta insolita fatta di sangue sintetico e cibo comune, il tuo corpo freddo….. è davvero questo che vuoi?” sospirò Jim sulle sue labbra, mentre con un dito gli carezzava il profilo del collo e Tom sospirò sulle sue labbra.
“Io voglio stare con te, sai quanto me ne frega del prezzo” sospirò in risposta Tom.
“Io non potrei esserne più felice, spero che non sia tu a pentirtene”
“Non lo farò, non te ne preoccupare” rispose divertito prima di far collidere le loro labbra.
Il bacio lento e tranquillo divenne sempre più profondo e passionale fino a quando Jim non afferrò Tom per la maglietta e se lo tirò sopra, sul divano.
L’inglese si mise a cavalcioni delle sue gambe, mentre sghignazzava contro le sue labbra.
“Beh, per il momento concentriamoci sul fatto che sei un bell’umano e che mi stai seduto addosso a tuo discapito, uhm?”
“Oh, sicuro che sia discapito?”
“Per il tuo culo, si, poco ma sicuro”
“Sopravvivrò…. anche sta volta” disse divertito, mentre mordicchiava il lembo di pelle su cui erano tatuate le manette, sul collo del suo ragazzo.
Tom amava i tatuaggi di Jim, adorava perdersi con lo sguardo in quell’intricata rete d’inchiostri colorati e sfiorarli con la punta delle dita o della lingua come in questo caso.
E Jim di certo non disdegnava le attenzioni del suo caro inglese, mentre lentamente si strusciava su di lui con movimenti regolari del bacino, o gli sfiorava il petto con una mano gelida, mentre la barbetta di lui gli solleticava il collo.
Ogni volta gli sembrava di poter morire mentre quelle dannate labbra sottili lo torturavano e passavano sul suo pomo d’Adamo, punto cruciale che Tom sapeva bene essere.
“Lo spero bene” sospirò fra gli ansiti.
Si, forse la trasformazione non era una brutta idea.




Saaaalve! :D
So che è tipo…… un secolo? Si, giù di lì, che non mi faccio vedere, ma tutto quello che mai mi sarei aspettata succedesse nella mia vita è successo
E giusto per aumentare il carico mi sono iscritta ad un corso di teatro che mi tiene impegnata due pomeriggi (interi) a settimana (oltre a gli altri due scolastici)
Ma a voi questo non frega, sto solo provando a giustificarmi perchè… perchè boh, è uno dei miei sport preferiti.
Ok, quell’amore di Logan mi ucciderà per aver messo Jim con Tom Hiddleston (perché non me lo sono inventato io, quello spettacolare inglese esiste davvero e per chi non lo conoscesse è l’attore che ha fatto Loki negli ultimi film della Marvel e un’altra vagonata di film che non c’azzeccano una mazza con i fumetti).
Ma dovete vedere che occhi *-*
E poi è uno dei pochi inglesi che mi sta simpatico :’)
Non so, ce li vedo troppo insieme v.v *comincia a rimuginare su qualche OS*
Ringrazio infinitamente Lena G e la mia amata Semi Omonima per aver recensito questa robetta qui
Baci
The Cactus Incident

  
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