Credo di aver raggiunto un
livello malato di fangirlismo ficcionaro (?) .-. Tutto ciò che state per
leggere è accaduto veramente: e questa è la cosa sconcertante .-.
Telecronaca di un viaggio in pullman di
una ficcionara fantasiosa
Sono
sul pulman. Purtroppo tutti i posti migliori, quelli vicino al finestrino, sono
stati occupati, così sto seduta dal lato del corridoio con l'mp3 nelle orecchie
e niente di meglio da fare che guardarmi davanti.
Pessima
idea.
Al
di là dei posti a quattro c'è una coppia che decide che mangiarsi la faccia a
vicenda sarà quello che farà per i prossimi quaranta minuti di viaggio.
Poi,
improvvisamente, sale Lui.
Lui
altri non è che un ragazzo qualunque. Mi fa solo il beneamato favore di sedersi
sul posto a quattro utile a coprire la mia visuale e a distogliere quindi il
pensiero dai mangiatori di faccia. Credo che gli sarò grata per tutto il resto
del viaggio.
Inizio
ad analizzarlo, ad osservarlo, dato che, come ho già precisato, non ho niente
di meglio da fare. E' assolutamente uno qualunque. Occhi nocciola
insignificante; palpebre pesanti; labbra piene ma bocca piccola; naso
fortunatamente dritto ma con il principio di brufolo sotto (per bilanciare,
eh), sul lato destro (il suo lato destro, non il mio); capelli castano chiari
spettinati (ma non spettinata alla
"oh-quanto-sono-figo-mi-chiamo-pure-Edward", bensì spettinati alla
"oh-cazzo-ho-appena-finito-scuola-dopo-sei-ore-insopportabili-lasciatemi-morire").
Ha una cuffietta in un orecchio e lo sguardo perso e vuoto. Annoiato, presumo,
e richiamante il "lasciatemi-morire" di cui sopra.
Da
brava fanfictionara quale sono, decido di costruirci attorno una storia e un
contesto. Lo vedo bene, messo così, come l'eroe mezzo sfigatello di un fantasy
medievale. Insomma, è davvero un Signor (pardon, Ragazzo) Nessuno: non
"bello-e-perfetto" come il tizio che sta seduto sugli altri posti a
quattro (tipo biondo, occhi azzurri, labbra piene; mi ricorda terribilmente un
tale "Justino-l'-idolo-dell'-ormone-sbarazzino", motivo per il quale
provo un brivido di ribrezzo); non
"perennemente-sfigato-brufoloso-e-ciccione" come il tizio che mi sta
seduto accanto... Semplicemente uno qualunque. Diciamo un bel Seamus Finnigan: Lui
con le sue palpebre pesanti e il suo sguardo vuoto rientra bene nella categoria
"sfigatelli", ma non sarà mai al livello infimo della catena sociale
scolastica come Neville Paciock né uno dei "super-belli-e-bulli" come
i ficcynari (e, sottolineo, FICCYNARI) Draco Malfoy.
Dicevo,
lui diventa il mio personale eroe di un fantasy medievale. Ce lo vedo bene con
un'armatura, un elmo un po' scassato, una spada di rara foggia in mano (perché,
diciamocelo, quando mai gli eroi sfigatelli dei fantasy medievali combattono
con una spada qualunque? In teoria dovrebbero avere anche l'armatura speciale,
lo so, ma il mio Signor Nessuno è appena stato attaccato dai Nani Malefici che
gli hanno distrutto tutto meno che la spada: si deve arrangiare, capitelo).
Magari a cavallo di un drago. Si, che combatte sopra un drago con una vena di
determinazione e rassegnatezza in pari misura, dato che per puro caso è l'eroe
predestinato ricettore di infauste profezie di ogni tipo. Insomma, sto lì che
me lo immagino combattere in ogni sorta di modo e/o scenario, quando ecco che
accade.
Per
un attimo ho temuto. Si muove, avvicina lo zaino, mette un piede fuori dal
sedile.
Accidenti,
deve scendere. Dentro di me si ripete un “no, non ora!” muto, che ovviamente
non ho il coraggio di esprimere.
Lo
fa qualcun altro.
Come
vi dicevo all’inizio, il Signor Nessuno occupava uno dei posti a quattro. Bene,
davanti a lui ci stavano due giovani pulzelle, che io ho bellamente ignorato
finché una di queste non gli ha detto qualcosa, afferrandogli persino il
braccio.
E
poi, la novità: Lui parla. Ha detto qualcosa. Le ha risposto e si è riseduto. E
io ho maledetto il mio mp3 che mi aveva fatto perdere il tono della sua voce.
In
ogni caso, Signor Nessuno si è riseduto. Ora è di nuovo davanti a me,
l’espressione fissa. Alza lo sguardo, mi vede, capisce che lo sto osservando.
Dritto negli occhi, giusto perché voglio vedere la sua reazione: chi vincerà il
nostro scontro di sguardi?
Alla
fine cede lui. Abbassa lo sguardo e lo punta… Ah, lo punta contro la scollatura
dell’altra tizia che sta davanti a lui, non quella che l’ha fermato, ma
l’altra.
Nella
mia mente di ficcionara fangirlosa, accade qualcosa di irreparabile, un tumulto
interiore enorme: i mondi crollano, il drago svanisce, gli scenari si
accartocciano su se stessi, Signor Nessuno perde la sua armatura e la sua spada
e – puff! – ecco ricomparire il semplice Studente Mezzo Sfigatello che mi è
stato davanti sin da subito.
E
qui, nel bel mezzo della mia rivoluzione, altre vie prendono forma, e devo
anche sforzarmi e trattenermi per non ridere in faccia al povero Studente.
Nella mia mente, un solo suono.
“Ship!
Ship! Ship!”
Per
una volta, non è il mio lato perverso a parlare. Assolutamente, non mi immagino
niente di porno fra loro: solo un semplice amore non corrisposto, Lui che è
sempre stato lo Studente Mezzo Sfigatello innamorato di Lei che è l’amica della
sua Amica; insomma, un classico.
Banchi
di scuola sostituiscono i mondi medievali, lo zaino prende il posto della spada,
nessuna armatura ma i suoi vestiti normali, assolutamente insignificanti come
lui: e lo vedo, poverino, affannato mentre distoglie lo sguardo dalla
scollatura di Lei, le guance che si arrossano per un pensiero poco casto,
mentre cerca di ricordare ciò che ha intravisto in quel mezzo secondo di
contatto visivo e nel contempo di dimenticarlo, per non far capire, nemmeno per
sbaglio, che in realtà è accaduto e che i suoi pensieri non son più puri.
Per
qualche minuto mi diletto a guardarli, loro due, ma più lui: voglio capire
quanto è profonda la sua attrazione, quanto in realtà sia preso da questa
ragazza, quanto ci tenga e cerchi invece di dissimulare.
Se
vi state chiedendo come tutto ciò può essere possibile, dato che lo Stundente
Mezzo Sfigatello doveva scendere dal pullman e che di sicuro non è andato oltre
la fermata successiva, vi informo che il mio pullman, ad un certo punto, fa una
cosa strana: c’è una rotonda con quattro vie. Lui arriva da una (ma va?) ed era
in questa via, poco prima della rotonda stessa, che lo Studente doveva
scendere. Poi il giro prosegue perché il pullman imbocca la strada a lui
speculare, la seconda uscita, ecco, e sale su su su su, in cima alla
collinetta. Lì c’è un’altra fermata del suddetto pullman, amena e dimenticata
da chiunque, ma, purtroppo, per ragioni non meglio precisate, il pullman è
tenuto a fare quella strada. Esattamente in cima alla collinetta, nel punto
dove c’è la fermata, la prima e la seconda uscita della rotonda si congiungono,
quindi il pullman continua il suo viaggio e scende giù giù giù fino a trovarsi,
di nuovo, alla rotonda già menzionata. A questo punto prende l’ultima strada
che ancora non ha imboccato, quella speculare a quella dove si trova ora, e lì,
proprio poco dopo essere usciti dalla rotonda, si trova un’altra fermata. Ergo:
lo Studente Mezzo Sfigatello doveva scendere poco prima della rotonda, mentre
invece scenderà poco dopo aver fatto tutto il giro, quindi nella strada
parallela a quella dove presumibilmente si trova la sua casa. Quindi sì, ho
avuto tutto il tempo per osservarlo e farmi altri filmini mentali su di lui.
Dicevo.
Stavo immaginando la sua storia d’amore tragica con Lei, l’amica dell’Amica,
quando quest’ultima, l’Amica, gli parla ancora. Dopo due o tre tentativi andati
a vuoto (Studente dice frasi troppo corte, mannaggia a me, non faccio a tempo a
premere il pulsante di pausa sull’mp3 che già ha smesso) riesco finalmente a
sentire la sua voce (dato che avevo capito che quello era il momento propizio,
ad un certo punto ho smesso di riattivare l’mp3 e son stata senza musica finché
non ha parlato): ha la “r” leggermente moscia; perfetto, in pieno stile “Studente-mezzo-sfigatello”.
Comunque,
c’è qualcosa che non mi torna. Durante questo breve tratto, mentre lo studiavo,
ho notato che ha guardato di più l’Amica che Lei. Forse in realtà è innamorato
dell’Amica, e mi son presa un abbaglio io pensandolo attratto da Lei?
Per
un breve, orrido, censurato momento, mi immagino che siano parte di una cosa a
tre. Prima che i miei pensieri virino verso il rosso, però, decido di fermarli,
giusto perché non voglio fare la parte della maniaca anche mentre sono sul pullman
(tanto ormai non c’è speranza di recupero, per me, ma almeno un minimo di
decenza in pubblico la devo conservare, no?).
Torniamo
ai fatti. Ecco, la cosa che mi confonde è che lui guarda di più l’Amica, ma poi
ci parla come se niente fosse; come a dire che quella che gli interessa davvero
è Lei, e che non spiccica parola per quello, ma che deve far vedere che parla
all’Amica, anche solo per poter risultare potenzialmente interessante a Lei.
Eppure la cosa degli sguardi non mi torna per niente.
In
ogni caso, preciso una cosa: non sono riuscita a vedere l’Amica in faccia, ma
Lei l’ho vista dalla fessura fra i sedili, dato che era leggermente girata di
lato. Lei è bella, come una ragazza quindi-sedicenne sa essere; ha i capelli
castani e gli occhi azzurri; il trucco un po’ eccessivo ma la pelle pulita e
senza imperfezioni.
Decido
di sospendere il giudizio.
La
mia mente vaga e si alterna fra i pairing Studente/Lei e Studente/Amica. Mille
situazioni impossibili, mille amori confessati e non confessati in mille modi,
mille segreti scritti in lettere mai spedite e mille esigenze soffocate la
notte davanti ad un pc.
Poi,
arriva il Momento.
Il
Momento in cui deciderò la verità. Il Momento in cui tutto sarà chiaro, avrò
un’Epifania con la “e” maiuscola e in cui potrò mettermi il cuore in pace.
Devono
scendere. Devono perché non è solo lui, ma anche l’Amica. Quindi è per questo
che l’ha trattenuto.
Ora,
il mio Pullman ha la sbarra quando entri. Non so se avete presente: si entra ma
non si esce, è pensata apposta per non far uscire la gente dalle porte davanti.
Per carità, non è così difficile passare lo stesso, ma in quel momento io
spero, prego, supplico con tutte le mie forze che loro decidano di uscire da
dietro.
Il
cielo mi ha ascoltato.
Passa
lui, che in un angolo remoto del mio cuore saluto agitando un fazzoletto, ringraziandolo
per i bei momenti fantasiosi trascorsi insieme e promettendogli che farò di lui
il protagonista di qualcosa, che diventerò una scrittrice famosa solo per pubblicare
un sacco di libri e mettere lui come personaggio e dire “era un tizio qualunque
che mi stava davanti in sul pullman, sì, è stato lui l’ispirazione di tutto” e
fare in modo che, così, lui possa riconoscersi, un giorno.
Poi
lei si alza. Si gira e lo segue.
Eccolo,
il Momento.
Eccola,
la mia risposta.
L’Amica
è un cesso. Uno di quelli che sei così proprio perché
“Madre-Natura-mi-ha-voluto-male-e-non-posso-farci-niente-ma-fortunatamente-hanno-inventato-la-plastica”.
La faccia piena di brufoli, butterata; gli occhi piccoli di un colore talmente
insignificante che non me lo ricordo; il resto del viso che si vede che ho
rimosso per non soffrire troppo.
Quindi
capisco.
Studente
Mezzo Sfigatello ama Lei. Questo è fuori di dubbio. Il problema è che l’Amica
ama Lui. L’Amica crede di poter contare sul fattore
“siamo-amici-d’-infanzia-lui-è-il-mio-quasi-vicino-di-casa”, ma sa che Lei è
infinitamente più bella. Probabilmente sa anche che Lui ha una cotta spaventosa
per Lei, per questo si diverte a dimostrare quanto invece ha ascendente su di
Lui facendo cose come tenerlo un quarto d’ora in più sul pullman per scendere
insieme alla fermata.
E
Lui, in tutto questo, pensa sconsolato a Lei e sa che non potrà mai averla e il
suo terrore più grande è quello di dover finire, un giorno, a stare con una
come la sua Amica, dato che è un Mezzo Sfigatello.
Ah,
triste destino.
Sto
ancora meditando quando vedo Lei scendere, esattamente due fermate e un paese
dopo. Il mio cuore è ancora ricolmo di possibilità inespresse quando spengo
l’mp3 e mi alzo in piedi, perché il pullman sta arrivando alla mia fermata.
E
ora sono qui a riflettere ancora su questa cosa, considerando quanto la mia
mente sia malata, perché sono passata dallo shippare i personaggi di libri e
fan ficition, di film, di manga e anime… Allo shippare amici, parenti,
conoscenti, professori universitari e vecchi compagni di classe…
Ma
agli sconosciuti non ci ero ancora arrivata.