Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: La neve di aprile    20/02/2013    1 recensioni
(Luca e Laura) Laura stringe le labbra in una smorfia e gonfia le guance. Luca si avvicina cautamente, superando il muro di lenzuola stropicciate che lo separano dal corpo nudo di lei. Stesa su un fianco, può leggere il rilievo delle vertebre e disegnare una ragnatela di baci tra le asperità delle scapole sporgenti.
(Cecilia e Marco) Perché Cecilia è fatta così, emblema di pacatezza il novanta per cento del tempo e vulcano di tutto per il restante dieci: non conosce mezze misure perché nelle cose fatte a metà non ha mai creduto davvero, ma se non è convinta a pieno allora preferisce risparmiarsi per qualcosa che verrà in futuro e che meriterà il dispendio di cuore.
[Fanfiction partecipante all'iniziativa del Collection of Starlight "Addobba l'albero di Natale con il COS!"]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Due di uno'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Due di uno
Leonardo e Anna

 
 
 

         La sveglia suona precisamente alle cinque e quindici minuti del mattino, ogni mattina. Fuori il cielo è ancora buio, trapunto di stelle timide che si trattengono e sfidano l’aurora imminente solo per salutare Leonardo mentre spalanca le imposte e, per sette minuti esatti, le finestre, lasciando che l’aria notturna – pesante dei sogni che ha smesso di ricordare – se ne vada cedendo il passo a quella del mattino che sarà.

         
In quei sette minuti l’acqua in bagno scorre quasi ininterrottamente, una vecchia abitudine presa troppi anni prima quando Anna faceva i turni del mattino in ospedale e il suono della sveglia non faceva che innervosirla; al contrario, lo scroscio della doccia e dei rubinetti aveva la capacità di metterla di buon umore nonostante l’ora dimenticata persino da Dio. Nel tempo che impiegava a prepararsi – un filo di mascara, un filo di rossetto, un colpo di spazzola alla piega bionda sempre impeccabile – il profumo del caffè riusciva ad arrampicarsi lungo le scale, invitandola a scendere al piano di sotto nonostante il freddo che invadeva la cucina addormentata.        

         Leonardo non ha mai amato il caffè.
Ha sempre preferito il calore avvolgente di una tazza di thè alla spiccia scarica di energia di una tazzina di espresso – diffida da sempre di chi si aggrappa alle piccole parentesi di un manico freddo di prima mattina e non ha il coraggio di avvolgere tra le dita il calore dei fianchi capienti di una tazza – ma da quando Anna è entrata nella sua vita ha declinato le sue abitudini di sempre ai desideri di lei senza neppure accorgersene. Così dopo che la sveglia ha suonato alle cinque e quindici minuti del mattino, ogni mattina, e l’acqua in bagno è scappata giù per i tubi di scarico per sette interi minuti; dopo che le finestre sono state chiuse in camera e la caffettiera ha borbottato sospingendo l’odore del caffè appena fatto su per le due rampe di scale che portano al piano superiore, Leonardo siede capotavola in cucina e sorseggia il suo espresso nel silenzio ancora fitto d’oscurità.
        
         
La lampadina sul soffitto manda bagliori tremuli, combattendo il freddo di un’intera notte di buio per piangere le sue lacrime biancastre sulla lanuggine soffice che gli cresce in testa. Legge un libro, perché Anna non è mai stata una persona mattiniera e persino le chiacchiere della radio la indispettivano al principio di giornate lunghe e faticose nelle corsie del Pronto Soccorso: nel corso degli anni ha paziente divorato tutte le pietre miliari della letteratura russa a piccoli passi, una pagina alla volta, sorseggiando caffè nero e sgranocchiando una fetta di pane tostato appena velata di burro. Non ha mai saltato un giorno, se non la volta in cui ad Anna si sono rotte le acque proprio mentre accarezzava la copertina rigida di Guerra e pace. Nel trambusto generale che ha trasformato il loro essere una coppia in una famiglia, il volume è rimasto dimenticato sul tavolo per tre giorni interi, accanto alla tazzina ancora piena e alle briciole del pane mangiucchiato solo a metà.

         Ha conosciuto Anna in una bella giornata di sole.
La primavera era letteralmente esplosa nella città e nel suo cuore mentre percorreva un ampio viale alberato in bicicletta. Fischiettava una canzoncina da poco, ed era troppo intenta a guardare la luce del sole dispiegarsi in festoni dorati tra i rami verdissimi per accorgersi della giovane infermiera bionda che gli tagliò la strada di corsa. Ad anni di distanza Leonardo ancora non sa dire se a fargli più male fu la caduta che gli ruppe il polso o il colpo sordo che gli spaccò il cuore nell’incrociare il grigio degli occhi di lei. Tutto quello che ricorda con precisione è la necessità fisica, quasi dolorosa, di sentire una volta ancora il suono graffiato della sua voce lungo la stradine tortuose del centro storico e negli ampi soffitti della sala d’attesa dell’ospedale. Non erano anni in cui chiederle di scrivere il numero di telefono sul gesso appena asciugato, ma quando se ne uscì nuovamente al sole stringeva tra le dita un piccolo fazzoletto di carta e sulle labbra la felicità aveva dipinto un ampio sorriso.
 
         Leonardo ha un attimo di smarrimento davanti alla porta di casa.
Tra le dita sente la maniglia fredda, ma non ricorda precisamente cosa debba fare: l’ora è ancora troppo felice persino per i postini più mattinieri, e nelle strade solo i furgoncini che fanno la spola tra le edicole del quartiere hanno il coraggio di circolare. In altri tempi avrebbe aspettato che Anna scendesse dalle scale, litigando per infilare le braccia nelle maniche del cappotto e poi controllando di sfuggita nel grande specchio all’angolo che l’orlo dell’uniforme di infermiera non si fosse arricciato. Le avrebbe sorriso e accarezzato il volto, chinandosi per baciarle la fronte – non le labbra, o le avrebbe sbavato il rossetto steso sapientemente – e augurarle una buona giornata. Poi sarebbe tornato in salotto, alle sue lettura, in attesa che arrivasse l’ora per svegliare il loro unico figlio e prepararlo alla scuola, e solo poi imboccare la via dell’ufficio.
         Ma Anna non è più al suo fianco – non materialmente, per lo meno, con un corpo da abbracciare e una voce da ascoltare – da troppi anni, e il suo indugiare sull’uscio di casa – di una vita troppo radicata per essere abbandonata – non è che un riflesso automatico di giorni perduti.
 
         
“Oh, tesoro” sospira Leonardo, volgendo lo sguardo verso la piccola cornice ovale da dove la moglie gli sorride dolcemente “Hai sempre avuto ragione, ho sempre la testa tra le nuvole.”





 


Non chiedete, domani discuto la tesi e so perfettamente quanto incompiuta sia questa istantanea - è quasi ingiusto, per un concetto che mi stringe il cuore di tenerezza, che l'abbia sviluppato così male -, ma avevo bisogno di metterla giù. Non escludo revisioni future.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: La neve di aprile