Titolo:
Il silenzio
dei fiori
Autore:
Sion
Fandom:
Pandora Hearts
Rating:
Verde
Personaggi/Pairing:
Elliot
Nightray, Leo
Baskerville, (slight) Elliot/Leo
Lunghezza:
443
Avvertimenti:
Spoilers
leggeri fino al capitolo 60.
Genere:
Introspettivo, Malinconico.
Disclaimer:
Pandora Hearts, tutti i personaggi nominati e l’universo in
cui
vivono non mi appartengono, ma sono di proprietà di (quella
bot***a
di) Jun Mochizuki.
Note
dell’Autore:
Beh, io e Neko
no Yume a volte non abbiamo nulla da fare. Allora ci diamo prompt e
scriviamo. Stavolta il prompt è toccato a me, ed
è ‘Silence is a
great healer’ + questa canzone. Sono una persona triste.
Mi
mancavano i miei bimbi, che dire. Ogni tanto ci vuole un ritorno alla
OTP suprema. Spero vi piaccia, e andate a leggere la fanfiction della
mia fluffbender preferita.
Il silenzio dei fiori
Ricordava
distintamente che, ogni qualvolta lui ed Elliot litigavano, non erano
le scuse, né le pacche sulle spalle, né le risate
imbarazzate
subito dopo la riappacificazione, che realmente facevano da pacieri.
Era il silenzio.
Era
un iter strano, il loro, in cui allo scoppio succedeva
un’esplosione,
e all’esplosione il rimbombo, e dopo il rimbombo un silenzio
tanto
pieno da sembrare assordante. Non si guardavano, non si toccavano,
erano due bolle di rumori ovattati che non si sfioravano neppure per
sbaglio.
Elliot,
di solito, durante quei momenti di silenzio usciva nei giardini della
Latowidge, e passeggiava in mezzo alle aiuole, fermandosi ad annusare
e ad accarezzare i fiori ben curati. Anche quando pioveva, o quando
era troppo buio per vedere davvero i colori dei loro petali. Non
pensava, generalmente, ma camminava fino a quando non gli dolevano le
gambe e in quell’istante capiva che il silenzio era finito, e
che
tornare non avrebbe stretto lo stomaco o dato adito ad altre
polemiche.
Leo,
invece, respirava. Rimaneva seduto immobile ai piedi del letto, le
spalle tese e rigide, gli occhiali stretti tra le dita e gli occhi
chiusi, ad ascoltare quelle voci che no, non poteva evitare. Per lui
il silenzio era un mormorio continuo, storie ripetute infinite volte,
parole cui non poteva dare un volto. Il suo silenzio era il silenzio
degli sconfitti, e si limitava, non parlando, ad ascoltare i suoi
aguzzini, l’origine di tutti i suoi mali e il loro fine
ultimo.
Quando sentiva i passi di Elliot lungo il corridoio – li
avrebbe
riconosciuti anche nel bel mezzo di un esodo, quei passi, fermi e
sicuri eppure ovattati sul legno del pavimento – inforcava
gli
occhiali e apriva gli occhi, e le voci sparivano. In quel momento
capiva che il silenzio era finito e poteva guardare negli occhi
Elliot e non sentirsi uno sporco bugiardo traditore, perché
lui era
tornato, e si sarebbe lamentato delle gambe che gli facevano male e
gli avrebbe raccontato com’erano i fiori, il loro odore e i
loro
colori, gli avrebbe stretto le mani e gli avrebbe sfiorato le nocche
con le labbra, e poi l’avrebbe guardato, in silenzio, nel
silenzio
quieto e pregno di attesa che c’è un attimo prima
del temporale,
quando la pioggia arriva e lava via tutto, e lascia sui fiori un
odore diverso, un colore diverso – e di questo Leo era certo,
che
finché ci fosse stato un temporale da aspettare, valeva la
pena
litigare solo per vedere lui tornare e sentire attraverso le sue mani
e i suoi occhi e le sue labbra quegli odori e quei colori, diversi e
sempre uguali.
A
Leo, quei silenzi sarebbero sempre mancati.