'Idiota!'
Gridai al mio amico.
Ridemmo prima di salutarci e cambiare direzione in metropolitana, lui scese dalla metro per cambiare, io continuai la mia corsa notturna su quel treno.
Guardai l'orologio sul telefono con una mano e con un'altra mi aggrappai ad una maniglia per tenermi. Le due di notte, quasi le due e mezza, i miei dormivano di già a quell'ora, potevo anche non preoccuparmi.
Fu quando alzai lo sguardo, che mi venne fretta di arrivare a casa.
Lo vidi in fondo al vagone, era alto, magro, con le braccia lunghe quasi fino alle ginocchia, lasciate cadere lungo i fianchi.
In una mano stringeva una ventiquattrore nera. Indossava un completo nero ed una cravatta uguale, un cappello scuro calcato sulla testa e, per la lontananza, gli occhi che tremavano, l'alcool ed il cappello, una faccia che non riuscii a decifrare.
Abbassai gli occhi e guardai dritto, alla porta della metropolitana che dopo 4, lunghi ed inesorabili minuti, si stava per aprire per me. Misi le mani in tasca, abbassai lo sguardo.
Il gelo mi pervase, i brividi mi corsero lungo la schiena, appena un respiro pesante si posò sul mio collo.
Come le porte si aprirono procedetti a passo spedito, dritto verso casa.
Ogni centimetro dalla metropolitana alla casa mi metteva angoscia.
'Sono ubriaco.'
mi ripetevo.
'Sono ubriaco marcio.'
Sentivo rami che scricchiolavano ovunque, tutto mi rendeva inquieto, poi arrivai a casa.
Tirai fuori il mazzo di chiavi e nervosamente cercai la chiave giusta da Infilare nella serratura e tremavo come non mai. Riuscii ad aprire la porta, me la richiusi dietro le spalle. Volevo vedere il volto di mia madre, volevo che mi sgridasse, non volevo andare a letto avendo la figura di quell'allucinazione impressa nella retina.
'Sono a casa!'
Dissi ad alta voce.
'Lo so.'
Mi rispose una voce cupa e gutturale dal buio.
Sono ubriaco.
Poi il mio sangue era sparso sulle pareti.