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Autore: Bruli    21/02/2013    1 recensioni
Una delle paure più grandi è lo scoprire di non essere in grado di amare. E quando si prende consapevolezza di ció, che fare? Elisa, nonostante sappia di avere dentro di sé tanto amore, crede di esserne incapace. E se una proposta potesse cambiare tutto?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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CHE SIGNIFICA?

 

Tremava, Elisa, appoggiata contro il muro freddo del palazzo. Il cuore martellava prepotentemente contro il petto, come a voler balzare via da quel corpo caldo per cui pompava sangue ormai da più di diciotto anni, e fuggire chissà dove.

Fuggire.

Quel bisogno impellente che le stringeva lo stomaco in una morsa quasi dolorosa, mentre una vocina nella testa strillava "Fifona! Fifona!", perché si, Elisa era davvero una fifona, e ne era pienamente consapevole. Fifona nel suo modo di porsi nei confronti della vita; fifona nella sua abitudine a scappar via non appena avvertiva che qualcuno voleva sfidare la corazza di ferro che le circondava il cuore, temendone la delicatezza; fifona perché in quel momento avrebbe voluto solo mettersi a correre e fuggire da quella verità pronunciata con parole graffianti, che era stata tanto brava ad ignorare per lungo tempo.

E invece era ancora lì, al freddo della sera, paralizzata, incapace di muovere un sol muscolo, immobile contro quel muro giallo ocra di cemento armato, come immobile, del resto, era nella vita, nonostante i suoi tentativi di seminare le sue paure, o, forse, i suoi desideri.

<< Elisa, tu non sai amare >> aveva detto. << Forse non vuoi, forse non ne sei affatto capace, non lo so. Ma so che io non voglio aspettare che tu impari, per poi rimanere sicuramente fregato >>.

Davvero non era capace di amare? Quindi non c'era alcuna speranza?

Si chiese cosa non andasse in lei, mentre, con quell'ultimo sprizzo di razionalità che le era rimasto, cercava invano di porre fine al tremore involontario di cui erano preda le sue gambe.

Era questo il suo timore più grande, quello di non riuscire ad amare, e questa stessa verità le era stata rivelata da lui pochi minuti prima, senza troppi giri di parole, veloce e diretto. Ma lei sapeva di custodire dentro il suo cuore tanto amore, che aspettava solo di essere donato.

Fredda. Le aveva detto che era una persona fredda. E insensibile, come se non avesse un cuore. Eppure lei sentiva, accusava il colpo, lo assorbiva e andava avanti. E avvertiva benissimo il cuore batterle all'impazzata nel petto, sentiva il dolore che quelle parole gli avevano causato, il sangue riversarsi fuori dalla ferita inferta, ultima lacerazione di una lista troppo lunga.

Un brivido la percorse, partendo dalle scapole e attraversando la schiena in tutta la sua lunghezza, riportandola alla realtà, a quella sera fredda e buia, al muro di cemento su cui era poggiata, alla giacca leggera che aveva addosso.

Scosse la testa e si portò dietro le orecchie le ciocche castane che le erano cadute sul viso pallido. Strinse le braccia al petto cercando un po' di calore e, preso coraggio, si staccò dal muro e si incamminò lungo la via di casa.

La testa ormai sgombra, svuotata di ogni pensiero, di ogni sensazione. Il silenzio a farle compagnia.

Giunse a casa quasi senza accorgersene, e con altrettanta meccanicità accampò una scusa modesta con i genitori per potersi rifugiare al più presto tra le calde coperte del suo letto, al sicuro dal mondo esterno, ma esposta alla lotta interiore.

Si illuminò lo schermo del cellulare al buio della stanza, avvertendola di un messaggio appena arrivato. Era Andrea che confermava l'appuntamento per studiare dell'indomani. Sospirò.

Andrea. Quello che era stato il suo compagno di giochi dispettoso, quello che aveva ritrovato all’università come perfetto compagno di studio, quel ragazzo che, con il suo sorriso sincero e gli occhi color nocciola, sapeva di casa. Si chiese quale divinità dovesse ringraziare, quale destino, per aver avuto la fortuna di averlo rincontrato dopo tanto tempo e scoprire la persona che era diventata.

Chiuse gli occhi e, lasciandosi cullare dal pensiero che il giorno dopo l’avrebbe visto, si addormentò.

 

*****

 

La mattina giunse, come al solito, troppo presto, annunciata dal suono odioso della sveglia che le perforò i timpani.

Intontita, si preparò velocemente per uscire, cercando di evitare il più possibile la sua immagine riflessa, ben consapevole delle occhiaie violacee che non era riuscita a mascherare nemmeno con un po’ di trucco.

All’ingresso della Facoltà trovò Andrea già ad aspettarla, zaino sulla spalla, capelli sparati in aria di chi, some lei, aveva avuto un brutto scontro con la sveglia.

<< Nottataccia? >> le chiese, osservandola con quegli occhi indagatori, dal viso stravolto, alla borsa portata svogliatamente, al passo strascicato con cui lo aveva raggiunto.

<< Diciamo che non è stata esattamente una bella nottata >> rispose Elisa sbadigliando.

Lui non le chiese alcuna spiegazione, continuando a squadrarla col sopracciglio destro alzato, aspettando una risposta più esauriente che non arrivò.

<< Caffè? >> chiese, allora, sospirando.

Elisa annuì e lo seguì silenziosamente nel bar vicino. Avrebbe voluto dire qualcosa, scherzare, ma aveva l’impressione che se avesse aperto bocca, sarebbe scoppiata immediatamente in lacrime, cosa che voleva evitare a qualsiasi costo.

Si domandò dove fosse finita quella sua naturale capacità di chiudere in un angolino della testa tutte le cose che la facevano stare male. La risposta, lo sapeva, era fin troppo semplice: quella volta aveva palpato fin troppo bene la verità per poter far finta di niente.

Dall’altro lato, Andrea scrutava sorpreso l’amica portare alle labbra la tazzina di caffè e bere senza avervi versato prima lo zucchero, lei che di solito lo prendeva così dolce che il ragazzo stava male solo ad assistere. La osservava ora preoccupato, quello sguardo perso nel vuoto, quelle labbra rosee da cui erano uscite fino ad allora, si e no, appena due parole, quando di solito era così loquace anche a prima mattina, tanto da far venire il mal di testa a lui, che a quell'ora vagava ancora nel beato mondo dei sogni.

La vide finire il caffè con indifferenza – lei, amante del caffè -, e avrebbe scommesso l’ultimo PES che probabilmente non si era nemmeno accorta di star bevendo.

Elisa posò la tazzina vuota sul bancone e, sentendosi osservata, si voltò verso il ragazzo che la fissava immobile.

<< Andrea? >> chiamò. << Che hai? Si fredda il caffè >>

Andrea scosse la testa e bevve velocemente il liquido scuro che gli avevano servito.

Raggiunsero in silenzio l’aula-studio della Facoltà e si misero subito al lavoro.

Dopo circa un’ora, Elisa, con uno scatto violento, chiuse il libro ed esclamò : << Basta! Non ce la faccio! >>

Andrea la guardò interrogativo, anche se in parte si aspettava il suo cedimento : aveva ormai imparato a conoscerla, ad individuare quei piccoli gesti indice di nervosismo, il mordersi il labbro inferiore, lo sbattere frenetico delle dita sul tavolo, il continuo portarsi ciocche inesistenti di capelli dietro le orecchie.

<< Mi dispiace averti fatto perdere tempo, >> continuò con voce agitata. << ma proprio non ce la faccio, oggi. Non riesco a fare finta di niente >>

Sospirò e si portò le mani al viso, nascondendosi dietro di esse.

<< Cosa non riesci ad ignorare? >> le domandò dolcemente.

Vedendo che non accennava a rispondere, le scostò delicatamente le mani dal viso, rilevando gli occhi lucidi e una minaccia di lacrime.

<< Cosa? Cosa è successo? >> chiese ancora, prendendole il viso tra le mani e costringendola a guardarlo.

<< Perché deve essere tutto così difficile? >> sussurrò lei. << Perché l’amore non può essere semplice, spontaneo, istintivo? >> . Chiuse gli occhi e una lacrima solitaria le rigò la guancia. << Anche se sarebbe più corretto chiedere perché io non riesco a viverlo così. Davvero sono incapace di amare? >> chiese a bassissima voce, come se temesse di pronunciare quelle parole.

Aprì gli occhi, scontrandosi con quelli meravigliati di lui.

<< Chi ti ha detto questo? >>

<< Lui … >> sussurrò Elisa. << Ma io lo pensavo già da tempo… ho sempre avuto paura che fosse vero… >>

Andrea si allontanò di scatto dalla ragazza, improvvisamente nervoso. Elisa alzò lo sguardo confusa dal cambiamento repentino di comportamento, leggendo nei suoi occhi … ira?

<< Ma come diamine ti viene in mente?! >> esclamò furioso.

<< I-io … >>

<< No, niente “io”! Elisa, come puoi solo pensare certe cose? >> .

Lei non rispose, incapace di dire qualsiasi cosa.

<< Sei una persona così … così “calda”, come puoi credere di essere incapace di amare? Se non sei mai riuscita ad aprirti totalmente con qualcuno, è semplicemente perché non hai ancora trovato la persona giusta per te! >> . Fece una pausa. << Sai come si dice? >> continuò.

Elisa scosse la testa, ammutolita. Lui sorrise, lo sguardo complice di chi sta per rivelare un segreto.

<< Che bisogna baciare molti rospi prima di trovare il principe >>.

La guardò intensamente con quegli occhi color nocciola, e le si avvicinò, fermandosi ad un palmo dal naso. Le prese delicatamente il volto tra le mani, e le posò un leggero bacio a fior di labbra, assaporandone per pochi – troppo pochi – secondi la morbidezza. Poi si allontanò lentamente, continuando a tenere gli occhi fissi nei suoi sgranati.

<< Che significa? >> sussurrò lei pietrificata, indecisa se per la sorpresa o per le emozioni appena provate.

<< Questo voglio scoprirlo insieme a te >> le rispose dopo un po’, scandendo bene le parole, come temendo di non essere compreso.

<< Che vuol dire che vuoi scoprirlo insieme a me? >> chiese Elisa stranita. << Non puoi baciarmi senza sapere il significato del tuo gesto! >> protestò.

Andrea, aspettandosi una risposta del genere, distese le labbra in sorriso accennato, ma che sapeva di dolcezza.

<< Con te bisogna dare subito un significato a tutto, vero? >> disse, ma senza alcuna traccia di ironia nella voce. << Allora diciamo che questo bacio è una proposta>>.

<< Una proposta? >>

<< Si. Elisa Giordani, ti sto proponendo di seguire il tuo istinto e buttarti, esattamente come mi hai detto prima. >> .

Avvicinò nuovamente il viso a quello della ragazza, senza mai perdere il contatto visivo.

<< Io ora sto seguendo il mio istinto, e mi dice di baciarti ancora, oggi, domani, dopodomani. Senza promesse, senza progetti. Mi sta dicendo di buttarmi e vedere come va, di scoprirti giorno dopo giorno e vedere dove ci condurrà la strada. E il tuo istinto, cosa dice il tuo istinto, Elisa? >>

La ragazza continuava a guardarlo negli occhi, cercando di assimilare ciò che le aveva appena detto, e dare un senso ai suoi pensieri. Fissava le sue iridi alla ricerca di una risposta, mentre il silenzio li avvolgeva nella confusione dell’aula.

<< Perché? >> chiese solamente.

PRIMO CRACK.

<< Perché quando sto con te, avverto una sensazione strana … di benessere, oserei dire. E voglio scoprire che cos’è. Allora, Elisa, che cosa dice il tuo istinto? Vuoi non imparare ad amare con me, vuoi non fare programmi e comportarti esattamente come senti ? >>

SECONDO CRACK.

<< Si >> sussurrò lei con voce carica di emozioni.

TERZO CRACK. E la corazza di ferro è finalmente rotta, e il cuore libero, leggero.

<< Il mio istinto mi dice di si >>

Sul volto di entrambi si dipinse un sorriso, uno di quelli sinceri, che vanno da orecchio ad orecchio, di quelli carichi di forza e speranza.

Nessuna promessa, nessun progetto.

Solo un tacito accordo.

Loro due, e la vita davanti.

 

 

 

 

ANGOLINO DELL'AUTRICE

Ciao a chiunque abbia avuto il coraggio di giungere fin qui! A questa storia tengo particolarmente, mi farebbe piacere ricevere qualche commento e qualche consiglio sulla trama, sullo stile, su qualsiasi cosa vogliate! Non voglio spiegare qui cosa mi ha portato a scriverla, vorrei sapere prima cosa ha trasmesso a voi, se sono riuscita nel mio intento, insomma!

Grazie in anticipo a chiunque leggerà e chiunque commenterà!

A presto,

Bruli ^^

  
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