clouds come floating
into my life
{
to add color to my sunset sky }
[...]
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.
All’inizio
non ha capito di cosa si trattasse. E come avrebbe potuto? Lui ne ha sempre e
solo viste dall’alto.
Però ha riconosciuto il lampo. Il tuono. Vecchi conoscenti,
sempre gli stessi in tutti i posti del mondo. Il cielo oscuro e pieno di
nuvole, lontane, stavolta, così lontane, impossibile camminarci sopra. Allora si
è stretto nei vestiti – non suoi, dovrà dire a Leroy di cercargli qualcosa di
meno soffocante – e ha cominciato a correre tra le pozzanghere schizzandosi fin
dentro gli stivali – non suoi, non basterebbero a percorrere neppure una lega
questi qui – e alla fine, non sa bene come, si è ritrovato al riparo di una
casupola buia nel cuore di una radura fradicia, a riprendere fiato in un
portico e a sforzarsi di ricordare la strada di casa – non sua, non sua, non
sua.
Piove incessantemente e Anton non sa più quanto
tempo è passato da che è finito qui, alla casupola, nel bosco, a Storybrooke, tra gli esseri umani. Scivola lungo il muro di
legno e si lascia cadere a terra, attonito: il mondo è di un grigio cupo, la
pioggia batte violenta su alberi e terra, lo scroscio è assordante e comincia a
fare freddo. È tutto molto diverso, dal punto di vista umano, tutto molto più piccolo.
«Chi è là?»
Anton sussulta, si guarda a destra e a sinistra
e finisce con l’individuare la sagoma minuta di una ragazzina che fa capolino
da una finestra.
«Scusami, io... Io non pensavo ci fosse
qualcuno.» Si domanda quante altre volte gli capiterà di essere nel posto sbagliato,
con le persone sbagliate. Tenta goffamente di alzarsi, impacciato dalla foggia
delle brache che Leroy ha chiamato ‘jeans’. «Non volevo farti paura, me ne vado
subito.»
La ragazzina sguscia fuori dalla finestra e si
avvicina prima che lui abbia anche solo il tempo di rimettersi diritto. È agile,
veloce e non ha paura di lui: Anton ha visto una volpe, una volta, nel posto in
cui è andato a bere alla taverna e a farsi distruggere dagli esseri umani, e
quella creatura notoriamente furba non aveva neanche lontanamente un’aria
astuta come la ragazzina che adesso gli sta di fronte.
«Chi sei, straniero? Non ti ho mai visto da
queste parti.»
Anton si stringe nelle spalle, desiderando di
essere ancora più piccolo, minuscolo, di incassare la testa nel collo e sparire
come il sole è sparito dietro le nuvole. «Solo uno straniero. Non sapevo che
questa casa fosse tua.»
«Non è casa mia.» La ragazzina lo guarda fisso,
ma non dice altro. Ha indosso un maglione a righe, ma non ha scarpe, e i suoi
piedi sono arrossati dal freddo. Dev’essere più grande di quanto non appaia, un’adolescente,
una piccola donna. Anton alza lo sguardo e vede che ha degli occhi grandi e
azzurri, ma un po’ tristi. «Stai tremando, straniero.»
Anton apre la bocca per incolpare il vento, ma
un lampo improvviso illumina il mondo di una luce cruda – è il barbaglio che ha
visto sulla spada di Jack il bagliore del sorriso di James lo scintillio negli
occhi di Jack e James il dolore il dolore il
dolore – e tutto quel che lui riesce a fare è serrare le palpebre e
coprirsi le orecchie, aspettando il tuono che gli squarcerà la cassa toracica,
facendogli sentire per l’ennesima volta quant’è vuota.
Ma, quando il rombo si placa, un tocco gentile
viene a tirare su il cappuccio della strana cosa che gli hanno fatto indossare,
e quello stesso tocco gli sfila via le mani dalle orecchie, e Anton apre gli
occhi di nuovo e vede che la ragazzina è accucciata su di lui, una cosina così
piccola a sorridere a un – uomo? gigante? – coso
così immenso.
«Non ti piacciono i temporali, vero?»
Anton si sente arrossire, stupidamente. «Non ci
sono abituato. Non così.»
La ragazzina non vuole sapere altro, ma a un
tratto, così dal nulla, c’è una fiammella tra le sue mani a coppa, piccola, ma
di miracoloso conforto. Anton la guarda brillare a occhi spalancati. È solo una
fiammella, ma è come se di colpo non esistesse nient’altro.
«Come hai fatto?» chiede, incantato.
È il turno della ragazzina di stringersi nelle
spalle. «Nel posto da cui provengo, ero brava con il fuoco. Ora me lo ricordo.»
Sospinge la fiamma verso le dita di lui – è calda ma non brucia, è un bagliore
che non fa male – e gli sorride. «Come ti chiami?»
Anton pensa che è bellissima. Non bella come
Jack, Jack che l’ha baciato leggera e l’ha fatto sentire un uomo e da uomo l’ha
trattato e tradito – ma bella come Ruby, Ruby che gli passa il caffelatte ogni
mattina con un sorriso e gli sfiora la mano senza ritrarsi e gli ha detto
ridendo di non uscire quando c’è luna piena.
«Piccolo» mormora. Spera che stavolta la
fiammella nasconda il suo rossore.
La ragazzina annuisce, gli occhi ancora un po’
tristi. Hanno il colore del cielo quando c’è il sole. Anton spera di rivederlo
presto, ma d’altro canto, la tempesta non sembra più così diversa e pericolosa
e nemica. Adesso è solo pioggia.
«Sei a casa, Piccolo.»
E forse è davvero così.
Piove
su le tue ciglia nere
sì
che par tu pianga
ma
di piacere [...]
Spazio dell’autrice
Ho sentito molte critiche sull’episodio
2x13, giudicato piatto e meno coinvolgente di molti altri. Beh, io l’ho amato. L’ho
amato così tanto che ho pianto tutte le mie lacrime sulla storia del povero
Anton, rispecchiandomi tantissimo nel suo essere un pesce fuor d’acqua sempre e
comunque, e sciogliendomi di fronte al modo in cui i nani l’hanno accolto e
riconosciuto come uno di loro.
Tuttavia non è possibile pensare che di
punto in bianco Anton si senta al suo posto; di certo avrà molta strada da fare
prima di sentirsi a casa. E conoscendo gli autori di OUAT, che molto spesso mi
hanno fatta affezionare a un personaggio per poi tralasciarlo bellamente (leggi:
Nova, Abigail, Frederick, e potrei andare avanti per
un bel po’!) ho deciso di dedicargli un pensierino mio, con molta umiltà ma
anche con tanto affetto. ♥
Ringrazio in particolare la mia dearie Ilovewrite per il prompt tempesta
che mi ha dato secoli fa, e che finalmente ho trovato il modo di usare: ho
pensato che la pioggia vista dal basso fosse un’immagine adatta a dimostrare ad
Anton quanto diverso sia il mondo degli umani dal suo solito punto di vista da
gigante. Oh, e ho tradotto ‘Tiny’ con ‘Piccolo’ perché
è la forma che si avvicina di più alle traduzioni italiane dei nomi dei nani. Inoltre,
in onore del meraviglioso Jorge García c’è un piccolo riferimento a LOST –
glielo dovevo perché lo amo.
La ragazzina «brava con il fuoco» ha un’identità.
Ho molte idee su di lei, anche se la poca ispirazione mi impedisce di costruire
un headcanon vero e proprio. Vediamo se indovinate
chi è ♥
Le citazioni provengono, come certo
saprete, dalla stupenda La pioggia nel
pineto di d’Annunzio. Il titolo mi è stato gentilmente offerto dalla penna
di Rabindranath Tagore.
Thanks for reading,
Aya ~