Ed il Sole cessò di splendere
L'alieno si girò verso di lui. La Space Lounge era devastata, i tavoli ribaltati, i bicchieri rotti. Quell'enorme relitto spaziale era la stupida rappresentazione di una mera, idiota utopia: la pace.
Sotto di loro, in quella guerra senza fine, la Terra risplendeva di un lustro apparente, perso da secoli. Accanto a loro, la Luna, pareva quasi di poterla toccare, stendendo un braccio fuori dalle enormi vetrate panoramiche insanguinate, sospese in un vuoto senza fine, rischiarato da tante piccole stelle.
Il Sole brillava spensierato dietro di loro, un indefinito, schifosamente ordinario punto bianco-giallastro, filtrando attraverso il rosso del sangue.
Era ferito. Disteso, strascicante, un lurido verme umano. Non si reggeva in piedi.
Le poche casse ancora funzionanti continuavano incessantemente a suonare un successo senza tempo, Space Oddity, di David Bowie. Terribilmente adatto all'occasione.
L'alieno scattò verso di lui, serrando le sue lunghe dita nerastre e incredibilmente taglienti attorno alla sua gola.
Iniziò a mancargli l'aria.
Tossendo e sputacchiando, incapace di respirare, riuscì a far uscire una sola parola dalle sue labbra ormai bluastre: «Perché?»
L'alieno chinò il grosso capo, sospirando. In un soffio rispose, con la loro solita vocetta stridula e flebile: «Non lo so».
Il braccio scattò, sentì la colonna vertebrale spezzarsi.
Poi, più nulla. Ed il Sole cessò di splendere all'interno dei suoi occhi, vacui, colmi dell'insensatezza della guerra.
The stars look very different today
Here am I sitting in a tin can far above the world
Planet Earth is blue and there's nothing I can do
[David Bowie - “Space Oddity”]