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Autore: Kim NaNa    22/02/2013    1 recensioni
L’amicizia è una solenne forma d’amore e anch’essa può essere a prima vista.
Tra me e Valeria c’è stato un vero e proprio colpo di fulmine.
E non chiedetemi perché le voglio bene, non saprei da che parte iniziare per darvi una precisa spiegazione.
Le voglio bene perché il mio cuore ha voluto farlo.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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NdA: Questa One-shot è datata 2011... l'avevo scritta per il compleanno della mia Unnie e stamattina l'ho riletta dopo un'infinità di tempo e ho sorriso: non è cambiato nulla da allora. Le voglio ancora un bene indescrivibile.
E credo gliene vorrò sempre!



Posso avere la tua mano?

 
Scendeva lenta, la neve, quella mattina. La città pareva avvolta da un quieto silenzio mentre, pian piano, si destava dal torpore della notte.
Aprii i miei occhi color il caffè, sorridendo.
Qualcuno mi aspettava quella mattina, qualcuno mi avrebbe raggiunta solo per poter stare accanto a me.
Sorrisi come facevo ogni qual volta che il mio cuore scalpitava al ritmo della felicità, quella felicità che scoprivo, giorno dopo giorno, nei suoi diversi colori, nei suoi mille rumori; perché la felicità non è niente di stratosferico ed appariscente, essa è quella intensa e tanto attesa gioia che provi quando la speranza comincia a vacillare.
Mi preparai in tutta fretta, presi il cellulare tra le mani e attesi.
I minuti sembravano scanditi dai battiti irregolari del mio cuore, il silenzio pareva attendere con me ciò che aspettavo con impazienza dal giorno precedente.
Una simpatica musichetta irruppe l’atmosfera silente, illuminando il display del mio cellulare.
Sono sotto casa tua. Mi apri, per favore?
S’allargò quel sorriso che avevo sulle labbra e, senza neanche pensarci, balzai in piedi correndo giù per le scale.
Era proprio lì, davanti a me.
Una porta di vetro il nostro unico ostacolo.
Lunghi capelli color ebano, occhi verdi e sguardo limpido.
Valeria Casiraghi mi aspettava fuori dal portone avvolta in una grande sciarpa di lana bianca.
Valeria, la mia migliore amica.
Valeria, la mia confidente.
Valeria, la mia coscienza quando la mia era troppo confusa e spaesata.
Valeria, la sorella che non avevo mai avuto.
Valeria che partiva dal Lazio in bus per raggiungere me in Lombardia.
Valeria che conobbi, qualche tempo fa, su un social network.
Valeria che mi ha cambiato la vita.
«Ciao tesoro!» mi disse, come soleva fare il più delle volte.
Ci abbracciammo forte felici di rivederci; ci abbracciamo forte per ricordarci, ancora una volta, che la nostra amicizia esisteva davvero.
Scendeva lenta la prima neve di dicembre.
Scendeva lento quel tepore dentro di me.
«E allora? Che ci fai ancora senza sciarpa e cappello? Sei sempre la solita Elena. Fa’ presto o ti trascino, per le vie della città, con la forza!»
Ridemmo insieme come spesso ci accadeva e poco dopo ci avventurammo per i vicoli della città.
Respirammo l’atmosfera natalizia di quelle strade sature di voci e melodie, mentre luci colorate e festosi addobbi abbellivano le vetrine dei negozi tenendoci quasi con il naso schiacciato contro di esse.
Fu un continuo dire: Guarda quello! Oh, ma che carino. No! Lo voglio, quello deve essere mio!
Fu un continuo ridere, un perenne canzonare i prezzi talvolta troppo esorbitanti per due ragazze come noi.
«Ele, tesoro… cosa ti piacerebbe ti regalassi per Natale?»
Mi voltai a guardarla e, fissandola in quegli occhi verdi che tanto adoravo, scoppiai a ridere.
«Scherzi, vero? Non credi di avermi fatto già troppi regali?» dissi riprendendo a camminare, ma lei mi afferrò per un braccio costringendomi a fermarmi.
«Ti sembro una che scherza?»
Mi osservò seria, con gli occhi fissi nei miei e la mia mente si perse tra i ricordi del mio cuore.
Solo quattro mesi prima ero una ragazza senza sorriso, con un futuro incerto davanti a me, immerso nel buio.
La Elena di quattro mesi prima era malata, sola e senza sogni. Una ragazza piena di ansie,  paure e insicurezze.
Valeria era arrivata così, per caso, commentando pensieri e frasi scritte da me.
Valeria era arrivata nella mia vita come un arcobaleno dopo la pioggia.
E così cominciò un intenso chiacchierare, un sottile raccontarsi e in quelle occasioni cominciai a sentir parlare di un insolito sconosciuto: il beneficio del dubbio lo chiamava lei.
Nacque così la nostra amicizia, un’amicizia al contrario. Furono le confidenze le nostre prime parole, quei segreti taciuti nel cuore, quei pensieri che non avresti mai pensato di confessare.
Potevo fidarmi di lei, lo sentivo.
Aveva una strana luce negli occhi, un’insolita musicalità nella voce.
Furono giorni di lunghe chiacchierate virtuali e poi lei mi raggiunse.
Da Roma a Milano.
Solo per raggiungere me.
Solo per abbracciarmi.
Solo per urlarmi in faccia: Ci sono io con te!
 Dopo appena una settimana, Valeria venne da me, stravolgendomi vita e pensieri.
Andavamo in giro e, tra una lacrima e un sorriso, si dispensavano confidenze, abbracci e sorrisi.
Era sincera, Valeria. Sempre piena d’affetto, gentilezza e attenzioni.
Era destinato davvero a me tutto quell’affetto… quella premura.
Ma si può voler bene a qualcuno a pelle?
Sì, si può.
L’amicizia è una solenne forma d’amore e anch’essa può essere a prima vista.
Tra me e Valeria c’è stato un vero e proprio colpo di fulmine.
E non chiedetemi perché le voglio bene, non saprei da che parte iniziare per darvi una precisa spiegazione.
Le voglio bene perché il mio cuore ha voluto farlo.
Mi sono fidata e lei mi ha trattata da amica.
Amica… quella che puoi chiamare nel cuore della notte con il viso rigato dalle lacrime e il cuore gonfio d’amarezza.
Amica… che ti spiega, senza stancarsi mai, la differenza tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Amica… che rimprovera i tuoi errori, ma ti abbraccia subito dopo.
Amica… quella che si incavola per davvero quando ti ostini a seguire un pensiero negativo, una convinzione sbagliata.
Amica…quella che urla senza sosta pur di aprirti gli occhi.
Amica… quella che fa centinaia di chilometri in bus solo per realizzare quelli che credevi sarebbero rimasti solo sogni.
Valeria è un’amica.
Valeria è la mia amica. Quella che, per farmi contenta, è salita con me su una di quelle giostre da paura che trovi in occorrenza delle grandi feste di Paese, nonostante le vertigini e la nausea.
Valeria è la mia amica, quella che ha organizzato il nostro primo viaggio insieme in soli due giorni; quella che ha comprato stoffe e occorrente per cucire i vestiti di quell’evento al quale sognavo di partecipare.
Valeria è la mia amica, quella che c’è sempre, quella che mi legge dentro il cuore, quella che mi ascolta anche se resto in silenzio, quella che mi stringe la mano e mi ripete Non sei sola.
Si può non voler bene ad un’amica così?
«Pronto? Ci sei? Urano chiama Marte. Si dispone l’attacco sulla Terra.»
Mi destai da quel piacevole e fulmineo flash-back e risi, notando la sua espressione confusa.
E poi l’abbracciai. Così senza motivo, perché abbracciare qualcuno d’importante per la propria vita ti lascia addosso quel profumo d’amore che non t’abbandonerà mai per il resto della vita.
«Sei impazzita?» mi disse, ricambiando il mio abbraccio. «Ma che dico! Tu sei già pazza!» Rise, trascinando anche me in quell’ingenua risata.
«Ecco, appunto, quindi è inutile domandarmelo se già conosci la risposta.» Le risposi facendole la linguaccia.
Valeria mi guardò sospettosa. Nessuno mi conosce meglio di lei e sentii che aveva intuito in quali pensieri mi ero persa poco prima.
Guardami pure. Continua a fissare i miei occhi, è con te che voglio parlare, amica mia.
Non ho mai conosciuto qualcuno come te, Valeria.
Nessuno è mai stato disposto a combattere al mio fianco per le mie battaglie personali, nessuno, prima d’ora si era battuto per proteggermi, per vegliarmi, per consigliarmi.
Da quando ci sei tu so che, questo sentiero che percorro con te vicino, non lo perderò mai, perché semmai dovessi inciampare o imboccare una direzione opposta, io avrò sempre te, perché tu sei Valeria, la mia instancabile amica.
Da quando ci sei, ora lo so, avere un’amica è la cosa più bella che c’è.
Non so dov’eri nascosta prima di quella calda notte di luglio, ma so d’averti incontrata quando avevo più bisogno di te!
Forse, chissà, eri già nascosta tra le pieghe del mio cuore e quello strano ometto, che tutti chiamano Destino, ti ha tirato fuori proprio da lì.
Amica.
Non credevo potesse diventarmi così tanto cara una parola così breve, ma così intensa e significativa, perché tu, Valeria, sei l’amica più vera che potessi desiderare, sei la compagna del viaggio più grande e misterioso che facciamo, quel viaggio che viviamo giorno dopo giorno, quel viaggio che chiamiamo Vita.
«Ma insomma Elena! La smetti di pensare tutto ciò che stai pensando?!»
Non risposi. Mi limitai a sorriderle debolmente e, guardando il cielo bianco, allargai piano le braccia.
Cominciai a girare e girare, dapprima lentamente, poi, sempre più veloce mentre delicati fiocchi di neve s’adagiavano sul mio viso.
«Forza Vale! Fallo anche tu. È divertente! Sembra di essere in una palla di vetro.»
Valeria mi guardò incredula, ma poco dopo scoppiò a ridere e, senza neanche pensarci, mi seguì in quel gesto  insolito ma divertente.
Continuammo a girare e a ridere, incuranti della gente che ci guardava stupita e della neve che cominciava a scendere sempre più copiosa.
«Allora? Me lo dici cosa vorresti per Natale?» mi chiese ancora fermandosi e respirando affannosamente.
Mi fermai anche io.
La neve scendeva ormai fitta, l’aria era gelida e la guardai facendomi improvvisamente seria.
«Prestami un albero.»
«Prestarti un albero? E dove li trovo in prestito gli alberi?»
«Ti spiego io come fare, è così semplice.»
Mi avvicinai a lei e afferrai la sua mano coperta da un morbido guanto bianco.
«Elena… ti senti male, forse?»
«No.»
«A no?  Hai appena scambiato la mia mano destra per un albero! E dimmi un po’, che albero sarebbe? Un pioppo? Un salice? O un abete visto il Natale ormai prossimo?»
«Guarda che io dico davvero!» sentenziai.
«Scusami gioia, ma non ti seguo. Spiegati meglio o rischio di ammattire con questa storia dell’albero in prestito.»
«La tua mano non è un albero, ci assomiglia. L’albero quando viene piantato nella terra crea delle radici forti e robuste che lo legano ad essa. È un legame inscindibile. L’albero cresce con la pioggia, secca d’autunno, gela d’inverno e fiorisce in primavera ed estate.
La tua mano, invece, stringe la mia incastrando le sue dita quasi fossero pezzi di puzzle. D’estate sudano e scivolano, d’autunno si screpolano, d’inverno sono sempre gelate,  eppure restano sempre lì dove sono, unite, legate, l’una stretta all’altra.
Proprio come l’albero. Posso avere la tua mano, adesso?»
Ci fu un breve ed immobile silenzio.
Il mondo intorno a noi parve scomparire poco a poco, come sommerso da quel soffice manto bianco che si posava su quei letti gelidi che l’attendeva.
La mia mano era ancora stretta nella sua.
Una voce calda e decisa danzò al fianco di un fiocco di neve, attorniato dal candore di quella fredda compagnia.
«Certo!»
Scendeva lenta la prima neve di dicembre.
Scendeva lento quel tepore nel mio cuore.
 
   
 
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