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Autore: Pikky    22/02/2013    3 recensioni
Spoiler 2x14
A New York, Emma ha ritrovato il figlio di Gold, che si è rivelato essere anche ben altro sia per lei che per Henry.
Questa os può essere considerata un missing moments collocato a fine puntata.
[Dalla storia:
Emma non avrebbe mai dimenticato il triste sguardo d’accusa del ragazzino mentre le diceva che lei e Regina erano uguali, che entrambe non avevano fatto altro che mentirgli. Era stato il momento esatto in cui il suo cuore si era spezzato, per la seconda volta in tutta la sua vita.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Neal Cassidy
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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We can learn to love again

 

 

 

Era calata la sera, a Manhattan.

Emma si trovava nella sua stanza d’albergo, sotto le coperte, nell’inutile tentativo di dormire. Era stanca; doveva ancora recuperare la notte insonne passata al pronto soccorso e riprendersi del tutto dal viaggio, eppure continuava a rigirarsi nel letto, inquieta. Era ancora scossa per tutto ciò che era successo quel giorno e i sensi di colpa la stavano divorando.

Aveva deluso Henry.

Gli aveva mentito, pur sapendo in cuor suo che la verità prima o poi sarebbe venuta a galla. Certo, non avrebbe mai immaginato che sarebbe successo in quel modo. Lei stessa stentava ancora a crederci, dopotutto.

Mai avrebbe immaginato di rivedere Neal, ma soprattutto mai avrebbe pensato che fosse proprio quel figlio che il signor Gold cercava così disperatamente, mai avrebbe creduto che l’unico uomo di cui si era innamorata, e da cui era stata terribilmente ingannata, provenisse da là, dalla Foresta Incantata.

Il mondo era popolato da più di sei miliardi di persone e lei aveva incontrato l’unica, oltre a lei e ad August, che non era stata colpita da quel maledetto sortilegio che lei era stata da sempre destinata a spezzare. La probabilità che ciò accadesse era una su un milione, se non peggio, eppure era successo.

Ancora non poteva fare a meno di sentirsi manipolata, nonostante ciò che Neal le aveva detto in quel bar. L’unico colpevole di ciò che era successo era proprio il Fato, ineluttabile e imprevedibile.

E quel giorno il Fato aveva annoverato anche Henry tra le sue vittime. Tramite le azioni e le bugie di Emma lo aveva ferito, deluso, amareggiato.

Emma non avrebbe mai dimenticato il triste sguardo d’accusa del ragazzino mentre le diceva che lei e Regina erano uguali, che entrambe non avevano fatto altro che mentirgli. Era stato il momento esatto in cui il suo cuore si era spezzato, per la seconda volta in tutta la sua vita.

 

 

Neal ancora non riusciva a credere a ciò che gli era successo quel pomeriggio. Rivedere Emma, suo padre, scoprire di avere un figlio… Troppe emozioni e fin troppo intense, per un giorno solo.

Tutto ciò da  cui era sempre scappato, da cui voleva stare alla larga, da cui aveva sempre cercato rifugio, si era ripresentato alla sua porta, senza il minimo preavviso. Certo, grazie alla cartolina di August sapeva che il sortilegio era stato spezzato, ma mai avrebbe pensato che suo padre sarebbe tornato a cercarlo, anche perché era certo di aver trovato un buon nascondiglio. Ormai, dopo tutti quegli anni, era completamente avvezzo ad un mondo normale, senza magia, da non aver messo in conto che suo padre, l’Oscuro, avrebbe potuto benissimo trovare un modo per portarcela, dato che non poteva farne a meno. Era stato uno sciocco a non pensarci.

Eppure, in fondo, non gli dispiaceva poi così tanto di essere stato trovato.

Non certo per suo padre, con cui non voleva avere più nulla a che fare. Diceva di essere cambiato, ma di nuovo gli aveva dimostrato di non essere in grado di fare a meno della magia, perché era e restava il codardo deriso e odiato da tutto il villaggio. Con quell’assurda pretesa di volerlo convincere ad andare a Storybrooke per riportare indietro le lancette dell’orologio fino ai suoi quattordici anni, non aveva fatto altro che dimostrargli di essere ancora accecato dal potere che la magia gli aveva conferito e di non essere più quell’uomo a cui una volta aveva voluto bene.

No, decisamente non era per Tremotino che era contento.

Era per Henry, suo figlio.

E un po’, doveva ammetterlo, anche per aver rivisto Emma.

 

 

Nell’oscurità della stanza, il telefonino di Emma si illuminò all’improvviso, iniziando a suonare e vibrare. Prontamente, la ragazza lo afferrò e guardò lo schermo. Era Mary-Margaret.

- Pronto? – rispose, con voce spenta.

- Emma! – esclamò sua madre, dall’altro capo del telefono. – Come stai? – le chiese, con sincera preoccupazione. - È da quando mi hai chiamato oggi che non ti sei più fatta sentire. È successo qualcosa, vero?

- Già – confermò Emma, semplicemente. – Dopo che ho chiuso la telefonata, sono tornata da Gold e gli ho mentito; gli ho detto che suo figlio mi era sfuggito, ma come potrai ben immaginare non si è arreso tanto facilmente. È entrato a forza nell’appartamento di Neal – spiegò, cercando di essere il più sintetica possibile. Raccontare quel che le era accaduto faceva male, le faceva rivivere le emozioni intense e contrastanti che aveva provato solo qualche ora prima e che voleva soltanto dimenticare. Non voleva assolutamente ripensare al timore che l’aveva assalita non appena aveva seguito Gold nell’appartamento del figlio, a quell’assurda paura di trovarvi segni di una presenza femminile, né tantomeno voleva ricordare la malinconia data dall’aver trovato quell’acchiappasogni alla finestra, quell’oggetto testimone della promessa di una vita normale che Neal le aveva fatto.

- Non c’era nessuno però, vero? – domandò Mary-Margaret, riscuotendola dai propri pensieri.

- No, infatti – rispose Emma. – Gold voleva aspettare che suo figlio tornasse, per parlargli. Ho cercato di farlo desistere, ma ha capito che gli avevo mentito e così ha iniziato a urlarmi contro, finché non è arrivato Neal – proseguì. – Voleva assicurarsi che Gold non mi facesse del male – precisò, rivolta più a se stessa che alla madre. Nonostante tutto Neal dimostrava di tenere ancora a lei, forse.

- E non è andata a finire bene – tirò le somme Mary-Margaret.

- Per niente – confermò Emma, con un groppo in gola. La faccia delusa di Henry, che non aveva abbandonato i suoi pensieri per un secondo, da quel pomeriggio, si fece più vivida nella sua mente e il dolore per avergli fatto del male si fece ancora più acuto. – Neal ha visto Henry, e non ci ha messo molto a capire che era suo figlio – continuò, con la voce sempre più incrinata. – Ho dovuto… A quel punto ho dovuto dire la verità, e… Henry non l’ha presa affatto bene. L’ho deluso, Mary-Margaret. L’ho deluso. Mi ha detto che sono proprio uguale a Regina, sai? – concluse quindi il racconto, ormai in lacrime. Quel giorno tutte le sue difese erano crollate dalla base, la sua apparenza da dura era scomparsa ed era tornata di nuovo a essere quella ragazzina appena maggiorenne, ingenua e dal cuore spezzato.

- Oh, Emma! Mi dispiace tanto – esclamò Mary-Margaret, rattristata. Avrebbe tanto voluto essere con la figlia per starle accanto e offrirle il supporto di cui aveva bisogno, ma non le era permesso. Si sentiva impotente, inutile.

- Dispiace anche a me, ma è tutta colpa mia. Avevi ragione tu, Mary-Margaret. Henry aveva il diritto di sapere la verità su suo padre, avrei dovuto dirgliela fin da subito, fin dalla prima volta che mi ha chiesto di lui. E invece sono stata egoista. Gli ho mentito perché non volevo ricordare ciò che sono stata in passato, e così facendo l’ho ferito. Non sono stata poi così diversa da Regina – si sfogò, tra un singhiozzo e l’altro.

- Emma, no! Tu sei agli antipodi rispetto a Regina, lo sai. E lo sa anche Henry, sono sicura che non pensa davvero quello che ti ha detto. Gli passerà, vedrai – cercò di rincuorarla Mary-Margaret.

- Lo spero. Lo spero davvero.

- Come sta, ora?

- Non lo so – rispose Emma. – Non è con me. Non ha voluto venire in albergo, ha preferito restare da Neal. Vuole passare del tempo con lui, e… E l’ho assecondato. Non voglio ferirlo di nuovo – spiegò poi, asciugandosi le lacrime col dorso della mano.

- Hai fatto la cosa giusta, Emma.

 

 

- Posso chiederti una cosa? – domandò Henry al padre, per tastare il terreno.

- Certo, tutto quello che vuoi – rispose Neal, con un sorriso. Lui e Henry, dopo aver consumato del cibo cinese ordinato a domicilio, si trovavano seduti sul letto ormai da un po’, e non avevano smesso di parlare nemmeno un minuto. il ragazzino voleva sapere tutto di lui, e Neal non era da meno; voleva conoscere quel figlio di cui fino a qualche ora prima ignorava l’esistenza e non voleva commettere gli errori che aveva commesso suo padre. Ora che sapeva di Henry voleva far parte della sua vita.

- Quando io, il signor Gold e mia mam… - il ragazzino si interruppe e abbassò gli occhi. – Ed Emma – si corresse dunque, rialzando lo sguardo. – Quando torneremo a Storybrooke, verrai con noi?

Neal rimase spiazzato, a quella domanda. Non che questa non fosse mai comparsa nella propria mente, ma sentirsela porre da suo figlio aveva tutto un altro effetto.

- Non lo so, Henry – rispose, con un’alzata di spalle. – Non è così semplice.

- E perché? – chiese Henry, inclinando la testa di lato. – Tu vieni dal mondo delle fiabe, il tuo posto è là con noi – decretò.

- Non lo so – ripeté Neal. – Non so se sono pronto a tornare in un mondo pieno di magia, dopo che ho fatto di tutto per evitarla. E non so se voglio vivere nella stessa città di mio padre – spiegò poi, sincero. Aveva visto bene quanto Henry fosse rimasto ferito per via della grande bugia che Emma gli aveva raccontato sul suo conto, e non voleva raccontargli ulteriori frottole. Forse la verità gli avrebbe fatto male, ma almeno sarebbe stata tale.

- Ho capito – disse Henry un po’ dispiaciuto, abbassando lo sguardo. Ricordava la storia di Tremotino e Baelfire contenuta nel suo libro di fiabe, e quindi non faceva fatica a immaginare perché suo padre avesse quei dubbi. Sperò solo che col tempo sarebbero scomparsi. – Ho letto la tua storia – disse dunque. – Nel mio libro – aggiunse poi, avendo notato la faccia perplessa di Neal.

- Il tuo libro? – domandò quest’ultimo, confuso.

- Sì, il mio libro di fiabe – confermò Henry. – Aspetta, vado a prenderlo – disse, prima di balzare giù dal letto per andare a prendere il suo zaino. Poco dopo tornò dal padre e gli porse il libro.

- Che cos’è? – chiese Neal, sempre più dubbioso.

- È il libro in cui sono raccolte le storie di tutti i personaggi delle fiabe che ora vivono a Storybrooke – spiegò Henry. – Beh, non proprio tutti – si corresse, ripensando alla vera identità del dottor Whale. – La tua storia c’è, comunque – rivelò, prima di sporgersi sul libro e di aprirlo all’esatta pagina dell’inizio della storia di Baelfire e Tremotino.

- Dove l’hai trovato? – chiese Neal, sfogliando il libro qua e là. Scorse velocemente la propria vicenda, perché erano ricordi che preferiva non rammentare troppo.

- Me l’ha dato Biancaneve, che è anche mia nonna. E la mia maestra – spiegò Henry. - È stato grazie a quel libro che ho capito tutto e che ho ritrovato Emma.

- Come sarebbe a dire che hai ritrovato Emma? – domandò Neal, inarcando un sopracciglio.

- Non ho sempre vissuto con lei – rispose Henry. – Emma mi ha dato in adozione, dopo che sono nato. E sono stato adottato dalla Regina Cattiva, che è la matrigna di Biancaneve. È stata lei a scagliare il sortilegio.

Neal rimase completamente disorientato, a quelle parole.

Emma aveva dato Henry in adozione? Come diavolo aveva potuto farlo? Prese un respirò profondo e cercò di calmarsi, per rimettere insieme i pezzi. Undici anni prima aveva denunciato Emma alla polizia, e di conseguenza era finita in prigione per undici mesi. Doveva per forza aver partorito dietro le sbarre e, priva di mezzi come era allora, doveva aver pensato che forse il bambino sarebbe cresciuto meglio altrove. Non poté biasimarla, dopo quelle constatazioni.

Si sentì ancora più in colpa nei suoi confronti e comprese il perché di tutto quell’astio rivolto verso di lui, perché quando lo aveva riconosciuto, dopo averlo inseguito, era inorridita e aveva deciso di mentirgli riguardo a Henry. Voleva solo proteggere quel ragazzino che doveva aver già sofferto abbastanza.

- Mi dispiace, Henry – disse, semplicemente. – Se non fosse stato per me non saresti stato adottato, forse – aggiunse quindi, dando voce ai propri pensieri. Se non avesse denunciato Emma, se avesse deciso di ignorare August, probabilmente lui e la ragazza sarebbero fuggiti in Canada e lì si sarebbero sistemati, avrebbero vissuto come due persone normali, avrebbero trovato la serenità che entrambi cercavano. Emma avrebbe scoperto di essere incinta e avrebbero cresciuto insieme il bambino, senza costringerlo a subire la stessa sorte di abbandono che era toccata a entrambi.

E la causa di tutta quella solitudine, di tutta quella sofferenza era solo una: la magia. Quella maledetta stregoneria che aveva portato Baelfire a cercare un mondo senza magia e Emma a essere riposta in una teca incantata che l’avrebbe salvata dal sortilegio oscuro.

- Non è colpa tua – proferì Henry, riscuotendolo da quei pensieri. – Doveva andare così e basta. Io dovevo andare a Storybrooke per capire tutto e riportare là Emma, così che spezzasse il sortilegio – spiegò.

Neal rimase colpito dalla saggezza del figlio, forse un po’ troppa per i suoi undici anni. Da quel che aveva potuto constatare in quelle poche ore, Henry era un ragazzino molto sveglio e perspicace, ma anche molto sensibile. Doveva aver sofferto molto, eppure comprendeva perfettamente che tutto quel che gli era successo era avvenuto per una ragione, per un disegno più grande. Lo capiva sicuramente più di lui, e questo era un dato di fatto.

- Sei molto sveglio, sai? – gli disse, con un sorriso. – Mi spiace davvero non averti conosciuto prima – aggiunse, con una punta di rammarico.

- Non fa niente, te l’ho detto – disse Henry, facendo spallucce. – Non è colpa tua. Non lo sapevi. È di Emma la colpa – decretò, mentre il dolore e la delusione provati quel pomeriggio tornavano a farsi strada nei suoi pensieri.

- L’ha fatto per un buon motivo, Henry – la difese Neal. Gli dispiaceva che Henry fosse adirato con lei e aveva visto quanto ciò l’avesse ferita.  – Voleva proteggerti, non devi essere così arrabbiato.

- Per proteggermi da cosa? – chiese il ragazzino, ferito. Continuava a non capire la decisione della madre, continuava a paragonare quella bugia a tutte quelle che Regina gli aveva raccontato.

Neal sorrise; dopotutto l’ingenuità degli undici anni del figlio c’era ancora, nascosta da qualche parte.

- Quando io ed Emma ci siamo conosciuti, non eravamo esattamente due persone raccomandabili. Capisci che intendo? – si interruppe. Henry annuì, facendosi più attento. – Vivevamo di espedienti. Eravamo dei ladruncoli, non avevamo nemmeno una casa. Vivevamo nella nostra auto, o meglio, nell’auto che io avevo rubato e che lei mi ha rubato a sua volta – raccontò Neal. Si ritrovò a sorridere, a quei ricordi. Era stato davvero felice con Emma, l’aveva amata davvero e aveva davvero avuto intenzione di sistemare la propria vita assieme a lei, finché non aveva incontrato August. – Poi io l’ho abbandonata, l’ho fatta finire in prigione accusandola di una cosa che avevo fatto io, non lei - si incupì, al rammentare di quella notte.

- Perché l’hai fatto?

- Perché me l’ha detto August – rispose Neal, vergognandosi per l’ennesima volta del dolore che aveva causato a Emma e inconsapevolmente anche a suo figlio.

- Conosci August? – domandò Henry, sorpreso – Cioè, Pinocchio – si corresse.

- Già – ammise Neal. - È stato lui a dirmi chi era Emma in realtà e a raccontarmi tutto riguardo al sortilegio. Mi ha suggerito caldamente di lasciare Emma perché ero solo un ostacolo al compimento del suo destino di salvatrice. Così l’ho abbandonata. Il resto della storia credo tu lo sappia già.

Henry rimase colpito da quel racconto, dalla verità. Non era un bel racconto da sentire, e forse stava iniziando a capire perché Emma avesse voluto tenerlo all’oscuro di tutto. Doveva aver sofferto davvero molto, quando era finita in prigione.

- Grazie per avermi detto la verità – disse il ragazzino, semplicemente, dopodiché seguendo l’istinto si sporse verso il padre e lo abbracciò.

Neal fu inizialmente sorpreso, ma poi si sentì invadere da una sensazione di felicità e di affetto che non provava da tempo e ricambiò l’abbraccio, stringendo le proprie braccia attorno al corpo di Henry.

Era bello stare insieme tra padre e figlio, anche se era la prima volta che succedeva.

 

 

 

La mattina dopo, alle nove, Emma fu puntuale; come concordato la sera prima, andò a prendere Henry da Neal. Suonò al citofono e attese che il ragazzino scendesse. Non dovette aspettare molto perché nel giro di un paio di minuti Henry scese, seguito dal padre.

- Ciao, Henry – salutò il figlio Emma, con un sorriso colpevole. Il dolore provato il giorno prima era ancora forte, da parte sua. – Neal – aggiunse semplicemente, cordiale, rivolgendosi poi all’uomo.

- Emma – disse a sua volta quest’ultimo.

- Ciao – la salutò Henry. – Non ho ancora fatto colazione, e ho fame – annunciò dunque.

- Vuoi che ti porti a mangiare qualcosa? – chiese Emma.

- Sarebbe ottimo – rispose Henry, entusiasta. – Può venire anche lui? – chiese poi, indicando Neal con un cenno del capo.

- Va bene – decretò Emma, senza opporre troppa resistenza. Forse era il momento di iniziare a mettere da parte i rancori nei confronti dell’ex per il bene del figlio. Se Neal avesse avuto intenzione di fare parte della sua vita, inoltre, le circostanze l’avrebbero portata a incontrarlo spesso e quindi era il caso di iniziare a comportarsi in modo civile.

Si incamminarono verso un bar lì vicino.

Nessuno dei tre parlò; ognuno era perso nei propri pensieri.

Emma notò che Henry aveva preso Neal per mano, e un po’ ne fu sollevata perché significava solo una cosa, cioè che l’uomo le aveva dato ascolto e si stava impegnando a non spezzare il cuore del figlio.

Poco dopo sentì l’altra mano del ragazzino stringere la propria, e ne restò sorpresa. Si voltò verso di lui e lo vide sorriderle timidamente, con aria dispiaciuta. Emma ricambiò il sorriso, gli occhi lucidi e il cuore pieno di gioia perché aveva compreso che con quel gesto Henry l’aveva perdonata, aveva capito perché gli aveva mentito ed era pronto a ricominciare da capo. Non sapeva che in realtà c’era stato lo zampino di Neal, ma poco importava.

Ciò che contava era sapere che Henry le voleva bene, nonostante tutto.

Strinse forte la mano del figlio, come se quel gesto dovesse trasmettergli tutto l’affetto che provava per lui. Con la coda dell’occhio guardò Neal e si chiese se, col tempo, sarebbe mai riuscita a perdonarlo per averla ferita nel profondo, a permettergli di farsi di nuovo strada nel suo cuore, ad amarlo di nuovo come lo aveva amato un tempo. Non seppe darsi una risposta, ma non le importava. Avrebbe affrontato tutto con calma, giorno per giorno.

Henry, dal canto suo, mentre stringeva la mano del padre nella sua sinistra e quella della madre nella sua destra, non poté fare a meno di sperare che un giorno, magari, tutti e tre avrebbero potuto essere una vera famiglia, unita.

Forse, col tempo, sua madre e suo padre avrebbero imparato ad amarsi di nuovo.

 

 

 

 

 

Note dell’autrice

Eccomi di nuovo qui a rompere con una one-shot, questa volta più lunga rispetto alle altre.

Comincio col dire che il titolo è tratto dal ritornello della nuova canzone di Pink, “Just give me a reason”. Ho trovato questa frase particolarmente adatta per la mia storia in generale.

Che altro?

L’episodio 2x14 mi ha lasciata a bocca aperta. Mi ha emotivamente sconvolta, e ho dovuto scrivere questa one-shot perché sentivo il bisogno di risolvere le cose tra Emma e Henry, e anche con Neal.

Neal. Che fosse anche Baelfire ormai era scontato, eppure è stato comunque sorprendente. La 2x14 me l’ha fatto rivalutare, e anche molto. Nella 2x06 avevo solo voglia di prenderlo a sberle, mentre ora sono riuscita a capirlo un po’ di più e come personaggio mi piace un sacco e credo abbia un bel potenziale da sviluppare.

Inutile dire che ora, dopo ‘Manhattan’ sono diventata una EmmaxNeal shipper convinta. Prima non lo ero assolutamente, ora invece… Ripeto, la 2x14 mi ha fatto cambiare idea su molte cose. E ormai mi sono anche rassegnata al fatto che Graham tornerà solo nei flashback. T.T Lui era perfetto per Emma, perfetto. Dopo la sua morte non sono più riuscita a shipparla con nessuno in particolare; ha una bella interazione con i personaggi maschili (Hook in primis, seguito subito da August) ma nessuno mi ha mai entusiasmato quanto Graham. Fino ad ora. Ovvio che se il cacciatore dovesse tornare in vita tornerei subito a shipparlo con Emma, sia chiaro.

Ok, perché sono finita a parlare di Graham?

Dicevo… Non so come questa storia sia uscita fuori. Come al solito avevo in mente tutt’altro ma mi sono lasciata trascinare dalla scrittura. Probabilmente i personaggi risulteranno OOC, specialmente Emma. Non so voi, ma io nella 2x14 ho visto riemergere un po’ la vecchia Emma della 2x06, per cui in questa os ho cercato di fare un mix tra la Emma ragazzina e la Emma che tutti siamo abituati a vedere. Il risultato è questo.

Henry non so se sia completamente IC; ho cercato di mostrarlo come lo abbiamo sempre visto, ma ho voluto anche esprimere bene il rancore verso Emma che bene emerge dalla fine della 2x14. Quella scena mi ha spezzato il cuore, così ho dovuto sistemare tutto con questa ff. Forse è stato un po’ affrettato il modo con cui ho deciso che ciò accadesse, ma pazienza. Non avrei saputo come fare altrimenti. xD

Neal, invece… Insomma, per ora si sa poco di lui. Ho cercato di attenermi a quello che abbiamo scoperto fin’ora e a quella che già sapevamo dalla prima stagione. Ho omesso volutamente la teoria (molto plausibile) secondo la quale probabilmente è Peter Pan o un Bimbo Sperduto, avrei incasinato ulteriormente le cose e non era questo l’intento della mia os. Volevo focalizzarmi solo sul suo rapporto con Henry, ecco anche perché Tremotino è solo accennato e non compare nella storia.

Come al solito mi sono dilungata troppo.

Spero che la storia vi sia piaciuta. :)

Fatemi sapere che ne pensate^^

Sara

   
 
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