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Autore: _pesca    22/02/2013    1 recensioni
La malviagia Gothel è caduta dalla torre, trasformandosi in cenere, Eugene è stato guarito dalle magiche lacrime di Rapunzel e... e poi? Scoprite cosa è successo tra la "resurrezione" di Eugene e l'incontro, al castello, tra Rpunzel e i suoi genitori!
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Flynn Rider/Eugene Fitzgerald, Rapunzel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“E … e adesso?... cosa facciamo?”
Dopo parecchi minuti, l’euforia era momentaneamente passata e Rapunzel, per la prima, volta si guardava intorno. Non riconosceva più la sua torre. Non riconosceva più il luogo dove aveva passato la sua intera vita.  Pezzi di vetro sparsi per tutto il pavimento, il grande specchio, ribaltato per terra, dalla portafinestra entrava una luce pallida, lasciando la stanza in penombra. E poi … come a formare una strada, un sentiero , un fiume, che fino a poco prima era dorato e adesso era del color nocciola ... i suoi capelli, il suo più prezioso tesoro, ciò che la rendeva speciale, unica, magica. Formavano un’onda gigantesca sul pavimento. Quasi non li riconosceva, di quel marrone scuro, spento, nell’ombra. Rimase a lungo ad osservarli, poi con la mano tremante li accarezzò.
“Vorrei … voglio tenerli” disse in un sospiro. Eugene l’abbracciò. “Ma certo” disse accarezzandole la testa. “Sai cosa faremo? Una bella treccia. Come quella che avevi ieri sera, al villaggio”. Lei annuì tristemente. “Non essere triste. È finita. Andrà tutto bene adesso. Vedrai.”
“Pascal…” sussurrò lei come svegliandosi di soprassalto da un sonno profondo. Il piccolo camaleonte era proprio vicino alla sua mano. Si arrampicò velocemente sulla sua spalla.
“Stai tranquilla, è tutto a posto. Va tutto bene. Tu … stai bene?” lei gli sorrise. “Si … credo di si … e tu?” “Mai stato meglio” disse ricambiando un largo sorriso.
“Che cosa facciamo adesso?” ripeté la ragazza.
“Beh, per prima cosa dobbiamo rompere queste catene. E poi  usciamo da questo posto” rispose Eugene guardandosi in giro.
Già, le catene. La chiave l’aveva lei. Rapunzel si mise a cercare sul pavimento, e dopo pochi secondi la trovò, ingarbugliata nei capelli scuri, sul pavimento. Lei l’aveva lasciata cadere, per fortuna.
Appena si fu liberato, Eugene si alzò in piedi, massaggiandosi i polsi. “Bene. Adesso fuori di qui” disse risoluto.
“Si. C’è una botola. E una scala” disse Rapunzel in tono assente con lo sguardo di nuovo perso nella grande onda bruna. “Mia madre … quella donna, la usava per scendere e salire quando ero più piccola e … i miei capelli non arrivavano fin giù”. Si toccò la testa, sconsolata, emettendo un lieve singhiozzo.
“Hey” lui si era avvicinato e la cingeva per le spalle. “Andiamo? Vuoi?”
“Si certo che voglio … ma …” ci volle un po’ prima che lei si decidesse a lasciare la torre. In fondo, anche se ormai non era più la sua casa, lo era stata per diciotto anni, tutta la sua vita. Ed era stata l’unico posto in cui, a sua memoria, era mai stata, fino a due giorni prima. Gli mostrò la sua stanza, tutti i suoi libri,  i suoi vestiti, i suoi colori e i suoi dipinti che occupavano tutte le pareti, ormai. Poi, finalmente, Eugene prese l’enorme massa di capelli castani e se li legò in vita.
“Vuoi prendere qualcos’altro?” le chiese dolcemente osservandola mentre salutava con lo sguardo tutte le cose che c’erano nella torre. “Andiamo” disse lei, cercando di essere risoluta e decisa, anche se la voce le tremava.
Incominciarono a scendere per l’infinita scala a chiocciola. Era buio e faceva freddo. Il corrimano e i muri erano umidi, viscidi e ogni tanto bisognava tenersi, per non perdere l’equilibrio. Dopo quelle che sembrarono ore, giunsero a una piccola porticina di legno.  Lui la aprì,e finalmente vennero inondati dalla luce del giorno.  Rapunzel chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Adesso era veramente libera. Da tutto.  Si guardarono e si abbracciarono forte, di nuovo. Nessuno dei due parlò, mentre facevano il giro della torre, mano nella mano. Lei pensava alla libertà, ai suoi capelli, ma in quel momento pensava soprattutto a quello che avrebbe visto, una volta giunti davanti alla torre. Era morta? Come poteva essere viva, la torre era troppo alta. Che aspetto avrebbe avuto? Strinse la mano di Eugene. Lui, dal canto suo, pensava a come, in quei due giorni era stato vicino alla morte. Quando erano intrappolati insieme nella diga, quando i fratelli Stabbington lo avevano conciato per le feste, quando camminava, scortato dalle guardie della prigione, verso il patibolo, e beh … quando quella donna lo aveva pugnalato era morto per davvero. In ognuno di quei momenti aveva pensato al peggio, si era congedato dalla vita, si era rassegnato. Poi, però, lei aveva fatto illuminare i suoi capelli tanto da poter vedere sott’acqua e spostare le pietre che li intrappolavano; poi si era risvegliato scoprendo di essere solo svenuto, anche se legato al timone di una barca; poi erano comparsi quei tipi strani della taverna del brutto anatroccolo, guidati da Max, facendolo fuggire; poi lei lo aveva guarito con le sue lacrime. Era sempre stata lei. Dall’inizio. A metterlo nei guai, e a salvargli la vita. Era grazie a lei, che lui adesso era in vita. Lei adesso era la sua vita. Sentì che gli stava stringendo la mano e ricambiò la stretta. arrivati dall’altra parte, trovarono Maximus che li aspettava, brucando l’erba fresca. Poco lontano, una massa scura li fece rabbrividire entrambi. Ma quando si furono avvicinati Rapunzel trattenne rumorosamente il fiato. Cenere. Nient’altro che una massa di polvere grigia, sparsa sul lungo mantello. Ancora una volta rimasero in silenzio, lui la stringeva, lei guardava, senza avere il coraggio di avvicinarsi di più.  Ad un tratto Rapunzel si scosse, come animata da un fremito improvviso. “Dobbiamo andare, ho un sacco di tempo da recuperare! Ho un vita da vivere, via di qui!” Eugene sorrise, riconoscendola, finalmente. Montarono in sella e corsero fino al castello del Regno. Senza parlare avevano capito entrambi dove bisognava andare, e cosa bisognava fare, prima di tutto. Il castello. L’aveva visto la sera prima, illuminato dalle lanterne, eppure non era mai stato così bello. Appena arrivati le guardie si avventarono su Eugene, ma questa volta lo lasciarono parlare, sorpresi del fatto che fosse tornato per riconsegnarsi.  
I due ragazzi, rimasero sul terrazzo ad aspettare, controllati a distanza da alcune guardie, per interminabili minuti. Poi, la grande porta si aprì appena. E ne uscì una donna dai capelli color nocciola
  
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