Piove. Su questa città, sul mio corpo. Ogni goccia scava nella mia anima e nel mio cuore.
Piove. E tu non sei qui con me. Strano non è vero? Poche ore fa pendevo da quel cornicione e l’unico mio pensiero eri tu, tu che sei sempre stato la mia ancòra, la mia salvezza. Per te fino a qualche ora fa supplicavo di non morire. Ora l’unica cosa che voglio è morire. Se fossi ora su quel cornicione mi lascerei cadere.  Non ho più nulla. Non ho più te. E ora capisco che la mia vita non ha più senso.
Ero venuta da te quasi correndo, ignorando la stanchezza e la pioggia e il freddo che mi entrava nelle ossa. Ero venuta per farmi perdonare, per dirti che sì, ho sbagliato, ma voglio solo te in fondo. Peccato che stavolta tu non mi abbia perdonato. Avevi gli occhi spenti, lo sguardo perso, la voce stanca. Lì ho capito di aver perso tutte le speranze. Non ho insistito, in fondo la colpa è sempre stata mia e di quel maledetto muro. D’altronde quale persona sensata sarebbe disposta ad aspettare per anni pazientemente una donna tormentata dal suo stesso passato, una che ha paura dei suoi stessi sentimenti?
La verità è che le persone spendono una  vita intera a cercare l’amore e io, che l’ho sempre avuto al mio fianco, non l’ho riconosciuto. Ho avuto la mia possibilità e l’ho sprecata.  Come sa essere amara la vita a volte.
E ora sono qui a trascinare questo mio corpo troppo stanco e provato per la città, senza destinazione e con un dolore che aumenta ad ogni passo che mi allontana da te.

 
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Apro gli occhi lentamente e mi accorgo di essermi addormentato sul divano. Devo anche aver esagerato con l’alcool perché sembra che si stia svolgendo un combattimento nella mia testa.
I ricordi riaffiorano pian piano: tu che arrivi davanti alla mia porta e mi chiedi di perdonarti e io che ti lascio andare via ancora troppo arrabbiato con te per permetterti di rientrare così facilmente nella mia vita… Un momento… Ti ho davvero lasciata andare? Sono stato così pazzo da allontanarti da me? Cosa ho fatto? Ho lasciato parlare il mio orgoglio e ti ho ferita… E l’alcool che avevo già in corpo non mi ha aiutato. Maledizione. Devo parlarti. Già, peccato che il cellulare sia scarico e non ho idea di dove tu possa essere sotto questo diluvio… O forse sì? Spero di aver avuto la prima idea giusta di questa giornata.


 
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La buona sorte sembra essere tornata dalla mia parte. Sei seduta con le ginocchia al petto sugli scalini della biblioteca nazionale. Quella dove mi hai ammanettato la prima volta. Sei così indifesa e devi stare morendo dal freddo perché il tuo corpo è scosso da continui brividi. Mi avvicino a te lentamente.
“Kate” ti chiamo piano quasi sussurrando ma non ottengo risposta. “Kate ti prego perdonami” e le lacrime questa volta solcano il mio viso. Alzi la testa verso di me prima con timore poi con sempre maggiore convinzione. Incateni i tuoi occhi nei miei. E’ un momento: mi avvicino a te e ti bacio. Non ho fretta. Non l’abbiamo. Non ora che ci siamo ritrovati. Non c’è bisogno di parole tra di noi, quelle arriveranno magari dopo come fanno tutti gli altri. Ma io e te Kate ci parliamo con gli sguardi e posso affermare che i tuoi occhi sono il riflesso del mio: posso trovarci solo amore.
 
Ti ho trovata Kate nella biblioteca in cui mi hai ammanettato… Qui oggi il mio cuore si è legato definitivamente al tuo.









Eccomi tornata con questa piccola one-shot ! Spero sia di vostro gradimento!
Un abbraccio!

Sara