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Autore: dilpa93    22/02/2013    9 recensioni
Si accostò alla porta, la mano tremante vicina al pomello.
Si pentì di aver parlato, di avergli mostrato quel pezzetto di cuore che aveva sempre tenuto in ombra.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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“Perché no Kate? Da-davvero non capisco…”
“Non c’è niente da capire, è solo no, ok? Solo no, accontentati di questo.”
“Accontentarmi? Spero tu stia scherzando. Non voglio forzarti, né farti cambiare idea, voglio solo avere una spiegazione!”
“No, n-non posso.” Gli aveva dato le spalle sentendo le lacrime cominciare ad uscire. Le mani scorrevano sulle braccia nel mero tentativo di consolarsi, immaginando che fossero quelle dell’uomo a carezzarla. Ma lui era rimasto immobile cercando nella sua testa una spiegazione a quel rifiuto.
 
Glielo aveva domandato aspettandosi un si come risposta, sicuro che avrebbe ricevuto il suo assenso;
La sentì ridere, anche se solo nella sua testa, felice come non lo era mai stata. Si sarebbero stesi sul letto e vi avrebbero passato l’intero pomeriggio a parlare del futuro, o magari solo a pensarci stando in silenzio l’una tra le braccia dell’altro, immaginando quali buffe avventure gli avrebbe fatto vivere quel frugoletto, interrogandosi sui possibili nomi. Dalla sua bocca sarebbe poi uscito qualche nome improponibile, solo per vedere le espressioni di disgusto farsi largo sul volto di lei che gli era accanto; Kate lo avrebbe riportato con i piedi per terra, e dopo qualche piccolo battibecco e cuscinate inaspettate, avrebbero trovato quello perfetto.
 
“Che significa che non puoi? Sono forse io, e perché non mi vuoi come padre di tuo figlio? Perché se è così mi domando cosa stiamo insieme a fare.”
“Parli sul serio?” Voltatasi gli aveva urlato in faccia “Pensi davvero questo, che lo stare insieme si basi solo sul volere un figlio o meno? Se non potessi averne dunque sarei condannata a vivere sola.”
“Non intendevo questo.”
Parole mormorate talmente a bassa voce che lei riuscì a percepirle appena.
“E per la cronaca ti reputo un padre straordinario e sono convinta che lo saresti altre mille volte.”
“Se non è questo allora, davvero non saprei. Sarebbe l’ultima cosa che vorrei dire, ma forse non… non mi ami più?”
All’improvviso, mentre glielo chiedeva, sentì come una lama trafiggergli il petto.
Dio se sapeva che lo amava, nonostante non glielo dicesse ogni giorno come invece era solito fare lui. Da anni ormai aveva imparato a conoscerla, e i suoi gesti valevano più di ogni ‘ti amo’ che avrebbe potuto sussurrargli.
Ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a trovare cos’altro potesse esserci per rifiutare su due piedi l’idea di, in un futuro, avere un bambino, e la cosa lo aveva turbato più del previsto.
“Ora dubiti anche del fatto che io ti ami! Sai, quando fai così non ti riconosco.”
“Tu non mi riconosci? Sono io che non riconosco te, non abbiamo mai affrontato l’argomento, a dire la verità credevo che non ce ne sarebbe stato bisogno,  ma ti sarai accorta che qualche segnale di tanto in tanto lo lanciavo.”
Le si pose di fronte sfiorandole la guancia, facendo scorrere poi la mano lungo il collo fino alla clavicola lasciata scoperta dalla maglietta.
“Cosa succede Kate? Torna ad aprirti.”
“Come tu fai con me?”
“Giusto… ma non rinfacciarmi questo, non ora almeno.”
“Vedi, quando si parla di te non è mai il momento.”
Si divincolò dal suo tocco andando a sedersi sulla sponda del letto.
“Possiamo finire una litigata prima che tu cominci a rinfacciarmi cose di quella precedente?”
“Non stiamo litigando.”
“No… Per ora. E comunque non stavamo parlando di me, stavamo parlando di noi.”
Si portò la testa tra le mani che lentamente scivolarono tra i capelli ricadendole poi pesantemente sulle cosce, tornando infine a guardarlo negli occhi.
“D’accordo, come vuoi.” Il groppo alla gola le si presentò immediatamente rendendole difficile da subito quel racconto che era solito gonfiarle il cuore di dolore; un dolore che fino a quel momento aveva condiviso solo con se stessa oppure con Morfeo, quando questo glielo riproponeva in mezzo agli incubi che avevano come protagonisti  il corpo inerme di sua madre o la sparatoria che l’aveva vista ormai quattro anni fa come bersaglio e che alcune notti agitavano il suo sonno.
“Risale a quando stavo con Will…”
Venne interrotta da un leggero grugnito dell’uomo, sicuramente involontario, ma un chiaro sintomo di quanto gli bruciasse il fatto che lei fosse appartenuta, anche se per poco tempo, a qualcun altro, e quello che gli avrebbe detto di lì a poco non avrebbe migliorato quel sentimento.
Si morse il labbro prima di proseguire, tanto forte da sentire il sapore ferrigno del sangue invaderle la bocca asciutta. “È stato poco prima che ci lasciassimo. Ero stata male l’intera settimana, ma continuavo a ripetermi che era per il troppo lavoro, era un periodo piuttosto impegnativo. Non volevo saperne di andare dal medico per quanto lui avesse provato ad insistere. Sai, credo che se ci fossi stato tu mi avresti persuaso sicuramente a fare una visita.” Nonostante il momento non riuscì a reprimere un sorriso. “Quando mi sono decisa hanno voluto fare tutte le analisi… ricordo ancora con che gioia l’infermiera mi disse ‘congratulazioni, aspetta un bambino’.” Aveva pronunciato quelle parole con disprezzo, quasi odiando il sorriso con cui quella ragazza le aveva portato quella notizia. “Ancora non me lo riesco a spiegare, ero sempre stata attenta, eravamo sempre stati attenti. Non era il momento giusto, non lo era affatto. Le cose tra noi non funzionavano, ci stavamo sgretolando lentamente, litigavamo e basta, non sembravamo più andare d’accordo su nulla, probabilmente a causa di quel trasferimento che era già nell’aria. Decisi di tenerlo un po’ per me, per abituarmi all’idea e pensare a come fare. Sicuramente l’avrei tenuto, ma lui se ne sarebbe andato comunque e sarei stata sola. In ogni caso nulla ha avuto importanza.
Un paio di settimane dopo ho perso il mio bambino.” Le lacrime scorrevano incontrollate sul suo viso e si sentì in colpa nel provare uno strano senso di gioia nell’aver finalmente condiviso quel peso con qualcuno. “Non l’ho mai detto a Will, non l’ho mai detto a nessuno.”
“Tu… Tu eri…” Le parole gli morirono in gola, mentre nella sua testa non smetteva di domandarsi cosa sarebbe successo se quando l’avesse conosciuta lei fosse stata madre.
Si accostò alla porta, la mano tremante vicina al pomello.
Si pentì di aver parlato, di avergli mostrato quel pezzetto di cuore che aveva sempre tenuto in ombra. Ora l’avrebbe lasciata a piangere nel suo dolore, come le era successo quella sera tanti anni prima, se ne sarebbe andato per schiarirsi le idee e, nonostante non fosse affatto giustificato a sentirsi invadere dalla rabbia o da qualsiasi altro sentimento negativo nei confronti di quel segreto a lungo custodito, lei non riusciva a biasimarlo. Se fosse stato Castle a raccontarle una cosa del genere probabilmente avrebbe avuto la stessa reazione.
Ma contro ogni sua previsione lui non aprì quella porta, rimase con lei, sentendola singhiozzare sommessamente. Il silenzio si era oramai cristallizzato quando lui parlò mandandolo in frantumi.
“Tutto questo tempo senza dirlo a nessuno? Come hai fatto a-a-a non impazzire?” Balbettò incerto.
“Non credevo che questo avrebbe influito sul mio futuro.”
“Ma è così.” Sospirò afflitto collegando tutti i pezzi. “Mi stai dicendo che non vuoi avere figli a causa di questa storia?”
“Ho abortito spontaneamente, nulla potrà fare in modo che questo non accada di nuovo, e fa troppo male, e non intendo fisicamente, per-”
“Per cosa?”
“Per rischiare.” Ammise distogliendo lo sguardo dal suo volto puntandolo sulle foto che avevano trovato il loro posto sulla mensola vicino al letto.
“Riuscire ad avere un bambino tu lo chiami rischiare?”
“Si, si, si lo chiamo rischiare, va bene?” Con tutto quello che le era successo non avrebbe voluto soffrire ancora.
Forse la metteva giù più dura di quanto non fosse, forse nei suoi pensieri si ritrovava troppo spesso a fare la vittima e quando era con lui le capitava sempre più di frequente, perché sapeva che la accettava per quello che era, che con lui poteva mostrare anche la parte più sensibile e vulnerabile di sé.
“Così ti precludi la possibilità di diventare madre, lo fai per qualcosa che potrebbe non ripetersi!”
“Non ci sei passato, non puoi capire.”
“Se è così che la metti, va bene, è vero, non posso capire. Quando ho avuto Alexis nulla è andato storto, se non consideriamo il fatto che non si possa parlare di una vera figura femminile presente nella sua vita. Non ho mai pensato che sarebbe potuto succederle qualcosa, la credevo protetta, al sicuro. Tranne alla sua nascita. Sai, non ha pianto subito, e finché non ho sentito quell’acuto stridulo mi sono sentito come sull’orlo di un precipizio.”
“Io in quel precipizio ci sono caduta.” Le sembrò di dirlo, ma in realtà lo pensò solamente.
“È una scelta che dobbiamo prendere insieme, la decisione deve essere unanime. Sai, avrei quasi preferito che tu mi avessi detto che non volevi me come possibile padre dei tuoi figli, perché questo è-è assurdo.”
E questa volta la porta si aprì e con violenza si richiuse.
Sola, nel buio della stanza, si domandò come avrebbe fatto a guardarlo negli occhi ora che vi avrebbe letto dentro disappunto e dispiacere nel non poter diventare padre ancora una volta.
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
La mia vena triste/depressa/un po’ cattiva sembra stia ritornando…
Auguro una buona serata a tutti, e spero non vi arrabbierete troppo per come è andata questa shot.
 
  
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