Freddo, umido. Scende, a rivoli, lungo la parete.
Il pavimento, gelido, sporco, di sangue. Io, appoggiato contro al muro, cadaveri ovunque. Mi alzerei, ma non posso. Mi ha sparato nello stomaco.
Volto la testa a destra. Solo morti, e solo sangue. C’è un tremendo fetore, ma adesso è il male minore.
La volto a sinistra. Ancora morti, ancora sangue, e una porta. Si apre, ed entra un uomo. Non lo conosco, ma so che è lui l’artefice di tutto questo. Ha una motosega, sporca… di sangue.
Si ferma, e si china su un morto. Vi inferisce, con la motosega, e schizzi di sangue invadono la camera. Sento un grido, a sinistra, e comprendo che non solo solo, vivo.
Alza la testa, e mi guarda, ho gli occhi aperti, e lo fisso. Se ne accorge.
Si avvicina. Gli scarponi di ferro sbattono con violenza sul pavimento, tra le pozze di liquido cremisi.
Mi guarda da vicino, e mi sputa sul petto. La saliva, fredda, brucia come fosse acido.
Mi insulta, ma non comprendo. Mi appoggia la motosega al petto. Tira la corda, e quella parte. Fende la mia carne, e copioso esce, sangue.
Dolore, sangue. Mi sveglio.
“Era solo un sogno.” Apro gli occhi, guardo in basso.
“Cazzo.” Penso. Sul mio corpo.
Freddo, umido.
Sangue.
Fine