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Autore: V a l y    09/09/2007    7 recensioni
Un invito, una combriccola riunita, una notizia imprevista. A volte è proprio nell'imprevedibilità che l'amore si fa sentire. [Yuffie x Vincent]
STORIA IN FASE DI CORREZIONE
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vincent Valentine era sempre stato un uomo solo, a volte anche quando era con gli altri. Viveva con la solitudine senza compiacersene o dispiacersene, ma sentendosela addosso come parte complementare del suo essere, divenuta tale dal momento in cui mise piede nella bara per poi non uscirne più, fino all'arrivo dei sette eroi. Adesso si trovava nel giardino più incantato di tutti i giardini del piccolo paese di Wutai, e il cielo era così sconfinato che nessun catafalco avrebbe potuto racchiuderlo. Ma nonostante tutto si sentiva ancora prigioniero della bara, che si era presa metà della sua vita e ancora continuava a farlo, prosciugandogli l'esistenza, come fosse una sanguisuga.
Quel giorno come gli altri l'uomo dall'artiglio dorato era dedito a mantenere compagnia alla sua solitudine, che bastava e avanzava come amico da tenersi appresso. Era uscito dalla locanda e si era diretto verso un giardino pubblico dove i colori erano così tanti e così accozzati che l'occhio si perdeva a riconoscere una rosa o un tulipano o una ghirlanda. Vincent inalava i loro profumi tutti diversi e lambiva con l'unica mano ancora umana i loro petali. Contemplava le piccole bellezze di natura in silenzio, che erano l'unico inanimato spiraglio di luce della sua bara sempre presente, anche quando in realtà non c'era. Seguì un sentiero che portava verso un piccolo ponticello, sopra un ruscello dal letto piccolo quasi quanto quello di una pozzanghera, ricoperto da pietre e ciottoli che ingrigivano magnificamente tutto il grande ambiente colorato. Vide dal piccolo ponte la ragazza che quella mattina stessa aveva dormito nella sua stanza. Mostrava alla combriccola ogni genere di fiore del suo giardino, e ne descriveva il significato, e sorrideva spensierata come fosse il giorno più bello della sua vita. Ad attenderla ci sarebbe stato un destino spietato ed obbligato; lei che aveva da esserne felice?
“Vincent!” lo chiamò con il sorriso ancora stampato in viso, appena lo adocchiò sul ponticello di legno mentre si era voltata. Il vampiro dovette appropinquarsi al gruppo, una mano sulla ringhiera lignea per assaporarne il tocco, facendola scivolare al suo cammino, e le dita vicine al naso per annusarne l'odore familiare, sempre sentito nei suoi trent'anni di riposo.
Diede il buongiorno al gruppo che rispose a sua volta, tranne la ragazza dal capello corto e l'amico quadrupede, intenti ad affaccendarsi con giochi sconosciuti e un fiore in mano che sollevarono la curiosità del pistolero. Si avvicinò ancor di più, per meglio vedere ciò che stavano facendo. Yuffie aveva messo in testa all'animale parlante, tra le piume indiane, un piccolo fiore colorato. L'altro, però, sembrava un po' contrariato della sua idea, e vergognosamente mugugnava delle lamentele.
“Ma dai, ti sta bene! Di che ti lamenti?” continuava a ripetergli Yuffie, provando a convincerlo adulandolo.
“Starebbe bene a una donna, forse...” le rispose seccato Red XIII, mettendo il broncio.
“Ma tu sei tenero più di quanto può esserlo una donna!” le disse la ninja, raggiante. Nanaki considerò tra sé e sé se prendere l'affermazione appena sentita come un complimento o meno. La giovane abitante di Wutai scorse un altro fiore, e lo prese tra le mani.
“A Tifa una camelia rossa, che significa la più bella!” affermò, posando dolcemente il fiore sull'orecchio dell'amica, e questa le sorrise timidamente, considerando con modestia – e ce ne sarebbe voluta molta, pensò la ninja – che non se lo meritava. Allora la ragazza dal capello corto si avvicinò all'orecchio della compagna.
“Se ne avessi uno in giardino, darei un dittamo a quel tontolone di Cloud,” sussurrò, “che significa 'amore dormiente'. Solo un cieco ed imbranato come lui non si sarebbe accorto del bel pezzo di donna con cui abita assieme senza fare niente!”
Due risolini di donna, soffici e vellutati; sembravano usignoli. A quel canto di femmina, Barret si intromise curiosamente.
“Che avete da ridere?” domandò. “Yuffie, le hai raccontato di quella volta che ti ho zittita dandoti semplicemente della sciocca?” soggiunse ironicamente.
“Scimmione!” strillò adirata la ragazza con i pantaloncini. “A te un garofano giallo, che vuol dire disgustoso!” e anche quel fiore glielo mise, balzando a causa della colossale altezza del Wallace, sull'orecchio.
“Te lo sei inventato!” replicò quello di colore; ma con il garofano in testa pareva tutto fuorché minaccioso. Risero tutti.
Tutti men che Vincent.
Ancora, nonostante si trovasse in mezzo agli altri, era lontano con la mente chissà quanti luoghi più distanti. Non si concentrava in niente di ciò che aveva davanti, ma un pensiero aveva agguantato l'attenzione rimandandolo proprio in quel presente, e in quel luogo. Nella persona di fianco. Yuffie. Lei, così inutilmente solare, quasi obbligata a farlo; lei, che fingeva, ma che ci riusciva così bene da far sembrare tutto vero. Il sole la irradiava coi raggi così da trasformare tutta quella illusione in qualcosa di artificiosamente splendente e autentico, come tutti i fiori attorno a loro, che seppure di significati differenti e a volte spiacevoli erano belli allo stesso modo.
Una fitta nel cuore di Vincent; non gli succedeva chissà da quanto tempo. Ed era strano: l'organo del sentimento l'aveva perso nella sua prima vita, quando ancora era un uomo come gli altri.
“Yuffie...” la chiamò, sommessamente. Lei si voltò, smettendo per un attimo di ridere. La sua austerità era talmente forte da riuscire a contagiare persino un tipino vivace come la ninja. Raccolse un fiore, e glielo mise sull'orecchio, lentamente, facendo ausilio dell'unica mano che ancora pulsava di sangue. La toccò sulla gota con l'indice e il medio, per riporle addosso la piccola pianta di petali. Quella cortesia sembrò così inconsueta, a Yuffie, che restò sbalordita quasi più in quel momento che in quello della stessa mattina, quando il vampiro le confessò che sapeva tutto.
“Una datura,” affermò atono Vincent Valentine. “Significa ipocrisia.”
I sette la guardarono confusi; l'ottava, la femmina più giovane di tutti, si era invece impallidita.
“Vincent,” lo chiamò Cid, riuscendo a ridare un po' di colorito alla compagna appena l'uomo dai capelli corvini si volse a lui, che non le degnò altra più considerazione, “non sarebbe meglio darle della piattola, che si addice di più?” e dicendo ciò, sogghignò, solo dapprincipio, lasciandosi poi perdere in una fragorosa risata.
“Sei tu la piattola, non io!” contrariò risentita Yuffie, guardandolo torva. Highwind le mise un braccio attorno alla spalla, paternamente.
“E dai, dai! Io scherzo, scherzo sempre!” ma a discapito della frase appena detta, non smetteva un attimo di sghignazzare.
“A te darei un arancio, che però non ho!” esordì Yuffie, sbuffando all'uomo che le cingeva le spalle.
“E che vuol dire?!” chiese lui già infastidito, immaginando certo un significato non tanto carino del fiore. La ninja irrise furbamente.
“Non. Te. Lo. Dico.” sancì, cacciando dispettosamente fuori la lingua.
Probabilmente, con un po' di insistenza, il pilota dell'Highwind sarebbe anche riuscito a tirarle fuori la parola dalla bocca. Non era cosa semplice, visto che Yuffie era tra le più testarde e non di meno tra le più dispettose che avesse mai conosciuto, ma in ogni caso, anche se con una probabilità residua, ciò non successe a causa di un'interruzione esterna. Un uomo, un ambasciatore di Wutai, trottò con il proprio cavallo, sino a fermarsi davanti alla combriccola. Dunque la ninja si fece avanti, chiedendogli cosa fosse successo.
“Il signor Nishiguchi e i suoi uomini son tornati, signorina Kisaragi.” La ragazza rimase basita.
“Già di ritorno? Non sarebbero dovuti tornare domani?”
L'ambasciatore poté solo fare un supplichevole inchino di perdono, perché non ne conosceva il motivo. Yuffie gli disse che non importava, e che poteva andare.
Dalla strada polverosa e scabrosa principale di Wutai apparvero indistinte figure di uomini irriconoscibili in lontananza, ma accomunati tra loro da uno yukata color cielo con dei ghirigori neri, sulle maniche e sulla parte inferiore del vestito, a forma di foglie e scacchi. Erano talmente uguali che mentre avanzavano parvero un esercito in guerra, sebbene con lentezza ed eleganza, e non con con accanimento; sebbene con abiti semplici, e non con scudi e lance e katane; sebbene con sandali a infradito, e non con stivaloni in spesso velluto. L'impressione era stata dovuta per i volti ruvidi ed aspri di ognuno di loro, oltre che per la somiglianza collettiva nel vestiario.
Yuffie non disse una parola. Poiché non informò agli altri dei nuovi arrivati, come soleva sempre fare e facendolo con ingenuità bambinesca, Cloud chiese per tutti loro.
“Chi sono?” domandò, mettendosi affianco alla ninja.
“Loro sono...” rispose l'altra, sommessamente, “un gruppo di ricercatori. Hanno il permesso di restare nella nostra zona,” soggiunse, limitandosi a un mezzo sorriso. Come quasi per istinto si voltò verso Vincent, che la osservò cheto ed attento. Scostò da lui quasi subito lo sguardo.
“Il signore al centro, il signor Shigeo Nishiguchi, è colui che tra qualche giorno sposerò,” spiegò affabilmente.
I compagni scrutarono meglio che poterono per cogliere il viso della detta persona. Un uomo non tanto alto, e neppure tanto basso; aveva i capelli gellati, rigorosamente lisci e raccolti da un codino basso. Occhi piccoli, perennemente stanchi, e scuri come una notte senza luna e senza stelle. Il viso senza barba, rasato, e la pelle sciupata dagli anni, ma non per questo rugosa: una pelle che sapeva di corteccia di albero, ma soda come quella di un giovane. Quando delinearono bene il profilo dell'uomo, tutti sussultarono emozionati.
“E' davvero un bell'uomo!” osò convenire Tifa, rivolgendo lo sguardo a Yuffie.
“E' più vecchio di me!” commentò sfacciatamente Cid, il mento sorretto da una mano e il pollice e l'indice che lo circondavano.
“Non esagerare! Non è così vecchio!” scherzò Cait Sith.
“E' molto elegante e composto,” sostenne Nanaki, risoluto. Yuffie, a ogni loro parere, assentì con il capo, arridendo timidamente.
Il rassomigliante esercito arrivò, infine; giunse davanti a loro. Nishiguchi abbassò la testa alla combriccola, in segno di saluto; poi si rivolse alla Kisaragi, a cui invece dedicò un solenne inchino, lento e regale, senza guardarla. Lei lo ricambiò alla stessa maniera. Shigeo non badò ad altre formalità, ed ordinò al gruppo di continuare la propria marcia, sino alle loro rispettive case, tutte edificate vicine tra loro.
Un pensiero collettivo del gruppo di eroi fu quello di associare il carattere del Nishiguchi a Vincent Valentine, ma non portarono niente ad alta voce, per timore e vergogna. Solo a chi dimostrava una certa apertura e solarità con gli altri – come lo era Yuffie – era concesso dare un parere sincero; era invece più difficile darlo a qualcuno di cui nulla si conosceva. Ingoiando l'inadatto paragone nella gola, Barret propose:
“Ragazzi, perché non andiamo a cenare? Ho una fame da lupi!”
Cloud gli rispose senza ausilio di voce o di gesti. Il rumore del suo stomaco affamato bastava e avanzava come risposta. Tifa sorrise, teneramente.
“Direi che la pensiamo più o meno tutti come lui,” concordò Lockheart, simpaticamente.
“Chi arriva ultimo paga la cena a tutti!” urlò il baro robot con le somiglianze di gatto, perché propose il gioco già mentre stava correndo. A causa di ciò si infuriarono tutti, rincorrendolo e dicendo che non avrebbero partecipato, e intanto tentavano comunque di superarlo. Bambini. Erano tutti adulti perché avevano salvato la Terra e allo stesso tempo erano, nelle situazioni in cui mancavano dei mostri e mancavano le acclamazioni della gente che li chiamava eroi, dei bambini. E a Yuffie era quello il lato di loro che piaceva di più. Proprio lei, che era la più infantile di tutti, non fece neppure un passo quando cominciarono a correre come forsennati. Li guardò da lontano, con una sottile invidia in viso, e si voltò verso l'ombra vivente, che appena si accorse di avere il suo sguardo addosso, distolse anche lui gli occhi dal gruppo di zuzzurelloni, per donarli a lei.
“Quell'uomo...” disse Yuffie, concisamente, “quello Shigeo Nishiguchi, e anche tutto il resto della banda... loro non sono del tutto ricercatori. Loro sono un clan. Come i Turks.” La Kisaragi reclinò il capo in avanti, amaramente. “Ti dirò solo che questa volta, Vincent, non sposerò qualcuno per un capriccio di mio padre, ma per salvare alcune persone...”
Vincent Valentine si accorse solo in quel momento che l'intento di Yuffie non era una confessione e così un suo sfogo, ma ciò che avrebbe detto dopo:
“Ti prego, Vincent, non dire niente agli altri, non farli preoccupare!”
Si aggrappò con foga al suo mantello, proprio come successe la notte precedente, ma nonostante fosse sobria e non urlasse, la disperazione rimaneva la stessa. Il pistolero le prese i polsi, dolcemente, lasciando che lei si calmasse, per poi scostarli dal suo mantello.
“Va bene,” acconsentì lui. La ninja ne fu contenta, e sorrise beatamente. Però i suoi polsi non furono lasciati.
“Ma a te va davvero bene così?” domandò con tono vagamente amareggiato il pistolero. “Va bene lo stesso anche sorridendo per finta?”
“Io con voi non ho mai sorriso per finta,” fu la risposta pronta della ragazza. Guardò risoluta gli occhi di fuoco del compagno, per poi soggiungere: “Perché quando sto con voi, mi passa via ogni tristezza!”
L'ombra allentò per un attimo la presa che aveva sui polsi di lei, socchiudendo meravigliato la bocca muta, che di solito restava perennemente serrata e piatta, come una linea dritta di matita su carta.
“Vorrei poter assaporare questo tipo di gioia finché posso, Vincent...” gli confessò Yuffie, guardando davanti a sé, le sue mani mantenute dall'altro, poggiate sul petto ricoperto dal mantello scarlatto che svolazzava a ogni minima tirata di vento.
Il pistolero la lasciò dalla sua stretta. La ninja ritirò con lentezza le sue mani dal petto di lui, riportandole tese vicino alle proprie cosce.
“Vincent...” L'uomo riprese attenzione su di lei. “Grazie.”
“Ehi, voi due, porca miseria!” urlò qualcuno a loro, da lontano. “Datevi una mossa che qui moriamo tutti di fame!” Era Cid, e il suo originale modo di parlare un po' zotico.
“Arriviamo!” rispose allegramente Kisaragi, anch'ella con tono dirompente. Agguantò il mantello del pistolero e lo trascinò assieme a lei, in una corsa sfrenata. Era una di quelle poche volte che l'uomo inespressivo aveva in viso una smorfia di spavento per la piccola furia che aveva davanti, che aveva una forza alla pari di dieci persone grosse il doppio del doppio di lei.
Quando arrivarono, la prima cosa che fece Vincent fu quella di spianare con l'ausilio delle mani le piegature del mantello dove Yuffie aveva messo le sue, serrando la stoffa rossa in due forti pugni. Portò lo sguardo altrove, lontano dalla combriccola, e vide la maestosa casa dei Kisaragi. Vicino al fusuma dell'entrata erano posti nei lati dei vasi con fiori. Cloud, che si era distaccato un attimo dai discorsi della comitiva, si accorse dello sguardo del compagno ombra, e lo seguì. Vide dei fiori che non erano sgargianti di colori come quelli dei giardini visitati, ma erano invece pallidi, in confronto; scolorati. E bianchissimi.
“Yuffie, sbaglio o nei giardini di Wutai quei fiori non c'erano?” chiese il biondo, indicando con il pollice i due vasi vicino l'ingresso di casa.
“Già... quelli sono fiori d'arancio, me li ha portati Shigeo,” spiegò la ninja. Vincent quei fiori li aveva già visti, tempo fa.
“E che cosa vogliono dire?” chiese curiosa Tifa.
L'uomo dal mantello rosso sospirò al posto della Kisaragi, che invece riuscì a contenere dentro di sé ogni spiacevolezza. Riuscì a rispondere agli altri con noncuranza.
“Sono un augurio al matrimonio.”
























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Approfitto per spiegare agli altri che gli aranci e i fiori d'arancio, anche se non sembrano, son due cose differenti! :P E se qualcuno è curioso e vuole sapere il significato dell'arancio, il fiore che Yuffie voleva dare a Cid, be'... significa verginità! XD
@Youffie18: Vincent si sbrigherà, puoi contarci! **
@BloodberryJam: oh cielo, grazie! *_* Non preoccuparti, le tue minacce le prenderò senz'altro positivamente! ** Soprattutto quel Wahahahahah che a me piace tanto! xD
@terychan: riuscire a coinvolgerti? Davvero?? *-* Son contenta che sia arrivata a farlo... alla fine, è forse quello lo scopo reale di chi scrive! Ti ringrazio tantissimo per aver letto e commentato ^^
@vinnie_pooh: “(eh..le statuine di porcellana a volte aiutano!! XD XD)” è vero!! xDDD
“sto diventando "L'amante" dipendente!!! ^^(hug)” Uhhhh! *___* *commossa* E commossa anche per il resto del commento. Grazie :*
@Tifa: “Si sesso con VincentXD(eh già scherziamo noi due,quindi non la prendete a male^^).” Diciamo che QUALCHE VOLTA scherziamo! XD
“Vai mamy e aggiorna presto,che ti mando Reno(il tuo debole per i rossiXD).” *ç* Ma quanto mi conosci? *ç* E grazie del commento >*<
@Geko93: ç____ç e ancora ç____ç per tutto ciò che hai detto. *commossa, commossa, commossa*
Ringrazio i lettori che leggono e riringrazio i recensori! Giuro che il prossimo capitolo lo scriverò più velocemente >.<


  
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