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Autore: OurNamesRhymeWithForever    23/02/2013    1 recensioni
C'è qualcosa che mi ha sempre colpito nel modo in cui Cenerentola non ha ripreso la sua scarpetta, e, per quanto possa suonare come un cliché, sono grata di non aver ripreso la mia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il diretto per Roma è in arrivo al binario nove. Allontanarsi dalla linea gialla.
 
L’avrei perso.
Iniziai a correre.
Con un sonoro fischio il treno frenò fino a fermarsi, e le porte si aprirono.
Mi mancavano troppi metri.
Imprecai sonoramente quando un bambino si piegò davanti a me per raccogliere il gelato che gli era caduto. Lo schivai a fatica mentre sua madre mi lanciava un’occhiata di scuse. Sorrisi debolmente e ripresi a correre. Qualcuno mi gridò di fare attenzione a dove stavo andando.
Sapevo la mia destinazione, la conoscevo benissimo. Dovevo solo raggiungere quel maledetto treno. Da lì via per Roma, e una volta nella capitale avrei preso il primo aereo per la prima città del primo stato che fossi riuscita a trovare. Il resto mi era ignoto, ma avevo una buona giornata di tempo per rifletterci. Sorpassai un paio di ragazze che ridevano istericamente a proposito di qualche loro amico e una giovane coppia che si scambiava effusioni nel centro della stazione; non potei fare a meno di alzare gli occhi al cielo. Fu quando scorsi un’anziana signora osservarmi sorridente che mi chiesi se stessi facendo la cosa giusta. Non stavo piangendo, e non mi ero mai sentita così bene. Doveva essere la cosa giusta. Non avevo altre possibilità.
 
Il diretto per Roma è in partenza dal binario nove.
 
Fu in quel momento che sentii lo stomaco contorcersi. Non sarei riuscita a prenderlo. E Marco mi avrebbe trovata. Volevo gridare, ma non mi avrebbe sentita nessuno. Dovevo raggiungerlo. Non avevo altro modo per dimenticarmi del passato e tentare di avere un futuro almeno decente. Rischiai di cadere e mi ritrovai quasi a zoppicare. No, cazzo. Non adesso. Abbassai gli occhi e notai il mio tacco rotto. Mi tolsi le scarpe e ricominciai a correre, a piedi nudi. Sentivo che stavo per piangere. Una corda mi stringeva il cuore e qualcosa di caldo e spiacevole si stava accumulando nella mia bocca. Rallentai quando ormai mancava poco. Non ce l’avrei mai fatta a prendere quel treno. La mia mente si sarebbe rifiutata, anche se le mie gambe non parevano volersi fermare. Alla fine la mia parte razionale vinse, e mi bloccai completamente.
-Principessa, non le sembra tardi per arrendersi?
Lanciai quasi un urlo quando sentii due mani che mi stringevano la vita e mi ritrovai fra le forti braccia di un uomo che iniziò a correre. Non dissi niente, osservai semplicemente il treno che si avvicinava sempre di più, e pochi secondi dopo udii le porte chiudersi dietro di me mentre una risata maschile m’inondava le orecchie. Le mie scarpe e la valigia erano sulla piattaforma, e due occhi color cioccolato mi osservavano divertiti. Aprì la porta dello scompartimento alla nostra destra e mi adagiò su un sedile. Una signora anziana dall’altra parte del corridoio ci guardò sorridente.
-Andate in viaggio di nozze, cari?
-Cosa? No, noi…
Lanciai un’occhiata eloquente all’uomo di fianco a me.
-No, noi… ci siamo appena conosciuti.
La donna aggrottò le sopracciglia.
-Nemmeno amici?
Io scossi la testa, mentre lui rispondeva con un sonoro “sì”.
Questa volta fu il mio turno di rimanere basita.
-Giovanotto, non dovrebbe toccare in questo modo una donna appena incontrata.
Annuii teatralmente, trattenendo le risate, e guardai quell’uomo con finta aria di rimprovero.
-La signora ha perfettamente ragione.
Lui alzò gli occhi al cielo sorridendo e si sedette accanto a me.
-Soprattutto vedendo come la signora sembra essere sposata- concluse la vecchia tornando al suo libro.
Abbassai lo sguardo, imbarazzata, e mi tolsi la fede dal dito.
-Mi dispiace. Non sapevo fossi sposata.
Rabbrividii al sussurro della sua voce a pochi centimetri dal mio orecchio.
-Perché?
-Se non lo fossi stata ci avrei provato.
Lo guardai sconcertata, ma i suoi occhi erano seri. E occhi come quelli dubitavo potessero mentire.
-Scusami- aggiunse divertito –quando ti sei chinata per sfilarti le scarpe eri esattamente di fronte a me, e potrei aver…
-Lanciato un’occhiata?- terminai per lui sorridendo.
-Potrei inoltre aver, in modo assolutamente inconscio, apprezzato ciò che ho visto.
-Credo che questo sia il modo di flirtare più da gentiluomo che abbia mai sentito.
Mi fece l’occhiolino e allungò una mano.
-Nicholas. Il tuo nome?
Non accettai subito la sua offerta di amicizia. L’ultima volta che qualcuno mi aveva presa in braccio era stata un anno prima, il giorno del mio matrimonio; ma per risalire all’ultima volta che mi ero sentita così al sicuro fra le braccia di un uomo dovevo tornare con la mente a vent’anni prima, quando ero solamente una stupida bambina di cinque anni che credeva che nell’abbraccio del padre i mostri non potessero raggiungerla. E tutto ciò mi spaventava.
-Chiara- dissi prima che la mia mente, la stessa che avrebbe voluto impedirmi di prendere il treno, mi bloccasse.
Nicholas abbassò gli occhi e quindi li rialzò, un leggero porpore sulle guance.
-Chiara, il tuo…
Si bloccò, sembrava imbarazzato.
Osservai a mia volta il punto dove poco prima i suoi occhi avevano indugiato per un attimo. Alcuni bottoni della camicetta si erano slacciati, e il mio reggiseno nero era visibile per una buona, veramente buona, parte. Iniziai a riallacciarmi il più in fretta possibile i bottoni, imbarazzata per quello che era riuscito a vedere. Avevo quasi finito quando una mano calda si posò sulla mia, fermandomi con delicatezza e sfiorando il livido violaceo sotto il mio collo. Non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi, nemmeno quando parlò.
-Non basterà un viaggio in treno per farti scordare tutto.
 
-Mia madre ha una strana concezione del mondo, sono abbastanza sicura che per lei qualsiasi cosa fuori dagli schemi sia sbagliata.
Nicholas appoggiò la testa al sedile e sorrise.
-Non credo le piacerei come genero.
Mi concentrai sulla campagna toscana che correva fuori dal finestrino. Giallo, verde e poi rosso, in veloci e leggere pennellate.
-Credo siano gli schemi ad essere sbagliati.
-Se fossimo tutti fuori dagli schemi in fondo non lo sarebbe nessuno.
-Se tutti mi salvassero nelle stazioni allora è come se non mi salvasse nessuno?
-Questo…
-Non ha senso, lo so: scusami.
Rimanemmo in silenzio a lungo, e parlai nuovamente solo quando mi resi conto di non riuscire più a sopportare lo sferragliare del treno.
-Che lavoro fai?
-Sono dirigente d’azienda nella capitale.
-Così giovane?- chiesi sorpresa
-Credimi, se fosse dipeso da me ora sarei un pianista. Ma dire a tuo padre che il suo lavoro non t’interessa minimamente mentre è sul letto di morte è qualcosa che non avrei mai potuto fare; tu invece?
-Ho… avevo una pasticceria.
Si leccò le labbra e si appoggiò una mano sulla pancia.
-Ho un debole per qualsiasi cosa contenga un numero di calorie superiori alla media.
-Non si nota- commentai sincera lanciando un’occhiata al suo fisico.
Nicholas scrollò le spalle e si voltò verso di me.
-Vado in palestra, è stata la mia ex moglie ad obbligarmi.
Sperai che l’insignificante battito che il mio cuore aveva perso non fosse dovuto alla gioia che quelle due lettere prima di moglie mi avevano procurato.
-Colore preferito?
-Verde- risposi senza nemmeno pensarci –il tuo?
-Blu, ma credo che mi piaccia solo perché è notoriamente il colore preferito di tutti i bambini e una volta divenuto adolescente mi sono scordato di cambiarlo.
-Animale?
-Da compagnia cane, da mangiare invece decisamente il vitello arrosto.
Gli pizzicai la spalla e lui sorrise.
-Il tuo invece?
-L’oca, sia da compagnia che da mangiare.
Mi osservò sorpreso.
-Davvero? Il tuo animale preferito è l’oca?
Annuii.
-Numero?
-Sedici, il tuo?
-Dodicimilaseicentoquarantasette.
Scoppiò a ridere e scosse la testa.
-L’oca la posso anche accettare, ma questo…
-Aspetta che ti dica la mia targa preferita.
-Hai una targa preferita?
Annuii di nuovo e lui scosse la testa, divertito.
-Dove andrai una volta giunti a Roma?
-Non lo so.
Spostai lo sguardo fuori dal finestrino.
Non lo so.
 
Il treno arrivò a Roma a mezzanotte. La pioggia batteva cattiva e sprezzante sulle teste dei passeggeri che si precipitavano nelle strade. Mi bloccai all’uscita della stazione mentre le persone mi urtavano correndo alla ricerca di un taxi. Cos’avrei fatto? Non avevo più né vestiti né soldi. In pochi attimi la mia vista fu offuscata dalle lacrime. Ero sola e senza un posto dove stare. Abbassai gli occhi ai miei piedi nudi e mi maledissi per la mia stupidità. Non avevo altra scelta che cercare qualcuno che mi riportasse a Milano, ma chi? Nessuno lo avrebbe fatto senza che lo pagassi.
-Principessa, sei pronta per una corsa sotto la pioggia?
Mi voltai e sorrisi debolmente.
-Non ti lascio tornare a Milano, Chiara. Per nulla al mondo.
-Non puoi salvarmi.
-L’ho già fatto.
Alzai gli occhi al cielo e mi morsi le labbra per trattenere le lacrime.
-Non posso pagarti.
-Non devi. Forza, la nostra casa è dietro l’angolo- m’incoraggiò tendendomi una mano.
-Ti ripagherò un giorno, lo prometto.
Lui sorrise e prima che potessi protestare mi prese nuovamente in braccio.
-Salvi spesso ragazze nelle stazioni?- chiesi sorridendo
-No, ma come prima volta sono andato abbastanza bene.
Risi piano e appoggiai la testa sulla sua spalla. Chiusi gli occhi e lo sentii prendere un profondo respiro. Il suo cuore batteva forte sotto la costosa camicia, e il ritmo di quel battito mi rimbombava nelle orecchie e mi riempiva il cuore di gioia e la bocca di parole che sapevo non avrei mai detto.
-Sono felice che non mi sia fermata a raccogliere le scarpe. Pensa a cosa sarebbe accaduto se Cenerentola si fosse fermata a prendere la sua.
-Probabilmente avrebbe sposato la Fata Turchina.
Scoppiai a ridere, come non avevo mai fatto, mentre lui iniziava a correre sotto la pioggia. Mi aggrappai forte al suo collo e chiusi gli occhi, lasciando che la pioggia mi cullasse dolcemente. Con quella risata nella gola e il suo battito nelle orecchie lo giuro, non mi ero mai sentita tanto felice. Il treno non mi avrebbe salvata, lui ci era riuscito.
  
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